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I dati ISTAT come spunto per riflettere sulla questione aborto in Italia QUELLA STRISCIANTE INIMICIZIA VERSO L’AMORE E VERSO LA VITA. Di Apollo Eburneo Nel corso di questo 2001 -anno particolarissimo che ormai volge al termine- diverse volte la polemica politico-culturale in Italia ha riguardato la spinosa e dolorosa questione dell’aborto. Ritengo importante e utile ogni occasione che consenta di parlare e di fare luce sui temi della vita, perché è ormai tempo, nel Nostro Paese, di spingere per un cambiamento di mentalità, di sensibilità e di atteggiamenti in questo campo. Perché? Vorrei lasciar parlare i numeri al riguardo, consultando infatti i dati ISTAT (usciti nei primi mesi di quest’anno) concernenti le interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) cioè il numero degli aborti in Italia negli anni dal 1980 al 1998. Non si possono non notare -con strazio- queste cifre: - 1980, circa 213 mila aborti
In totale -secondo i dati ufficiali dell’ ISTAT elaborati dall’ Istituto Superiore di Sanità - in Italia, nel periodo 1980-1998, ci sono stati circa 3 milioni e mezzo di aborti accertati: un’autentica strage degli innocenti! E nel rapporto ISTAT possiamo ancora leggere che "si può ragionevolmente ritenere che l’ammontare di interruzioni volontarie di gravidanza ( = in numero degli aborti) si sia ormai STABILIZZATO intorno alle ( = ai) 140 mila l’anno"... Se questo è un uomo! SOTTOLINEATURE. Non vorrei scendere in ulteriori macabre considerazioni e morbosi particolari ma, analizzando i dati, alcune cose sono proprio da sottolineare, anche perché, credo, sono un po’ sotto gli occhi e nell’esperienza di tutti noi.
SULLA CONTRACCEZIONE. Per quanto riguarda l’uso dei contraccettivi nel periodo 1979-1995, è aumentato il ricorso al metodo contraccettivo a copertura continua, come la pillola (dal 14% del 1979, al 21% del 1995) e la spirale (dal 3% del 1979, al 7% del 1995): ma, in realtà, si tratta in questi casi di cripto-aborti veri e propri! Diminuisce invece il ricorso al coitus interruptus (dal 51% del 1979, al 17% del 1995) e ai metodi naturali (dal 14% del1979, al 5% del 1995). Si mantiene stabile il ricorso al preservativo (dal 17% del 1979, al 14% del 1995). GLI ABORTI CLANDESTINI. Prima dell’introduzione della legge 194 (del 1978) le IVG erano dichiarate come "morti fetali" se effettuate in strutture ospedaliere, o non erano dichiarate affatto quando effettuate in abitazioni private. Erano questi i casi di "aborto clandestino", fenomeno che, sebbene sia ancora presente, si può ritenere in forte diminuzione. Vari studiosi hanno tentato di stimarne l’entità prima del 1978 attraverso indagini locali e/o modelli matematici, ma i risultati ottenuti sono fortemente eterogenei: si passa da meno di 200 mila aborti clandestini, a valori vicini ai 600 mila. Nonostante l’approvazione della legge 194, si ritiene che una certa quota di aborti volontari venga ancora praticata nella clandestinità. L’Istituto Superiore di Sanità stima infatti che l’entità degli aborti effettuati al di fuori delle strutture autorizzate sia stato di circa 100 mila casi nel 1983 e 50 mila nel 1994, e che oltre il 70% di questi sia praticato nell’Italia meridionale e insulare (che invece presenta tassi di IVG inferiori rispetto a Centro e al Nord-Ovest). Eppure, ritengo che il problema e la gravità del fenomeno "aborto clandestino" siano stati gonfiati e strumentalizzati da coloro che volevano la "legalizzazione" e la "liberalizzazione" (di fatto) dell’aborto. In realtà, sembra evidente che l’aborto non è un male solo perchè clandestino. Più sinceramente si dovrebbe dire che l’aborto è clandestino perché è un male (assolutamente e sempre!) che si vuol cercare di nascondere. Senza che questo significhi togliere nulla a tutte le implicazioni e contorsioni "sociali, psicologiche, mediche e umane" della "follia, tragedia" chiamata aborto clandestino. THE DAY AFTER. Questa strisciante inimicizia verso l’amore e verso la vita c’è un po’ da sempre, sia nel Nostro Paese come nel mondo intero. Non lo nego certo! Ma è pure indubbio che un salto di qualità (in senso negativo!) sia stato compiuto nella nostra Italia con l’introduzione della legge 194 del maggio 1978, intitolata "Norme per la tutela della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza". Nel testo di questa legge, infatti, troviamo scritto che qualsiasi donna che "accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie, di malformazioni del concepito" può richiedere l’IVG entro i primi 90 giorni dal concepimento. Dopo tale periodo l’IVG è ancora praticabile nel caso in cui la prosecuzione della gravidanza comporti un serio pericolo per la salute della donna. E oggi, a una ventina di anni di distanza, come stanno le cose? Grandi personalità -sia all’interno del mondo religioso che della cultura laica- hanno con autorevolezza affermato che in Italia c’è ormai "una mentalità abortiva", c’è come una "riduzione" dell’aborto nei confronti di una sorta di "evento farmacologico a sfondo biologico". Insomma, abbiamo proprio smarrito "l’alfabeto della moralità", ma anche il senso stesso della "vita umana". E sì, perché in questa sorta di "villaggio vacanze permanente", che fa della nostra stessa vita "un semplice e vacuo intrattenimento", riusciamo pure a obliterare e a rimuovere il fatto e la realtà che l’ABORTO è un attacco tragico e perverso alle sorgenti della vita, della famiglia e alle stesse "fonti di significato" della comunità umana! E perciò, cominciare quanto prima a rivedere, cambiare, introdurre restrizioni all’interno dell’impianto stesso della legge 194 è un’esigenza improcrastinabile e irrinunciabile. Resta il fatto, però, che -come dicono i politici- nel Paese non ci sono le condizioni (culturali, sociali e umane) per una vera e propria abolizione/superamento della legge 194. E questa è senz’altro un’affermazione triste. Per tutti noi. E allora, come società civile, non possiamo al momento aspettarci tutto dalla politica o affidare/delegare ogni cosa alla legge. In questo stesso momento però, tutti possiamo e dobbiamo lavorare per costruire una "nuova mentalità" e "nuovi atteggiamenti" di "accoglienza" verso la vita. Mettiamo, quindi in circolazione un po’ di umanità, di attenzione e di solidarietà, un po’ di slanci vitali e creativi! |
2001 2000 |