La quinta internazionale

(Confessioni di una toga rossa)

di Gianfranco Viglietta

Da mesi mi arrovellavo per capire come l’avesse saputo. Certo le notizie si facevano sempre più precise: un giorno il Presidente del Consiglio parla di uso politico della giustizia, poi concede interviste in cui precisa che si tratta di giudici comunisti. In un’intervista allo storico e costituzionalista Bruno Vespa precisa che si tratta di un complotto che dura da molti anni. Infine, che il complotto è internazionale, comprende magistrati di diversi paesi europei, ed anche giornalisti, e si propone di rovesciare i governi anticomunisti. A questo punto non poteva trattarsi più di generiche deduzioni: come ha fatto a pensare al complotto, in un ordinamento in cui ogni giudice appare indipendente, non c’è gerarchia, e i processi sembrano legati al territorio in cui i fatti si sono svolti? Evidentemente sa. Craxi, che non era uno stupido, non era arrivato più in là dell’ipotesi che i fatti fossero veri, che forse qualche miliardo dagli imprenditori era scivolato nelle tasche di politici ed amministratori, e ciò non era bello, ma che la cosa era generalizzata (un po’ come la masturbazione infantile, che si è sempre detto che è male, ma i maschietti ci cadono quasi tutti), e se ne era fatto un uso politico.

Finalmente ho capito da dove l’on. Berlusconi ha tratto le notizie: dal rapporto Mitrokin, che era stato segreto finchè i comunisti sono stati al governo. Infatti giustamente il presidente Cossiga, che come esperto di servizi segreti capisce queste cose, aveva messo in relazione il rapporto e le trame comuniste con la organizzazione Stay behind, nata come esigenza difensiva, e forse con la P2, che aveva progetti precisi sulla giustizia per neutralizzare la penetrazione nella magistratura.

Ormai, tanto vale confessare. La cosa risale a metà degli anni 60, e fu organizzata da Breznev, con il determinante apporto culturale di Suslov. Il problema era la penetrazione comunista in occidente: colpi di stato e rivoluzioni erano da scartare, con le truppe Nato in Europa. Togliatti era morto da poco, e i suoi successori non davano grande affidamento. Fu convocata una riunione segreta. Per l’Italia parteciparono Cossutta e mio padre (dal quale attinsi le notizie), per la Spagna c’erano Santiago Carrillo e il padre di Garcon, per il Regno Unito il direttore dell’Economist. In breve, i comunisti europei si impegnavano a far studiare i loro figli da magistrati o da giornalisti, ad ottenere per via parlamentare modifiche dell’ordinamento giudiziario che neutralizzassero il potere di reazione dei capi democratici, ad impadronirsi della stampa e delle televisioni e ad arrestare gli imprenditori che tentassero di creare un sistema di informazione libera. Purtroppo non mi piaceva il diritto, preferivo la letteratura. Ma dovetti obbedire, e mi iscrissi a giurisprudenza, feci il concorso in magistratura, agevolato dai compagni che componevano la Commissione d’esami, e iniziai a tramare con gli altri. Noi italiani fummo splendidi: non come quegli scemi dei francesi che hanno combinato ben poco : qualche processetto ogni tanto, senza mai riuscire a coinvolgere l’ intero sistema!

Ma non crediate che la vita del congiurato sia cosparsa di petali di rose. Dovevamo studiare insieme le strategie, far succedere dei fatti da utilizzare come pretesto per imbastire processi politici, fare disinformàzia sui giudici filooccidentali. Vi voglio rivelare un segreto: anche Mario Chiesa era parte del complotto. Era un compagno che doveva chiedere mazzette, per regalarle ai politici ed incastrarli. A quel punto saremmo scesi in campo noi.

I piani erano sofisticatissimi: dovevamo avere una struttura legale, Magistratura democratica, ed una occulta (più o meno, con lo stesso rapporto che c’era tra la Massoneria e la P2). Io, come tutti quelli il cui fanatismo politico era purtroppo noto, facevo parte della struttura legale, ed ero tenuto a camuffarmi il più possibile, costituendo insieme ad altri l’ala c.d. garantista. Sapeste quanto mi è costato! Ho avuto tra le mani fior di capitalisti, e mi è toccato assolverli! Ma anche la situazione dei militanti all’"orecchio" non era sempre divertente: pensate a Davigo, Maddalena, Di Pietro, Rossato, Brambilla: li abbiamo costretti a fingersi di destra o conservatori, o vicini a Comunione e Liberazione. Una vita di mistificazioni, per la causa.

Ma siamo stati eccezionali. Abbiamo studiato più Machiavelli che Lenin. Pensate alla questione Berlusconi: quando ha iniziato con le televisioni c’era il monopolio pubblico, e costituire televisioni private senza concessione era reato. Potevamo annientarlo subito. Ma a che sarebbe servito? Che significato politico c’era ad annientare un oscuro piccolo imprenditore che investiva i pochi spiccioli del suo papà? Occorreva farlo crescere, diventare monopolista, indurlo a scendere in campo per poi annientarlo e abbattere il sistema insieme a lui. Perciò alcuni di noi blandamente lo contravvenzionavano e punzecchiavano con sequestri delle sue reti della durata di un giorno, ma altri sostenevano che la libertà di televisione era una conquista, che c’erano infinite reti via etere e il monopolio era ingiustificato! Una disinformàzia micidiale: ci ha creduto, all’inizio, anche Craxi, e perfino la Corte Costituzionale (dove, pure, avevamo i nostri infiltrati, tra i giudici in quota PCI e gli assistenti). Era un piano perfetto, o quasi. Qualche piccolo errore l’abbiamo commesso. Avevamo concentrato troppi congiurati a Milano, perchè così aveva voluto Cossutta. Anche i compagni, a volte, si lasciano fuorviare da stupidi campanilismi. E tuttavia, che clamore avremmo fatto! Eravamo perfino andati infiltrando la Guardia di Finanza: non passava giorno che non mandassimo qualcuno a concutere la Fininvest per compromettere il suo capo. Avevamo occupato le Procure della Repubblica, i capi erano tutti uomini nostri: Maddalena, Marzachì, Cordova, Borrelli (che si fingeva radical chic: gli avevamo perfino pagato il cavallo e l’abbonamento all’opera).... Stavamo per risolvere anche il problema dell’incapacità dei compagni europei: potevamo baipassarli, attraverso l’Olaf e il mandato di cattura europeo. Comodamente, dall’Italia, avremmo potuto arrestare Chirac, Aznar, Scroeder.... Blair no: in realtà è un compagno. Avevamo un nostro uomo pronto per la Presidenza del Consiglio, dopo la certa caduta di Berlusconi: Gianfranco Fini.

Maledetto Mitrokin, ci hai rovinato. Trentacinque anni di congiure buttati al vento. Cosa sarà di noi? Per me, ho deciso. Non mi resta che arruolarmi in Al Qaeda.

Ma cos’è questa musica che odo? Parmi suon di sirene. Sì, sembra la sirena della polizia. Ma non mi preoccupo. Sarà un nostro infiltrato che viene a salvarmi.

Roma, 23.2.2002

 

 

 

 

 

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