Ruolo e prospettive della sezione romana di Md

1. Il prossimo congresso nazionale di MD rappresenta una importante occasione di confronto sia con riferimento ai temi generali che più direttamente verranno dibattuti in sede congressuale sia in relazione alle prospettive ed agli obiettivi della Sezione romana: crediamo non sia inutile aprire anche su questo un nostro spazio di riflessione.

2. Da gruppo di magistrati fortemente minoritario caratterizzato da una rilevante discontinuità con la parte maggioritaria della magistratura e da una marcata attitudine critica, un lungo e travagliato percorso ha portato MD ad essere, oggi, rappresentativa di un terzo della magistratura, ad essere per molti versi culturalmente egemone, capace di una elaborazione collettiva di riconosciuta autorevolezza per la cultura giuridica e l’opinione pubblica, di costruire alleanze, di avere la guida dell’ANM, di costruirsi un ruolo ed un’influenza rilevantissima in molteplici sedi istituzionali (Consigli Giudiziari, CSM, etc). Si tratta di un percorso complesso che ha avuto conseguenze su cui forse non si è ancora riflettuto collettivamente in modo adeguato.

3. In primo luogo: dobbiamo essere orgogliosi della crescita di MD. Se oggi siamo autorevoli ed abbiamo, come si diceva, su molti temi, una sostanziale egemonia, lo dobbiamo alla nostra capacità di orientare larga parte della magistratura, alla bontà dei nostri argomenti ed alla coerenza che ci ha caratterizzato nel sostenerli. Noi non siamo più minoritari, in primo luogo perché – anche per merito nostro – è cambiata la magistratura italiana. Nello stesso tempo non viene meno, ma anzi aumenta, la necessità di ridefinire il senso della nostra azione comune, di riflettere collettivamente sul senso della appartenenza ad MD negli anni 2000, anche e soprattutto per scongiurare il rischio che questa stessa crescita finisca in qualche modo per annacquare le ragioni di fondo del nostro impegno e della nostra irrinunciabile ispirazione originaria. Il ruolo e le caratteristiche di una MD non più minoritaria si sono infatti andati costituendo, inevitabilmente, anche attorno ad alcuni nuclei forti che si prestano ad essere ampiamente condivisi dalla maggioranza dei magistrati: la rivendicazione intransigente di autonomia ed indipendenza, il rigore nei comportamenti istituzionali (dai Consigli Giudiziari al CSM), la difesa dei valori costituzionali, la tutela dei diritti, "vecchi" e "nuovi", l’attenzione verso i fenomeni sociali emergenti, una generale impostazione solidarista, la tensione verso una maggiore efficienza. Se la ricerca e la difesa "di una identità di MD" non deve divenire un’ossessione che isterilisce la capacità di analisi, è pertanto assai importante riprendere la riflessione su ciò che può continuare a caratterizzarci e a distinguerci, sul nocciolo duro che può oggi accomunare l’insieme di magistrate e magistrati che si riconosce in MD.

4. Quello che ci connota e che ci deve connotare è oggi, a nostro avviso, la capacità di coniugare difesa della giurisdizione e della magistratura e critica della magistratura: difesa intransigente dell’autonomia e dell’indipendenza, delle prerogative fondamentali dell’autogoverno e del ruolo della giurisdizione nel nostro sistema costituzionale, critica nei confronti di quanto ancora rimane inaccettabile nei comportamenti dei magistrati e nelle scelte della magistratura, accompagnata da una forte tensione verso una specifica qualità dell’autogoverno e della giurisdizione.

La magistratura si trova oggi in una morsa, che rischia di stritolare l’assetto costituzionale della giurisdizione.

Da un lato ci si trova a fronteggiare una ormai sistematica e quotidiana campagna mediatica di delegittimazione dei magistrati (con l’assillante ripetizione di veri e propri falsi storici quali "la strumentalizzazione della giustizia a fine di parte", la assunta generalizzata "politicizzazione" delle decisioni giudiziarie, sino alla ossessione maccartista che vede "l’infiltrazione di giudici comunisti" in ogni dove), e a dover parare l’attacco all’autonomia ed all’indipendenza dell’azione penale e della giurisdizione spiegato ormai non più con obiettivi tattici ma – come dimostra il disegno di legge delega sull’ordinamento giudiziario – con gli obiettivi strategici della separazione delle carriere, della gerarchizzazione degli Uffici del PM, del ripristino di un assetto ordinamentale e della carriera dei magistrati di stampo burocratico, dell’introduzione di forme di discrezionalità dell’azione penale, di marginalizzazione del ruolo dell’autogoverno e del ruolo della giurisdizione civile e del lavoro.

Dall’altro, in questa difesa della possibilità stessa di esercitare una libera giurisdizione i magistrati corrono quotidianamente il rischio di apparire gli strenui e corporativi difensori di una Amministrazione e di un servizio che non funzionano. Anche le affermazioni più speciose ed assurde rischiano di trovare credito presso una opinione pubblica disorientata, disinformata, ma giustamente insoddisfatta per le gravi carenze ed i gravi ritardi del "servizio giustizia".

Spezzare questa morsa che rischia di travolgere l’ordinamento democratico della giurisdizione è compito, evidentemente, in primo luogo delle forze politiche interessate ad una tale battaglia.

Per la parte che concerne la magistratura, è nostra opinione che solo una forte spinta al cambiamento è in grado di dare qualità e sostanza alla intransigente difesa, che giustamente ci vede in prima fila, della nostra autonomia e del sistema dell’autogoverno. La difesa dell’esistente in quanto tale non ci può appartenere, neppure in un momento come questo nel quale la bandiera del cambiamento è usurpata da chi, prendendo a pretesto disfunzioni e distorsioni effettive, persegue un disegno di restaurazione gerarchica e di azzeramento dell’indipendenza.

5. In questa chiave bene ha fatto Claudio Castelli a ribadire, in una recente intervista, che MD non difende questa magistratura e questo autogoverno per quello che sono, ma che la difesa dell’autogoverno e dell’indipendenza debbono accompagnarsi alla capacità di cambiare e migliorare la magistratura e la giurisdizione. Non si tratta di una svolta, ma di ribadire quanto abbiamo da sempre sostenuto, specialmente in un momento nel quale la complessiva credibilità che la magistratura negli ultimi anni si è saputa conquistare agli occhi dei cittadini, pur a fronte delle inefficienze, è seriamente messa a repentaglio anche di fronte all’opinione pubblica più avvertita dalla scarsa attitudine di alcuni provvedimenti giudiziari ad essere compresi e condivisi nel loro fondamento, ed in cui la necessità di un salto qualitativo del sistema è ormai sottolineata da tutti.

D’altronde non si vede come si possa difendere in quanto tale un sistema di autogoverno che mostra limiti inaccettabili, sui quali rischiamo di essere troppo acquiescenti. E’ un sistema adeguato quello che non è riuscito a cautelarsi (come purtroppo è accaduto anche a Roma) da opacità nella conduzione di Uffici, inchieste ed addirittura da diffuse infiltrazioni corruttive? E, senza giungere agli estremi della corruzione, è accettabile che il CSM non riesca ad assumere misure adeguate nei confronti di dirigenti inadeguati, o che danno dimostrazione di personalismi, autoritarismi, complessiva inefficienza (come ad esempio nel caso della Procura di Napoli)? E’ tollerabile che – con quasi l’unico merito di esser stati consiglieri al CSM per una consiliatura – alcuni nostri colleghi possano ottenere incarichi semidirettivi che certamente non conseguirebbero in un concorso ordinario? E’ tollerabile la casualità e l’episodicità dell’azione disciplinare, e il suo esercizio – come è successo a ROMA – per vicende che dovrebbero trovare soluzione in altra sede e nei confronti di colleghi di cui è nota a tutti (compreso il Foro) la serietà, la competenza e la laboriosità, azione disciplinare invece mai esercitata verso fannulloni, ignoranti e neghittosi?

6. Se il tema è quindi quello del ruolo attuale di MD nel mutato contesto di una magistratura finalmente attenta alle istanze di fondo che noi abbiamo contribuito a rendere largamente condivise, crediamo che non sia inutile guardare con maggiore attenzione ai tratti peculiari che ci connotano e che ancor meglio debbono caratterizzare una MD che, nei prossimi anni aspiri ad essere egemone all’interno della magistratura senza annacquare il senso profondo della propria ispirazione originaria. Non riteniamo che questi tratti peculiari vadano ricercati in un generico ‘progressismo’ e neppure in un altrettanto generico richiamo all’efficienza degli uffici giudiziari o ai valori costituzionali. Crediamo invece che questo tema coincida oggi con la riaffermazione di un nostro modo particolare e specifico di interpretare e di perseguire la qualità della giurisdizione.

7. In particolare, per MD ‘qualità della giurisdizione’ è, in primo luogo, qualità della giurisprudenza, intesa non solo e non tanto in senso tecnico, quanto piuttosto nel suo significato più profondo: una giurisprudenza colta, politicamente avvertita perché consapevole delle opzioni culturali sempre sottese alle scelte giurisprudenziali, intrisa di cultura della prova e del contraddittorio e soprattutto orientata con decisione nel senso dell’affermazione, in sede interpretativa, dei valori costituzionali, anche ove ciò contrasti con le aspettative della pubblica opinione (v. ad es. le questioni legate all’applicazione della legge sull’immigrazione). In una parola, una giurisprudenza veramente garantista. Nello stesso senso, qualità della giurisdizione significa, per noi, qualità del servizio-giustizia: non nel senso – assai riduttivo e che come tale non ci appartiene – di mero efficientismo, ma piuttosto intesa come consapevole perseguimento del funzionamento ottimale degli uffici giudiziari, in primo luogo con riferimento alle esigenze dei cittadini (attori o convenuti, imputati, persone offese o testimoni, etc.) che vengono a contatto con l’universo giustizia, ma anche con riferimento al necessario rispetto di noi stessi e del nostro lavoro. Vogliamo esser messi in condizione di rendere un servizio di qualità e quindi rivendichiamo un carico di lavoro gestibile e razionalmente distribuito, una adeguata dotazione di mezzi e di personale, una gestione degli uffici giudiziari ispirata al perseguimento di obiettivi qualitativi e non solo di carattere statistico.

8. In questo quadro, peraltro, rischiamo di trovarci in grave difficoltà: non possiamo prescindere dal rivendicare la necessità di interventi migliorativi efficaci, ma l’attuale situazione politica non consente di ipotizzare credibili percorsi riformatori. Basti pensare al processo penale: abbiamo da tempo e con una certa incisività indicato misure in grado di renderlo a un tempo più efficace e più garantista, eliminando una serie di inutili formalismi e promovendo una vera centralità del contraddittorio, dell’oralità e dell’immediatezza. Nessuno può però ragionevolmente pensare che l’attuale fase politica consenta interventi diversi da quelli (in parte purtroppo già attuati) che vanno in una direzione diversa e del tutto inaccettabile. Lo stesso deve dirsi per la riforma delle carriere o per le verifiche di professionalità, interventi che sarebbero francamente indifferibili, ma che si fatica a vedere come possano essere anche solo avviati in modo accettabile nel contesto attuale. Da questa difficoltà, ovviamente, non si esce. Si può però fare più di qualcosa: se la nostra tensione critica fatica a trovare uno spazio in chiave di interventi di riforma, occorre focalizzare gli sforzi per offrirle uno sbocco nella pratica politica ed istituzionale: la qualità della giurisdizione dipende anche da noi, così come è innegabile che il profilo di un autogoverno spesso inadeguato a garantire gli standards che giustamente pretenderebbe la società civile dipende in gran parte da atteggiamenti della magistratura associata che noi da sempre abbiamo criticato e che oggi, alla guida dell’ANM, dobbiamo combattere in modo ancora più limpido ed intransigente. E’ inoltre necessario intensificare la quantità e la qualità della nostra presenza negli uffici giudiziari, sì da rendere visibile e tangibile il ruolo di MD e la forza di una proposta imperniata sui contenuti che abbiamo accennato.

Ma la difesa e l’affermazione dell’idea di giurisdizione come strumento di emancipazione individuale e collettiva e non solo come mezzo di definizione dei conflitti intersoggettivi si realizza anche attraverso l’attenzione ed il confronto con i soggetti che, nella società, nelle istituzioni, nel mondo del lavoro, della cultura, delle professioni, nelle singole realtà territoriali, riconoscono la centralità della tutela dei valori costituzionali e dei diritti dei cittadini.

L’ampiezza di questi obiettivi esige una nuova centralità delle sezioni locali di MD alle quali dovranno essere indicati alcuni indirizzi di fondo:

  1. dedicare, sede per sede e ufficio per ufficio, una grande attenzione alla giurisprudenza, rendendo visibile il senso e la qualità di orientamenti garantisti e ispirati all’attuazione concreta dei valori costituzionali;
  2. dedicare altrettanta attenzione ai comportamenti: dobbiamo essere critici nei confronti dello ‘stile’ di molti colleghi e - addirittura – di interi uffici; in questo un ruolo molto importante debbono averlo i consigli giudiziari e, in chiave ovviamente diversa, la stessa ANM;
  3. aprire la discussione ed il confronto sulla gestione degli uffici: il tema del perseguimento dei fini istituzionali nel modo più efficace e rispettoso dei diritti delle parti deve divenire centrale ed ispirare le scelte e gli orientamenti di tutti i magistrati;
  4. essere un punto di riferimento per coloro che, nelle specifiche situazioni locali, si battono per la riaffermazione e l’estensione dei diritti, in una prospettiva di realizzazione dell’eguaglianza sostanziale com’è espressa "in quel capolavoro istituzionale" che è il secondo comma dell’art. 3 della nostra Costituzione.

9. Pur con aspetti affatto peculiari e con tempi in parte diversi - riconducibili alle specificità locali (Roma è sede degli uffici giudiziari più grandi d’Europa, sede della Cassazione, del Ministero, del CSM) ma anche ad una qualche difficoltà della Sezione, nella quale un dibattito particolarmente ricco e fecondo aveva, col tempo, finito per avvitarsi, isterilendo le potenzialità di intervento politico – MD romana ha seguito un percorso simile a quello nazionale: oggi possiamo dire di rappresentare una presenza significativa non solo per i consensi raccolti, ma per il peso effettivo delle nostre posizioni all’interno della giunta locale dell’ANM, nel consiglio giudiziario, nei principali uffici, per la qualità del lavoro di molti componenti della sezione all’interno degli organismi nazionali di MD (esecutivo, gruppi di lavoro, e simili) e per la capacità di confronto con le realtà esterne alla magistratura che hanno compreso e sostenuto le iniziative adottate a difesa della giurisdizione (come è avvenuto in occasione dello sciopero del 20 giugno).

10. Non è pertanto casuale se, anche a Roma, MD è andata ricostituendosi, oltre che sul tema generale della difesa del ruolo del giudice, così come delineato nella Costituzione, attorno ad una visibile battaglia per il miglioramento della qualità del nostro lavoro. Siamo stati in prima fila nel sostenere la spinta di rinnovamento che accompagnava l’attuazione delle riforme degli ultimi anni (giudice unico e Carotti in primo luogo) e che – unitamente allo svecchiamento degli organici – ha consentito di iniziare un percorso di riqualificazione degli uffici giudiziari romani. Abbiamo dato un contributo decisivo alla rinascita della Sezione locale dell’Associazione, impegnandoci perché affrontasse in primo luogo i temi ricollegati alla qualità del servizio giustizia. Abbiamo avuto un ruolo determinante nella ripresa del dibattito tra i giudici del civile, dibattito incentrato proprio sulla qualità della giurisdizione civile a Roma. E’ grazie a questo tipo di impegno che, ufficio per ufficio i magistrati di MD sono quasi sempre preciso punto di riferimento per i molti colleghi che vivono la giurisdizione in termini di impegno e di servizio, così come in termini analoghi vengono vissuti i nostri rappresentanti al consiglio giudiziario e nella giunta dell’ANM. Ed è a partire da questo tipo di impegno – e grazie alla sua visibilità – che abbiamo potuto mantenere una significativa superficie di contatto con la parte migliore della magistratura romana e riprendere un rapporto con i gruppi che operano nel sociale, situazione che ci ha consentito di esercitare un evidente ruolo di traino nelle mobilitazioni di quest’ultimo anno, dalle ‘toghe nere’ allo sciopero di giugno, pur con la consapevolezza della necessità di raggiungere e coinvolgere un maggior numero di colleghi e settori più ampi della società civile.

11. Per questo, a nostro avviso, anche nei prossimi mesi ed anni, quello dell’impegno per la qualità della giurisdizione a Roma deve rimanere un terreno privilegiato della nostra iniziativa, consapevoli che molta strada deve ancora essere fatta. Se Roma non è più il ‘porto delle nebbie’ è tuttavia innegabile che settori ampi della magistratura romana sono rimasti ancorati ad un modello di giudice corporativo, attento ai privilegi (e desideroso di accrescerli), disinteressato ai contenuti del proprio lavoro, incurante dei diritti delle parti e degli avvocati, formalista e burocratico nella trattazione dei processi, del tutto indifferente alla spinta verso soluzioni interpretative costituzionalmente orientate, assolutamente refrattario a farsi carico dei problemi legati alla gestione degli uffici e, in generale, ai profili organizzativi. Ebbene, MD deve essere in prima fila nel delineare e affermare un modello diverso di magistrato, tematizzando, in ogni occasione utile, la differente impostazione che ci ispira e che, a nostro modo di vedere, dovrebbe esser fatta propria da tutti i colleghi.

12. La nostra proposta è che questa continua rappresentazione del confronto tra magistrato colto, laborioso e politicamente avvertito e magistrato neghittoso, qualunquista ed inutilmente formalista diventi il vero e proprio asse di interpretazione del nostro ruolo nella realtà romana in modo da ispirare costantemente la nostra azione in tutte le sedi ed in ogni occasione. In questa prospettiva ci sembra che vadano privilegiati alcuni terreni di impegno:

  1. avviare, anche nel penale, assemblee di ufficio in cui venga tematizzata, discussa collettivamente la questione concreta di una giurisdizione di qualità (intesa nel senso peculiare che noi attribuiamo a questa espressione) giungendo, possibilmente, a formulare richieste concrete nei confronti della dirigenza
  2. pianificare, nei prossimi mesi (o anni), alcuni convegni tematici con taglio molto ‘aperto’ alla società civile e legato, appunto, all’analisi della qualità dell’intervento giurisdizionale nell’area romana: dalla tutela del lavoro (infortuni, licenziamenti) e dell’ambiente, ai processi per colpa medica; dall’efficacia dell’intervento della sezione fallimentare alle difficoltà nella tutela dei minori
  3. riprendere ad occuparci della giurisprudenza romana, organizzando seminari sulle questioni più rilevanti ed utilizzando ‘Omissis’ anche come strumento di valorizzazione della giurisprudenza correttamente orientata alla salvaguardia ed allo sviluppo dei valori costituzionali e della cultura del contraddittorio e, nello stesso tempo, di critica di decisioni di segno contrario

13. Inoltre, e per finire, intendiamo sottolineare la assoluta centralità del ruolo che deve essere attribuito al lavoro nella sezione locale dell’ANM: nel quadro di una vita associativa vivace e partecipata risalta inevitabilmente la maggiore coerenza e credibilità della nostra proposta. Ma, soprattutto, è nell’ambito delle iniziative dell’associazione che potremo meglio attivarci per fare emergere e rendere sempre più visibili le contraddizioni tra una magistratura qualunquista e neghittosa ed il nostro modello di magistrato e di giurisdizione.

Roma, dicembre 2002

Stefano Pesci

Giovanni Cannella

Valerio Savio

Francesco Vigorito

 

 

 

 

 

 

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