I processi a Previti e Berlusconi restano a Milano

di Giovanni Palombarini

Dunque, la Corte di cassazione si è pronunciata. Dopo tante parole a vanvera la razionalità giuridica è stata ripristinata: finalmente i processi a carico di Silvio Berlusconi, Cesare Previti e altri potranno conoscere le prime sentenze. In attesa che il tribunale di Milano decida, si possono fare alcune considerazioni.
La prima. Da anni la magistratura milanese ha dovuto subire accuse di ogni genere da parte di molti esponenti della maggioranza: accuse che è inutile qui ricordare, visto che media e salotti televisivi le hanno riprese e commentate, spesso con compiacimento, mille e mille volte. In particolare negli ultimi tempi riviste, giornali e televisioni che sostengono questa maggioranza politica hanno accentuato il loro impegno di delegittimazione, arrivando a coinvolgere nella polemica anche Medel, un'associazione culturale composta da vari gruppi di magistrati a livello europeo. Bene, la sentenza della Cassazione intanto restituisce la loro vera identità, che si è tentato in ogni modo di deformare, a tanti magistrati milanesi, persone serie e corrette che hanno affrontato la burrasca con paziente dignità; e poi può servire a quella parte dell'opinione pubblica che in qualche misura ha creduto alle accuse per ripensare criticamente al senso di una simile, forsennata campagna di stampa, in realtà mirante, al di là degli interessi personali di alcuni, a ridurre gli spazi d'intervento della giurisdizione a tutela dei diritti di tutti.
Una seconda considerazione. Nei processi milanesi si dovranno valutare, tra le altre ipotesi d'accusa, quella secondo cui alcuni ex giudici romani si sarebbero fatti corrompere per scrivere sentenze favorevoli a personaggi eccellenti: davvero la peggiore fra le corruzioni. Sono trascorsi molti anni dai fatti, ma è importante per tutti - non solo per la magistratura, la cui credibilità è legata anche alla capacità di individuare ed espellere dal proprio seno le mele marce - che si arrivi a sapere se simili accuse sono vere o no.
Infine, un duplice auspicio. Il primo. La Corte di cassazione a sezioni unite (composta cioè da nove giudici) ha respinto i ricorsi in conformità del parere del Procuratore generale: si può sperare che questa volta nessuno dia retta a coloro che già accusano anche questi autorevoli magistrati di fare politica contro il governo. Il secondo. Fino a oggi, i processi milanesi hanno ispirato provvedimenti di ogni genere, dalla legge Cirami a quella sulle rogatorie, e conflitti innanzi alla Corte Costituzionale. Inoltre, un maestro del diritto costituzionale, Alessandro Pizzorusso, di recente si è dichiarato sconcertato per "le arringhe svolte da avvocati italiani dinanzi a organi giurisdizionali stranieri, i quali dovevano decidere la trasmissione di prove alle autorità giudiziarie italiane, con le quali si deduceva l'inaffidabilità della magistratura del proprio paese". E' troppo chiedere che a questo punto si torni alle regole del processo consentendo ai giudici di Milano di fare il loro mestiere in tranquillità, come avviene ogni giorno per tutti gli altri imputati?

Gennaio 2003

 

 

 

 

 

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