Per far chiarezza sulla vicenda del crocefisso

di Giovanni Palombarini

A proposito del dibattito sulla vicenda del Crocefisso nella scuola materna di Ofena vale forse la pena di dire pacatamente alcune cose affinché la pubblica opinione possa rendersi meglio conto dei termini della questione.

La prima. La legge che imporrebbe la presenza del Crocefisso nelle scuole e in altri edifici pubblici non esiste. Il tanto invocato regio decreto del 1923, infatti, non è una legge ma un regolamento: come tale può essere disapplicato dal giudice, non essendo possibile - come incredibilmente vanno dicendo in tanti - rimetterlo alla Corte Costituzionale per un'eventuale abrogazione. All'esame del giudice delle leggi possono andare appunto le leggi, non i regolamenti.

Inoltre. Non è affatto detto che quel vecchio regolamento sia ancora vigente. Se il Consiglio di Stato non ha escluso nel 1988 la possibilità di mettere il Crocefisso nelle scuole, una sentenza della Corte di Cassazione del 2000, decidendo il caso di un presidente di seggio che si era rifiutato di prestare la sua attività in un'aula con il Crocefisso, ha annullato la condanna inflittagli da un Tribunale dicendo che quel regolamento doveva ritenersi abrogato ormai da tempo. Ciò è così vero che nel settembre del 2002 il capogruppo alla Camera dell'Udc on. Volontè ha proposto al ministro dell'istruzione Letizia Moratti la questione della vigenza o meno di quel regio decreto, e che in Parlamento pendono da un anno ben tre progetti di legge, di Udc, An e Lega, con i quali si vuole introdurre l'obbligo della presenza del Crocefisso negli edifici pubblici (verrebbe da pensare, a margine di tutto questo, che mano a mano che procede la scristianizzazione della nostra società, si intenda nasconderla con atti formali).

Ancora. Varie voci hanno deplorato che il tutto sia partito dall'iniziativa di una persona di religione islamica, non rispettoso delle tradizioni del nostro Paese; con tanto di perentorie aggiunte secondo cui gli stranieri, se non sono contenti delle nostre regole, possono andarsene. Orbene, a parte il fatto che quella persona è un cittadino italiano, andrebbe detto da qualcuno dei protagonisti del dibattito di questi giorni che in una democrazia l'affermazione di un diritto, ove esistente, prescinde da nazionalità e religioni.

Infine. La decisione del ministro della giustizia on. Roberto Castelli di inviare a L'Aquila i suoi ispettori per aprire eventualmente un'azione disciplinare nei confronti del magistrato che ha pronunciato l'ordinanza appare davvero, sotto il profilo istituzionale, del tutto inaccettabile. Ha provveduto a smorzare i toni il Presidente della Repubblica, ricordano che, come è previsto per tutti i provvedimenti del giudice, quell'ordinanza, se sbagliata, potrà essere revocata o annullata. Ma intanto un messaggio è stato lanciato: anche il contenuto delle sentenze può essere vagliato dal ministro della giustizia per chiedere che il giudice venga sanzionato.

Che dire? Il fatto è che purtroppo l'arretramento complessivo del nostro Paese, anche sotto i profili istituzionale e culturale, appare ormai davvero impressionante.

Novembre 2003

 

 

 

 

 

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