Il requisito di sei anni di "anzianità professionale" per poter assistere nel patrocinio a spese dello Stato: una norma nata morta, che solo gli Avvocati possono risuscitare
di Valerio Savio
Nell’ambito di un Testo Unico frettoloso e dallo scarso tecnicismo legislativo, il combinato disposto di cui agli artt. 80-81-82 D.P.R. 30.5.2002 n. 115 – con il requisito di sei anni di anzianità professionale per poter assistere l’ammesso al patrocinio a spese dello Stato – non istituisce né una causa di inammissibilità dell’istanza né una causa ostativa alla liquidabilità degli onorari bensì, indirettamente, una norma deontologica (sanzionabile solo in sede disciplinare ) relativa alle modalità di acquisizione della clientela che vieta all’Avvocato non iscritto agli Elenchi di cui all’art. 81 di accettare incarichi da chi chiede l’ammissione al patrocinio
Preparato "a fari spenti" nelle segrete dei Ministeri interessati (per la Storia: Funzione Pubblica, Giustizia, Economia e Finanze) nella più totale assenza di interlocuzione con Università e Foro, approvato alla chetichella dal Consiglio dei Ministri il 24 maggio 2002, fatto entrare in vigore a ridosso dell’estate e dei Mondiali di calcio, dal primo luglio regna – ma non governa – sulla "materia delle spese di giustizia" il nuovo Testo Unico, il D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
Destinato purtroppo a diventare, per gli Uffici Giudiziari ormai quotidianamente afflitti dalle più svariate richieste di liquidazione, una sorta di nuova Legge delle Dodici Tavole, e ad essere dai giudici consultato più del c.p.p., il D.P.R. 115 si presenta come un testo frettolosamente arrangiato, che Testo Unico è solo in apparenza, pieno com’è di richiami e rimandi a leggi che ci sono e a leggi che devono intervenire, a norme primarie come secondarie, rinvii che gli tolgono ogni autonoma leggibilità (v. ad es. , nei più diversi capitoli della materia, agli artt. 3 1° c. lettere v) e z) , all’art. 4 1° comma , 6 2° comma , 7, 10 1° comma, 17 1° comma, 32 1° comma, 40 1° comma, 41, 42, 43, 44, 50, 58-59, 61, 64, 65, 66, 78 2° comma, 79 1° comma lett. c) , 87, 89, 100, 108, 142, 143, 157, 164, 172, 173, 176, 190, 210 1° comma, 216, 219, 223, 224 , 227: ma l’elenco è più lungo).
Si tratta di un articolato che anziché riunire e mettere ordinatamente a sistema come dovrebbe fare un bravo testo Unico, si fa un dovere di smembrare e ricomporre le disposizioni esistenti, obbligando spesso l’interprete, laddove per ricostruire la norma ne doveva leggere una, a visitarne cinque o sei, e che troppo spesso finisce per creare più confusione di quanta non ne elimini. Di un testo che nell’ansia di semplificare – dati gli esiti, speriamo per carità di Patria non in omaggio alle Circolari sulla semplificazione del linguaggio normativo e burocratico -- finisce con il non riprodurre interi brani di norme che si vogliono sintetizzate da altre, in tal modo rendendo plausibili argumenta a contrario o del tipo ubi lex voluit dixit, con l’effetto di creare nuovi dubbi interpretativi e di riaprire questioni che giurisprudenza e prassi erano riuscite a superare.
E’ infine un testo che definire scritto con scarso tecnicismo e con lessico normativo approssimativo è un gentile eufemismo. Steso non in italiano ma in italiese.
Esempio preclaro e paradigmatico di tale scadente tecnica legislativa sono i "nuovi" articoli sul "patrocinio a spese dello Stato " e quindi del contribuente (pur se per tutti "gratuito" patrocinio: definizione d’uso, precipitato di una intera cultura nazionale: quando paga Pantalone, non paga nessuno).
Come per tutto il D.P.R. 115 cit., nonostante la lodevole intenzione di ricapitolare l’intera disciplina negli artt. da 74 a 145 si rinvengono ripetuti richiami ad altre norme, e l’annuncio di un Regolamento di attuazione (art. 89).
Anziché riprendere gli articoli della legge 30.7.1990 n. 217, spesso resi di tortuosa e difficile lettura dalla Novella di cui alla l. 29.3.2001 n. 134, e dipanarli per renderli più chiari – come si riesce a fare ad es. all’art. 96 riassumendo le norme sulla decisione di ammissione prima disseminate agli artt. 1 commi 9 bis e 9 ter e 6 1° comma l. 217/1990 – si riescono a creare nuove contorsioni e difficoltà interpretative (ad es., se si cercano i requisiti di inammissibilità dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, li si troveranno disseminati agli artt. 78-79-94-91 e nel combinato disposto degli artt. 90 e 119).
Anziché, con minori pretese, riprendere gli articoli della 217/1990 come appena emendata nel 2001 e limitarsi – magari per esigenze di topografia normativa e per compiacere la pigrizia degli interpreti -- a ribattezzarli con nuovo numero, li si smembra anche laddove non necessario.
Anziché fornire l’interpretazione autentica di punti controversi anche importantissimi e sciogliere le espressioni nella prassi rimaste in questi anni equivoche, le si sono tranquillamente e con ignavia riproposte (v. ad es. la disposizione di cui all’abrogato art. 1 6° comma l. 217 secondo cui "il trattamento riservato dalla presente legge al cittadino italiano è assicurato altresì allo straniero e all’apolide residente nello Stato" con riferimento alla quale alcuni Tribunali Penali hanno ammesso lo straniero al gratuito patrocinio solo se residente: disposizione integralmente riprodotta nel nuovo art. 90 del D.P.R. 115, pilatescamente lasciando all’interprete di trovare questa volta nell’art. 119 riguardante il "processo amministrativo, civile, contabile e tributario" – che parifica al cittadino italiano "e all’apolide" non "lo straniero" ma il solo "straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale" l’argomento a contrario per dare alla disposizione l’interpretazione più consona agli artt. 3 e 24 2°-3° c. Cost. oltre che più favorevole al soggetto cui per primo non può non rivolgersi una legge per il patrocinio dei non abbienti: l’ultimo, il clandestino senza nome, senza documenti, senza fissa dimora, senza un euro).
Se poi si cerca quel tecnicismo legislativo che in un T.U. aiuta a semplificare l’interpretazione e a superare i dubbi nati nell’applicazione della legge, ecco infine che ci si imbatte nelle "spese gratuite" (sic: art. 107 1° comma), in rinvii normativi del tipo "il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato", ed ancora nelle procedure "derivate" e perfino in quelle "accidentali comunque connesse" (e qui però forse, in tempi di Cirami e di Pittelli, si tratta di critica ingenerosa, roba da comunisti: tra una incompatibilità, una ricusazione ed una rimessione, il processo si sa come inizia ma non si può più prevedere quali infinite vie potrà seguire, e certo in Consiglio dei Ministri hanno ritenuto bene chiarire con una norma di chiusura che il "gratuito patrocinio" seguirà il senegalese che ha venduto CD contraffatti anche nella sua sedicesima istanza per legittimo sospetto).
Figlio legittimo di tanta sapienza legislativa è nel D.P.R. 115/2002 l’art. 80 ("Nomina del Difensore"), una delle poche disposizioni innovative della precedente normativa (e qualcuno non peregrinamente si è tra l’altro chiesto e si chiede: ma la delega ad innovare, il Governo, dove e quando l’ha ricevuta?).
Prevede dunque l’art. 80, tra le "disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario" e quindi non solo per il processo penale, che "chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato istituiti presso i consigli dell’ordine ". Elenchi "pubblici", aggiunge il successivo art. 81, rinnovati "entro il 31 gennaio di ogni anno", a disposizione di chi li vuole consultare "presso tutti gli Uffici giudiziari situati nel territorio di ciascuna Provincia" (81 4° comma), composti dai professionisti che hanno fatto domanda di ammissione e che sono stati ammessi dai Consigli dell’Ordine in presenza dei "requisiti" dati da "attitudini ed esperienza professionale", "assenza di sanzioni disciplinari" e "anzianità professionale non inferiore a sei anni " (81 2° comma).
Nonostante entri in vigore il 1 luglio, quando ormai anche avvocati e magistrati hanno idealmente in mano il secchiello e la paletta e pensano alle spiagge, la norma arriva nei Tribunali come una "bomba", e suscita una immediata discussione in corridoi, aule e mailing list. La lettura della norma appare infatti a tutti inequivoca, e devastante per le fortune professionali di molti e soprattutto dei giovani avvocati: chi non ha sei anni di iscrizione all’Albo degli Avvocati è tagliato fuori dal gratuito patrocinio, in civile come in penale, e dai relativi se non sempre lauti spesso costanti gettiti. Alcune anime belle si stupiscono che norma così punitiva per il Foro sia stata creata da un "Governo amico" delle Camere Penali. Altre, meno belle, che pensano male e che come spesso accade forse colgono nel giusto (Confucio, Andreotti), osservano come il problema e la spiegazione del tutto stia forse proprio nel legame tra certi consolidati interessi professionali e certi settori della maggioranza.
Ma l’Italia è Paese di menti raffinate, in cui se una legge è chiara sono le toghe – e non solo quelle avvocatizie – ad ingarbugliarla (e ancora si ricorda quell’illustre professore che ai tempi di "Tempesta del deserto" spiegava in TV che la frase di cui all’art. 11 Costituzione "L’Italia ripudia la guerra…come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" va letta in realtà nel senso che "L’Italia NON ripudia la guerra", essendo costituzionalizzati non ricordo se sette o quarantadue casi di guerra giusta).
Camere Penali, Consigli dell’Ordine, Associazioni a Tutela del Giovane Avvocato ma anche magistrati si mettono al lavoro. Si sottolinea – giustamente -- l’incongruenza di prevedere sei anni di iscrizione all’Albo per poter accettare la nomina (fiduciaria) di un ammesso al patrocinio a spese dello Stato, laddove appena un anno fa si è voluto prevedere – art. 29 disp. att. c.p.p. nel testo di cui alla legge 6.3.2001 n. 60 – che ne bastino due "di esercizio professionale " provato con "idonea documentazione" per essere iscritti nell’elenco degli idonei alla Difesa d’ufficio. Si evidenziano – altrettanto giustamente -- i problemi che possono sorgere per la Difesa e per i tempi del processo nei casi in cui l’imputato voglia trasformare in fiduciaria la difesa d’ufficio di un legale sino a quel momento dimostratosi il più attento dei Difensori ma sprovvisto dei sei anni di iscrizione o comunque non iscritto negli elenchi di cui all’art. 81 DPR 115/2002. Si sostiene – più forzatamente – che la norma comprime la libertà di potersi scegliere il Difensore tra tutti i 50.000 iscritti agli Albi italiani e non solo tra quelli con più di sei anni di anzianità professionale (libertà che nei toni di alcuni interventi con sprezzo del ridicolo assurge più o meno "a diritto inviolabile dell’Uomo") , e si argomenta l’illegittimità costituzionale della norma. Si "lavora" infine sul dato letterale: nella norma si legge che l’ammesso al patrocinio "può" nominare un difensore scelto tra gli iscritti agli elenchi, e non che "deve" , e quindi, si argomenta, istituisce una facoltà e non un obbligo (e qui siamo, come per l’art. 11 Cost. sopra citato, al tentativo di far dire alla norma il contrario di ciò che palesemente, ma pleonasticamente, vuole sottolineare, vale a dire che l’ammesso al "gratuito patrocinio" non è obbligato a subire la scelta del Difensore fatta dall’A.G. come nel caso della Difesa d’ufficio, ma ha la facoltà – "può" – nominarne uno di fiducia , "scelto tra gli iscritti negli elenchi" de quibus ).
Come uscirne? Innanzitutto, ovviamente, con un intervento legislativo ad hoc, da molti auspicato, che chiuda l’incidente cancellando la norma o che al massimo parifichi l’anzianità necessaria per assistere il non abbiente ai due anni previsti per la Difesa d’ufficio (e gli avvotati – vale a dire gli avvocati-deputati secondo la fulminante crasi operata da Michele SERRA – sono forse già al lavoro).
In secondo luogo, con una interpretazione degli artt. 80 ed 81 che – rinunciando a giocare sugli esiti dell’evidenziato scarso tecnicismo legislativo e ad usare improbabili argomenti letterali – legga ed inserisca tali disposizioni nell’ambito di quel micro-sistema normativo che è la disciplina del "gratuito "patrocinio, nonché nell’ambito dell’ordinamento professionale forense. Interpretazione, che consente di giungere alla conclusione che si è fatto tanto rumore per nulla.
E infatti.
In primo luogo, va subito rilevato come la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt 80 ed 81 D.P.R. 115 / 2002 secondo la quale la libertà del soggetto rientrante nei requisiti per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato di nominare un Difensore di fiducia può essere esercitata solo con scelta che cada nel novero degli avvocati iscritti negli elenchi per il patrocinio dei non abbienti in tali disposizioni istituiti (e quindi nel novero degli avvocati che hanno chiesto di far parte di tali elenchi, e che dai Consigli dell’Ordine sono stati giudicati in possesso dei requisiti di "attitudini ed esperienza professionale", "assenza di sanzioni disciplinari", "anzianità professionale non inferiore ai sei anni") sia regola, per quanto discutibile ragionando de iure condendo, del tutto legittima sul piano costituzionale, dal momento che non appare irragionevole, o lesivo dei valori tutelati dagli artt. 3 e 24 Cost., o fuori della discrezionalità del legislatore, prevedere speciali requisiti di presunta maggiore trasparenza ed esperienza professionale per l’assunzione di Difese destinate ad essere retribuite dall’Erario, e dal momento che attesa la vastità della platea degli iscritti agli elenchi (peraltro allo stato solo prevedibile, ed invero non imposta dalla legge) non può dirsi sia in tal modo realmente compresso il diritto anche dei non abbienti di potersi scegliere un Difensore di fiducia in una gamma sufficientemente vasta di professionisti (dovendosi altresì tenere conto del fatto che la stragrande maggioranza degli iscritti agli Albi possiede certamente i requisiti per l’ammissione agli elenchi; e che prevedibilmente numerose saranno le domande di ammissione agli stessi).
In secondo luogo, a limitare l’incidenza pratica della questione, va osservato come a ben guardare nella norma di cui alla lettera c) del 2° comma dell’art. 81 cit. "non inferiore ai sei anni" debba essere non tanto l’ "iscrizione all’Albo degli Avvocati" bensì più ampiamente l’ "anzianità professionale", se le parole hanno un senso in tal modo consentendosi di ritenere integrato il requisito dei sei anni anche considerando il periodo di iscrizione con abilitazione all’Albo dei Praticanti Avvocati (restando evidentemente necessario che alla data di presentazione dell’istanza si sia iscritti all’Albo degli Avvocati).
Operate tali premesse, la ricognizione della normativa sul patrocinio dei non abbienti permette quindi di rilevare: 1 ) che nella stessa, attesa la generale ratio di tutela che la attraversa, le cause di inammissibilità dell’istanza non possono che essere quelle espressamente previste (v. artt. 78-79-91-94); 2 ) che in nessuna norma del D.P.R. 115 / 2002 la nomina, da parte di chi chiede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di un Difensore con anzianità professionale inferiore ai sei anni o in genere non iscritto agli elenchi di cui all’art. 81 è prevista quale causa di inammissibilità dell’istanza di ammissione: e che ciò, significativamente, non avviene neanche nella disposizione in cui viene istituita una causa di inammissibilità con riferimento alla nomina del Difensore, vale a dire nell’art. 91 lett. b), laddove si stabilisce l’inammissibilità dell’istanza ove si nomini più di un Difensore di fiducia; 3 ) che il DPR 115 cit. , anche nella norma che regola il pagamento degli onorari spettanti al Difensore dell’ammesso al patrocinio a spese dello Stato – l’art. 82: unica altra occasione in cui il Giudice può occuparsi della questione in parola – si limita a regolare la liquidazione spettante "al Difensore" , con esclusivo riferimento quindi all’attività effettivamente svolta (unico titolo che legittima a chiedere gli onorari) e non con riferimento ai connotati normativi del Difensore, senza escludere dal diritto alla liquidazione il non iscritto agli elenchi (come non avrebbe potuto fare, dopo aver previsto l’ammissibilità dell’istanza con nomina di un non iscritto), e significativamente arrestandosi a statuire al 2° comma dell’art. 82 che nel caso il Difensore nominato sia iscritto in un elenco di distretto di Corte di Appello diverso da quello in cui ha sede il processo non siano dovute "le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale" (ma, appunto, non anche gli onorari, sempre dunque da liquidarsi, a meno di ritenere che si sia voluta prevedere, in abiura della ratio dell’intera disciplina, da un lato l’ammissibilità dell’istanza corredata da nomina di fiducia di un non iscritto agli elenchi e dall’altro l’obbligo in tali casi dell’ammesso al patrocinio a retribuire direttamente il Difensore, ipotesi evidentemente del tutto assurda e senza senso in una disciplina sul patrocinio a spese dello Stato) .
In definitiva, escluso che sia possibile per il Giudice dichiarare inammissibile l’istanza corredata da nomina di un non iscritto agli elenchi, ed escluso che il non iscritto agli elenchi possa non essere liquidato ex art. 82 DPR 115/2002, il combinato disposto degli artt. 80—81 stesso DPR finisce con l’avere una rilevanza tutta interna all’ordinamento della professione forense, per effetto dell’indiretta creazione di null’altro che di una norma deontologica relativa alle modalità di acquisizione della clientela che impone agli Avvocati non iscritti agli elenchi di cui all’art. 81 di non accettare incarichi fiduciari da chi chiede di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Una norma, la violazione della quale rimane quindi in ipotesi sanzionabile solo in sede disciplinare, nell’ambito della discrezionalità in materia spettante ai Consigli dell’Ordine degli Avvocati.
Una norma nata morta, che solo gli Avvocati possono resuscitare.
Roma, 4.10.2002
Omissisa
cura di magistratura democratica romana
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