Lettera di Md ai magistrati

Cari colleghi,

abbiamo attraversato un anno in cui è stata negata la possibilità di esercitare serenamente la giurisdizione, attaccata la struttura e la funzionalità del Csm, messa in dubbio l’esistenza di una magistratura indipendente ed autonoma dal potere politico.

Lo svolgimento di processi in cui sono imputate personalità istituzionali di primo piano è stato ostacolato con gratuite accuse di parzialità e mala fede e con minacce di ispezioni ministeriali o di procedimenti disciplinari. Il principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge è stato vulnerato e il messaggio che sta passando è che i processi che riguardano gli uomini e gli affari della politica non si possono, né si potranno, celebrare.

Il salto di qualità ha avuto il suo acme nella mozione approvata dal Senato il 5 dicembre 2001, contenente un giudizio di merito su provvedimenti giurisdizionali ancora sottoposti agli ordinari mezzi di impugnazione, in violazione del principio plurisecolare che vieta al Parlamento di interferire nel merito dei singoli processi: divieto così forte da, addirittura, impedire alla legge di modificare le sentenze definitive. Ma, prima e dopo il 5 dicembre, esso si è sviluppato attraverso concreti ed eterogenei atti della maggioranza parlamentare e del Governo: - legge sulle rogatorie; - legge delega sui reati societari con la pratica abrogazione del reato di falso in bilancio; - restrizione delle scorte ai magistrati; - abbandono di un serio impegno prioritario contro la criminalità organizzata;, - epurazione del Ministero della Giustizia e nomine operate per il nuovo staff ministeriale; - legge elettorale del Csm; – disegni di legge che evidenziano con ostentazione chiari intenti punitivi e che rendono impossibile esercitare la giurisdizione.

A fronte di una situazione così difficile e complessa la magistratura, nella sua stragrande maggioranza, non si è fatta intimidire e ha mostrato grande dignità e compattezza, come dimostrano le iniziative dell’ ultimo anno, dalla protesta espressa in occasione delle inaugurazioni dell'anno giudiziario allo sciopero del 20 giugno, e la grande partecipazione e gli orientamenti espressi nelle elezioni del Csm del luglio scorso. A ciò è corrisposto un importante risveglio della cultura giuridica e della società civile, che stanno manifestando nuovo interesse e nuove preoccupazioni per quanto succede nel mondo della giustizia.

Legittimamente, dunque, possiamo dichiararci orgogliosi per la serietà e l’unità dimostrata in questo anno difficile e per i risultati raggiunti in termini di mobilitazione e di aggregazione.

Ma un periodo ancor più difficile ci aspetta. Lo dimostra, proprio in questi giorni, la vicenda della approvazione a tappe forzate del disegno di legge Cirami, ennesimo esempio di un intervento ad personam che mortifica la giurisdizione. Né si tratta di una vicenda isolata ché l’insieme dei progetti del Governo e della maggioranza parlamentare sulla giustizia è univoco e rappresenta un attacco alla stessa funzionalità della giurisdizione su tutti i fronti. Il disegno di legge Pittelli, con le sue previsioni in tema di incompatibilità, informazione di garanzia e nullità, rende impraticabile un processo penale già ansimante; la giustizia minorile, nel disegno di legge governativo, viene azzerata nella sua essenza di tutela del minore; la "privatizzazione" del processo civile indebolisce il ruolo del giudice con un complessivo rallentamento dei tempi processuali; la stessa funzione di garanzia del giudice del lavoro, a cui viene preferito un arbitro privato, risulta compromessa. A questo svilimento della giurisdizione si aggiunge, come cornice, il disegno di legge governativo sull’ordinamento giudiziario (per non parlare dei progetti sul punto di Forza Italia) che mortifica l’autogoverno dei magistrati e reintroduce un assetto burocratico fondato sulla carriera, con un ritorno agli anni ‘50 che va nella direzione di una magistratura subalterna al sistema politico e da esso di fatto controllata.

Con questi progetti di legge la giurisdizione viene trasformata, da strumento di tutela dei cittadini, in minaccia da cui difendersi.

A ciò si aggiunge l’assenza di investimenti, con l’effetto, in alcune sedi, di drammatiche carenze di personale che stanno incidendo sulla stessa funzionalità delle notifiche e delle cancellerie (con blocco di straordinari e di nuove assunzioni); ed è prevedibile che, con la legge finanziaria, ci saranno ulteriori tagli di spesa con difficoltà per la stessa ordinaria amministrazione.

Ma pur in questa situazione non devono prevalere lo scoramento e la rassegnazione. Dalla nostra parte abbiamo la ragione e l’unità. Quanto avvenuto nell’ultimo anno ci convince che la fermezza, il coraggio delle proprie argomentazioni, la capacità di evidenziare e denunciare disegni restauratori e storture possono produrre risultati superiori alle stesse aspettative.

Occorre, dunque, mantenere questa rotta, continuando a lavorare con serenità e impegno e, soprattutto, evitando atteggiamenti rinunciatari e forme di autonormalizzazione.

Magistratura democratica

Milano – Roma, 21 settembre 2002

 

 

 

 

 

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