L'ordinanza delle Sezioni Unite sul legittimo sospetto

Pubblichiamo la prima parte dell'ordinanza, con la quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, lo scorso 28 gennaio, hanno respinto la richiesta di Silvio Berlusconi e Cesare Previti di trasferire da Milano a Brescia i processi del filone cosiddetto "toghe sporche" (Imi-Sir, SME, Lodo Mondadori).


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

L A C O R T E S U P R E M A D I C A S S A Z I O N E

SEZIONI UNITE PENALI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Nicola MARVULLI Presidente

Dott. Pasquale TROJANO Componente

Dott. Amedeo POSTIGLIONE

Dott. Torquato GEMELLI

Dott. Mariano BATTISITI (rel.)

Dott. Giorgio LATTANZI

Dott. Pietro Antonio SIRENA

Dott. Giuliana FERRUA

Dott. Giovanni CANZIO

Udienza in Camera di Consiglio del 27 gennaio 2003 Ordinanza N. 1Reg.Gen. N° 8772/02" 8884/02 " 8951/02" 8960/02" 9829/02" 9830/02" 11387/02" 14504/02 " 14829/02 " 16002/02 (Riuniti)

ha pronunciato la seguente:

O R D I N A N Z A

sui ricorsi proposti da:

BERLUSCONI Silvio, nato a Milano il 29 settembre 1936, imputato nel processo n.879/00 R.G. TRIB (N. 11749/97 R.G.N.R., c.d. "SME-Ariosto") pendente davanti alla Prima sez.penale del Tribunale di Milano, difeso dagli avv.ti Niccolò Ghedini del foro di Padova e Gaetano Pecorella del foro di Milano;

PREVITI Cesare, nato a Reggio Calabria il 21 ottobre 1934, imputato, oltre che nel processo n. 879/00, nel processo n. 1600/00 R.G. Trib. Milano (nn. 7806/98 e 11343/99, cc.dd. "IMI-SIR" e "Lodo- Mondadori") pendente davanti alla Quarta sez. penale del Tribunale di Milano e difeso dagli avv. Angelo Alessandro Sammarco del foro di Roma e dall’avv. Giorgio Perroni del foro di Roma sostituto processuale dell’avv. Michele Saponara del foro di Milano;

VERDE Filippo, nato a Napoli il 5 aprile 1928, imputato in entrambi i processi, difeso dall’avv. Renato Borzone del foro di Roma;

 

PACIFICO Attilio, nato ad Avellino il 13 aprile 1933, imputato in entrambi i processi, difeso dall’avv. Francesco Patanè del foro di Roma;

ROVELLI PRIMAROSA Battistella, nata a Milano il 16 novembre 1933 e

ROVELLI Felice, nato a Milano l’11 maggio 1950, imputati nel processo n. 1600/00, difesi dall’avv. Corsio Bovio del foro di Milano;

SQUILLANTE Renato, nato a Napoli il 15 aprile 1925, imputato in entrambi i processi, difeso dall’avv. Giovanni M. Dedola del foro di Milano;

SQUILLANTE Mariano, nato a Napoli il 7 giugno 1953;

SQUILLANTE Fabio, nato a S. Giorgio Ionico il 20 maggio 1957;

SAVTCHENKO Olga, nata in Russia il 14 febbraio 1963; imputati nel processo n. 879/00, difesi dall’avv. Valerio Spigarelli del foro di Roma;

ACAMPORA Giovanni, nato a Bari il 16 marzo 1945; imputato nei processi n. 620/00 R.G. Trib. (stralcio, a seguito di giudizio abbreviato, dal processo n. 1600/00) e n. 1600/00, definito, il primp, con sentenza di condanna, appellata, emessa in data 20 luglio 2001 dal Tribunale di Milano e difeso dall’avv. Dario Andreoli del foro di Roma e dall’avv. Guido Viola del foro di Milano;

METTA Vittorio , terzo interessato, difeso dall’avv. Francesco Pettinari del foro di Roma;

Parti civili:

Presidenza del Consiglio dei Ministri, difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato in persona del vice avvocato generale Paolo Di Tarsia Di Belmonte del foro di Roma;

San Paolo IMI S.p.A., difeso dall’avv. Paolo Barraco del foro di Roma;

C.I.R., difeso dall’avv. Giuliano Pisapia del foro di Milano.

Visti gli atti,

Udita in Camera di Consiglio la relazione fatta dal Consigliere dott. Mariano BATTISTI;

Udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale dott. Antonio SINISCALCHI che ha concluso per il rigetto delle richieste di rimessione.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel corso di due processi, pendenti, rispettivamente, dinanzi alla prima e alla quarta sezione penale del Tribunale di Milano in fase dibattimentale, gli imputati Silvio Berlusconi, Cesare Previti, Filippo Verde, Attilio Pacifico, Felice Rovelli, Prima Rosa Battistella Rovelli, Renato Squillante, Mariano Squillante, Fabio Squillante e Olga Savtchenko hanno presentato in date diverse, dal 1° marzo all’8 aprile 2002, distinte richieste di rimessione ai sensi degli artt. 45 e segg. c.p.p.; tutti, ad eccezione del Verde e del Pacifico, hanno presentato contestuale richiesta di sospensione dei processi di merito a norma dell’art. 47, comma 2, c.p.p..

Disposta dall’autorità giudiziaria milanese l’immediata trasmissione di tali richieste, con i relativi allegati, a questa Corte, il Primo Presidente, in accoglimento di analoga istanza presentata dai primi due imputati – cui hanno prestato successivamente adesione anche gli altri richiedenti – ha disposto, con decreti del 19 e 26 marzo 2002, la loro assegnazione alle Sezioni unite penali, sul rilievo che le "questioni proposte rivestono speciale importanza per la complessità dei motivi prospettati e che appare altresì opportuno, a causa del ruolo istituzionale assunto da uno degli imputati, investire della decisione la più qualificata espressione della giurisdizione penale".

Con gli stessi provvedimenti è stata rimessa al Collegio ogni decisione sull’istanza di riunione dei procedimenti e sulla sospensione dei processi in corso.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano ha proposto osservazioni alle quali ha replicato, con memoria, la difesa di Silvio Berlusconi.

Sono state, poi, inoltrate le ulteriori richieste di rimessione presentate in epoca successiva, la cui assegnazione alle Sezioni unite è stata disposta con decreti del Primo Presidente di contenuto identico a quelli sopra citati.

A)- Silvio Berlusconi.

L’istante premette che l’esigenza ineliminabile e mai conculcabile dell’indipendenza ed imparzialità del giudice trova la propria conferma e tutela nell’istituto della rimessione del processo, di cui, sia pur nella vigenza del codice abrogato, la Corte costituzionale (sentt. n. 50 e n. 109 del 1963) ha sottolineato la natura di suprema garanzia di giustizia, a conferma – e non in deroga – del principio del giudice naturale precostituito per legge sancito dall’art. 25 Cost..

L’art. 45 c.p.p., poi, a differenza della corrispondente disposizione del codice abrogato (art. 55 c.p.p. 1930), prevede ora come presupposto della rimessione "gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili" che, una volta accertate, impongono la translatio, e non solo la consigliano, come nella disciplina previgente.

Ciò significa che il legislatore ha riconosciuto come l’ambiente in cui un processo si svolge possa influire sui giudizi, alterandoli e finanche deviandone l’esito, allorché la "grave situazione locale" abbia proiettato un’ombra di indiscriminato sospetto e di generale sfiducia sugli uffici giudiziari nel loro complesso, generando quell’attentato alla serena formazione della decisione giurisdizionale a cui baluardo è posto l’istituto della rimessione; e tale situazione, ad avviso dell’istante, si può verificare quando siano messi in pericolo i valori costituzionalmente tutelati della sicurezza e della pubblica incolumità.

In tale prospettiva possono acquistare un particolare rilievo, ai fini dell’accoglimento della richiesta, anche le manifestazioni di piazza, le dichiarazioni pronunciate in pubblico ed in occasioni istituzionali da parte di rappresentanti della magistratura e della politica, tutti fenomeni esterni alla normale dialettica processuale quando mirano ad eccitare la suggestione dell’ambiente, tenendolo in costante allarme; una situazione, dunque, ben lontana dalla "quiete sociale".

Nel caso di specie, sottolinea l’istante, viene in rilievo l’ipotesi della rimessione, per il vulnus recato alla libertà di determinazione di coloro che partecipano al processo, dovendosi individuare l’esistenza di una sorta di pregiudizio implicante una vera e propria coartazione fisica o psichica, preclusiva per tutti di ogni possibilità di scelta e segnatamente per i difensori degli imputati; ed il difensore, per la sua alta funzione di titolare del diritto di difesa tecnica e per il ruolo di parte processuale riconosciutogli dall’ordinamento, è garantito nella sua libertà di determinazione al pari degli altri soggetti di cui all’art. 45 c.p.p..

Ne deriva che anche l’atteggiamento manifestato più volte dall’ufficio del pubblico ministero nei confronti degli avvocati difensori degli imputati, unito ad un clima di tensione e di esacerbata contrapposizione, ovvero la stessa situazione obbiettiva del processo quale ricavabile dalle ordinanze fino ad ora collegialmente pronunciate dal tribunale sulle molteplici questioni sorte nel suo svolgimento, fanno fondatamente presagire un esito non imparziale e sereno del giudizio.

Tale situazione costituisce all’evidenza un dato effettivamente inquinante del processo non altrimenti eliminabile se non con il rimedio della rimessione.

Su tale complessa situazione, si espone nella richiesta, va innestato l’ulteriore elemento, giuridicamente rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 45 c.p.p., della "campagna di stampa" tuttora in atto quale ulteriore indice di una situazione locale idonea a turbare lo svolgimento del processo.

Detta campagna di stampa, che si protrae da lungo tempo ed è particolarmente segnata dall’asprezza dei toni, è tale da incidere direttamente sulla capacità del giudice di assolvere con obiettività il compito demandatogli e sulla libertà di determinazione degli altri partecipanti al processo, e presenta altresì tutte le caratteristiche sintomatiche – individuate dalla giurisprudenza di legittimità nella sentenza 7 giugno 1978, ric. De Stefano – dell’attività informativa astiosa, continua e prevaricante il diritto di cronaca che costituisce mezzo diretto a creare, intorno al processo stesso, un "ambiente scandalistico e fazioso teso verso opinioni preconcette in rapporto ad un avvenimento o nei confronti dei protagonisti dello stesso".

Ciò premesso, l’istante elenca a sostegno della richiesta varie circostanze di fatto, premettendo la considerazione che nel corso degli anni, nell’ambito dei procedimenti nei suoi confronti celebratisi in Milano, sono accaduti eventi eccezionali, sia in tema di applicazione del diritto e della procedura, sia per quanto attiene al comportamento della magistratura milanese e di tutto l’ambiente intorno a questa gravitante, di cui rappresenta la sintesi il discorso svolto in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario dal procuratore generale presso la Corte di appello dr. Borrelli.

Anche dall’esame degli atti del dibattimento e dell’udienza preliminare, si osserva, è agevole comprendere come la magistratura milanese abbia adottato una serie di decisioni ed abbia tenuto atteggiamenti che sono in diretta e strettissima correlazione con la situazione ambientale descritta.

Quanto all’atteggiamento nel tempo della procura di Milano, l’istante espone che, dopo la sua "discesa" in politica e la creazione di un nuovo partito, nei suoi confronti nonché nei confronti di manager, dipendenti e collaboratori del gruppo Fininvest ha avuto inizio una lunga serie di procedimenti penali, caratterizzati da richieste di misure cautelari personali, perquisizioni, sequestri anche presso banche, in Italia ed all’estero, con il risultato che solo in alcune limitatissime ipotesi vi è stato il riconoscimento definitivo di responsabilità penali; il tutto accompagnato dalle dichiarazioni pubbliche di chiara natura politica del dr. Borrelli e dei magistrati della procura, a far data da quella in cui (dicembre 1993 – febbraio 1994) l’allora procuratore di Milano invitava "quelli che si vogliono candidare" a "guardarsi dentro" ed a presentarsi in lista solo "se puliti".

In particolare si ricordano la pubblica lettura da parte dei magistrati della Procura di un proclama contro un decreto legge dell’esecutivo; il rilascio, da parte del dottor Borrelli, di dichiarazioni costituenti una sorta di "preavviso" di garanzia a mezzo stampa rivolto all’istante; la notifica di un avviso di garanzia, peraltro anticipata giornalisticamente, effettuata allo stesso istante mentre, nella veste di Presidente del Consiglio, presiedeva una conferenza internazionale; le critiche rivolte dall’allora procuratore generale presso la Corte di appello, dr. Catelani, al modus operandi del pool .

A prescindere dalle dichiarazioni pubbliche dei magistrati milanesi, osserva l’istante come nel 1997 il Parlamento, in cui il centro-destra era pur in minoranza, ha individuato, nel rigettare la richiesta di autorizzazione all’arresto dell’on. Previti, coimputato nel processo di cui si chiede ora la rimessione, l’esistenza del fumus persecutionis, ed ha accolto la proposta della competente Giunta per le autorizzazioni che aveva accertato un’"esasperazione accusatoria" nell’iniziativa del g.i.p...

A riprova dell’atteggiamento della procura nei suoi confronti l’istante indica inoltre un intervento ufficiale del dr. Borrelli il quale, come procuratore generale di Milano, aveva richiesto al procuratore generale presso la Corte di cassazione di sollecitare la fissazione di un processo a suo carico ; il discorso inaugurale dell’anno giudiziario 2002, svoltosi in un clima da stadio e con pesanti intimidazioni ai parlamentari di Forza Italia ed al rappresentante del Governo, in concomitanza con una manifestazione di piazza fuori del palazzo di Giustizia a sostegno dei magistrati milanesi e contro il Governo tenuta da elementi dell’estrema sinistra e con il volantinaggio di un centinaio di asseriti giuristi milanesi di sinistra, diffamatorio nei confronti dei difensori del processo in oggetto; una manifestazione tenutasi il 26.1.2002 attorno al tribunale di Milano, con la presenza di oltre tremila persone che solidarizzavano con i magistrati milanesi contro le posizioni della difesa degli imputati ed il Governo.

Rileva altresì l’istante come i comportamenti dei magistrati del p.m. durante l’intero procedimento abbiano raggiunto quei livelli che la giurisprudenza di legittimità ha indicato come idonei a legittimare la translatio judicii, in quanto l’atteggiamento persecutorio, superando i limiti dell’ordinaria dialettica processuale, è suscettibile di produrre riflessi negativi sulla serenità e correttezza del giudizio .

Indica, a dimostrazione del clima in cui si sta svolgendo il processo, la sua tardiva iscrizione nel registro degli indagati, che gli ha impedito di interloquire in ordine alla proroga delle indagini (pag. 12), nonché la irrituale e tardiva contestazione suppletiva (art. 319-ter c.p.), effettuata solo nell’udienza dibattimentale del 17.11.2000, nonostante gli elementi già raccolti la rendessero possibile anche in precedenza: e ciò al solo scopo di radicare la competenza milanese in virtù del più grave reato fra quelli contestati con il decreto dispositivo del giudizio (art. 2621 c.c.), che tale tuttavia non sarebbe stato se quello oggetto della contestazione suppletiva – il quale avrebbe radicato, perché a sua volta più grave, diversa competenza territoriale – fosse stato tempestivamente rubricato .

Aggiunge l’istante la denuncia della patologica aggressività dell’ufficio del pubblico ministero, che non si è esercitata solo nei confronti degli imputati, bensì anche nei confronti dei difensori, costretti a recarsi presso il procuratore D’Ambrosio per segnalare il comportamento del sostituto Boccassini, perché funzionale non al processo, ma ad intimidire le difese .

Quanto all’atteggiamento degli organi giudicanti, evidenzia:

A) la incompletezza del fascicolo delle indagini preliminari depositato dal P.M., denunciata al g.u.p. ma da lui non sanata con idonei interventi sul P.M. ;

B) la mancata doverosa astensione del g.u.p. dr. Rossato, a seguito dell’accertamento da parte del Parlamento del carattere persecutorio della sua richiesta in ordine all’arresto dell’on. Previti ;

C) la mancata risposta del predetto g.u.p. alla richiesta di incidente probatorio, formulata nell’udienza preliminare sia con riferimento all’audizione di alcuni testimoni, sia con riguardo ad una perizia contabile sui bilanci oggetto dell’imputazione ;

D) La violazione del diritto di difendersi provando posta in essere dal tribunale il quale, nell’udienza dibattimentale del 17 novembre 2000, negava agli imputati l’ammissione dei testimoni indicati su circostanze favorevoli, di quelli destinati a fungere da controprova e dei consulenti tecnici di parte .;

E) la sostanziale negazione, da parte del tribunale, del diritto della difesa di esaminare i documenti – contenuti in cento faldoni – indicati dal P.M. nell’esposizione introduttiva svolta nell’udienza del 9 giugno 2000, ma non fisicamente depositati ;

F) l’illegittimo rifiuto, da parte del tribunale, di far regredire il processo alla fase dell’udienza preliminare in ordine al reato suppletivamente contestato – in relazione al quale l’udienza predetta non era stata pacificamente tenuta – in palese violazione della lettera dell’art. 516, comma 1-ter c.p.p. ["Se a seguito della modifica (dell’imputazione, n.d.r.) risulta un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare, e questa non si è tenuta, l’inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1-bis"] ;

G) la mancata illegittima concessione dei termini a difesa ad alcuni sostituti processuali nominati d’ufficio, in particolare all’avv. Pecorella, nominato sostituto dei difensori dell’imputato Previti nell’udienza del 5.2.2001, ed all’avv. Novellino, nominato sostituto dei difensori dell’imputato Misiani nell’udienza del 6.4.2001, nonché la irrituale nomina di quest’ultimo ;

H) l’illegittima ordinanza di rigetto dell’istanza di rinvio formulata nell’udienza del 15.12.2001 dall’imputato on. Previti per concomitanti impegni parlamentari, basata sulla mancanza di prova della effettiva presenza del parlamentare alla seduta della Camera di appartenenza, contraddetta tuttavia da altra successiva ordinanza che riconosceva la difficoltà del medesimo imputato di fornire la prova richiesta ma che, illogicamente, non revocava la precedente, né dichiarava la nullità dell’udienza celebrata in sua assenza ;

I) la mancata dichiarazione di inutilizzabilità, in violazione della legge 367/2001, degli atti pervenuti in esecuzione di rogatorie internazionali e privi di qualsiasi timbro di autenticità; osserva l’istante che analoghe decisioni sono state adottate anche nel processo pendente davanti alla II sezione (cd. All Iberian), in cui pure è imputato, nonché in quello pendente davanti alla IV sezione (cd. "IMI-SIR"), e rileva l’assoluta e peculiare sintonia tra i collegi giudicanti, allarmante se posta in relazione con quanto dichiarato alla stampa dal dr. Borrelli, secondo il quale "lo sforzo della magistratura sarà quello di neutralizzare sul piano interpretativo i peggiori guasti che dalla legge sulle rogatorie possono nascere" ;

L) la "insubordinazione" commessa dal tribunale rispetto alla sentenza con la quale la Corte costituzionale, risolvendo il conflitto di attribuzioni, aveva annullato le plurime ordinanze del g.u.p. che negavano la sussistenza di un legittimo impedimento a partecipare all’udienza dell’imputato on. Previti, impegnato in Parlamento; il tribunale, infatti, ai sensi dell’art. 185 c.p.p., avrebbe dovuto dichiarare la nullità di tutti gli atti conseguenti alle ordinanze predette e disporre la trasmissione del fascicolo al giudice dell’udienza preliminare: ciò non è tuttavia avvenuto, con elusione dell’osservanza del dictum della sentenza costituzionale di annullamento. A ciò si aggiunga che sia la prima (processo "SME-Ariosto") che la quarta sezione (processi ora riuniti "IMI-SIR" e "Lodo Mondadori") del tribunale, davanti alle quali si proponeva l’identica questione dell’invalidità derivata, a dispetto della rapidità con la quale era stato condotto fino a quel momento il dibattimento, hanno disposto, dopo la sentenza predetta, un rinvio delle udienze per svariati mesi; e che il presidente della quarta sezione, in una missiva al presidente della Camera dei deputati volta ad ottenere informazioni sui futuri lavori dell’Assemblea, anticipava sostanzialmente la decisione che, sull’anzidetta questione, sarebbe stata adottata sia dal collegio da lui presieduto, sia dalla prima sezione, a conferma di come essa fosse maturata al di fuori della sede tipica processuale ;

M) l’inesistente "intercettazione ambientale" di una conversazione tra gli imputati Squillante e Misiani asseritamente effettuata presso il bar Mandara di Roma ed utilizzata ai fini cautelari, in relazione alla quale il g.i.p. dr. Rossato non ha compiuto alcuna verifica documentale, ritardando indebitamente la risposta alla richiesta di incidente probatorio circa le modalità della sua esecuzione. Gli operatori di p.g. che tale attività di captazione hanno compiuto, rileva altresì l’esponente, si trovano attualmente sottoposti a procedimento penale davanti alla procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia per il reato di falso ideologico, ipotizzato proprio in relazione a quanto avvenuto nel corso delle operazioni investigative; gli organi delegati per le indagini sono dunque divenuti a loro volta indagati, con la conseguenza che, alla stregua di quanto affermato dalla Corte di cassazione nel caso Cerciello (v. infra, n.d.r.), in dibattimento si verrà a formare una prova che non potrà non essere condizionata, con riferimento sia ai testi-indagati di reato connesso sia allo stesso P.M. che ha svolto le indagini proprio avvalendosi del loro ausilio investigativo ;

N) l’irritualità della composizione del collegio, del quale non poteva fare più parte, a seguito della decisione 31.12.2001 del Ministero della Giustizia, il giudice dr. Brambilla, trasferito ad altro ufficio (sorveglianza), la cui titolarità è incompatibile, ai sensi dell’art. 68 l. 354/75, con lo svolgimento di altre funzioni giudiziarie; il comportamento del predetto magistrato, teso pervicacemente ad esercitare le funzioni presso il tribunale ordinario, a fronte di una situazione da lui obiettivamente creata con la richiesta di trasferimento; la sua mancata astensione; l’immediata dichiarazione di inammissibilità della ricusazione proposta nei suoi confronti; l’illegittima sua applicazione al tribunale per la prosecuzione del processo, disposta dal presidente della Corte di appello, a riprova dell’atteggiamento ambientale della magistratura milanese che ha così reagito ad un legittimo atto del Ministero ;

O) l’irrituale nomina di un difensore di ufficio all’imputato Previti, che aveva revocato i propri, e la mancata concessione allo stesso dei termini a difesa, pur dovendosi procedere all’escussione di numerosi e importanti testimoni .

Le variegate e straordinarie interpretazioni in punto di diritto operate dalla magistratura milanese acquistano, ad avviso dell’istante, un preciso significato se ripercorse alla luce delle esternazioni di vari magistrati ed in particolare del discorso svolto in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario dal dr. Borrelli il quale, assumendo il ruolo di leader in pectore dell’opposizione più radicale ed estrema al Governo Berlusconi, ha tracciato il programma di quello che è stato e di quello che sarà nel futuro l’atteggiamento della stessa magistratura in tema di esercizio del diritto di difesa (paragonato agli atti emulativi), riforme legislative e politica giudiziaria, amministrazione della giustizia e prestigio dell’ordine giudiziario .

Allo stesso modo, si osserva, assumono decisivo rilievo le dichiarazioni pubbliche del dr. D’Ambrosio, procuratore della Repubblica di Milano, in totale sintonia con quelle del dr. Borrelli specie in ordine alla critica verso il legittimo esercizio dell’attività difensiva e della dottoressa Boccassini .

Ciò che più preoccupa, rileva ancora l’istante, è tuttavia la grave situazione dell’ordine pubblico, testimoniata innanzi tutto da quanto accaduto durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, con folla plaudente i passaggi più aggressivi del discorso del dr. Borrelli, ovazioni, slogan contro il Governo, gli imputati e i loro difensori, con i deputati di Forza Italia costretti ad abbandonare l’aula; nonché provata da successive manifestazioni di piazza, scritte minacciose sui muri, tafferugli tra sostenitori di opposte fazioni, fino alla manifestazione organizzata al Palavobis il 23 febbraio 2002 per l’anniversario di Mani pulite, nel corso della quale migliaia di persone hanno dimostrato con accenti durissimi non tanto a favore dei magistrati, quanto – con particolare livore – contro il presidente del Consiglio in carica, in nome della parola d’ordine "resistere, resistere, resistere", lanciata dal dr. Borrelli.

La situazione dell’ordine pubblico e della serenità del processo devono ritenersi dunque irrimediabilmente compromesse .

B)- Cesare Previti

Premesso che il cd. pool di Milano è assurto negli anni al rango di organismo politico, in grado di condizionare, in alcuni momenti drammatici, le stesse Istituzioni repubblicane, osserva l’istante che nella sede giudiziaria milanese si è instaurata una giustizia politica, ad illustrare i risvolti della quale rinvia ad una serie di pubblicazioni allegate .

L’azione diretta a colpire l’on. Berlusconi e le persone a lui politicamente o professionalmente legate è stata così trasposta al di fuori della tipica sede processuale, attraverso continue propalazioni provenienti dalla procura di Milano o comunque a tale Ufficio attribuibili, concernenti, in molti casi, perfino notizie coperte dal segreto investigativo ; la strategia dei magistrati milanesi inquirenti è stata quella di anticipare gli elementi di accusa, con mirate anteprime mediatiche, in modo da preparare la strada al successivo sviluppo processuale e così, sulla base di un precostituito consenso popolare, anch’esso abilmente creato grazie all’attivazione studiata ed organizzata della piazza, ottenere risultati processuali altrimenti irraggiungibili, data la labilità del costrutto accusatorio.

Se dunque, rileva l’istante, il rimedio giuridico della rimessione deve essere attivato quando il processo e le persone che in esso agiscono soffrono di condizionamenti e di turbamenti provenienti dall’esterno, una simile anomalia è stata per prima creata e progettata all’interno degli uffici della Procura di Milano che sulla prevaricante azione di disturbo processuale ha fondato il proprio operato, principalmente alla ricerca del consenso mediatico e politico, senza il quale i processi nei confronti suoi e dell’on. Berlusconi non si sarebbero neppure potuti iniziare, per essere stata trascurata proprio la ricerca degli elementi di prova e dei riscontri di fatto che avrebbero dovuto sostenere l’accusa, viceversa rimasta allo stato embrionale o addirittura calibrata su fatti non previsti come reato oppure già prescritti, come ritenuto dalla Corte di cassazione nelle sentenze n. 2006 del 13.8.1996 e n. 3524 del 16.11.2001 .

Esempio eclatante è costituito dalla notifica all’on. Berlusconi, all’epoca primo ministro, dell’invito a comparire per rendere l’interrogatorio su un’imputazione poi ritenuta fin dall’origine infondata (Cass., n. 1170 del 19.10.2001, all. 5-bis), effettuata mentre presiedeva un vertice internazionale ed accompagnata dalla violazione del segreto investigativo circa l’iscrizione del predetto nel registro degli indagati; tutto ciò secondo un programma di studiata e sistematica violazione del segreto, la cui esistenza è stata confermata in un’intervista dallo stesso dott. Ghitti, all’epoca g.i.p. presso il tribunale di Milano .

In specie l’istante, oltre a lamentare l’esistenza nei suoi confronti di una campagna di demonizzazione alimentata da indebita anticipazione di notizie riservate, censurata anche dal Capo dello Stato (all. 6), espone di essere stato oggetto di particolare attenzione da parte del dottor Borrelli, il quale, al momento del voto parlamentare in ordine alla richiesta di autorizzazione al suo arresto presentata dall’A.G. milanese, dichiarò pubblicamente che il Parlamento avrebbe dovuto dare un segnale "morale" al Paese concedendo l’autorizzazione e, più recentemente, censurandone la condotta processuale, lo ha accostato ai terroristi .

Lo stesso dott. Borrelli ha offerto al pubblico la summa dei principi dell’azione "paragiudiziaria" diretta ad influenzare il corso del processo nella relazione svolta nella veste di procuratore generale in occasione della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario, risoltasi in un discorso programmatico di gestione politica dell’azione giudiziaria, tale da apparire finalizzato a spingere la magistratura milanese ad assumere iniziative contro il Capo del governo nell’ambito dei procedimenti in corso come ritorsione per l’adozione, sul piano politico, di condotte ritenute "punitive" e perfino "minatorie" nei confronti degli stessi magistrati milanesi, tra le quali la riduzione delle scorte a quelli, tra loro, impegnati a sostenere l’accusa nei confronti dell’on. Berlusconi; nella medesima occasione il dottor Borrelli ha invocato l’introduzione di un illecito di oltraggio alla Giustizia nei confronti degli avvocati che abbiano adottato strategie dilatorie, con allusione evidente alla condotta processuale dell’istante, già da lui pubblicamente stigmatizzata , ed invito palese alla soppressione del suo diritto di difesa, esercitato peraltro sempre correttamente.

I violenti attacchi, le sistematiche violazioni del segreto investigativo con le conseguenti amplificazioni sugli organi di informazione, i proclami di natura politica, l’invito al disprezzo degli imputati come individui immorali e spregevoli, l’invito alla soppressione di ogni forma processuale a favore di un giustizialismo ad oltranza hanno creato non un semplice clima, ma un vero e proprio contesto che, ad avviso dell’istante, rende impossibile la celebrazione dei processi nei confronti suoi e dell’on. Berlusconi senza l’intervento di fattori esterni che condizionino pesantemente l’operato di giudici e parti.

In particolare si sottolinea:

Il contesto ambientale nel quale agisce la magistratura milanese è stato altresì accertato nel dibattito sulla questione giustizia svoltosi al Senato nei giorni 4 e 5 dicembre 2001, dal quale è risultato chiaro che i magistrati milanesi hanno agito in funzione metagiudiziaria per cercare il consenso dell’opinione pubblica, sono stati promotori di riunioni anomale finalizzate ad elaborare una strategia processuale nei confronti dell’istante e dell’on. Belusconi, volte ad eludere norme di legge, una sentenza costituzionale e i diritti di difesa, hanno organizzato assemblee, volantinaggi, affissione di manifesti e partecipato a manifestazioni di piazza di stampo giustizialista contro i predetti, assumendo per bocca dei loro "capi riconosciuti", i dottori Borrelli e D’Ambrosio, posizioni e atteggiamenti dichiaratamente politici incompatibili con l’indipendenza e la libertà di autodeterminazione, nonché con la serena partecipazione ai processi degli imputati e dei loro difensori.

Essendosi siffatte condotte realizzate in via generalizzata, e mostrandosi pertanto inadeguato a rimuovere il giudice sospetto l’istituto della ricusazione, risulta evidente ad avviso dell’istante che non può esservi altro rimedio a tutela dell’imparzialità di giudizio che la rimessione ex art. 45 c.p.p.

In particolare, a riprova dell’assunto, si espone che i magistrati di Milano (P.M. e giudici) si sono riuniti in gruppo, più volte, per decidere collettivamente la condotta da adottare contro l’istante in ordine all’applicazione della legge n. 367 del 2001 in tema di rogatorie internazionali; a tali incontri ha partecipato il dottor Borrelli, il quale aveva poco prima annunciato pubblicamente, sulla stampa nazionale, che la legge sulle rogatorie sarebbe stata "neutralizzata" : ed infatti, si legge nella richiesta, puntualmente i giudici che procedono hanno letteralmente disapplicato, con argomentazioni capziose e sofistiche, la predetta legge dello Stato e la Convenzione europea di assistenza giudiziaria pur di non mettere "in pericolo" la prova d’accusa predisposta dalla Procura di Milano .

Allo stesso modo l’esistenza di accordi realizzati da magistrati milanesi al fine di condizionare i processi contro gli imputati Previti, Berlusconi ed altri è provata dalla disapplicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 225 del 2001 la quale, accogliendo il ricorso per conflitto di attribuzioni, ha annullato le ordinanze del g.i.p. milanese che avevano negato all’istante il riconoscimento del legittimo impedimento a partecipare alle udienze derivante dallo svolgimento di attività parlamentare, l’orientamento dei giudici, a riprova del previo accordo, era stato preannunciato da una lettera indirizzata dal presidente della IV sez. penale del tribunale al Presidente della Camera dei deputati – nella quale si estendevano le preoccupazioni sugli effetti di detta sentenza anche al processo pendente presso la I sezione, ad ulteriore dimostrazione del concerto – ben prima che i collegi impegnati nella trattazione dei processi si pronunciassero in merito.

Inoltre, ad avviso dell’istante, solo ipotizzando un accordo tra i giudici procedenti e tra i titolari delle sezioni giudicanti del tribunale e della Corte di appello è comprensibile quanto accaduto nel processo pendente innanzi alla IV sezione, nel corso del quale un imputato (Acampora) aveva tempestivamente richiesto il giudizio abbreviato; nell’occasione il tribunale, anziché dar corso al rito speciale nei confronti dell’imputato richiedente, come previsto dall’art. 223 d.lgs. n. 51 del 1998 (modificato dall’art. 56 l. n. 479 del 1999), ha disposto la separazione "al contrario" del procedimento che lo riguardava da quello dei non richiedenti, così autoattribuendosi la competenza funzionale a proseguire nel giudizio verso questi ultimi .

Dall’"accordo", dall’"organizzazione", dalla "concertazione", dal "coordinamento" (che presuppongono per definizione vincoli, impegni, promesse) fra magistrati milanesi è derivata dunque una situazione esterna di turbativa che esclude in radice l’indipendenza e l’imparzialità di giudizio.

- la vicenda Brambilla, che rappresenta plasticamente l’estrema peculiarità del contesto ambientale milanese in cui si stanno svolgendo i processi a carico dell’istante, in cui l’intero apparato giudiziario di Milano ed i suoi vertici hanno agito allo scopo di indebitamente neutralizzare gli effetti del sancito trasferimento di un giudice, membro del collegio che procede al dibattimento nel processo cd. "SME-Ariosto", pendente davanti alla I sezione penale del tribunale.

- le anomalie delle vicende processuali, che hanno caratterizzato lo svolgimento dei vari processi imbastiti a Milano, costellato di incredibili singolarità ed illegittimità, a dimostrare che il destino processuale dell’imputato istante è stato prestabilito in anticipo .

- il condizionamento degli avvocati; assume l’istante che nei confronti dei suoi difensori, come documenta corposa rassegna stampa sono state adottate pesantissime intimidazioni di tipo "punitivo" e "ritorsivo", anche nel discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario del dr. Borrelli, solo perché essi avevano esercitato legittimamente il diritto di difesa, prospettando le dovute eccezioni volte a rimediare tempestivamente ai numerosissimi vizi di legittimità accumulatisi nel corso dei processi. Una simile rappresentazione dell’esercizio della difesa, condivisa da tutti i magistrati procedenti, ha finito per condizionare l’operato dei difensori stessi, costretti a calibrare ogni intervento per evitare accuse strumentali e costituisce elemento che determina perturbazioni irreversibili degli equilibri processuali ed impedisce la celebrazione di processi giusti, immuni da influenze e condizionamenti.

Pure da ciò derivano, ad avviso dell’istante, considerata anche l’enorme pressione mediatica, pesanti condizionamenti e coartazioni psicologiche sui giudici procedenti ed in generale su tutti coloro che partecipano al processo.

C)- Attilio Pacifico

Rileva l’istante che l’attuale formulazione dell’art. 45 c.p.p., recependo i risultati dell’elaborazione giurisprudenziale sull’art. 55 del codice abrogato, ha elevato ad esplicito presupposto della rimessione la categoria dell’"ordine processuale", inteso quale sottospecie dell’ordine pubblico risultante dal complesso delle condizioni predisposte dall’ordinamento al fine di assicurare che tutti i soggetti del processo possano esercitare liberamente, senza condizionamenti, i poteri-doveri che ad essi fanno capo e di garantire, così, lo svolgimento non inquinato del processo stesso e la genuinità dei risultati del giudizio.

Con la vigente disciplina, dunque, la tutela si è spostata dal giudice-organo al più generale contesto processuale, sulla considerazione che il giudice non è l’unica dramatis persona vulnerabile da pressioni esterne, e si sono allargati i presupposti che legittimano la proposizione della richiesta di rimessione in coerenza con i caratteri del nuovo rito, qualificato in senso accusatorio dall’iniziativa delle parti nella formazione della prova e dall’assunzione di questa, di regola, nel dibattimento.

Pertanto, si osserva, pur se il rimedio è riservato ad una eccezionalità di casi, può acquistare valenza per l’accoglimento della relativa istanza una situazione di rilevante turbativa della ordinaria dialettica processuale, anche se esterna ad essa, generata da diversi fattori riconducibili tutti, comunque, ad un atteggiamento di forte ostilità politica nei confronti degli imputati: ostilità che può emergere quando una campagna di stampa condotta attraverso la pubblicazione di notizie giudiziarie in maniera continuativa, sistematica e persecutoria nei confronti di determinate persone, sia tale da far presumere che l’ufficio di chi è chiamato a giudicare mostri quasi di essersi schierato contro di esse; ed a fortiori, nel caso in cui la campagna di stampa faccia registrare prese di posizione, manifestate nelle più diverse occasioni, degli stessi componenti dell’ufficio giudiziario, a conferma del forte accanimento anche politico nei confronti di certi soggetti.

Nel caso di specie la condizione di costante allarme e tensione, oltre che dalla campagna di stampa, la quale ne costituisce il veicolo, è alimentata da manifestazioni di piazza, da dichiarazioni pronunciate in pubblico ed in occasioni istituzionali da parte di rappresentanti di magistratura e politica, da sit-in di fronte al palazzo di giustizia di Milano: situazioni tutte estranee alla dialettica processuale, ma strettamente legate al luogo ove si svolge il processo, che creano un clima di forte suggestione.

Tale clima, che testimonia e rafforza l’esasperata ostilità e la conseguente mancanza di serenità di giudizio in capo all’organo giudicante, compromette senza ombra di dubbio la libertà di tutte le persone coinvolte nel processo, compresi testimoni e difensori che devono essere garantiti, al pari di tutti gli altri soggetti di cui all’art. 45 c.p.p., nella loro libertà di determinazione.

La sintesi di quanto accaduto negli ultimi anni è offerta, ad avviso dell’istante, dal discorso del procuratore generale dr. Borrelli pronunciato per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, interamente teso – a conferma dell’esistenza di una contrapposizione extra-istituzionale – a demonizzare l’opera dell’attuale Governo la quale, attraverso i ministri della Giustizia e dell’Interno, sarebbe diretta a "risolvere i processi" contro l’on. Berlusconi; discorso che, per la circostanza di essersi collocato in una importante sede istituzionale, non può non suggestionare l’animo degli ascoltatori e dell’intera comunità milanese. Del resto, si osserva, l’intento della procura generale di intervenire sui processi in corso è emerso in maniera chiara durante l’approvazione di importanti leggi (falso in bilancio, rogatorie, rientro di capitali dall’estero, mandato di cattura europeo); in particolare, si ricorda, il dr. Borrelli, in merito alla legge sulle rogatorie, ha pubblicamente affermato che "il nostro sforzo sarà quello di neutralizzare sul piano interpretativo i guasti che da questa legge possono nascere"; ed a questo proposito appaiono inquietanti le decisioni rese in siffatta materia dalla prima e quarta sezione penale del tribunale nei processi de quibus, che sembrano coordinate fra loro come sotto la direzione di una regia unica.

Sulla stessa linea del procuratore generale si è collocato, con dichiarazioni pubbliche riportate dalla stampa, anche il procuratore della Repubblica dr. D’Ambrosio.

La magistratura milanese, prosegue l’istante, insieme a tutto l’ambiente intorno ad essa gravitante, ha agito negli ultimi anni spinta da un intento persecutorio nei confronti dell’on. Berlusconi e dell’on. Previti; di conseguenza tutte le persone coinvolte nei procedimenti penali che li riguardano hanno "beneficiato" di un trattamento che si può definire almeno "speciale".

Tra gli eventi del tutto peculiari che lo hanno coinvolto direttamente, l’istante indica:

- l’utilizzazione nei suoi confronti, a fini cautelari, di un’inesistente "intercettazione ambientale" di una conversazione tra gli imputati Squillante e Misiani asseritamente effettuata presso il bar Mandara di Roma, in relazione alla quale il g.i.p. dr. Rossato non ha compiuto alcuna verifica documentale, ritardando indebitamente la risposta alla richiesta di incidente probatorio circa le modalità della sua esecuzione. Gli operatori di p.g. che tale attività di captazione hanno compiuto, rileva altresì l’esponente, si trovano attualmente sottoposti a procedimento penale davanti alla procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia per il reato di falso ideologico, ipotizzato proprio in relazione a quanto avvenuto nel corso delle operazioni investigative; gli organi delegati per le indagini sono dunque divenuti a loro volta indagati, con la conseguenza che, alla stregua di quanto affermato dalla Corte di cassazione nel caso Cerciello , in dibattimento si verrà a formare una prova che non potrà non essere condizionata, con riferimento sia ai testi-indagati di reato connesso, sia allo stesso P.M. che ha svolto le indagini proprio avvalendosi del loro ausilio investigativo;

- l’ordinanza, caratterizzata da una intollerabile dose di cinismo, con la quale il g.i.p. di Milano ha disatteso la sua richiesta di rimessione in libertà ovvero di attenuazione della cautela per l’esistenza di uno stato depressivo incompatibile con la custodia;

- la "insubordinazione" del tribunale rispetto alla sentenza con la quale la Corte costituzionale, risolvendo il conflitto di attribuzioni, aveva annullato le plurime ordinanze del g.u.p. che negavano la sussistenza di un legittimo impedimento a partecipare all’udienza preliminare dell’imputato on. Previti, impegnato in Parlamento; il tribunale, infatti, ai sensi dell’art. 185 c.p.p., avrebbe dovuto dichiarare la nullità di tutti gli atti conseguenti alle ordinanze predette e disporre la trasmissione del fascicolo al giudice dell’udienza preliminare: ciò non è tuttavia avvenuto, con elusione dell’osservanza del dictum della sentenza costituzionale di annullamento;

- la circostanza che il giorno 17 febbraio 2002 sia stata chiamata a raccolta una moltitudine di persone a fare "quadrato" intorno al palazzo della Corte suprema, e, dalla voce di personaggi che nulla hanno a vedere con il mondo giudiziario, si sentissero pronunciare attacchi antigovernativi e di incitamento a moti rivoluzionari contro eventuali riforme che possano risolversi nell’introduzione di garanzie a favore degli imputati, secondo un copione già visto a Milano, ove si corre il rischio che tali manifestazioni diventino epidemiche.

È ormai storia, conclude l’istante, che le indagini e i conseguenti processi si svolgono con criteri mirati che hanno per obiettivo la destabilizzazione del Presidente del Consiglio in carica e, quindi, di coloro che si trovano nell’area del suo potere.

Ne è ulteriore riprova un episodio verificatosi nella primavera del 2001: nel corso di attività rogatoria svoltasi in Svizzera i difensori dell’istante avevano eccepito la violazione del principio di specialità; alla successiva udienza in Italia il P.M. sollecitava il tribunale a verificare se l’avv. Patanè, italiano, non avesse commesso per questo attività antinazionale all’estero, a conferma di un atteggiamento ostile dell’accusa che anche in altre occasioni ha portato il rappresentante del P.M. a richiedere la trasmissione degli atti al proprio ufficio per valutare ipotesi di reato a carico dei difensori che esercitavano il loro ministero.

Tutto il processo, dunque, è condizionato da una situazione ambientale non altrimenti eliminabile che impedisce la celebrazione di un sereno e giusto processo, menomando la libertà di determinazione delle persone che vi partecipano.

D)- Filippo Verde

L’istante, premesso di non avere alcuna intenzione di "schierarsi" nell’ambito di uno scontro processuale, politico ed istituzionale fin troppo noto, rileva tuttavia che proprio le caratteristiche di tale scontro hanno determinato in lui la convinzione che il contesto nel quale si stanno celebrando i processi di cui chiede il trasferimento non può garantire il loro svolgimento sereno nella sede giudiziaria di Milano, a causa del condizionamento ambientale al quale sono sottoposti giudici, parti, difensori, testimoni e che impedisce di celebrare i dibattimenti secondo i canoni di una fisiologica dialettica.

Non interessa, si osserva, rilevare chi fra i contendenti abbia torto o ragione: resta il fatto che la situazione denunciata, ormai irreversibile ed ineliminabile, sta determinando uno svolgimento anomalo del processo, nel quale l’applicazione o il richiamo delle norme di procedura, da parte dei ciascuno dei partecipanti, è puramente strumentale a "tenere il punto" più che ad applicare in modo sereno il codice e le leggi.

Si svolgono pertanto, ad evidenziare circostanze tali da turbare lo svolgimento del processo e limitare la libertà di determinazione di coloro che vi partecipano, le seguenti considerazioni:

È noto altresì che in tale contesto alcune forze politiche e culturali si sono contrapposte alle metodiche ed all’agire dei magistrati di Milano. In questa situazione è nato uno scontro – che perdura fino ad oggi e che si è sviluppato non solo nelle aule giudiziarie, ma anche attraverso i mezzi di informazione, in sedi istituzionali, nelle piazze – fra due schieramenti: l’uno rappresentato dalla magistratura milanese (la procura della Repubblica, con il consenso di fatto della magistratura giudicante), l’altro da alcune forze politiche, in particolare dal partito "Forza Italia" cui appartengono gli imputati Berlusconi e Previti.

In tale situazione si è inserito, nel 1995, il procedimento penale denominato dai media "Ariosto" o "toghe sporche", in cui l’autorità giudiziaria milanese ipotizzò reati a carico di magistrati romani in concorso con esponenti di quella forza politica che da anni "guidava" lo schieramento con cui essa quotidianamente si scontrava nelle aule dei tribunali, sui giornali, nelle piazze, in Parlamento, davanti al C.S.M.

È evidente dunque, ad avviso dell’istante, che il processo di cui si chiede la rimessione si inserisce in un evolversi storico degli avvenimenti che inevitabilmente, al di là delle singole volontà, rischia di rappresentare un redde rationem processuale di uno scontro giudiziario, politico, culturale, istituzionale che va avanti da un decennio; gli attacchi cui la magistratura milanese, requirente e giudicante, è sottoposta, nonché le risposte ed i contro-attacchi di quest’ultima a mezzo dei suoi esponenti più illustri, esercitano ormai un condizionamento permanente su giudici, parti, difensori, testimoni e, soprattutto, su quegli imputati del tutto estranei agli "scontri", che vorrebbero la celebrazione di un dibattimento sereno.

Il veemente attacco contro i difensori, in particolare, accompagnato – fra il consenso generale della "base" della magistratura milanese – dall’auspicio della punizione per "oltraggio" del difensore che muova, facendo il suo dovere, eccezioni procedurali, costituisce un segnale inquietante di condizionamento del processo e di pregiudizio per la libertà di determinazione delle persone che vi partecipano.

Tutto ciò, ad avviso dell’istante, crea quella situazione obiettiva tale da sconvolgere l’ordine processuale e da creare condizionamento psicologico sull’intero ufficio giudiziario che, unita all’atteggiamento del P.M., estraneo ai limiti dell’ordinaria dialettica processuale, integra i presupposti per la rimessione richiesti dall’art. 45 c.p.p. come individuati dalla giurisprudenza di legittimità nelle decisioni (sez. I) del 10.3.1997, Cirino Pomicino e del 13 ottobre 1997, Manganaro.

E)- Le osservazioni della Procura della Repubblica di Milano e la replica della difesa di Silvio Berlusconi

A confutazione degli argomenti esposti nelle predette richieste di rimessione ha presentato osservazioni (con vari allegati, numerati progressivamente) il procuratore della Repubblica di Milano il quale, premesso che l’imputato Previti si è avvalso del legittimo impedimento derivante dallo svolgimento di attività parlamentare, di talché i due collegi interessati ai dibattimenti de quibus hanno tenuto udienza (alternativamente) solo nei giorni di lunedì e venerdì (e talora di sabato), precisa che, a causa di ulteriori impedimenti di vario genere (scioperi dei difensori, malattie, concessioni del termine a difesa), sono state annullate o rinviate numerosissime udienze già fissate in calendario e che davanti alla prima ed alla quarta sezione penale per la risoluzione delle questioni preliminari sono stati impiegati rispettivamente undici ed otto mesi.

In particolare, quanto all’apertura dell’anno giudiziario 2002, il procuratore della Repubblica di Milano sottolinea l’uso distorto del contenuto della relazione del procuratore generale , i cui temi sono stati comuni a quelli trattati nei discorsi inaugurali svolti presso gli altri distretti, nei quali i procuratori generali tutti hanno manifestato profondo malessere per la situazione in cui versa la magistratura italiana, nonché forti preoccupazioni per il contenuto di leggi in tema di giustizia approvate di recente ; osserva, altresì, come in ogni caso detta relazione non abbia potuto in alcun modo condizionare le decisioni di cui gli imputati si lamentano, perché tutte ad essa cronologicamente precedenti.

Rileva, altresì, che alle riunioni tenute dai magistrati del pubblico ministero tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 2001, del cui esito è stato ufficialmente portato a conoscenza il C.S.M. , non ha partecipato alcun magistrato della giudicante, così come è avvenuto per l’incontro, in data 2 ottobre, con il dr. Giancarlo Caselli, unico membro italiano di Pro Eurojust, avente ad oggetto il tema delle indagini transnazionali; che l’incontro in data 29 ottobre, avente ad oggetto la legge n. 367/2001 in tema di rogatorie, è stato organizzato dall’Ufficio dei referenti per la formazione decentrata; che le altre iniziative alle quali si riferiscono gli imputati sono state indette dall’Associazione nazionale magistrati e sono consistite in un’assemblea pubblica, alla quale ha partecipato il presidente Gennaro, ed in un’astensione simbolica dal lavoro per quindici minuti svoltasi contemporaneamente in tutta Italia al fine di leggere un documento associativo .

Circa i condizionamenti ambientali, osserva la Procura che, contrariamente all’assunto dell’imputato Berlusconi, nessuna rissa o tafferuglio si è sviluppato in connessione con le vicende processuali che, quanto alla manifestazione svoltasi nel pomeriggio del sabato 26.1.2002 intorno al palazzo di giustizia di Milano, quando l’udienza era da tempo terminata, si trattava di un "girotondo" del tutto analogo ad altri organizzati intorno ad altri palazzi, compreso quello della Corte suprema, con la partecipazione di personaggi del mondo dello spettacolo e della cultura, nonché di intere famiglie ; che dello stesso tenore è stata la manifestazione al Palavobis, svoltasi ancora di sabato ed in luogo assai distante da quello in cui si tengono le udienze .

In relazione all’atteggiamento del pubblico ministero, che si assume teso ad intimidire le difese, il procuratore di Milano allega i verbali delle dichiarazioni rese dall’imputato Previti e dall’avv. Ghedini nel dibattimento, di cui ha chiesto la trasmissione al proprio ufficio nell’udienza del 3.1.2002 .

Circa le dichiarazioni alla stampa da parte di magistrati degli uffici requirenti di Milano, osserva la Procura come sia da escludere che esse abbiano avuto la capacità di condizionare il collegio o le parti del processo, anche alla luce dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in argomento; e ciò a prescindere dal contenuto delle stesse, spesso dirette a ristabilire verità violate, a rispondere ad attacchi all’indipendenza ed onorabilità dei magistrati, a sottolineare inconvenienti e contraddizioni derivanti dall’introduzione di nuove leggi.

In ordine all’ipotizzato condizionamento dei giudici, che si assume reso palese dall’adozione di una serie di atti abnormi o illegittimi, comunque in odio agli imputati, si osserva innanzi tutto che il contenuto dei provvedimenti del giudice non costituisce causa di rimessione, la quale non può utilizzarsi come alternativa immediata e dirimente rispetto alle impugnazioni ordinarie.

In merito si precisa altresì:

- che la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato Previti avverso il rigetto, assunto irrituale, di una sua istanza di rinvio, e che, quanto alla composizione del collegio, denunciata come illegittima, il provvedimento con il quale il presidente della Corte di appello vi ha applicato il giudice dr. Brambilla non risulta essere stato disatteso né dal Consiglio giudiziario, né dal C.S.M.

Alla Procura della Repubblica di Milano replica con memoria la difesa dell’imputato Berlusconi. In essa si rileva, innanzi tutto, l’irritualità – a conferma della peculiarità di atteggiamento di quell’ufficio – delle "osservazioni" proposte dal P.M. presso il giudice a quo, di cui si denuncia la carenza di legittimazione ad interloquire nel giudizio sulla richiesta di rimessione, dovendosi tale legittimazione riconoscersi esclusivamente al procuratore generale presso la Corte di cassazione; si deduce, altresì, come il discorso del dr. Borrelli all’inaugurazione dell’anno giudiziario, il cui livello di riprovazione e di critica appare ben diverso da quello delle relazioni tenute dagli altri procuratori generali, non solo abbia autonoma valenza per la gravità degli assunti, ma acquisti altresì rilievo ai fini della rimessione nel generale contesto, saldandosi alle dichiarazioni ed agli atteggiamenti verificatisi all’interno ed all’esterno del processo. Ribadisce, altresì, quanto già illustrato nella richiesta, precisando, in particolare, che né le dichiarazioni dell’imputato Previti (il quale si era limitato – a fronte del rigetto di una sua istanza – ad esercitare un suo diritto, revocando i propri difensori e motivando tale decisione con argomentazioni giuridiche e di valenza politica, incentrate su una serrata critica dell’operato del tribunale), né quelle dell’avv. Ghedini (che, a fronte di un’irrituale nomina di un difensore di ufficio e di negazione del termine a difesa aveva fatto presente che avrebbe investito il Parlamento per la oggettiva gravità ed eccezionalità dell’accadimento), delle quali il P.M. ha chiesto l’invio dei verbali al proprio ufficio, possono in alcun modo essere considerate minacciose ed aggressive.

F)- Primarosa Battistella Rovelli e Felice Rovelli

I richiedenti, premesso di avere avuto formale notizia delle istanze di rimessione presentate dal coimputato on. Previti ed, in altro processo "parallelo", dall’on. Silvio Berlusconi, osservano che tali iniziative, intraprese da due parlamentari della Repubblica, cadono dopo anni di contrasti (giudiziari e non), anche in strettissima connessione temporale rispetto a svariati eventi endo ed extra processuali verificatisi nel foro e nell’ambiente milanese; eventi che hanno reso certi gli esponenti – che pure nulla hanno fatto per aggravare il disagio ambientale, pagando essi lo scotto della solidarietà passiva con i suddetti personaggi politici – di trovarsi in un’"anomalia processuale" cui non può porsi rimedio se non con la designazione da parte della Corte del "foro commissorio" ai sensi degli artt. 45 e 11 c.p.p.

Rilevano come lo stato di tensione che si è sviluppato intorno ai casi "IMI-SIR", "SME" e "Lodo Mondadori" abbia ormai oggettivamente radicalizzato i contrasti fino a culminare in mobilitazioni popolari, per di più non spontanee, chiaramente intese ad influire sui giudizi; a ciò si aggiunga che qualora si sviluppi un conflitto in cui una parte processuale venga dipinta come "nemica" dei giudici, si determina una naturale solidarietà di "gruppo" – fenomeno che trova peraltro il proprio riconoscimento normativo negli artt. 11 c.p.p. e 30-bis c.p.c. – che si ripercuote sulla serenità del giudizio. Tanto più ciò accade quanto più rappresentativi siano i soggetti implicati nel conflitto e quanto più siano amplificate le loro esternazioni, come nel caso dell’invito a "resistere" formulato dal procuratore generale dr. Borrelli, al quale solo la prossima cessazione dalle funzioni per raggiunti limiti di età ha evitato il procedimento disciplinare .

Gli elementi indiziari della sussistenza di una situazione ambientale alterata ed abnorme si rinvengono, ad avviso degli istanti, anche in una serie di accadimenti interni al processo:

- l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Felice Rovelli, in assenza, come accertato dalla Corte di cassazione, di esigenze cautelari ;

- la circostanza che la competenza del g.u.p. dr. Rossato (che viceversa sarebbe divenuto incompatibile ai sensi del d.lgs. n. 51 del 1998, introduttivo del cd. "giudice unico") sia stata prorogata fino al 2.1.2000 in virtù di una legge approvata ad hoc; osservano gli istanti che la scadenza perentoria, nonostante la proroga, ha tuttavia comportato ritmi "speciali" dell’udienza preliminare, tanto che il giudice ha paradossalmente posticipato all’esito di questa l’espletamento di incidenti probatori già ammessi, al chiaro scopo di pervenire al rinvio a giudizio degli imputati entro la fine del 1999, come reclamavano P.M. e taluni ambienti politici;

- l’anomalo svolgimento di una rogatoria in Bellinzona nei giorni 19.4 e 15.5.2001 ;

- le polemiche e le prese di posizione ufficiali ed ufficiose della magistratura milanese contro la legge sulle rogatorie, indicata come strumento per limitare l’accertamento della verità in alcuni casi (milanesi), tra cui quello "IMI-SIR";

G)- Renato Squillante

Premesse alcune considerazioni generali in ordine all’istituto della rimessione e precisato che l’art. 45 del codice di rito vigente prevede la translatio iudicii in termini di necessità, e non di mera opportunità, una volta che sia stata verificata l’esistenza di gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, rileva l’istante come ciò che è accaduto e sta accadendo prima e durante la celebrazione del dibattimento de quo non consente di pronosticare un giudizio privo di condizionamenti, ma, al contrario, indica univocamente il perseguimento di un risultato "ineludibile".

Osserva l’istante che le radici di tale situazione risalgono al momento in cui cominciava l’operazione giudiziaria denominata Mani pulite, legittimata a furor di popolo e volta a coprire il vuoto politico che in quel periodo storico si era creato. La dichiarata intenzione dell’on. Berlusconi di impegnarsi politicamente, in un contesto di palese squilibrio dei poteri dello Stato che vedeva la netta predominanza della magistratura sugli organi parlamentari, ha quindi provocato una reazione finalizzata a suscitare il consenso popolare di cui via via alimentarsi: dal dicembre del 1993 ad oggi, infatti, il dr. Borrelli si è posto a guardia del potere politico, monitorando quello esistente, ammonendo chi aspirava a farne parte, esprimendosi costantemente con vocabolario bellico fino a qualificarsi in veste istituzionale, nell’occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2002, come l’ultimo baluardo della resistenza al nemico, individuato nell’on. Berlusconi.

Rileva l’esponente di non essere un uomo politico, ma un giudice del tribunale di Roma individuato quale emblema di quel "porto delle nebbie" ove far scomparire non meglio precisati carichi giudiziari dell’attuale presidente del Consiglio.

L’efficacia di tale pregiudicante condizionamento si è rivelata fin da subito verso l’istante, nei cui confronti è stata utilizzata ai fini cautelari una presunta "intercettazione ambientale" (rivelatasi un semplice "ascolto" annotato su fogli volanti) eseguita presso il bar "Mandara" di Roma, i cui autori, ufficiali di P.G., sono attualmente sottoposti ad indagine proprio per le modalità di esecuzione dell’atto delegato, con ulteriori effetti negativi sulla libertà di determinazione dei testi-indagati e dello stesso pubblico ministero.

L’accanimento contro il cd. "porto delle nebbie", complice, secondo la magistratura milanese, per contesto ambientale e specificità culturale, degli inconfessabili interessi degli on.li Berlusconi e Previti, è confermato inoltre dalla sentenza 12.5.2001 della Corte di appello di Milano, contenente pesanti critiche al mondo giudiziario romano, che è stata censurata anche dall’organo di autogoverno della magistratura.

L’esponente indica altresì, a riprova dell’insostenibile situazione ambientale:

- il rigetto della sua richiesta istruttoria di esaminare come testimoni tutti i magistrati e funzionari del distretto di Roma, che avrebbero dovuto deporre sulla sua estraneità ad ogni intervento in favore dei coimputati;

- il rigetto della richiesta di perizia sulla presunta intercettazione ambientale presso il bar "Mandara";

- le ordinanze che hanno disatteso la sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2001, risolutrice del conflitto di attribuzioni fra g.u.p. di Milano e Camera dei deputati sull’impedimento per impegni parlamentari dell’on. Previti;

- la circostanza che la competenza del giudice per l’udienza preliminare dr. Rossato, che doveva cessare per incompatibilità il 2 giugno 1999 con l’entrata in vigore della normativa sul cd. "giudice unico", sia stata prorogata con una legge ad hoc;

- la disapplicazione della recente legge sulle rogatorie internazionali, preannunciata da un’intensa campagna di stampa ispirata dai proclami della Procura della Repubblica e del procuratore generale, che ne aveva invocato la "neutralizzazione";

- le manifestazioni di piazza, le scritte sui muri, le interviste e le dichiarazioni dei magistrati requirenti, che sono chiaro indice della personalizzazione estrema di cui è ormai irrimediabilmente intriso il processo e che ne impone il trasferimento.

H)- Olga Savtchenko e Renato, Mariano e Fabio Squillante

Osservano gli istanti che sin dalle indagini preliminari, con l’arresto del dr. Squillante ed il coinvolgimento nella vicenda di personalità di altissimo rilievo della vita politica nazionale, il procedimento che attualmente si trova nella fase del giudizio ha assunto un enorme rilievo nel circuito mediatico, tanto che l’acronimo "processo toghe sporche" o "SME-Ariosto" è ormai stabilmente entrato nel lessico politico-giornalistico.

La vicenda giudiziaria si è caratterizzata, altresì, per la contrapposizione fra un ufficio giudiziario che inquisiva, la Procura della Repubblica di Milano, e gli altri (romani), ai quali appartenevano molti degli indagati; contrapposizione che, al di là della fisiologica antitesi fra inquisitore ed inquisito, si è caricata immediatamente di valenze ulteriori, determinando l’impressione di una contesa basata su un diverso modo di intendere la giustizia, che vedeva nel radicamento territoriale dei protagonisti un elemento di assoluto rilievo: i magistrati milanesi da un lato, il "porto delle nebbie" ed i "palazzi del potere di Roma" sul fronte opposto.

Attorno a questo nodo si è quindi sviluppato, ad avviso degli istanti, il ruolo metagiudiziario del cd. pool, cioè di un gruppo di magistrati di quella Procura che in più occasioni hanno espresso la propria opinione sulle scelte di politica giudiziaria, scendendo in dura polemica con alcune forze politiche tanto da arrivare a minacciare pubblicamente l’abbandono dell’ufficio in occasione dell’approvazione – anno 1994 – del "decreto Biondi" .

Dal canto loro, taluni degli imputati, che rivestono cariche politiche, hanno spesso denunciato la politicizzazione, la prevenzione e l’accanimento da parte degli appartenenti alla magistratura milanese, sottolineando proprio la coesione e l’interdipendenza tra i diversi uffici giudiziari di quella città e la mancanza di autonomia da parte degli organi giudicanti rispetto alla procura della Repubblica.

Il procedimento in oggetto, peraltro, fin dalle indagini preliminari, ha registrato un serrato conflitto tra l’ufficio del P.M. e la difesa di molti imputati, sfociato in un clima di costante tensione particolarmente durante l’udienza preliminare ed il dibattimento.

Detta situazione ambientale, già tale da far dubitare della sussistenza delle condizioni di serenità e libertà di determinazione delle persone che partecipano al giudizio, si è aggravata nel corso degli ultimi mesi fino ad apparire definitivamente pregiudicata a seguito dell’intervento del dr. Borrelli in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario, delle varie manifestazioni popolari tenutesi a Milano, delle polemiche che hanno accompagnato l’approvazione della legge sulle rogatorie .

In particolare, si osserva, gli istanti sono stati oggetto di provvedimenti giudiziari le cui motivazioni, nel loro ingiustificato rigore, appaiono animate da un insolito accanimento.

Si ricordano, altresì, come elementi indizianti della grave compromissione ambientale:

- l’intercettazione effettuata a carico dell’esponente Renato Squillante presso il bar "Mandara" di Roma, le cui anomalie hanno condotto gli ufficiali di p.g. operanti ad essere sottoposti ad indagini presso l’A.G. di Perugia .

- la campagna di stampa sulla "lentezza" del processo, addebitata interamente alle presunte manovre dilatorie della difesa, quando – al contrario – i giudici del dibattimento, pesantemente condizionati dal P.M., hanno tenuto un atteggiamento irrispettoso dei diritti fondamentali degli imputati .

- le polemiche, alimentate dal discorso inaugurale del procuratore generale dr. Borrelli, concernenti la riduzione del servizio di protezione ad alcuni magistrati, compresa la dottoressa Boccassini, P.M. di udienza .

- le manifestazioni popolari degli ultimi mesi .

I)- Giovanni Acampora

Giovanni Acampora, giudicato con rito abbreviato, con sentenza del 20 luglio 2001, del tribunale di Milano per i reati a lui ascritti nel processo IMI-SIR, avverso la quale ha proposto appello, chiede la rimessione sia del processo pendente in grado di appello, sia del processo c.d. LODO-MONDADORI.

A sostegno della richiesta l’istante indica una serie di vicende processuali che, ad iniziare dall’ "anomala pervicacia" nel mantenere una competenza territoriale mai appartenuta all’autorità giudiziaria milanese, fin dalla fase delle indagini ed attraverso le udienze preliminari si sono fino ad oggi manifestate in costante danno di ogni istanza difensiva e con compressione del diritto di difesa, sicchè può affermarsi che la sua libertà di determinazione sia stata effettivamente turbata da gravi situazioni locali, atteso che la sua posizione di professionista particolarmente "caratterizzato" da forti e rilevanti rapporti professionali con il gruppo Fininvest facente capo all’on. Berlusconi e con l’on. Previti non può essere considerata "impermeabile" alle distonie ambientali che questi ultimi coinvolgono.

Elenca a tal fine:

Rilevato che la stessa memoria presentata dal procuratore della Repubblica di Milano a confutazione delle richieste di rimessione proposte dagli altri imputati finisce per attribuire rilevanza alle patologie processuali e confermare l’esistenza di un contesto ambientale fortemente caratterizzato, i cui condizionamenti hanno effetti permanenti e si concretizzano in provvedimenti anomali, l’istante ribadisce come la struttura concorsuale delle imputazioni di cui deve rispondere nei processi "IMI-SIR" e "Lodo Mondadori" è tale da escludere nei suoi riguardi una valutazione avulsa dalla posizione degli altri imputati, sicchè l’eventuale translatio judicii non potrebbe che operare su tutti i procedimenti relativi alle predette vicende, e dunque anche su quello, stralciato e definito in primo grado, nel quale egli assume la veste di singolo imputato.

Le sezioni unite, nell’udienza del 29 maggio 2002, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 c.p.p., in riferimento all’art. 2 n° 17 della legge delega 16 febbraio 1987 n° 81, nella parte in cui non prevede, tra le cause di rimessione del processo, il legittimo sospetto.

Con legge 7 novembre 2002 n° 248 sono stati modificati gli artt. 45, 47, 48 e 49 c.p.p., con la previsione del legittimo sospetto come ulteriore causa di rimessione del processo.

La Corte Costituzionale, con ordinanza del 19 novembre 2002, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costiuzionale sollevata dalle sezioni unite.

All’udienza del 28 gennaio 2003, fissata per la decisione, il procuratore generale e le parti, le quali hanno prodotto memorie in cui hanno insistito per l’accoglimento delle richieste illustrandole ulteriormente, hanno concluso come da verbale.

 

 

 

 

 

 

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