Un uomo di sinistra*

Intervista a Francesco De Martino

di Giacinto Di Nardo

Politica, giustizia, rapporto tra magistratura e partiti, futuro delle istituzioni: le riflessioni di un socialista autentico

 

Un avvocato mi ha detto scherzando che l'Italia è la culla del diritto perché il diritto ci si è addormentato dentro

Dalla mia esperienza, non tanto politica quanto di studioso e di storico, ho tratto la convinzione che il diritto va giudicato nella sua attuazione pratica e non nelle leggi, o non soltanto nelle leggi scritte o formali. Questo vale in particolare per le Costituzioni, ma anche per il diritto nel suo insieme, perché in realtà la funzione del diritto è quella di regolare dei rapporti tra soggetti, e questi si regolano nella pratica, non nella formulazione di una norma. Si sono determinate, a mio parere, parecchie deformazioni. L'enorme quantità delle leggi ed il modo di pubblicarle, poiché c'è l'uso di rinviare ad una serie di norme precedenti. Almeno nella Gazzetta Ufficiale bisognerebbe trascrivere quelle norme, perché altrimenti il cittadino comune deve fare una fatica che non è in grado di affrontare. Queste sembrano piccole cose, però contano ai fini della conoscenza e di quella che si chiama la certezza del diritto.

Anche i magistrati hanno difficoltà notevoli

Talvolta vi sono anche problemi di costituzionalità, sulla retroattività di una norma, oppure sul suo carattere. Chi è abituato alla grande semplicità del sistema giudiziario antico romano rimane sconcertato di fronte a questo. Anche se è vero che la società moderna è molto più complessa e lo Stato ha maggiori funzioni: però c'è una differenza straordinaria.

Resta qualche legame con il diritto romano?

L'ossatura sistematica del nostro diritto privato è di origine romanistica, in ispecie nella proprietà e nell'eredità, meno nelle obbligazioni. Ma la disciplina sostanziale dei rapporti giuridici è molto diversa, dati i caratteri economico-sociali del nostro tempo. Talvolta si sono ricercate le soluzioni nei precedenti romani. Questo è avvenuto, ad esempio, nel campo dei rapporti di vicinanza, sebbene l'interpretazione delle fonti romane fosse controversa tra i romanisti.

Ma il precedente era così lontano dai nostri problemi! Si trattava dell'immissione di fumo nella proprietà vicina da una taberna casearia, piccola fabbrica di formaggio. In mancanza di una disciplina specifica fino al codice civile del 1940, si cercava di trarre da questo precedente i principi ai quali attenersi per i problemi del nostro tempo. Solo per comprendere quel che può accadere nel nostro tempo ricordo che in giovane età, allorché mi occupavo di giurisprudenza comparata, per integrare la scarsa retribuzione dell'incarico universitario, mi sono imbattuto nella decisione di una corte tedesca, sul caso di un allevamento di volpi argentate, accanto al quale era sorto un aeroporto. li rumore dei motori impauriva le volpi che morivano. Era dovuta un'indennità?

Il mutamento della destinazione di un territorio pone in contrasto interessi deboli e interessi dell'industria. A Napoli lo stabilimento siderurgico di Bagnoli sorgeva di fronte a case di abitazione, che hanno dovuto subire un'intollerabile invasione di fumo, detriti e pulviscolo di cementi. Allorché sorgono tali contrasti il nostro codice civile dà al giudice la facoltà di ricercare un contemperamento tra le esigenze della produzione industriale e quelle della proprietà vicina agli impianti. Questo è però un tema che non può essere lasciato al giudice civile, ma deve essere affrontato dall'amministrazione pubblica che dispone del potere sul territorio e dovrebbe ispirarsi ad un razionale ordinamento urbanistico.

In linea generale il nostro sistema giuridico non dà al giudice la possibilità di emanare norme equitative o innovative, come faceva il pretore romano, che non era un legislatore, ma creava nell'esercizio della giurisdizione norme giuridiche.

Oggi sarebbe impossibile pensare a qualcosa di simile. Nell'età moderna si è avuta la teoria del "libero diritto", che non ha avuto fortuna. Essa aveva in sé il germe di una idea pericolosa, come si è visto nella Germania nazista, dove la teoria romantica della scuola storica, che il diritto emana dal popolo, fu utilizzata per affermare che l'interprete ne è il Fuhrer. Si possono immaginare le conseguenze. Sarebbe stata la fine del fondamento legale della norma!

Gli interventi di "supplenza" dei magistrati

Non ne sono molto entusiasta, per la verità. Perché chi ci assicura che quel determinato magistrato, che fa quello che il legislatore non ha fatto, ha poi interpretato esattamente le esigenze, e non è stato fuorviato da una sua ideologia o da altro? lo ho avuto rapporti con Gianfranco Amendola (era iscritto al partito socialista), conosco bene le sue iniziative, sono state giuste, nella mancanza di una legislazione. Però potevano anche non essere tali.

L'inquinamento

Siamo entrati in un'epoca nuova in cui le questioni sono estremamente complesse e non si possono risolvere secondo i nostri principi tradizionali dei vari poteri. Nell'agricoltura è divenuto impossibile avere un raccolto qualsiasi senza l'impiego di fertilizzanti ed anticrittogamici. Alternative sono più illusorie che reali. Nell'industria e nella vita civile le fonti di inquinamento sono disastrose ed è difficile estirparle. Legislatori e giudici di tipo tradizionale non bastano. Occorrono nuovi soggetti altamente specializzati dal lato tecnico-scientifico e capaci di resistere alle pressioni degli interessi minacciati e della stessa opinione pubblica. Organi in grado di agire come per un'emergenza.

Il contrasto fra sviluppo tecnologico ed occupazione

Dovrebbe essere un tema centrale per la sinistra, però in Italia non è stato ancora sfiorato. Lo sviluppo tecnico non può essere avversato, perché è sempre un fattore di progresso. Però, senza adeguate modifiche nella struttura del paese alcuni ne trarranno vantaggio maggiore, per altri sarà un danno, perché in genere si ha minore bisogno di lavoro e quindi aumenta la disoccupazione. Come si rimane insensibili davanti a questo?

E' il nuovo compito della sinistra nel dopoguerra, dopo l'antifascismo, la repubblica, lo sviluppo della democrazia e lo stato socia1e?

Sì, nel quadro di una politica di controllo democratico dell'economia. E' un tema ancora più difficile di quelli che si posero all'inizio della ricostruzione ed anche del centro sinistra. Esso è specifico della sinistra. La destra non l'avverte, mostra di credere che la libertà economica aggiusta tutto, basta assicurare la redditività degli investimenti ed il profitto ed affidarsi alla "mano invisibile", che converte in bene comune l'utilità del singolo. Così pensava Adam Smith. Ma egli costruiva la teoria economica classica contro il feudalesimo ed aveva sotto gli occhi un capitalismo nascente in regime di concorrenza. Dopo un paio di secoli ed oltre tutto è mutato. Sono nate le grandi concentrazioni economiche-finanziarie ed il mercato libero è un'illusione.

Intravede qualche motivo ispiratore?

Si. Io intravedo un indirizzo politico a lungo raggio in cui si deve contemperare la libertà di iniziativa del singolo con gli indirizzi dei poteri democratici, cioè eletti, diretti a favorire le applicazioni tecnologiche produttive di progresso e meno pregiudizievoli per l'occupazione. Se comunque vi sono lavoratori espulsi dalla produzione bisogna reimpiegarli, e questo richiede metodi di programmazione, che prevedano i mezzi opportuni, tra i quali anche la riduzione degli orari di lavoro. La nostra economia sarà integrata in quella europea, le decisioni in proposito saranno necessariamente di organi comunitari. Anche in quella sede la sinistra dovrebbe contrastare il liberismo. Oggi siamo in ritardo.

Nel mondo occidentale più avanzato, Stati Uniti, Gran Bretagna

Il capitalismo americano non è un modello esportabile. Ma orientamenti democratici, come, ad esempio, quelli di Kennedy, possono esserlo. Le cose cambiano se governano i conservatori o i reazionari. La Gran Bretagna è più europea, nonostante l'insularità. Essa ha un forte movimento di lavoratori e la particolarità di un intreccio solido tra Trade Unjons e Labour Party. Questo potrebbe essere per noi un riferimento se si potesse realizzare.

La magistratura

Il riferimento è lo spirito di una costituzione democratica nella quale vi sono principi e valori essenziali, inderogabili. Tra di essi l'indipendenza della magistratura dal potere esecutivo. L'ordinamento concreto degli organi può essere discusso e, se è necessario, riveduto. A mio parere occorre dar vita ad organi in grado di affrontare i problemi di cui si è parlato.

Il federalismo

Bisogna intendersi bene sul senso delle parole. Allorché si parla di federalismo si intendono spesso cose diverse, una larga autonomia fiscale ovvero una pluralità di stati uniti in una federazione. Per ragioni storiche il secondo, cioè il vero federalismo, non è appropriato per l'Italia. Ne saremmo tutti indeboliti, divisi in piccoli stati rivali, esposti alle influenze straniere. Altro è un'accentuazione dell'autonomia delle regioni. Ne sono stato un deciso e fervente fautore. Ma nel sud in ispecie la prova è stata deludente. Purtroppo un'istituzione da sola, anche se ottima, non basta a modificare i cattivi comportamenti degli uomini.

La democrazia ed i mezzi di comunicazione di massa

Questo problema è assolutamente nuovo, e può essere affrontato solo con sistemi di controllo democratico. Non può essere affidato alla concorrenza. E' un campo in cui l'uguaglianza è molto remota, perché una televisione importante può averla chi ha i mezzi. Adesso con la smobilitazione pure dal lato economico dei partiti, che distruggono anche i propri apparati (perché bisogna farsi perdonare le colpe del passato) l'antidoto manca, e si rischia di combattere senza armi contro chi invece ha armi potenti. Non dico che i partiti siano destinati per questo alla sconfitta. Ma certo la loro condizione di diseguaglianza rispetto a chi possiede una pluralità di televisioni è indubbia. A differenza dei giornali, che hanno una diffusione solo tra una minoranza di persone, le televisioni hanno un'influenza pressoché universale e rappresentano il mondo in modo spesso difforme dalla realtà. Negli anni cinquanta e sessanta non era ancora così. Allora la questione era quella del monopolio politico della DC. Ed i partiti erano forti abbastanza per combatterlo.

I partiti politici

Non condivido la tendenza prevalente che riduce la lotta politica ad uno scontro di leader. Dal lato teorico questa concezione si ricollega a quella della storia come opera di grandi personalità, che ritengo errata. Dal lato politico temo che questo allenti la partecipazione democratica e favorisca le tendenze alla c.d. democrazia plebiscitaria, il più delle volte veicolo per il potere personale o per involuzioni autoritarie.

Si ha l'impressione che l'illegalità in Italia sia un fenomeno diffuso

E' vero. In parte è giustificabile, perché il nostro ordinamento amministrativo è talmente oppressivo che la tendenza della gente, se può, è di sfuggire a norme burocratiche e inutili. In parte poi nasce dalla natura individualistica degli italiani, e dal fatto che non c'è stata una vera storia civile dal risorgimento in poi. L'educazione civile implica che non deve esserci un carabiniere al fianco di ogni persona per fare osservare la legge.

C'è una differenza fra illega1ità del nord e illegalità del sud?

Quella del sud è l'illegalità della povera gente. Poi su questo si è creata la struttura della criminalità organizzata, che è nata nel sud, anche se oggi forse si è estesa altrove, ma con caratteri diversi. La mafia siciliana dell'altro secolo non è la mafia siciliana di oggi, la camorra napoletana non è la stessa. Oggi diventano gli strumenti di interessi colossali, il traffico della droga, la diffusione del sistema della corruzione negli appalti pubblici ed altro. Sono soggetti criminali che dispongono di migliaia di miliardi, il che significa possibilità di invadenza dappertutto. Mentre quella di un tempo magari aveva caratteri pittoreschi, ma non voglio ovviamente esaltarla.

Si può uscire da questo clima di illegalità se si mira a combattere principalmente le cause. Cioè se non lo si riduce ad un problema di efficienza della repressione. lo forse avrò la mentalità di un vecchio socialista, ma quando sento tutte le cose che si dicono contro i venditori ambulanti, che l'amministrazione di sinistra a Napoli caccia da via Partenope, con il lodevole intento di tutelarne la bellezza, come vecchio socialista penso alla condizione della povera gente e mi domando che cosa fa la società nel suo complesso per aiutarla almeno a sopravvivere. Che cosa offre loro la società in cambio di quello che vieta, pur giustamente? Niente. Che cosa offre ai ragazzi di dieci anni che vanno a fare gli scippi, e che con questo creano una forte carica di insofferenza nella gente? Niente.

Abbiamo un aumento terribile della disoccupazione giovanile nel sud. Allora il problema va affrontato nelle cause che consistono ancora una volta nell'accentuarsi delle disuguaglianze di sviluppo, e non solo come repressione degli effetti.

Di Pietro e gli altri suoi colleghi (prima delle critiche): Perché tanto successo nell'opinione pubblica?

Perché hanno scosso l'idea che il potere era inviolabile ed intoccabile, e questa coincideva con una insofferenza diffusa per fattori politici. Non può un partito, sostanzialmente da solo, governare in modo egemonico per quaranta anni. Ad un certo momento la gente si stanca e quindi il potere politico, prima ancora di essere colpito dagli "eroismi" dei magistrati, era scaduto nella considerazione della gente.

lo metto insieme le due cose: Di Pietro si è trovato nel 1993, e non nel 1980 o nel 1970, perché allora l'atmosfera era diversa. Anche in quelle epoche c'erano stati grossi scandali, un paio almeno, ma questo non scosse il sistema. Il sistema adesso è stato fortemente colpito dalla iniziativa dei magistrati perché era già politicamente indebolito. Prima, questa iniziativa dei magistrati avrebbe trovato enormi difficoltà. Non erano mancati anche negli anni passati magistrati che avevano agito con coraggio: Alemi e qualche altro a Napoli, Amendola a Roma, ed altri. Però erano casi, quelli, davvero di "eroismo", perché si sfidava un potere che a quei tempi era molto forte.

Comunque considero storicamente questa vicenda come una sconfitta della politica. Questo non vuol dire che non apprezzi 1'opera dei magistrati ed i risultati conseguiti nella lotta alla corruzione. Ma la funzione di trasformare la struttura del sistema politico o di rinnovarne i dirigenti non spetta ai giudici. L'idea della "rivoluzione dei giudici" non è esaltante. Essa equivale a impotenza del potere politico. Produce in modo inevitabile una confusione di poteri. Il magistrato che persegue Craxi ed altri capi politici diventa egli stesso un soggetto politico, magari suo malgrado. Avrei preferito che Craxi fosse battuto in un'elezione popolare o in un congresso di partito, non eliminato dalla scena politica per iniziative giudiziarie.

La po1itica

C'è stato un decadimento della politica. Mentre un tempo la politica era lotta di idee, e poi veniva la questione del potere, successivamente la esigenza del potere di per sé è diventata prevalente. lo ho l'esperienza del partito socialista, un'esperienza molto importante, anche se amara. Il partito socialista ha due fasi fondamentali nella storia del secondo dopo guerra. La prima è quella di una lotta, magari con errori, ma di una lotta politica, che il partito poi ha pagato, anche con le scissioni. Probabilmente la posizione di allora dei socialisti -a giudicare con il senno del poi, naturalmente, perché anch'io condividevo quelle posizioni- era troppo allineata, troppo affine a quella dei comunisti, in quel tempo strettamente legati all'unione sovietica. Comunque la lotta era di idee, ed all'interno del partito ci si scontra va su questioni di indirizzo politico di fondo, e non perché una data persona poi ti facesse diventare segretario, deputato od altro. Ad un certo momento è cambiato (e il centro-sinistra forse ha avuto un'influenza negativa), perché è subentrata la preoccupazione del potere. Questa si è diffusa come un veleno, con la pratica della corruzione come mezzo: cioè quello che poi Craxi, brutalmente e anche ingenuamente, è andato proclamando, che i denari accorrevano per la politica e per i fini nobili della politica.

Questa è diventata la morale comune, o molto diffusa. Quindi la lotta interna è finita. lo ho tentato nei primi anni, poi mi sono accorto che era assolutamente inutile. La cosa che più mi impressionò fu il congresso di Palermo, nel 1980 (l'ultimo al quale ho partecipato) in cui venivano tutti questi vecchi compagni, con grandi complimenti, "noi siamo sempre con te...". lo domandavo: - "Adesso, poi, che cosa fate ?" - "Adesso votiamo per il segretario". Probabilmente, erano brava gente, in buona fede, però davano il senso della inutilità di una battaglia in terna. Nelle riunioni della direzione, quando io facevo un intervento critico, tutti stavano ad ascoltare - devo dire - con rispetto, nessuno è venuto mai meno a questo. Però nessuno rispondeva. Così a poco a poco capii che il Partito socialista, ormai, era destinato ad essere un'altra cosa. La degenerazione della politica in conquista del potere comunque (se pure il potere, certo, è essenziale nella politica). Ma questa filosofia giustifica tutto. E, quindi, favorire la gente che è capace di alimentare la clientela e portare i denari, perché la clientela senza i denari è impossibile. Allora, la degenerazione invade tutto, e le forze della democrazia si indeboliscono. Questa è la spiegazione di quello che è accaduto. E per questo, naturalmente, il fenomeno socialista è diventato più appariscente, anche per errori tattici di Craxi. Ma non era molto diverso nella DC, probabilmente era peggio.

Secondo me nella giusta considerazione della gente, un partito di sinistra deve essere differente da un altro, anche dal punto di vista morale. Se la gente vede che dal lato morale è la stessa cosa, se non peggio, allora il disprezzo è maggiore. Mentre è scontato che la DC può fare i brogli, non era scontato, anzi si esigeva -giustamente- che non li facesse il Partito socialista.

C'è in Italia tolleranza verso gli stranieri ed i diversi in generale?

C'è molta varietà. In realtà, il modo come vengono e come poi sono costretti a vivere produce degli inconvenienti che sono sentiti dalle popolazioni, senza differenza di classe.

C'è un sentimento cristiano, ed anche civile, di tolleranza, che dovrebbe essere anzi di trasporto verso questi poveretti. Poi, però, vi è una realtà sociale per cui non possono avere un lavoro stabile. Se hanno un lavoro, è a condizioni più basse, ed anche la povera gente vede con diffidenza chi diventa un concorrente sul mercato del lavoro. Quindi si crea una difficoltà straordinaria. La questione la paragono a quello che successe nell'antichità con i barbari ai confini dell'impero. Erano premuti da popoli che li spingevano, ma anche attirati dalla grandiosità dell'impero, ed oggi accade più o meno la stessa cosa. Adesso pacificamente, ma domani non so che potrà succedere, se non si farà una politica mondiale che permetta di creare nelle loro terre delle strutture minime, perché chi non ha il pane per vivere sfida qualunque cosa per andare in un posto dove c'è il miraggio della vita.

Cambiamo discorso. Come si trova al Senato?

Al Senato vado poco. Personalmente tutti mi trattano con gentilezza e stima perché sono vecchio e non ho ancora perduto 1'intelligenza.

E' cambiata la sostanza culturale di questo organismo?

Ho l'impressione che sia un po' scesa rispetto ad un tempo, ultimamente. Ma non credo che ci sia una differenza molto grande. C'è stato un processo di decadimento progressivo dai primi tempi della repubblica; la qualità, anche culturale, è peggiorata. Non sono in grado di dire se quelli della legislatura che sta per finire sono meglio o peggio di quelli della passata. Certo vi erano molti coinvolti in inchieste giudiziarie. Ci sono vizi che rimangono: discorsi interminabili, perdita di tempo.

La giustizia sembra raccogliere ed amplificare tutti i problemi italiani

E' vero. C'è un punto di partenza che si trascura: nello spazio di quaranta anni la popolazione italiana è aumenta ta di un terzo. Sa che cosa vuol dire passare da 40 a 60 milioni di abitanti sullo stesso territorio, e disponendo più o meno delle stesse strutture? Anche dove si è innovato, non si è ottenuto molto. Sono rimasto impressionato, una volta che sono dovuto andare come testimone in una vertenza tra un ex funzionario del partito ed il Partito socialista. Il giudice aveva le domande scritte, e tu dovevi rispondere. Poi chissà quando avrebbe deciso.

Quindi veniva meno qualunque oralità del processo, qualunque valutazione della prova: diventa una cosa burocratica. Naturalmente sono favorevole all'oralità ed alla immediatezza. Ci sono questioni che richiedono elaborazione, studio, non è tutto semplice. Ma in molti casi si potrebbe risolvere il processo in due giorni.

Diventa poi una consuetudine: le cose devono durare a lungo, e necessariamente si burocratizza un processo che dura per anni ed anni. Non è come facevano i Romani, che stabilivano che in un anno un processo si doveva concludere. E lo facevano.


*In occasione della morte di Francesco De Martino lo ricordiamo ripubblicando l'intervista che gli fece Giacinto Di Nardo e con cui si apriva il primo numero di Omissis nel dicembre 1995

 

 

 

 

 

 

Inizio pagina

Prima pagina

 

 

Omissis

a cura di magistratura democratica romana


Chi siamo
Come eravamo
Legislazione
Giurisprudenza
Migranti
Archivio
Satira giuridica

Siti di interesse

Prima pagina

 

Scrivi

Suggerimenti

critiche

articoli

notizie