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Andrea Bocelli di Daniela Sari della "Nuova Sardegna"
Arie
sacre, arie di buoni sentimenti. Cantate da un bravo ragazzo, suonate da
un’orchestra impeccabile, fra
ricordi d’infanzia e spiritualità del moderno Giubileo. E’ la formula vincente di Andrea Bocelli
per il suo nuovo lavoro discografico “Arie sacre”, raccolta di arie e
canti religiosi, spaziando dalla vocalità barocca al verismo, fino agli inni
natalizi più tradizionali. Sedici brani raccolti in un CD firmato Sugar, che
sta già scalando tutte le classifiche di vendita. Un successo annunciato, e
sostenuto artisticamente dalle sicurezze di Orchestra e Coro dell’Accademia
Nazionale di Santa Cecilia, diretti da Myung-Whun Chung.
E’ ambiziosa come sempre, l’impresa del tenore toscano. Osa il
viaggio fra mondi sonori lontanissimi fra loro, pagine musicali accomunate solo
dall’ispirazione religiosa, e spesso estrapolate da contesti originali ben più
complessi, che richiedono, anche nella resa delle miniature, particolari
attenzioni interpretative. Osa, il dolce Andrea, e presta la sua voce intonata e
gradevole al canto della gloria di Dio. E tanto basta. Così
comincia, nell’ordine, un percorso di lodi a Maria: l’invocazione
cinquecentesca del fiorentino Giulio Caccini è riveduta e corretta da Steven
Mercurio, fedele compagno di esperienze di Bocelli, e così succede al Sancta
Maria di Mascagni. Una dopo l’altra, e seguite dalla stessa preghiera musicale
di Bach-Gounod e poi di Schubert. Un itinerario difficilissimo, se si tiene
conto delle esigenze interpretative. Ma la voce di Andrea Bocelli segue altri
percorsi: i suoi. Fatti di accattivante dolcezza melodica, fraseggio
appassionato, sfumature cariche di pathos. Bada alla dizione, alla comunicazione
immediata, poggiandosi delicatamente sulle vocali, cercando le emozioni. Scelte
che la direzione di Chung sostiene, ma impegnandosi a restituire ad ogni
pagina l’originario spessore espressivo, il senso della composizione.
L’orchestra, solida e compatta, tesse un tappeto di suoni saldi e affidabili,
su cui far emergere il canto. Così Chung riesce a scandire gli accenti perfetti
di “Ave verum Corpus” di Mozart, disegnare le suggestioni d’Arcadia fra le
“Frondi tenere” che Haendel evoca in “Serse”, imporre la teatralità
forte di Rossini alle note dello “Stabat Mater”. Linee definite, ma che
smussano gli angoli per accogliere la linearità del canto. E Bocelli naviga
libero in tanto mare, cercando la gradevolezza senza ombre, l’immediatezza che
rende questo album un vero momento di abbandono
religioso, senza implicazioni. Sarà caro ai semplici di cuore, per quella
sincerità espressiva che invoglia ai ricordi dell’oratorio, fa dimenticare
per un attimo la dura realtà del mondo. Un approccio perfetto per le pagine
tradizionali, quelle che fanno sognare i bambini, e che tutti i piccoli e grandi
cori, di tutte le parrocchie, conoscono e amano. Da questo punto di vista,
“Astro del ciel” è un vero gioiello: ripensata da Mercurio sulla partitura
di Gruber, è un incanto musicale di rara tenerezza, che la voce di Bocelli
veste di delicate nostalgie. Così come la tradizionale “Adeste fideles” ,
che trova nobiltà orchestrale e insieme mantiene, proprio attraverso il canto,
l’ingenuità dei Natali dell’infanzia. Conclusione
fra gli angeli trionfanti, divina epifania in quel di Lourdes. “Gloria a te,
Cristo Gesù”, firma padre Jean-Paul Lécot all’ombra del santuario. Lode
musicale ed eterna che affida al messaggero Andrea, perché la diffonda nel
mondo. In milioni e milioni di copie. DANIELA
SARI |
2001 2000 |