Md e la manifestazione del 23 marzo 2002
Governo e maggioranza parlamentare hanno intrapreso una strategia a tutto
campo di attacco agli assetti istituzionali e sociali che il nostro paese
si è dato in decenni di lotte democratiche.
In questo quadro le proposte tese a limitare i diritti dei lavoratori e delle
organizzazioni sindacali che li rappresentano esprimono, al di là dei
suggestivi quanto impropri richiami alle normative europee e alle aspettative
delle giovani generazioni, l'intento di ridurre le più significative
garanzie dei rapporti di lavoro. Le deroghe alle tutele previste dalla legge
e dalla contrattazione collettiva a favore della negoziazione individuale
dei contenuti del contratto di lavoro altro non sono che lo strumento per
liberare di fatto le imprese da ogni vincolo giuridico-sociale e da ogni controllo
di legalità. In questa ottica l'attacco frontale portato all'art.18
dello Statuto dei lavoratori rappresenta il rifiuto emblematico di uno dei
principi cardine del nostro ordinamento lavoristico ed esprime la volontà
di eliminare un grande strumento di equilibrio per la forza contrattuale del
singolo lavoratore. La modifica dell'art. 18 è sintomo di un disegno
politico che punta a scaricare l'insicurezza sui singoli, per garantire dal
rischio le imprese (con un singolare rovesciamento dei ruoli). E il licenziamento
intimato senza che il lavoratore abbia commesso mancanze (giusta causa), o
senza che esistano ragioni legate alla situazione dell'impresa (giustificato
motivo), è semplicemente un atto di arroganza. La politica che vuole
legittimare, monetizzandolo, questo potere non ha nulla a che fare con l'antico
ideale del rendere possibile la "vita buona".
Il disegno si completa con il tentativo di ridimensionare l'intervento del
giudice del lavoro mediante l'opzione per la soluzione arbitrale delle controversie,
che si vogliono decise secondo equità senza il rispetto dei limiti
inderogabili di legge e di contratto collettivo. La volontà di governare
la giurisdizione per renderla più rispondente ad un diritto ridotto,
nelle intenzioni del legislatore, a un corpo normativo mobile e al passo con
la continua mobilità del mercato, emerge anche nel disegno di legge
delega per la riforma dell'ordinamento giudiziario approvato dal Consiglio
dei ministri il 14 marzo scorso. Questo progetto si prefigge, infatti, di
indebolire l'indipendenza della giurisdizione, in particolare ripristinando
il ruolo di vertice organizzativo e culturale della magistratura un tempo
attribuito alla Corte di cassazione: la formazione ed il tirocinio dei magistrati
e il conferimento delle funzioni di legittimità saranno controllati
e gestiti da comitati e commissioni istituiti presso la Corte, con componenti
scelti anche con il contributo del Ministro della giustizia, sottraendo tali
compiti ad un organo costituzionale indipendente, quale il Consiglio superiore
della magistratura. Così la Cassazione assumerà per la magistratura
di merito - che è quella chiamata in prima istanza a garantire la tutela
dei diritti dei cittadini e dei lavoratori - un ruolo sempre più gerarchico
e di condizionamento, in aggiunta a quello - che le è proprio - di
indirizzo giurisprudenziale.
Magistratura democratica, nell'esprimere apprezzamento e condivisione ai contenuti
della manifestazione nazionale indetta per il 23 marzo 2002 in difesa dei
diritti dei lavoratori, segnala la necessità che il mondo del lavoro
assuma tra i propri obiettivi anche la difesa dell'indipendenza della giurisdizione
e della magistratura a fronte di ogni progetto teso a ridurla e a mettere
così in pericolo la stessa possibilità di affermazione e di
tutela dei diritti garantiti dalla Costituzione.
Roma, 17 marzo 2002
Il consiglio nazionale di Magistratura democratica
Omissisa
cura di magistratura democratica romana
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