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Le novità della pastorale giovanile proposte da mons.Sigalini

I giovani cristiani all’altezza delle sfide del nuovo millennio

La conferenza episcopale italiana ha confermato gli orientamenti sull’educazione alla fede dei giovani che erano state pubblicate già nel febbraio ’99; linee educative discusse nel novembre ’98 dai vescovi italiani.Chi si aspettava dunque una rivoluzione dopo gli eventi della Giornata mondiale della gioventù celebrata a Roma con il giubileo dei giovani è rimasto dunque deluso. Sempre se di delusione si può parlare.Per la CEI il successo di partecipazione, e non solo di folla, ottenuto nella settimana culminata con il raduno di Tor Vergata è anche il successo di quelle linee essenziali varate oramai più di due anni fa. Su questo successo semmai si innesta il nuovo. "Voi cari amici sarete all’altezza delle sfide del nuovo millennio" , ha detto il Papa davanti a più 2 milioni di giovani, senza la paura di proporre le questioni fondamentali della vita, senza la paura di riproporre la fede come una sfida a sé, agli altri, alla cultura e al mondo. Pare proprio che per raccogliere questa sfida occorra comunicare. E l’attenzione al linguaggio usato è forse il vero elemento di novità. Un linguaggio che vuole essere esplicito, fatto di gesti e non solo parole, di canto e danza, di ascolto e partecipazione con tutta la corporeità: è proprio così che si legge nella lettera di mons. Domenico Sigalini, responsabile dell’ufficio per la pastorale giovanile della CEI. L’intento sembra quindi quello di proporre le esperienze base della vita cristiana, ma in modo nuovo, a partire proprio dalla liturgia: non ingessarla nella routine, ma lavorare piuttosto sulla ricerca, l’ approfondimento, l’arricchimento di tutte le musiche delle liturgie a massiccia presenza giovanile. Ciò che preme è sottolineare la spiritualità laicale congiuntamente a quello che deve essere uno sforzo missionario permanente. Chiaro che in tutto questo è privilegiato il desiderio non troppo vago di incentivare e promuovere luoghi di aggregazione dove i giovani, dopo aver ricevuto l’iniziazione cristiana, possano sviluppare in clima comunitario i valori autentici della vita umana e cristiana. E questo poi altro non vuole dire se non privilegiare e rilanciare il "vecchio" modello dell’oratorio, quella strana cosa che tanto amava don Giovanni Bosco: ecco la novità. Perché? Perché la preoccupazione è rivolta tutta a quei giovani che vanno sensibilizzati, a quei giovani che non frequentano le comunità ecclesiali e che si riuniscono nelle strade e nelle piazze, ai giovani che vivono nutrendosi dell’effimero. In fondo è un gran bell’uovo di Colombo. L’obiettivo è duplice, e i piccioni da prendere sono due. I giovani che si sono già decisi per il Vangelo per ritrovare il senso della loro fede devono testimoniare, e dall’altra parte dello steccato ci sono tutti quelli che hanno bisogno di testimonianza autentica su come vivere in pienezza la propria vita nel quotidiano, al di là di ogni posizione di mediocrità, di ogni qualunquismo, al di là di ogni povertà umana, socio-culturale, al di là di ogni mancanza di modelli umanamente significativi.

La Chiesa non può più ignorare il disagio giovanile che è disagio esistenziale, e vuole ripartire dal basso, andando incontro loro, parlando come loro per farsi capire e comunicare. Che cosa occorre? Operatori pastorali preparati che a questi giovani si accostino, che aprano i loro orizzonti e che in maniera estremamente graduale li accompagnino verso Cristo. Non "uscite sporadiche", ma progetti chiari e animatori preparati. E nessun luogo oltre l’oratorio, che non è solo un luogo fisico, può offrire tutto ciò. Grande responsabilità quindi alle parrocchie e alle comunità in genere, non certo demandata: se si vuole ripartire dal territorio le parrocchie sono il primo fronte.

Questa è la grande necessità che viene manifestata dall’ufficio per la pastorale giovanile. Va da se che alla formazione di questi operatori pastorali sarà dedicato il maggiore sforzo.

"E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggi di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna". A queste parole le sentinelle del mattino acclamavano perché chiamate in causa direttamente. La missione passa allora in seconda battuta anche attraverso l’uso dei mass media e dei nuovi linguaggi della formazione. La radio, la musica, la carta stampata, internet. Tutto va bene purché si annunci il Vangelo e del messaggio cristiano ci si faccia portatori. Se poi non lo si fa in maniera dilettantistica tanto meglio. Nel mondo dei media sono collocati i gesti di ogni cittadino e quindi anche di ogni cristiano. E pare che non si voglia aspettare solo il grande evento che faccia sensazione per comunicare vita, aspirazioni e progetti della pastorale giovanile.

Tutte belle proposte, tutte belle intenzioni. Magari si fatica a vederne il risvolto pratico. Eppure sono le proposte concrete che sono d’attualità e che fanno discutere.

Molti poi si stupiscono che proprio quest’ufficio abbia dato appuntamento alle "sentinelle del mattino" a Genova per il 7 Luglio. Lo slogan? Per molti più da trovata pubblicitaria: "GUARDIAMO IL G8 NEGLI OCCHI". Qualcuno sostiene che si voglia dimostrare che non c’è solo il popolo di Seattle che si alza in piedi per reclamare un mondo migliore. Certo è che i giovani cattolici non andranno a manifestare. Certo la marcia tutti insieme è impedibile, ma con destinazione il parco dell’ Acquasola, fino al monumento al Milite Ignoto, e una veglia di preghiera no-stop per tutta la notte. Pregare per le sorti del mondo. Chiaramente dopo una giornata tra spettacoli e dibattiti; dibattiti a seguito della presentazione, nella mattinata, da parte del Card. Dionigi Tettamanzi dei criteri etici che ispirano la dottrina sociale della Chiesa sui temi affrontati dal G8 e dell’approvazione da parte dell’assemblea di un "Manifesto" che verrà affidato al Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri, Umberto Vattani, perché lo consegni al Governo italiano; "Manifesto" che ha per tematiche portanti la povertà e il debito dei paesi del Sud del mondo e la sua riduzione, i conflitti e il ruolo delle istituzioni internazionali, il commercio internazionale, l’ ambiente e il rispetto del Creato. Per rendere nota l’iniziativa non sono stati risparmiati sforzi e ci si è serviti proprio di quei media "giovani", partendo dalla diffusione via internet tramite il sito www.giovani.org direttamente collegato all’ufficio per la pastorale giovanile e promosso subito dopo la GMG. Non è una mossa politica, ma probabilmente sul senso di questa iniziativa si discuterà. Non è opera di sensibilizzazione, questo è certo. Ed è certo che si tratti di testimonianza, testimonianza della coerenza tra la fede professata, la visione del mondo -o meglio dire il mondo che si vuole vedere- e la vita vissuta e concreta, resa ancora al mondo intero e senza paura. "Siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete a essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete a un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame; restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti." Così diceva il Papa ai giovani.

Perché non sono "grandi" quelli che il mondo lo governano.

 

 

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