Verso il Congresso: il ruolo di Md*
di Giovanni Palombarini
Il congresso nazionale di Md che si terrà a Roma
in gennaio e prima ancora il dibattito precongressuale dovranno misurarsi
ancora una volta con la questione del rapporto politica-giustizia, rilanciata
in particolare, in occasione della sentenza di condanna del senatore Giulio
Andreotti, dalle dichiarazioni del presidente del consiglio Berlusconi e del
segretario del maggior partito di opposizione Piero Fassino. Va però
evitato, a mio giudizio, che la questione diventi assorbente. Il tema, non
c'è dubbio, è delicato e attuale, anche perché dietro
la genericità di tanti discorsi sulla necessità di riforme per
la giustizia affiorano le solite proposte che di riformista non hanno nulla:
per questo sarà necessario riproporre riforme vere, di efficienza e
garanzia, peraltro sapendo bene che nelle forze di destra e in quelle dell'Ulivo
si pensa a ben altro.
E però questo non è che uno degli aspetti della più ampia
crisi, del diritto e dei diritti, che caratterizza la situazione e che in
qualche misura si riflette da un lato sulla cultura della magistratura, dall'altro
sulla giurisdizione il cui ruolo si vuole progressivamente ridimensionare.
A proposito di tale crisi, e del ruolo di Md, a me pare che si pongano alcuni
interrogativi.
Per quel che concerne appunto lo stato dei diritti e le prospettive in proposito
non vi è necessità di fare molti esempi: la vicenda dell'articolo
18 e del "libro bianco" da un lato, la legge Bossi-Fini dall'altro,
sono infatti paradigmatiche.
Conviene allora partire da un'affermazione. La forma di stato più avanzata
che le lotte democratiche hanno fin qui prodotto è quella di una costituzione,
quella vigente, che stabilisce delle regole e pone dei fini - di libertà,
di realizzazione dei diritti, di superamento delle diseguaglianze - all'insieme
delle istituzioni. E' in quest'ambito, che personalmente continuo a considerare
un punto fermo, che Md ha potuto fare già negli anni Sessanta la sua
scelta di campo, proporre e praticare la giurisprudenza alternativa, indire
un referendum per l'abrogazione dei reati di opinione, condurre grandi battaglie
come quelle per lo statuto dei diritti dei lavoratori, contro la legislazione
dell'emergenza, in favore del divorzio e dell'aborto, eccetera.
Ciò che è avvenuto nell'ultimo ventennio (dalla teorizzazione
della "nuova governabilità" all'eliminazione della scala
mobile, dall'introduzione del maggioritario alla Bicamerale, dall'aggressione
all'indipendenza e alla stessa legittimazione della magistratura fino al dilagare
di logiche liberiste) ha costituito un arretramento sostanzioso rispetto a
quel livello di conquiste. Non si tratta di un effetto inevitabile della modernità,
come qualcuno sembra pensare, ma di una conseguenza a) di una sconfitta storica
del movimento operaio e democratico, che tra l'altro ha determinato la scomparsa
di una sinistra politica capace da un lato di rappresentare quanto di sinistra
c'è nella società e nella cultura (a tal fine oggi non è
evidentemente sufficiente Rc, che infatti, consapevole di ciò, tenta
di dare vita con il movimento dei movimenti a un nuovo soggetto politico)
e dall'altro di contrastare efficacemente la tendenza; b) del conseguente
ri-affiorare di concezioni della democrazia formali, autoritarie e centralizzanti.
E' inevitabile prendere atto di ciò. Ma questo non vuol dire che si
debba arretrare rispetto al punto più avanzato delle conquiste (anche
di quelle che riguardano i diritti, ad esempio adeguandosi all'idea dell'eccessiva
rigidità delle garanzie del lavoro); né che non esista più
una sinistra. Allora, a partire di qui, non si deve temere di apparire conservatori
nel difendere le conquiste, né è necessario debba essere timidi
nel proporre soluzioni alternative dei problemi sul tappeto: oggi, supposti
doveri di realismo o ragioni di opportunità che suggestionano molti,
inducono in realtà alla fuoriuscita dal campo della sinistra. Qui c'è
una trappola, nella quale Md a mio giudizio dovrebbe fare in modo di non cadere.
Il problema è quello - detto in estrema sintesi - del come, dove e
con chi Md possa svolgere questo lavoro, possa cioè continuare a svolgere
un ruolo coerente alla sua storica scelta di campo. Dove, come e con chi svolgere
un'iniziativa capace di incidere per la difesa della democrazia, per la riaffermazione
e l'estensione dei diritti, in una prospettiva di cambiamento e di tendenziale
realizzazione dell'uguaglianza, questo è il problema all'ordine del
giorno per ogni organizzazione che voglia definirsi di sinistra.
Allora, alcune osservazioni. La prima. A fronte della crisi dello stato sociale
di diritto e del fallimento del più grande tentativo che sia mai stato
fatto di eliminazione dello sfruttamento e di organizzazione della società
sulla base del principio di uguaglianza, l'orientamento prevalente è
quello di rifugiarsi dentro mura più collaudate, di riferirsi a un
concetto di democrazia strettamente procedimentale essenzialmente basato sulla
delega. Un atteggiamento, questo si, puramente difensivo, che contempla anche
il principio che chi vince ogni cinque anni le elezioni politiche decide tutto,
fa quello che vuole, con una necessaria coerenza di tutte le istituzioni (compresa
la magistratura). Questo atteggiamento dev'essere rifiutato con fermezza.
Md è d'accordo in tal senso?
La seconda. La destra non è al governo per caso, anche se non è
vero, a me pare, che abbia coagulato a proprio sostegno un blocco sociale
(e prima o poi se ne vedranno le conseguenze). Il fatto è che un atteggiamento
culturale (non ancora un'egemonia), basato sul riconoscimento come valori
degli egoismi individuali e di ceto, sull'adesione a un liberismo senza regole
mescolato a un populismo di stampo peronista, ha potuto affermarsi perché,
anziché trovare contrasti a livello di orientamenti culturali e ideali
e di proposte adeguate ai problemi di una società in profonda trasformazione,
ha raccolto ampie adesioni anche in un fronte che una volta poteva definirsi
di sinistra e che oggi non solo non riconosce il valore del conflitto, ma
ha formalmente abbandonato ogni riferimento al principio di uguaglianza (e
anche allo stato sociale come definito alla metà del secolo scorso).
In quest'ambito (alle cui logiche è riconducibile una sostanziale omogeneizzazione
del pensiero sugli assetti della società, che non può non essere
capitalista avendo come centro motore il mercato e le sue esigenze), occorre
prendere atto che la vecchia sinistra ha cambiato natura. A ben vedere, i
due poli che si sono contrapposti in occasione delle elezioni e che oggi si
confrontano nel pubblico dibattito, con non poche tentazioni neoconsociative,
non rappresentano come comunemente si dice uno schieramento di centro-destra
e uno di centro-sinistra, con tutto quello che simili formule dovrebbero significare
in termini di valori espressi e interessi rappresentati (ma anche di soluzioni
istituzionali), bensì una destra e un aggregato neocentrista che hanno
in comune una concezione formale della democrazia. Tutto questo, ovviamente,
non può non avere riflessi importanti non solo sul futuro di una serie
di diritti vecchi e nuovi - si pensi ai fondamentali dello stato sociale,
e a questioni come l'aborto e la scuola privata, il diritto di asilo e più
in generale l'immigrazione - ma anche sugli equilibri istituzionali e sul
ruolo del giudice. Se l'attuale maggioranza ha preteso di dettare al giudice
l'interpretazione corretta di leggi e sentenze della corte costituzionale,
quella precedente è andata fuori dai gangheri quando alcuni tribunali
hanno proposto questioni di costituzionalità della legge Turco-Napolitano.
Del resto di espansione dei diritti non si parla, se non nel movimento dei
movimenti, e riaffiora la logica secondo cui i diritti inviolabili sono quelli
tradizionali, le libertà, i diritti individuali (anche se poi, come
s'è visto a Napoli nella primavera del 2001 e a Genova nei giorni del
G8, quando è necessario possono essere tranquillamente violati), mentre
quelli sociali in tanto possono essere in concreto riconosciuti in quanto
ciò sia consentito dalle compatibilità economiche. Intanto i
processi di privatizzazione, in atto da tempo, vanno avanti nei settori più
diversi: anche il processo civile ne verrà probabilmente toccato, con
una riduzione del ruolo del giudice e delle possibilità di tutela delle
posizioni più deboli. Per non parlare del tema della pace. A parte
ciò che già è avvenuto nel decennio trascorso, appena
a metà ottobre Massimo D'Alema, presidente dei Ds, parlando nella riunione
della direzione del suo partito nel corso della quale sembra che si sia polemizzato
con Gino Strada e il "pacifismo etico", ha messo apertamente in
discussione la validità dell'articolo 11 della Costituzione, un pilastro
della concezione della democrazia che ha sempre animato Md.
Allora, a me pare, per Md non è questo il fronte delle alleanze, anche
se le convergenze con le attuali forze di opposizione su singoli temi saranno
sempre possibili, anzi da ricercare. Md - tornerò alla fine su questo
- dovrebbe stare da un'altra parte, ad esempio con Gino Strada. Md è
d'accordo con questa prospettiva?
E allora, qual è oggi il ruolo di Md? Vi sono stati limiti nella sua
azione degli ultimi tempi? Quali sono i suoi naturali interlocutori?
In realtà, le tematiche e gli interrogativi fin qui proposti non sono
stati assenti dalla riflessione interna; anzi sono periodicamente riaffiorati
- per la loro forza oggettiva, verrebbe da dire - in molti discorsi, in alcune
riunioni, in qualche documento. E però non hanno ispirato la concreta
iniziativa politica. Una serie di fatti certamente gravi (dall'aggressione
delle forze di governo all'autonomia, ma anche al regolare funzionamento dei
processi penali, dalla legge elettorale maggioritaria per il rinnovo del Csm
ai disegni di modifica all'indietro dell'ordinamento giudiziario) hanno semiparalizzato
le potenzialità di Md, restringendone l'intervento nell'ambito di questi
fatti. Anzi, nell'ambito di quanto attiene più strettamente alla magistratura,
si è fatta prudente anche la critica alla giurisprudenza e alla gestione
degli uffici. Evidentemente c'erano e ci sono tutte le ragioni di unità
per difendere l'indipendenza come momento essenziale di una democrazia basata
sulla diffusione del potere, contro le logiche di una centralizzazione neoautoritaria;
ed è evidente il rischio, per chi intende vigilare sui contenuti concreti
del lavoro dei magistrati, di favorire strumentalizzazioni interessate dei
poteri forti, economici e politici. Tutto ciò è stato però
vissuto in modo esagerato, e ha costretto Md nel campo perdente dei supposti
doveri del realismo e delle comode ragioni dell'opportunità.
Infatti. Su un versante, pur avendo prodotto analisi e teorizzazioni importanti
in tanti settori (si pensi ad esempio ai temi delle relazioni industriali,
del processo penale e dell'immigrazione), Md non è stata presente con
la sua forza nel vivo del conflitto politico-sociale. Le sue concrete scelte
non sono state coerenti all'analisi e conseguenti ai propositi. In varie occasioni
in cui era politicamente necessario essere presenti e fare sentire all'esterno
la propria voce, unitamente a quanto vi è di sinistra nel paese, Md
non c'era. Alcuni esempi? L'incontro del G8 del luglio 2001, i tanti girotondi
grandi e piccoli del 2002, la Perugia-Assisi e le altre iniziative per la
pace, lo stesso socialforum di Firenze dove qualcuno è andato ma a
titolo individuale (solo in occasione dello sciopero generale del 18 ottobre
scorso un messaggio del segretario Castelli - troppo tardivo per trovare adeguata
pubblicità - ha segnalato alla Cgil la nostra solidarietà all'iniziativa).
Insomma, detta in due parole. Da un lato Md non ha saputo proporre per la
difesa e l'estensione dei diritti iniziative pubbliche che favorissero significative
convergenze, dall'altro a tante iniziative, che hanno giustamente avuto risonanza
pubblica anche forte, che hanno prodotto risveglio e mobilitazione, indette
da questa o quell'organizzazione, alle quali hanno aderito le più diverse
espressioni della sinistra sociale e culturale, Md non è stata capace
di affiancarsi.
Su un altro versante. Per effetto del silenzio su errori e degenerazioni,
su scelte giurisprudenziali e su prassi, il complessivo atteggiamento fin
qui assunto - anche la difesa dell'indipendenza - ha finito per assumere spesso
i caratteri di una chiusura corporativa. Eppure, anche qui: il punto più
avanzato raggiunto in materia di interpretazione è quello secondo cui
la costituzione, e in particolare il capoverso dell'articolo 3, costituisce
la stella polare per l'interprete (e in tale prospettiva si colloca a mio
giudizio la questione dell'efficienza); e non è possibile accettare
l'idea che l'interprete può prescindere da questa indicazione - altrimenti
si rilegittima l'idea del giudice bocca della legge - né tantomeno
adeguarsi ad arretramenti, magari giustificati dall'esigenza sottolineata
da alcuni di apparire imparziali. Dalla questione dell'essere e apparire imparziali
- che Md da sempre ha correttamente spiegato - non devono trarsi limitazioni:
chi opera, avendo a disposizione importanti media, secondo una concezione
per la quale gli esiti della giurisdizione devono sempre essere compatibili
e coerenti con le scelte dei poteri forti, contrasterà sempre, in un
modo o nell'altro, le sentenze dissonanti, quando non riuscirà, in
un modo o nell'altro, a prevenirle. Dunque, denuncia e critica, indispensabili
per un corretto controllo sull'attività giurisdizionale e per una crescita
della responsabilizzazione della magistratura, devono essere riprese.
Invece, nonostante quanto è avvenuto negli ultimi anni, da tempo mancano
da un lato una riflessione sullo stato della magistratura, sui suoi orientamenti
culturali, dall'altro una continuità nell'intervento critico. Di recente,
se la pur sorprendente indagine aperta a Modica nei confronti di pescatori
che avevano aiutato una barca di migranti a prendere terra in Sicilia, con
tanto di sequestro del motopeschereccio, non ha sollecitato una particolare
attenzione né ha suscitato troppi commenti critici (ma qualcuno si
è indignato), la clamorosa inchiesta di Cosenza di metà novembre
nei confronti di una delle componenti del movimento dei movimenti, con l'utilizzazione
di vecchi reati politici del codice Rocco dei quali molti avevano dimenticato
l'esistenza (e con il ricorso a un'ingiustificata custodia cautelare), ha
costretto molti a interrogarsi sugli orientamenti di pubblici ministeri e
giudici, sui loro criteri di interpretazione delle norme ordinarie, sul loro
approccio al rapporto ordine pubblico dato/libertà politiche e ai fenomeni
di opposizione sociale. Md s'è limitata a un comunicato stampa sulla
seconda vicenda diffuso a una decina di giorni dagli arresti, a scarcerazioni
degli indagati già iniziate, quando inevitabilmente la risonanza del
documento non poteva che essere limitatissima. Certo, Md può ancora
ricordare che già nel 1970 aveva tentato di promuovere un referendum
abrogativo dei reati di opinione e dei più odiosi delitti politici,
ma questa rivendicazione non può oggi bastare di fronte ad atteggiamenti
complessivi che stanno arretrando.
Vi è chi a queste obiezioni risponde che la cultura della magistratura
è oggi quello che è, e che non se ne può prescindere.
Anche i più progressisti fra i magistrati, certamente sensibili al
tema dell'indipendenza e consapevoli dell'esigenza di assicurare ai cittadini
un servizio giustizia efficiente, in realtà non recepirebbero discorsi
che vadano al di là della loro professione, rifiuterebbero analisi
politiche pur se attinenti al ruolo della giurisdizione e si sarebbero abituati
a considerare attacchi alla magistratura qualsiasi critica a un loro provvedimento.
Personalmente ritengo che proprio un'analisi di questo tipo dovrebbe indurre
Md a un atteggiamento diverso, anche per non regalare alla destra ogni spazio
di critica dell'attività di pm e giudici.
Altri, più duramente, pensa che tutta questa prudenza corrisponda a
un mutamento della natura di Md ormai avvenuto. Io ritengo che sia nel dna
di Md la consapevolezza del valore della critica razionale e della denuncia
argomentata; e che l'analisi della situazione politico-istituzionale evidenzi
l'importanza e l'urgenza - ma anche l'attualità - di un lavoro di questo
tipo.
Si è già modificato il quadro costituzionale? A tale quesito
si deve rispondere in modo articolato, ovviamente riconoscendo gli arretramenti
intervenuti nel campo della costituzione materiale, ma anche riaffermando
la inaccettabilità di tali negativi cambiamenti, la inutilità
di adeguarvisi in qualche modo; e lavorando, come altri stanno facendo (non
solo la Cgil e Micromega), per impedire che il comune sentire segua passivamente
questa deriva. Questo vale ovviamente anche per la giurisdizione e per il
ruolo del giudice, ed è quindi giusto essere presenti nel dibattito
sulla giustizia uguale per tutti e vigilare sulle controriforme che sono nella
testa di tante forze politiche.
A proposito del quadro costituzionale e della condizione e del futuro dei
diritti si pone anche il tema della costituzionalizzazione dell'Unione europea,
nell'ambito del quale potrebbero aprirsi non solo problemi di modi di formazione
delle norme e di gerarchia delle fonti, ma anche di definizioni nuove degli
spazi propri della giurisdizione, anche di segno arretrato (non male, sotto
questo aspetto, la distinzione di cui si parla fra elencazione di diritti
e affermazione di principi!). Per fortuna Md ha un forte "gruppo Europa",
capace di proporre interventi adeguati da svolgere anche dentro la società
insieme ad altre espressioni della sinistra reale. A partire dalla carta europea
dei diritti fondamentali, che dovrebbe essere incorporata nel futuro testo
costituzionale e che non si limita a riprodurre la vecchia convenzione europea
dei diritti dell'uomo, ma fa riferimento ai diritti sociali, alla salute,
all'ambiente, eccetera (sempre che non vengano tutti definiti come principi
di natura programmatica). Senza peraltro trascurare da un lato lo svilupparsi
pericoloso di svariati ordinamenti giuridici autonomi - non solo il diritto
internazionale dettato dall'imperatore, ma anche una nuova lex mercatoria
sovranazionale in continuo spontaneo aggiornamento - che rompono i tradizionali
legami norma/stato o norma/trattato; dall'altro il nuovo atteggiarsi del tema
dei diritti fondamentali che assume connotati di grande rilevanza anche con
riferimento alla prospettiva della loro globalizzazione.
Per concludere, faccio un'affermazione in relazione alla quale penso sia opportuno
chiarire il punto di vista di Md. C'è un intero mondo, variegato ma
di segno inequivocabilmente progressista, che si muove credendo che un'altra
democrazia è possibile, che un altro mondo è possibile. E' l'espressione
di quanto c'è di sinistra nella società e nella cultura. Da
Paolo Flores d'Arcais a Luca Casarini, passando per Lilliput e i Beati costruttori
di pace, Agnoletto e Rifondazione, Cgil e Cobas, Arci e Strada, il Manifesto
e Giulietto Chiesa per i giornalisti, questa è l'area nella quale si
parla di pace, di difesa e rilancio di un diritto internazionale di formazione
e natura democratiche, di rifiuto della globalizzazione neoliberista, di difesa
ed estensione dei diritti (compresi quelli dei migranti), di libertà
d'informazione, di tutela delle forme tradizionali e di quelle nuove apparentemente
autonome del lavoro subordinato. E' un'area nell'ambito della quale vi sono
divisioni rilevanti (si pensi a quella fra coloro che pensano possibile un
rilancio dell'Ulivo - molti fra i movimenti dei girotondi e Sergio Cofferati
- e coloro che pensano a un nuovo soggetto politico), ma che, sia pure faticosamente,
tende a trovare momenti unitari di iniziativa - è avvenuto, sta avvenedo
in occasione delle lotte degli operai della Fiat - se non ancora di coordinamento.
Io penso che rapporti più intensi con questi soggetti consentirebbero
a Md di ragionare meglio sulla linea da adottare, sulle cose da fare. E poi
di instaurare finalmente rapporti più consistenti con un mondo al quale
Md può dare contributi importanti e dal quale può trarre linfa
per le proprie iniziative. Come la pensa Md?
Ottobre 2002
*L'autore ha aggiornato l'intervento nel mese di novembre
Omissisa
cura di magistratura democratica romana
Chi siamo |
Come eravamo |
Legislazione |
Giurisprudenza |
Migranti |
Archivio |
Satira giuridica |
Prima pagina |
Suggerimenti critiche articoli notizie |