Sicurezza del lavoro, tutela dei diritti e giudice penale

di Paolo Ferraro*

1. Nel circondario di Roma, nel 2001, si sono verificati 37 morti sul lavoro, più del doppio rispetto all’anno 2000 e molte di più di quelle verificatesi nel 1999 (18 casi, mentre erano in corso tutti i lavori per il giubileo, durante i quali non vi sono stati episodi gravi riscontrati nei grandi cantieri, e tanti controlli).

Il dato di per sé grave preoccupa ancor più se confrontato con il numero delle segnalazioni pervenute dalla vigilanza, quelle scaturite all’esito dei sopralluoghi e dell’accertamento circa violazioni contravvenzionali alla normativa di prevenzione, notevolmente calate nel 2000 (2780) ed ulteriormente calate nel 2001 (2561), a fronte di ben 3883 segnalazioni nel 1999.

Certo i dati potrebbero essere integrati con quelli sui nuovi cantieri e aziende. Ma delle due l’una: o, come è logico, i luoghi di lavoro sono diminuiti rispetto all’anno di preparazione del giubileo, ed allora rimane da lanciare un grido di allarme per la gravità ed il numero dei casi di infortunio mortale o vi è stato un nuovo incremento delle attività del 2001 ed allora il grido di allarme riguarda a maggior ragione il calo delle segnalazioni. Non è possibile escludere che vi siano stati numerosi sopralluoghi che non abbiano portato ad accertare violazioni, ma ciò non elimina il tema grave dalle tante morti evitabili che hanno funestato la comunità. L’esperienza ormai cinquantennale di applicazione della normativa specialistica di prevenzione conferma che non siamo certo entrati nella auspicata fase del totale pieno e diffuso rispetto delle regole a tutela della sicurezza individuale e collettiva.

C’è allora da chiedersi se il calo dei verbali sulle contravvenzioni accentuatosi nel 2001 non indichi una generale tendenza in atto a spostare altrove l’attenzione, rispetto alla attività di efficiente vigilanza (coniugata alla attività connessa di polizia giudiziaria).. Né ci si può giustificare con la litania della carenza di mezzi e personale, che non danno conto dei risultati ottenuti nel non lontano 1999 e della circostanza, nota, che negli ultimi anni vi è stata una significativa assunzione di nuovi tecnici della prevenzione in ambito regionale.

Se ciò è vero occorre allora rafforzare in concreto l’impegno di tutte le istituzioni preposte ed in tale direzione si vanno muovendo a Roma l’autorità prefettizia e gli enti pubblici cointeressati, con sensibilità istituzionale.

Ma non basta mai e non sembra inutile rimarcare anche il ruolo che la legge affida alla magistratura penale.

2. La salvaguardia della vita, integrità fisica e sicurezza di chi lavora e di tutti coloro che frequentano luoghi di lavoro (e di vita), accomuna e richiama interessi e valori che appartengono a tutti, allo Stato moderno, principi di particolare pregnanza nel sistema Europa.

Il tema, caldo, del ruolo che deve avere o si vorrebbe avesse la giurisdizione penale si pone perciò specificamente, su un terreno più limpido e meno scivoloso: distinzioni ideologiche e contrapposizioni a priori sono impercorribili, anche perché occorre tenere conto di solide presupposti ed antiche radici, che precorrono la stessa costituzione ed accomunano matrici diverse nel "senso dello Stato " .

Forse, per assurdo, proprio per questo tale terreno di riflessione non è privilegiato (ed anzi è assente) nel dibattito aspro in corso sui temi della legalità e del "c.d. uso politico" della giurisdizione penale e sul futuro della stessa.

Ma la sua indiscutibile centralità, e le mille morti all’anno ed il milione c.a. di infortuni che ancora oggi funestano il nostro paese, non consentono di tralasciare la riflessione relativa, proprio quando si parli della giurisdizione penale in generale.

3. Il nostro paese nell’adottare un articolato sistema normativo che si estende dal lavoro ai mezzi di produzione, alle merci , al consumo, e si congiunge alla regolamentazione dell’utilizzo delle materie prime ed alla tutela dell’ambiente, ha percorso sino ad oggi la via della analitica previsione di comportamenti doverosi e della relativa minaccia di sanzioni delle omissioni consumate ai danni del bene della sicurezza. Ciò ha utilmente caratterizzato anche in termini di prevenzione specifica l’intervento della magistratura nel settore.

L’obiettivo perseguito di uniformare la qualità e la quantità della sicurezza individuale e collettiva, previa minaccia di sanzione, ha contribuito cioè ad assegnare alla giurisdizione penale compiti ignoti alla teorica tradizionale.

Procedimento penale e controllo di legalità ad esso sotteso mirano difatti, per legge, nella materia penale del lavoro e nelle limitrofe, prima di tutto alla prevenzione, e non tanto e solo ad assicurare solo la definitiva affermazione di penale responsabilità di chi è tenuto a garantire il rispetto delle regole fissate. La regolarizzazione ad opera dei soggetti obbligati comporta che buona parte dei procedimenti iscritti si concludano con archiviazione che dà atto della successiva messa in regola e della oblazione (pagamento di una sanzione ridotta premiale) dinanzi all’organo di vigilanza. E nella chiusura del procedimento riposa il risultato utile raggiunto nell’interesse della collettività (il raggiungimento dell’interesse protetto, dicono i giuristi).

La progressiva uniformazione del nostro sistema produttivo e sociale ai criteri di civile eliminazione dei rischi dipenderà dalla effettiva vitalità di tale normazione, di impronta sempre più europea.

Da noi, peraltro, con un tessuto produttivo estremamente diversificato e miniaturizzato, la via alla uniformazione dei criteri della sicurezza non avrebbe potuto essere affidata alla spontanea osservanza, pena l’ineffettività delle discipline introdotte. Occorreva ed occorre la sanzione penale ed uno specifico ruolo affidato alla magistratura penale, altrimenti alla lunga ne verrebbero differenziate dal resto e definitivamente anche le grandi realtà aziendali, che beneficiano, per dato storico, di una più avanzata partecipazione e cultura della produzione e della sicurezza. Ma la storia non va solo avanti.

4. La magistratura penale, ha dal canto suo assolto nella previsione normativa e continua ad assolvere un compito non solo di verifica delle responsabilità (segnatamente nei casi di infortunio) ma di controllo di legalità generale ed anche sul rispetto delle regole della prevenzione e sicurezza del lavoro, usando gli strumenti più tipici del diritto penale quando la legge lo impone.

In questi casi con un ruolo eminentemente "attivo" (si intende, in quanto fisiologicamente rispondente alle norme) direbbero taluni, o di "supplenza" rispetto a ritardi delle amministrazioni preposte, direbbero altri, ma, e qui è il punto, non sostituibile allo stato dell’arte, senza ritorni negativi. Un ruolo non classificabile come mera invasione di terreni istituzionali non propri. A ben guardare anzi questo speciale intreccio tra amministrazione e giurisdizione è stata una delle molle specifiche del continuo adeguamento ed ammodernamento del nostro sistema e ha assolto un ruolo globalmente definito come positivo dai più.

Una caratteristica tutta italiana, non liquidabile tout court aderendo a tradizioni ed esperienze che delimitano in maniera rigida il ruolo della giurisdizione e magari hanno ben altri sistemi di controllo interni, sconosciuti alla nostra esperienza.

5. Riflettere sui temi del ruolo della magistratura inquirente implica perciò riflettere oggi anche su quel tipo di lavoro quotidiano volto al controllo di legalità in settori fondamentali per il benessere del paese, ruolo che non è liquidabile come mera " funzione dell’organo della accusa" ovvero come antitetico alla funzione pura teorizzata.

In questo settore come in ogni altro, la piena consapevolezza della legalità e la cultura delle regole deve ispirare il lavoro del pubblico ministero, che è organo a cui si è affidato sinora il controllo sulla attuazione delle regole della sicurezza.

Il dibattito in corso deve perciò poter tenere in conto anche questa dimensione nostrana della giurisdizione penale, e da un attento ed equilibrato giudizio storico ed istituzionale sulla esperienza fatta occorre trarre giovamento per le scelte future.

La effettività di tali settori normativi richiede un magistrato attento consapevole e motivato che vigila sulle regole: un inquirente non solo accusatore, sensibile e coltivato (si scusi il bisticcio delle parole) alla sensibilità delle regole.

Nel voler correggere lamentati comportamenti politici impropri o raddrizzare le ipotizzate storture di un sistema accusatorio non puro (senza dare conto della peculiarità, valore e riuscita dei vari moduli di intervento giurisdizionale prodotti dalla solida cultura giuridica ed istituzionale del nostro paese) stiamo quindi per correre un rischio da non sottovalutare.

Getteremo alle ortiche, tra le altre, anche quella fondamentale componenti della esperienza giurisdizionale di questo paese, riconducibile alla tutela di beni fondamentali che ha "anticipato la barriera di protezione degli interessi penalmente protetti" seguendo una feconda via normativa?!

Piaccia o no, un pubblico ministero sensibile alla cultura delle regole e della prevenzione è il portato di una storia che ha vari risvolti positivi ed appare ancor oggi una occasione, per chiunque voglia, nel nostro paese, da qualunque parte, garantire effettivamente la salute e sicurezza individuale e collettiva.

Non analizzando a tutto tondo i temi della giurisdizione penale e le ragioni che militano per preservare o migliorare le esperienze istituzionali positive, in conseguenza di scelte non globalmente riflettute, un giorno potremmo registrare un arretramento concreto sui livelli di qualità e sicurezza che il nostro paese merita di conservare e superare.

E basta poco perché ciò accada: basta che quando si parla dei "magistrati che fanno il loro dovere" ci si dimentichi che sono proprio la qualità istituzionale dagli stessi rivestita sino ad oggi (di magistrati con una comune necessaria cultura delle regole) e gli strumenti giuridici predisposti ed aggiornati (sul presupposto di tale qualità istituzionale) che hanno contribuito, nei loro limiti, ad assicurare esiti utili ed importanti per la nostra società.

E basta che la magistratura ed in particolare quella inquirente, divenuta infine sfiduciata, stanca, sentendosi impotente si lasci andare ad una concezione immobile e burocratica del suo ruolo, e sì, perché, sempre nel pieno rispetto della legge, si possono svolgere le proprie funzioni con stili e metodi radicalmente diversi, e come noto anche in quella che oggi taluni chiamano con termine semplificatorio azienda giustizia i risultati, che debbono poter essere pesati, dipendono dallo stile e dal metodo oltrechè dai mezzi e dal personale.

Roma 13/2/2002

*Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma

 

 

 

 

 

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