Accompagnamento alla frontiera

Pubblichiamo l'ordinanza del presidente della 1^ sezione civile del Tribunale di Roma del 16.8.2002, con cui è stata sollevata questione di costituzionalità dell'accompagnamento dello straniero alla frontiera a mezzo della forza pubblica, disposto in via amministrativa, questione ritenuta non manifestamente infondata con riferimento ai commi 4, 5, e 5-bis dell’articolo 13 del T.U. 286 del 1998, perché in contrasto con gli articoli 13, 24 e 111 della Costituzione.

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

sezione prima civile

 

Il presidente

Vista la comunicazione in data del questore di Roma del provvedimento con il quale è disposto l’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica dello straniero , ai sensi dell’articolo 13, comma 5-bis del T.U. n. 286 del 1998, come modificato dal D.L. 4 aprile 2002 n. 51 (pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" dell’8 aprile 2002 n. 82) convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 2002 n. 106 (pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" dell’8 giugno 2002 n. 133);

Il tribunale in composizione monocratica nella persona del presidente della sezione

dott. Alberto Bucci

verificata la sussistenza dei requisiti di legge (adeguata motivazione sulle circostanze che autorizzano l’espulsione con accompagnamento alla frontiera, rispetto dei termini, decreto di espulsione del prefetto);

ha pronunciato la seguente


ORDINANZA

Premesso che

1. L'art. 10 del D.Lgs. n. 286 del 1998 prevede che la Polizia di frontiera può respingere gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza i requisiti per l'ingresso nel territorio dello Stato. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri che, entrando in Italia sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo o sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso. Il successivo art. 13 disciplina, invece, l'espulsione amministrativa dello straniero, che è disposta in ogni caso con decreto motivato (art. 13, comma 3) e può avvenire in due modi: mediante intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione all'ufficio di polizia di frontiera, oppure mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. A quest'ultima modalità si ricorre sempre quando l'espulsione sia stata disposta dal Ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, ovvero quando lo straniero si sia trattenuto indebitamente nel territorio dello Stato oltre il termine fissato con l'intimazione [art. 13, comma 4, lett. a)]. In tutti gli altri casi l'accompagnamento alla frontiera, pur essendo materialmente eseguito, come nei casi precedenti, dal questore, è riconducibile ad un provvedimento del prefetto, il quale, in sede di adozione del provvedimento di espulsione, potrà disporre che essa sia eseguita mediante accompagnamento solo ove ritenga sussistente, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, un concreto pericolo che questi si sottragga all'esecuzione del provvedimento. In particolare, il decreto di espulsione adottato dal prefetto ai sensi dell'art. 13, comma 2, cui si accompagni una motivazione circostanziata circa le ragioni che lo hanno indotto ad optare per la espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera anziché per quella differita con intimazione, è il presupposto per l'esecuzione dell'accompagnamento nei confronti dello straniero che sia entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera o non sia stato immediatamente respinto e sia privo di valido documento attestante la sua identità e nazionalità [art. 13, comma 2, lett. a), e comma 5]; dello straniero che si sia trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, o il cui permesso di soggiorno sia stato revocato o annullato o sia scaduto da più di sessanta giorni senza che ne sia stato chiesto il rinnovo [art. 13, comma 2, lett. b), e comma 6]; infine, dello straniero che appartenga a categorie di persone pericolose [art. 13, comma 2, lett. c), e comma 4, lett. b)].

Avverso i provvedimenti di espulsione adottati dal prefetto è dato ricorso al Giudice ordinario (art. 13, commi 8, 9 e 10), mentre il decreto di espulsione emesso dal Ministro dell'interno per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato può essere impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma (art. 13, comma 11, del D.Lgs. n. 286 del 1998).

Secondo l'art. 14 del medesimo D.Lgs. n. 286 del 1998, quando non sia possibile eseguire con immediatezza il provvedimento di espulsione amministrativa mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità ovvero all'acquisizione di documenti di viaggio, o ancora per l'indisponibilità del vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e di assistenza più vicino. Il provvedimento che dispone il trattenimento deve essere trasmesso al Giudice senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dalla sua adozione affinché lo convalidi nelle successive quarantotto ore, ove ne sussistano i presupposti e sentito l'interessato. La mancata convalida comporta la perdita di efficacia del provvedimento, mentre la convalida legittima il trattenimento per un periodo di complessivi venti giorni, prorogabili dal Giudice, su richiesta del questore, di ulteriori dieci giorni.

(V.Corte Costituzionale sent. 22 marzo 2001)

2. Il Decreto legge 4 aprile 2002 n. 51 (pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" dell’8 aprile 2002 n. 82) convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 2002 n. 106 (pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" dell’8 giugno 2002 n. 133), ha aggiunto dopo il comma 5 dell’articolo 13 il comma 5-bis, secondo cui "nei casi previsti ai commi 4 e 5 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. Il provvedimento è immediatamente esecutivo. Il tribunale in composizione monocratica, verificata la sussistenza dei requisiti, convalida il trattenimento entro le quarantotto ore successive".

Ritenuto che

1. E’pregiudiziale la risoluzione del dubbio di costituzionalità gravante sull'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, disposto in via amministrativa; questione che appare non manifestamente infondata con riferimento ai commi 4, 5, e 5-bis dell’articolo 13 del T.U. 286 del 1998, perché in contrasto con gli articoli 13, 24 e 111 della Carta.

La questione è rilevante, in relazione al presente procedimento, poiché dalla sua soluzione dipende l’accoglimento o meno della richiesta di convalida.

In proposito va osservato che

1. L’espulsione dello straniero, disposta dal prefetto, con decreto motivato, ai sensi del comma 2 dell’articolo 13 del T.U. 286/98, è eseguita mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad opera del questore nelle ipotesi di inottemperanza alla intimazione di lasciare il territorio della Stato, contenuto in una precedente provvedimento del prefetto, o quando, trattandosi di persona pericolosa o "mafiosa", vi sia pericolo di "fuga", ovvero quando lo straniero sia privo di valido documento di identificazione e nel decreto del prefetto vi sia il rilievo del concreto pericolo di sottrazione all’esecuzione (commi 4 e 5 del T.U. 286/98).

L’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, quale modalità di attuazione della espulsione disposta dal prefetto, nei casi in cui è espressamente consentito, è misura direttamente applicabile, come si desume dalle disposizioni dell’articolo 14, che prevedono il "trattenimento" (e la specifica convalida dello stesso), solamente quando la stessa non è eseguibile con immediatezza, perché occorre procedere al soccorso, ad accertamenti supplementari in ordine alla identità dello straniero, ovvero per l’indisponibilità di vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo. Con la conseguenza che l’accompagnamento coatto, disposto dal questore, è applicabile in ogni altra ipotesi.

2. In entrambe le disposizioni richiamate (commi 4 e 5 dell’articolo 13 del T.U.), manca qualsiasi riferimento alle modalità concrete di attuazione della espulsione immediata, con accompagnamento a mezzo della forza pubblica, ma non vi è dubbio che, trattandosi di una azione diretta ad un costringimento fisico, di durata indeterminata, che, in base al successivo comma 5-bis dello stesso articolo, è destinato a durare per oltre 48 ore, senza che sia previsto alcun termine massimo, è misura incidente sulla libertà personale, che non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell’articolo 13 della Costituzione.

Si può forse dubitare se esso sia o meno da includere nelle misure restrittive tipiche espressamente menzionate dall'art. 13, tuttavia, se si ha riguardo al suo contenuto, l’accompagnamento coatto a mezzo della forza pubblica, finalizzato "all’imbarco" su di un vettore o altro mezzo di trasporto, è quantomeno da ricondurre, quale misura coercitiva e non semplicemente obbligatoria, alle "altre restrizioni della libertà personale", di cui pure si fa menzione nell'art. 13 della Costituzione, determinando quella mortificazione della dignità dell'uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all'altrui potere e che è indice sicuro dell'attinenza della misura alla sfera della libertà personale.

Né potrebbe dirsi che le garanzie dell'art. 13 Cost. subiscano attenuazioni rispetto agli stranieri, in vista della tutela di altri beni costituzionalmente rilevanti. Per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia della immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi di sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati, non può risultarne minimamente scalfito il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani. (V.Corte Costituzionale sent. 22 marzo 2001).

3. Che un tale ordine di idee abbia ispirato la disciplina della espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica emerge del resto dallo stesso comma 5-bis dell’articolo 13 del T.U. 286/98 (introdotto con il D.L. 4 aprile 2002 n. 51), là dove, con evidente riecheggiamento della disciplina dell'art. 13, terzo comma della Costituzione, e della riserva di giurisdizione in esso contenuta, si prevede che il provvedimento di accompagnamento dell'autorità di Pubblica Sicurezza deve essere comunicato entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria, che, verificata la sussistenza dei requisiti, convalida il provvedimento stesso entro le quarantotto ore successive alla comunicazione.

Tale disposizione comunque, appare anch’essa fortemente sospetta di incostituzionalità con riferimento all’articolo 13 della Costituzione, e quindi, in ipotesi, non idonea a rendere legittimo l’istituto previsto dai commi 4 e 5 dell’articolo 13 del citato T.U.

Tale procedimento di "convalida", non si inquadra evidentemente in alcun tipo di procedimento, previsto dai codici di rito, essendo unicamente paragonabile ai "visti di esecutorietà" del pretore, previsti su alcuni atti amministrativi, ormai soppressi dal Decreto Legislativo n. 51 del 1998 (articolo 229), ed è in palese contrasto con il disposto degli articoli 13, 24 e 111 della Costituzione. Non è prevista infatti alcuna contestazione, né l’audizione dell’interessato o una qualche forma di contraddittorio o difesa, per cui si deve ritenere che il Tribunale monocratico non possa che effettuare un controllo puramente formale sul decreto solamente "comunicato" dal quale verificare la sussistenza (o la non sussistenza) dei requisiti richiesti per la sua legittimità. Il provvedimento del questore, poi, per espressa disposizione, è immediatamente esecutivo e contro lo stesso non è prevista alcuna forma di opposizione, né alcuna possibilità di "sospensione" da parte dell’autorità giudiziaria, senza che oltretutto sia previsto che l’eventuale provvedimento che nega la convalida (o la mancata convalida nelle 48 ore), abbia alcun effetto "risolutorio" (di inefficacia) né che il provvedimento di convalida sia sottoposto ad alcuna forma di reclamo o ricorso.

Ne risulta, in definitiva, che il provvedimento di espulsione immediata, con accompagnamento coatto, limitativo della libertà personale, è eseguito senza un effettivo controllo preventivo di legittimità e di merito da parte dell’autorità giudiziaria e che la convalida o la non convalida, che deve seguire di 48 ore la "comunicazione", può anche intervenire ad espulsione già avvenuta.

Né tali valutazioni possono essere messe in dubbio dalla considerazione che, stante la semplicità e l’evidenza delle circostanze che lo legittimano, l’accompagnamento coatto alla frontiera sarà nella maggior parte dei casi sorretto da una sostanziale e formale correttezza, e che lo straniero illegittimamente espulso, può sempre proporre ricorso contro il decreto di espulsione del prefetto (che sorregge quello del questore), per il tramite delle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane del paese di destinazione.

E’ evidente, infatti che per quanto accurata sia l’attività dell’Autorità di P.S. nell’accertamento delle circostanze, è pur sempre possibile un errore, in relazione alla possibile esistenza di un titolo che legittima la permanenza nello Stato, o ad uno dei divieti di espulsione di cui all’articolo 19 del T.U. 286/98. Errore che, per la mancanza di un contraddittorio, di una audizione o di una qualsiasi possibilità di difesa, può non essere portato all’attenzione dell’A.G..

D’altro canto non può non considerarsi come l’esecuzione dell’espulsione, nei casi in cui la stessa non è consentita, determini un gravissimo danno, che, nella maggior parte dei casi, non è in alcun modo "risarcibile", senza che sia pensabile ad una qualche forma di esecuzione specifica del ripristino della situazione lesa, tanto da determinare un concreto impedimento ad ogni forma di ricorso "postumo".

4. Le disposizioni di cui si discute la costituzionalità (articolo 13, commi 4, 5 e 5-bis) si rivelano, in conclusione, in contrasto con il disposto dell’articolo 13 della Carta Costituzionale, in quanto prevedono una restrizione della libertà personale senza rendere possibile un controllo preventivo, effettivo e pieno della legittimità del provvedimento che ha disposto l’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica e senza che sia prevista la perdita di efficacia del provvedimento, qualora non sia convalidato nel termine prescritto.

5. La disposizione di cui al comma 5-bis dell’articolo 13 del T.U. 286/98, inoltre, si ribadisce, possono essere fondatamente ritenute in contrasto con quanto prescritto dagli articoli 111 e 24 della Carta Costituzionale.

Quanto sopra richiamato, infatti, rende evidente che la giurisdizione che si attua con la "convalida" del provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, nelle forme sopra esaminate, si pone in contrasto con il principio del contraddittorio, nel processo, e con quello della inviolabilità del diritto alla difesa, dal momento che non è prevista alcuna forma di contestazione, né di partecipazione e tanto meno di difesa da parte dello straniero colpito dal provvedimento stesso.

Tale conclusione non può essere messa in discussione per la considerazione che la "convalida" non sarebbe un vero e proprio "processo" né esercizio di giurisdizione. La tutela di diritti soggettivi primari davanti alla A.G., infatti, non può che attuarsi nell’ambito di un procedimento che costituisce un "giudizio" che deve svolgersi secondo le regole Costituzionali del "giusto processo" in contraddittorio tra le parti in cui deve essere garantito il diritto a difesa.

Altrimenti, ove si volesse considerare il procedimento di cui al comma 5-bis dell’articolo 13 del T.U. come una sorta di atto amministrativo, soggettivamente anomalo, conclusivo di un procedimento iniziato dalla Autorità di P.S., si ricadrebbe evidentemente in un vizio di costituzionalità, per violazione della riserva esclusiva di giurisdizione che l’articolo 13 della Carta attribuisce alla A.G. in sede giurisdizionale in materia di convalida di provvedimenti urgenti restrittivi della libertà personale.

6. Per superare il sospetto di incostituzionalità delle norme del T.U. 286/98, di cui sopra, non sembra per altro verso possibile ricorrere ad una interpretazione analogica o estensiva, ipotizzando l’applicazione dei principi costituzionali e delle norme esistenti nel sistema delle espulsioni.

L’articolo 14 del T.U., infatti, prevede una procedura di "convalida" dei trattenimenti presso i centri di permanenza temporanea, che è stato ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza del 22 marzo 2001, per la considerazione che il controllo dell’A.G. si estende a tutti i presupposti della misura e che, pur in assenza di una specifica previsione, il diniego di convalida travolgerebbe, insieme al trattenimento, anche la misura dell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

I due istituti dell’accompagnamento coatto e quello del trattenimento, per quanto connessi, sono tra di loro del tutto distinti, per cui una applicazione delle disposizioni dell’articolo 14 del T.U. anche per la "convalida" del provvedimento di accompagnamento, non può avvenire soprattutto per la considerazione che l’intenzione del legislatore, che traspare dall’introduzione del comma 5-bis dell’articolo 13 del T.U., va proprio nella opposta direzione di svincolare, per quanto possibile, l’espulsione immediata da ostacoli giudiziari o burocratici.

7. Le ultime considerazioni, tuttavia consentono di formulare, in via subordinata alla eccepita incostituzionalità delle norme nella loro interezza, una eccezione limitata alla mancata previsione, nelle norme impugnate, di una procedura identica a quella prevista per i trattenimenti dall’articolo 14, che renderebbe il particolare istituto pienamente legittimo, senza incidere, con l’eventuale "inapplicabilità" totale delle disposizioni, sull’intero assetto sistematico delle espulsioni, rendendo problematica e "residuale" la stessa disciplina del ""trattenimento". Mancata previsione che può essere "corretta" solamente dallo stesso legislatore o da un intervento additivo della Corte.

P.Q.M.

dichiara non manifestamente infondata la questione di costituzionalità, sollevata d’ufficio, dei commi 4, 5 e 5-bis dell’articolo 13 del T.U. 286/98, per contrasto con gli articoli 13, 24 e 111 della Carta Costituzionale, secondo quanto esposto nella motivazione;

in via subordinata: dichiara non manifestamente infondata la questione di costituzionalità, sollevata d’ufficio, dei commi 4, 5 e 5-bis del T.U. 286/98, nella parte in cui non prevedono che in tutti i casi in essi contemplati, e per ciascuno dei commi contestati, "si applicano le disposizioni dell’articolo 14, commi 3, 4, 5 e 6" dello stesso T.U. 286/98, per contrasto con gli articoli 13, 24 e 111 della Carta Costituzionale.

Visto l’articolo 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;

Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte nell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e sospende il giudizio in corso.

Ordina che a cura della Cancelleria l’ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Così deciso in Roma il 16.8.2002


Il presidente giudice unico

dott. Alberto Bucci

 

 

 

 

 

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a cura di magistratura democratica romana


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