Parere del Csm del 6.11.2002 sull’aumento dell’età pensionabile dei magistrati

(approvato all’unanimità, con la sola astensione del cons. Schietroma, su proposta della VI Commissione, (Rel. Salmè – De Nunzio)

 

1) Parere richiesto dal Ministro della giustizia sullo schema di d.d.l., approvato dal Consiglio dei Ministri in data 30 settembre 2002, recante: "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato Legge Finanziaria 2003", limitatamente all'art. 21, co. 10 [1].

"1. Il Ministro della giustizia ha trasmesso, per le determinazioni di cui all’art. 10 della legge 24 marzo 1958, n. 195, il disegno di legge n. 3200/S, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003), limitatamente alla disposizione (art. 21, comma 10), che, aggiungendo un comma all’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, dispone che per le categorie di personale di cui all’art. 1 della legge n. 27 del 1981 (che, rinviando all’art. 9 della legge n. 97 del 1979, si riferisce ai magistrati ordinari, ai magistrati amministrativi e contabili, ai magistrati militari e agli avvocati dello Stato), la facoltà di permanere in servizio per un periodo massimo di due anni, oltre i limiti di età previsti per il collocamento a riposo, sia estesa sino al compimento del settantacinquesimo anno di età.

La norma è compresa nel titolo III, "disposizioni in materia di spesa", capo II "oneri di personale", nell’ambito di una disposizione (art.21) avente ad oggetto gli "organici e assunzioni di personale", la quale prevede, in via generale un blocco degli organici delle amministrazioni pubbliche, con riferimento alla situazione esistente al 29 novembre 2002, e un divieto di assunzioni di personale a tempo indeterminato. Blocco degli organici e divieto di assunzioni non riguardano i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e gli avvocati dello Stato (comma 7). Il comma 10, oltre alla norma sulla quale il Ministro ha chiesto il parere, contiene anche una disposizione secondo la quale le graduatorie per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche soggette alle limitazioni indicate per il 2003, conservino validità per un altro anno.

La relazione al disegno di legge finanziaria, per quanto riguarda l’oggetto che interessa, si limita a riportare il contenuto della norma.

2. L’art. 5 del r.d. lgs. n. 511 del 1946, sulle guarentigie della magistratura, dispone che i magistrati siano collocati a riposo al compimento del settantesimo anno d’età.

Il decreto legge 1° febbraio 1992, n. 46, aveva previsto che il collocamento a riposo poteva essere spostato al compimento dei settantadue anni, previo consenso del magistrato interessato. Il Consiglio, su richiesta del Ministro, con delibera 19 febbraio 1992, aveva espresso un articolato parere negativo. Il decreto legge era stato abrogato con il successivo d.l. n. 205 del 1992, il quale recependo le proposte del Consiglio, aveva disposto che i magistrati trattenuti in servizio dopo il compimento del settantesimo anno potevano esercitare funzioni giurisdizionali soltanto in uffici collegiali, con possibilità di assumere, ove occorra, la presidenza nei relativi collegi, salva la possibilità di una prorogatio limitata al massimo a sei mesi, fino alla presa di possesso del nuovo dirigente. Il primo presidente della Corte di cassazione, se trattenuto in servizio, poteva essere designato a presiedere, in sostituzione del primo presidente in carica, i collegi delle sezioni unite civili e penali. Tale decreto legge era decaduto per mancata conversione, ma le norme erano state riproposte con decreto legge del 30 aprile 1992, n. 275, sulle quali, con delibera 11 giugno 1992, il Consiglio aveva espresso parere parzialmente negativo (per l’utilizzazione della decretazione d’urgenza e per la mancata estensione del divieto di trattenimento in servizio nell’esercizio di funzioni semidirettive). Anche questo decreto legge non è stato convertito.

Infine, in adempimento della delega conferita con la legge 23 ottobre 1992, n. 421, avente ad oggetto la razionalizzazione e la revisione della disciplina in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale, con l’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, recante norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, è stata riconosciuta a tutti i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, la facoltà di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti.

Per l’applicazione di tale disciplina generale ai magistrati, in mancanza di norme transitorie, il Consiglio ha emanato le circolari 14 gennaio 1993 e 24 febbraio 1994.

Il numero dei magistrati che hanno chiesto di essere trattenuti in servizio dopo il compimento del settantesimo anno d’età dal 1992 al 22 ottobre 2002 è di 783 [2], 337 dei quali titolari di uffici direttivi (pari al 43 % ) e 330 di funzioni semidirettive (pari al 42 %).

3. L’individuazione della ratio della nuova disciplina, indispensabile per l’espressione di un motivato parere, non è agevole. Infatti, la norma è collocata tra le regole dirette a realizzare il contenimento della spesa delle amministrazioni pubbliche, ma lo stesso art. 21 del disegno di legge finanziaria (al comma 7) esclude che il blocco degli organici e il divieto di nuove assunzioni, previsti come strumenti di detto contenimento, si applichi alle magistrature e all’avvocatura dello Stato. Non resterebbe che riferire il risparmio di spesa alla mancata erogazione dell’indennità di buonuscita. Resta il fatto che l’eventuale effetto di contenimento di spesa è certamente molto modesto, sia perché è limitato il numero dei magistrati che potrebbero avvalersi della facoltà di trattenimento in servizio [3], sia perché non può escludersi che alcuni dei magistrati interessati non si avvalgono della facoltà prevista dalla nuova disciplina.

Né può ipotizzarsi che il mancato collocamento a riposo possa avere come effetto indiretto l’esclusione della necessità di nuove assunzioni, perché la determinazione dei posti per i quali viene indetto il concorso per l’ingresso in magistratura, ai sensi dell’art. 1, 3° comma della legge 3 febbraio 1989, n. 32, tiene conto dei posti già disponibili al momento del concorso, ma anche di quelli che si renderanno disponibile entro l’anno in cui è indetto il concorso e nei cinque anni successivi, aumentati del dieci per cento. Anzi, il fatto che i posti occupati dai magistrati che decidessero di avvalersi siano stati già calcolati per la determinazione di quelli per i quali sono stati già banditi (e per alcuni casi già espletati) i concorsi, potrebbe comportare difficoltà di reperire sedi idonee da assegnare agli uditori, a meno che il Ministero non provvedesse a distribuire tempestivamente i 546 posti portati in aumento con la legge n. 48 del 2001.

Pur essendo estranea alla ratio della nuova disciplina l’esigenza di limitare la scopertura degli organici, invocata espressamente a giustificazione delle norme introdotte con i decreti legge del 1992, poi non convertiti, comunque giova sottolineare che la situazione delle vacanze non è tale da richiedere particolari interventi normativi. Infatti, al 14 ottobre 2002, su 9033 posti previsti dalle piante organiche degli uffici giudiziari ne erano vacanti solo 752 (pari all’8 %), ma entro dicembre dovranno essere assegnate le sedi ai 358 uditori nominati con d.m. 18 gennaio 2002. Inoltre deve tenersi presente che si è concluso il concorso bandito con d.m. 17 ottobre 2000 (la graduatoria è in fase di approvazione) ed è stato bandito con d.m. 12 marzo 2002 il concorso per 350 posti per il quale sono state già espletate le prove preselettive.

4. Venendo al merito del parere richiesto, un primo ordine di considerazioni riguarda aspetti, per così dire formali.

La nuova disciplina, infatti, è inserita in un contesto normativo molto eterogeneo. Tale circostanza, come si è già osservato, ne rende difficilmente individuabile la ratio e, come può ragionevolmente presumersi, non offre una sede appropriata alle valutazioni del Parlamento, in quanto attengono a una problematica di ordinamento giudiziario estranea a quella propriamente di ordine economico finanziario che costituisce oggetto della sessione di bilancio.

Altra difficoltà nasce dalla mancata previsione di una disciplina transitoria, che fissi i termini per l’esercizio della facoltà di trattenimento in servizio. E’ vero infatti che il Consiglio ha provveduto a colmare analoga lacuna lasciata dalla preesistente disciplina di cui al decreto legislativo n. 503 del 1992, con apposite circolari, ma, come è ovvio, tale normativa secondaria non può automaticamente essere utilizzata per l’applicazione della nuova disciplina e non sono del tutto superati i dubbi sulla legittimità di un intervento di natura puramente amministrativa che stabilisca decadenze, in mancanza di una norma di legge primaria che lo preveda.

In secondo luogo i concorsi per la copertura degli uffici direttivi che avrebbero dovuto essere lasciati vacanti per il raggiungimento dei settantadue anni, in applicazione dell’apposita circolare sul conferimento di tali uffici, sono già stati banditi e alcuni sono stati già espletati, mentre l’entrata in vigore della nuova disciplina, in caso di esercizio della facoltà di trattenimento, potrebbe mettere nel nulla tutta la complessa attività amministrativa già esaurita.

5. Per la valutazione degli aspetti più sostanziali dell’intervento normativo ipotizzato, deve premettersi che un’analisi statistica delle ricadute pratiche fa emergere che su 193 magistrati interessati all’applicazione della norma nel triennio 2003/2005, 102 (pari al 51%) sono titolari di uffici direttivi, 63 di funzioni semidirettive (apri al 32 %) e 29 esercenti funzioni diverse. Si riprodurrebbe cioé anche con riferimento alla nuova disciplina la situazione che si è verificata con riguardo all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 502 del 1992. Valgono, pertanto, considerazioni analoghe a quelle già espresse dal Consiglio in sede di parere sui decreti legge del 1992.

Il mantenimento in servizio di un gran numero di magistrati titolari di uffici direttivi e semidirettivi comporta un blocco del naturale turn over e un innalzamento dell’età dei titolari di delicate e importanti funzioni organizzative. La titolarità degli uffici direttivi e semidirettivi, infatti, non può essere considerata come il coronamento di un cursus honorum, una sorta di ricompensa per una carriera meritevolmente percorsa, ma come attribuzione di una funzione essenziale (e ogni giorno più gravosa, anche per l’accresciuta dimensione degli uffici, conseguente alla riforma del giudice unico) per il perseguimento dei valori di rilevanza costituzionale del buon andamento del servizio giudiziario e della ragionevole durata del processo. L’oculata scelta dei magistrati ai quali attribuire tali funzioni, sulla base di un rigoroso accertamento delle capacità organizzative, da combinare con il rilievo che la legge attribuisce anche all’anzianità e al merito, verrebbe contraddetta dall’automatica conferma nella titolarità degli uffici, per il mero esercizio della facoltà di trattenimento. Tra l’altro, anche se indubbiamente il miglioramento delle condizioni psico-fisiche, che ha portato a un innalzamento delle aspettative di vita, interessa anche il personale di magistratura, la capacità di lavoro e la resistenza fisica non restano costanti, ma inevitabilmente, di norma, tendono a diminuire con il progredire degli anni. Questo dato di esperienza se, ad avviso del consiglio, non giustifica una previsione di una qualche forma di accertamento di idoneità psico-fisica, alla quale il Consiglio è nettamente contrario, certamente impone di limitare l’utilizzazione dei magistrati più anziani alle funzioni meno gravose e meno impegnative, come ad esempio la partecipazione ai collegi, anche in funzioni di presidente, secondo quanto previsto dai d.l. n. 205 e 275 del 1992, di cui si è già detto.

Né può trascurarsi il contrasto tra la proroga automatica della titolarità degli uffici direttivi (e semidirettivi) e la proposta temporaneità di tale titolarità, che, in conformità con il programma della maggioranza e del governo, è contenuta nel disegno di legge sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e sulla quale il Consiglio ha già espresso il suo convinto parere positivo.

Del pari, la normativa che si vorrebbe introdurre contrasta con la tendenza al ridimensionamento del requisito dell’anzianità nella attribuzione di funzioni particolari, come quelle direttive e semidirettive, nelle quali un ruolo importante, se non prevalente, dovrebbero avere le attitudini organizzative, la capacità di innovazione e la dinamicità degli atteggiamenti, da accertare caso per caso.

In conclusione il Consiglio ritiene che l’intervento normativo non risponda ad alcun apprezzabile interesse generale e anzi si ponga in contrasto con linee di tendenza della disciplina di ordinamento giudiziario già all’esame del Parlamento, specialmente per quanto riguarda l’attribuzione delle funzioni direttive e semidirettive".

 

 

 

 

 

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