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Paese che vai metabolismo che trovi.

Ovvero, come la genetica influenza lo sviluppo di diverse culture tra le varie etnie.

di Elisabetta Maccaroni.

 

"L’uomo senza passato e senza destino è senza più quel poco di mistero che ogni natura porta con sé ed ha da custodire per castigo, e per suo bene; come farà più a vivere?"

Giuseppe Ungaretti

Il metabolismo è quella serie di reazioni chimiche che avvengono nel nostro organismo ogni volta che ingeriamo del cibo. Da tutte le complesse trasformazioni che avvengono nel nostro corpo deriviamo l’energia e i precursori di tutte le biosintesi che avverranno nelle cellule e permetteranno il nostro sostentamento.

Il metabolismo è regolato da diversi fattori e ogni reazione che avviene è catalizzata da un enzima specifico. Inoltre, è differenziato tra i vari organismi animali, varia in funzione del sesso, dell’età (anche se si possono avere delle variazioni individuali difficilmente prevedibili) ed infine, può avere variazioni notevoli per gruppi etnici Quindi, le differenze tra le varie popolazioni del pianeta non sono solo associate ai caratteri somatici ma soprattutto a differenze metaboliche, e sono queste che probabilmente hanno regolato maggiormente lo sviluppo di una determinata cultura e lo sviluppo di precise norme alimentari e comportamentali.

Il secolo passato è stato contrassegnato da massicci flussi migratori che hanno portato a contatto popoli con differenze culturali notevoli ma e soprattutto con predisposizioni genetiche differenti. I medici si sono trovati particolarmente impreparati ad una situazione del genere, davanti a nuovi malati con sintomi inconsueti. E così con il passare del tempo e l’aumento crescente del flusso migratorio sono stati creati dei veri e propri vademecum per aiutare il dottore a capire il paziente immigrato che si trova di fronte e soprattutto ad aiutarlo nella cura della sua malattia.

Tra tutta la serie di malattie metaboliche causate da deficienze enzimatiche, le più note e più ricorrenti che esamineremo in questa sede sono: il favismo, l’intolleranza al lattosio e la carenza di aldeide deidrogenasi. Mentre nel primo caso si è individuato il fattore scatenante della malattia, gli altri due esempi sono ancora privi di una risposta esauriente.

 

Il favismo.

Il favismo è un difetto congenito di un enzima normalmente presente nei globuli rossi, la glucosio-6-fosfato deidrogenasi, essenziale per la vitalità degli eritrociti e in particolare per i processi ossidoriduttivi che in essi si svolgono. Questo enzima fa parte di una via metabolica chiamata "via del pentoso fosfato". Questa è una via metabolica minore del glucosio che viene utilizzato per produrre i precursori necessari per la sintesi dell’RNA e del DNA. La carenza di questo enzima provoca un’improvvisa distruzione dei globuli rossi (emolisi) e conseguente rilascio di emoglobina, necessaria per il trasporto di ossigeno ai diversi tessuti. Per questo motivo si può instaurare un’anemia di tipo emolitico. I sintomi si manifestano, nella maggior parte delle persone affette, solo in seguito all’esposizione a fattori scatenanti, quali ingestione di fave (da cui il nome favismo), ma anche digiuno, infezioni, somministrazione di alcuni farmaci (sulfamidici, salicilici, chinidina, menadione, ecc.). Infatti, queste sostanze inibiscono l’attività della glucosio-6-fosfato deidrogenasi eritrocitaria impoverendo ulteriormente i globuli rossi che sono già carenti dell’enzima.

È diffuso soprattutto in Africa (nei bantu raggiunge una frequenza del 20% circa) ma si riscontra spesso anche nelle popolazioni dell’Asia meridionale e del basso mediterraneo, dove in alcune zone (Grecia, Sardegna) raggiunge una frequenza variabile dal 4 al 30%. L’incidenza della forma più comune di deficienza di questo enzima è caratterizzata da livelli di enzima nei globuli rossi dieci volte più bassi di quelli dei globuli rossi di soggetti normali, colpisce circa l’11% degli Americani di origine africana. Questa frequenza elevata suggerisce che la deficienza possa essere vantaggiosa in alcune condizioni ambientali. Infatti, la deficienza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi nei globuli rossi sembra proteggere un individuo dalla malaria. Il parassita che causa questa malattia necessita per una crescita ottimale anche dei prodotti della via del pentoso fosfato. Quindi, la deficienza di questo enzima e l’anemia a cellule falciformi (anemia mediterranea) sono meccanismi paralleli, che portano alla protezione dalla malaria, e ciò spiega l’elevata incidenza di queste malattie in regioni del mondo infestate dalla malaria.

 

Intolleranza al lattosio.

L’intolleranza al lattosio è l’incapacità presente in alcuni individui di digerire lo zucchero del latte, il lattosio appunto, con conseguenti sintomi gastrointestinali quali flatulenza, meteorismo, crampi e diarrea. Ciò è provocato da una carenza dell’enzima deputato alla sua idrolisi, la lattasi, che scompone il lattosio nei due composti più semplici, glucosio e galattosio.

Di fatto tutti i bambini e i neonati possiedono l’enzima lattasi che scinde il lattosio in glucosio e galattosio, che possono essere assorbiti nel flusso ematico. Prima della metà degli anni ’60, la maggior parte dei sanitari americani reputavano che questo enzima fosse presente anche in quasi tutti gli adulti. Invece, quando alcuni ricercatori hanno condotto uno studio per testare la capacità di digerire il lattosio nei vari gruppi etnici, i risultati hanno dimostrato il contrario. Circa il 70% degli americani di origine africana, il 90% degli americani di origine asiatica, il 53% degli americani di origine messicana ed il 74% dei nativi sono risultati intolleranti al lattosio. In questi ultimi tempi è divenuto palese che l’attività enzimatica della lattasi fosse mantenuta a livelli efficaci solo in una maggioranza di adulti di origine nord europea od in alcune popolazioni mediterranee. Infatti, dopo la svezzamento, l’attività lattasica diminuisce rapidamente, secondo uno schema geneticamente predefinito. Molto interessante è il dato che la mappa mondiale delle aree (popolazioni) con maggior frequenza di deficit di lattasi "tipo adulto", coincide con la mappa delle aree a minor consumo di latte e, viceversa, la aree ove il deficit è raro coincidono con le aree a maggior consumo di latte.

 

Carenza di aldeide deidrogenasi.

Anche il consumo di alcool e la dipendenza connessa ad un suo abuso sono attribuibili a differenze enzimatiche di origine etnica. Ad esempio negli Stati Uniti i bianchi e gli afroamericani hanno all’incirca gli stessi tassi d’abuso di alcool e dipendenza, mentre le popolazioni mediterranee hanno tassi alquanto maggiori. In altre culture come quelle asiatiche la prevalenza di disturbi correlati all’abuso di alcool è relativamente basso. Questo dato è certamente correlato all’assenza, in circa il 50% dei soggetti Giapponesi, Cinesi e Coreani, della forma di aldeide deidrogenasi che elimina parte del primo intermedio metabolico dell’alcool, l’acetaldeide. Essendo carenti di questo enzima, questi popoli tendono ad accumulare l’acetaldeide non più metabolizzata nel fegato, così quando questi soggetti assumono alcool, provano vampate al volto, palpitazioni e vomito, e per questo sono meno propensi a consumarne grandi quantità.

 

In un futuro non troppo lontano la scienza moderna, grazie anche alla scoperta della mappa del genoma umano, ci potrà aiutare a capire mediante un’analisi genetica retrospettiva le motivazioni che sono alla base dell’insorgenza di alcune malattie anziché altre tra i vari popoli. Ogni variazione comune a più geni è infatti dovuta o ad una migrazione di popoli avvenuta in epoche remotissime, o si è sviluppata per proteggere l’organismo da alcune patologie.

 

 

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