Documento conclusivo del XXVI Congresso dell'Associazione nazionale magistrati
Il buon funzionamento della Giustizia è questione centrale per il Paese. Da essa dipende la tutela dei diritti, la tempestiva e corretta regolamentazione dei rapporti intersoggettivi (premessa per lo sviluppo sociale ed economico), la sicurezza dei cittadini.
L'inefficienza del sistema giustizia determina inevitabilmente un pregiudizio per le categorie deboli; i soggetti forti, infatti, cercano e spesso trovano strade alternative alla giurisdizione per regolare i propri conflitti.
Il contrasto alla criminalità organizzata richiede, pur in presenza dei risultati positivi degli ultimi anni, un impegno costante di risorse umane e materiali e un'attenzione continua di tutte le istituzioni dello Stato.
La progressiva erosione del controllo giurisdizionale su ampi settori dell'ordinamento sempre più orienta verso forme extragiudiziarie di regolazione dei conflitti.
L’uso improprio dei mezzi di informazione, in vere e proprie campagne di stampa che nulla hanno a che vedere con il legittimo esercizio del diritto di critica, rende il magistrato doppiamente esposto; nella sua funzione perché gravato da particolari obblighi di imparzialità e riservatezza e come cittadino, perché privo di strumenti di risposta. L’ANM deve dunque continuare nell’azione di difesa dei singoli e dell’Istituzione dagli attacchi strumentali.
E’ necessario altresì che l’ANM stimoli iniziative perché siano elaborati – e rispettati da tutti – codici deontologici che regolino il rapporto tra giustizia e informazione.
L’azione dell’ANM deve proseguire in difesa dei singoli magistrati e della giurisdizione anche in relazione alle gravissime interferenze in processi in corso da parte di altri poteri dello Stato o di rappresentanti di altre Istituzioni, come è di recente avvenuto, sia attraverso l’approvazione di leggi con efficacia processuale retroattiva, sia attraverso mozioni di maggioranze parlamentari (fatto senza precedenti), sia attraverso attacchi nei confronti di singoli magistrati.
Particolarmente grave è la commistione tra ruoli diversi da parte di alcuni membri del Parlamento, che agiscono contemporaneamente quali difensori di imputati e quali promotori di leggi che hanno incidenza immediata su procedimenti in corso nei confronti degli stessi.
Sulle proposte di riforma avanzate nel settore civile l’A.N.M. valuta positivamente il disegno di legge sulle "Modifiche urgenti al codice di procedura civile" che apporta utili razionalizzazioni senza mutare il modello di fondo del nostro processo. D’altro canto sottolinea il dato per cui la prospettiva di mutamenti significativi dell’impianto processuale, in quanto necessitano di adattamenti delle modalità con cui interagiscono gli operatori, nel breve e medio termine si traducono in una dilatazione dei tempi. Esprime invece contrarietà ad ipotesi di riforma dirette ad escludere la responsabilità primaria del giudice nella direzione del processo, di cui va mantenuta l’articolazione scandita da preclusioni successive; in particolare va salvaguardata la collaborazione tra giudice e parti nella fase di individuazione e precisazione del "thema decidendum" e del "thema probandum".
D’altro canto le riforme prospettate dalla legge delega in materia di lavoro appaiono rivolte a ridurre e a condizionare il ruolo della giurisdizione nella tutela dei diritti in questo settore della vita sociale nel quale sono direttamente coinvolti fondamentali valori costituzionali. Così è per la generale tendenza a ridurre l’area dei diritti dei soggetti deboli. Così è per la liberalizzazione dell’arbitrato che espone la parte debole a rinunciare alle garanzie che solo la giurisdizione può assicurare. Così è per la c.d. "certificazione" che sottraendo al giudice la funzione sua propria di qualificare giuridicamente il rapporto di lavoro, consente alla parte più forte di sceglierne la disciplina giuridica.
Sulla riforma recentemente annunciata dei Tribunali dei minorenni rileva anzitutto come è stato escluso nell’elaborazione di una materia tanto delicata l’apporto e il contributo dei giudici e della cultura minorile. Mentre condivisibile è l’idea di unificare le competenze attualmente disperse tra diversi organi in capo ad un unico giudice realmente specializzato e presente in modo più diffuso sul territorio, suscita preoccupazione la prospettiva di scindere ed affidare a organi distinti il settore civile e quello penale, riducendo quest’ultimo a profili meramente punitivi ed impropri.
Ciò che oggi maggiormente preoccupa è la previsione di interventi normativi che incidono gravemente sul C.S.M., sul sistema di autogoverno e su aspetti importanti dell’ordinamento, funzionali alla salvaguardia dell’autonomia anche interna della magistratura.
Il disegno di legge di riforma del sistema elettorale del CSM punta ad una burocratizzazione e ad una compressione del ruolo dell’organo di governo autonomo della magistratura, anche attraverso la riduzione del numero di componenti, mortificando il pluralismo ideale e l’associazionismo giudiziario.
Le proposte di modifica dei Consigli Giudiziari, invece di potenziarli e di assicurarne una adeguata rappresentatività con un’elezione proporzionale, li trasformano in organi di etero-governo, attraverso la presenza, preponderante e senza distinzione di ruoli e di materie, di rappresentanti del Foro, delle Università e degli Enti locali.
E’ ricorrente la riproposizione, sotto diverse spoglie, di misure che finiscono per determinare una separazione di fatto delle carriere tra giudici e pubblici ministeri.
Da sempre l’ANM ritiene che l’unità di carriera tra p.m. e giudici sia finalizzata al corretto esercizio della giurisdizione, garantendo al contempo l’indipendenza del p.m., l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e una comune cultura della giurisdizione, fonte di arricchimento professionale, indispensabile per assicurare le garanzie di tutti i cittadini. Conforto per tale posizione, affermata altresì dalla Raccomandazione n.19 del 2000 del Consiglio d’Europa, viene dall’autorevole testimonianza anche in questa assise dei magistrati stranieri.
L'esigenza di assicurare la terzietà del giudice va perseguita riaffermando l’unità di una cultura della giurisdizione comune a tutte le funzioni e con la previsione di percorsi professionali specifici e di limitate incompatibilità territoriali su base circondariale nel passaggio da giudicante (penale) a requirente e viceversa. Occorre anche esaminare la possibilità e l’opportunità, tenendo fermo il principio dell’unità dell’ordine giudiziario, di introdurre una temporaneità tendenzialmente generalizzata di tutte le funzioni giudiziarie, con opportuna flessibilità per evitare riflessi indesiderati sulla funzionalità del sistema, anche nel rispetto della specializzazione.
Da tempo l'ANM sollecita il Governo ed il Parlamento perché sia finalmente avviata la riforma dei processo disciplinare, che regoli con chiarezza cosa debba essere considerato illecito disciplinare. Questa riforma non può, però, avvenire attraverso una delega "in bianco" al Governo, come risulta invece dal disegno di legge delega di riforma dell’ordinamento giudiziario.
Occorre dare inoltre effettività alla previsione legislativa della comune formazione degli aspiranti magistrati e avvocati, che richiede una riforma delle neonate Scuole di specializzazione per le professioni forensi, nonché dall'esigenza, non più rinviabile, di procedere ad un'attenta revisione della disciplina dell'accesso alla professione forense, oggi sollecitata, perché ritenuta insoddisfacente, dalle stesse associazioni di categoria.
L'individuazione di regole deontologiche comuni e di strumenti per la loro concreta attuazione sono ormai indilazionabili, come conseguenza dell'attuazione dei principi dell'art. 111 Costituzione (sia per la piena attuazione del contraddittorio in tutte le fasi del procedimento, che per la durata ragionevole dei processi).
Anche per tale ragione è davvero preoccupante che la rivendicazione, da tempo avanzata dalla magistratura associata, di una scuola della magistratura, sia oggi tradotta in una ipotesi di scuola di formazione costituita presso il Ministero della Giustizia, invece che presso il CSM. La gestione della Scuola da parte del Ministero, la sua funzione di mero aggiornamento invece che di formazione permanente e l’utilizzazione a fini valutativi rappresenterebbero un passo indietro rispetto ai livelli di formazione che il C.S.M. in sede centrale e decentrata ha saputo assicurare ai magistrati in questi anni.
L’ANM ha da tempo elaborato proposte concrete, presentate ai Ministri della Giustizia, per una diversa strutturazione della progressione professionale, che salvaguardi insieme l’esigenza di sviluppo e controllo della professionalità e i principi costituzionali, che vogliono i magistrati autonomi, indipendenti e distinti tra loro solo per le funzioni. Al contrario, il ripristino di meccanismi di vera e propria carriera ("carrierismo"), da taluno proposti, è antitetico al perseguimento di queste finalità. La Costituzione sancisce che i magistrati si differenziano tra di loro solo per le funzioni svolte. Tale principio è direttamente connesso alla specificità della funzione giudiziaria: il magistrato deve essere libero di decidere responsabilmente senza dover compiacere nessuno e senza avere timore o attendersi conseguenze negative o positive per le sue decisioni. Questo ha portato alle riforme degli anni 70, che, pur incompiute ed insoddisfacenti, hanno abbandonato promozioni falsamente meritocratiche, fondate sul conformismo e che ben pochi risultati avevano dato sul terreno dell'efficienza. L'attuale sistema è comunque insoddisfacente: un sistema di valutazione di professionalità in grado di fornire elementi sulla reale attività del magistrato è interesse anzitutto dei magistrati. L'ANM ha dunque elaborato, tenendo conto delle proposte legislative presentate in passato, un contributo, come possibile base di discussione. La stessa Associazione manifesta quindi la più ferma contrarietà al ripristino di vecchi e pericolosi meccanismi, la cui inefficacia è stata già ampiamente sperimentata.
La magistratura associata non si è mai sottratta al dialogo e intende contribuire con il proprio bagaglio di esperienze e di proposte fattive alla discussione sulle possibili riforme nella convinzione che il confronto sui temo concreti costituisca occasione di effettiva tutela dell’ autonomia e dell’ indipendenza.
In questa prospettiva occorre che si realizzi una effettiva e leale collaborazione fra il Ministero ed il Consiglio Superiore della Magistratura, che il Ministro si attivi per un fattivo dialogo con il C.S.M. e che la magistratura venga effettivamente ascoltata su tutte le riforme proposte. In quest’ottica di leale collaborazione il Ministro è peraltro tenuto a dare pronta attuazione con i propri decreti alle delibere del C.S.M. che riguardano lo status dei magistrati, di esclusiva competenza del Consiglio.
Essa è consapevole che obiettivo principale di ogni sforzo deve essere la ragionevole durata dei processi.
Sin dalla Conferenza nazionale del 2000, a tale obiettivo intitolata, si sono indicati mezzi e strumenti per raggiungerlo. Alcuni risultati si sono già ottenuti.
Deve però essere chiaro che se agli sforzi dei magistrati non si accompagna una analoga finalizzazione dell’impegno di tutte le Istituzioni ben poco può essere realizzato.
Questo impegno ha dei costi, non solo finanziari.
Si tratta di por mano alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, (finalmente!), per consentire di avere uffici commisurati alle necessità degli utenti e non alle pressioni corporative o clientelari.
Si tratta di intervenire sul processo penale per razionalizzarlo, dopo interventi normativi contraddittori e privi di ogni attenzione per l’efficienza, e di evitare di disperdere il buon lavoro fatto nel processo civile.
Si tratta di valorizzare le competenze professionali e le specializzazioni, avendo sempre presenti le esigenze degli utenti (ad esempio in materia di lavoro, di famiglia e minori, di economia) e il rischio di eccessive centralizzazioni, e incrostazioni, quando non anche di costituzione di centri di potere.
Si tratta di creare condizioni di lavoro dignitose ed efficienti strutture operative a partire dalla definitiva realizzazione dell’ufficio del giudice le quali costituiscono imprescindibile requisito di una moderna organizzazione giudiziaria.
Il raggiungimento di un soddisfacente trattamento economico che garantisca l’effettiva perequazione dei magistrati ordinari con le altre magistrature ( anche nei riguardi della dirigenza dello Stato) e l’adeguata considerazione delle esigenze dei colleghi con minore anzianità (anche per favorire il reclutamento dei migliori giovani laureati), costituisce l’indispensabile corollario del principio costituzionale di autonomia ed indipendenza.
Deve essere riaffermato il valore dell’associazionismo giudiziario che ha consentito, attraverso un confronto ideale aperto e trasparente, alla magistratura di porsi come soggetto attento sempre in grado di cogliere le istanze della società.
In quest’ottica l’A.N.M. deve porsi l’obiettivo di ricercare e favorire tutte le forme ed i metodi che possano consentire la crescita dell’associazionismo come punto di riferimento e di partecipazione di tutti.
L’azione della giunta dell’A.N.M. ha saputo bene interpretare le insofferenze e le esigenze dei magistrati, in ciò confortata dall’adesione dei colleghi alle varie iniziative di recente adottato, riproponendo con crescente vigore il ruolo dell’associazionismo
Su tutte le questioni il confronto è opportuno ed anzi per noi necessario. Ma occorre, prima di ogni cosa, ristabilire attorno alla magistratura tutta un rinnovato clima di fiducia e di rispetto.
Tutta la magistratura, senza distinzione alcuna, vuole raccogliere la sfida dell’innovazione e dell’efficienza, che sono una nostra rivendicazione ed un nostro impegno, ma intende difendere con la stessa tenacia e vigore gli attuali assetti costituzionali di indipendenza ed autonomia, che costituiscono principi che non possono essere oggetto di trattative o di compromessi.
Salerno, 3 marzo 2002
Omissisa
cura di magistratura democratica romana
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