L'organizzazione degli uffici giudiziari:

il "nuovo" ruolo del Presidente di sezione*

di Francesco Vigorito

Premessa

Il tema della organizzazione degli uffici giudiziari è, almeno da un decennio, al centro del dibattito tra i giuristi e gli operatori del diritto più attenti alle ragioni dell’efficienza del sistema giudiziario ma in molte, anche importanti, realtà giudiziarie, non ha avuto fino a pochi anni fa che un limitato effetto sulle scelte organizzative in concreto adottate, sulla qualità del lavoro dei giudici, sulla efficacia della risposta giudiziaria, e, nel complesso, sulla funzionalità del sistema.

Porto a questo convegno l’esperienza e le riflessioni di un gruppo di giudici, che operano nel tribunale civile di Roma, (definito, talvolta con enfasi, il tribunale più grande d’Europa), dove, proprio per le dimensioni dell’ufficio, l’organizzazione degli uffici e del lavoro dei giudici ha una enorme incidenza sulla funzionalità del servizio.

Nel tribunale di Roma l’attenzione per i problemi organizzativi è stata, costante, quantomeno nelle enunciazioni dei dirigenti, ma non sempre le dichiarazioni di intenti sono state seguite da comportamenti coerenti.

Negli ultimi anni, tuttavia, una nuova "leva" di dirigenti degli uffici e di giudici ha mostrato maggiore consapevolezza non solo dell’importanza del tema ma anche della necessità di dare immediata applicazione pratica alle soluzioni prospettate.

Gli effetti di questo nuovo atteggiamento sono stati indiscutibili:

- si sono raggiunti risultati positivi sia in termini di produttività che nel rapporto tra cause sopravvenute e cause eliminate (nel 2002 per il terzo anno consecutivo, vi sarà una diminuzione delle pendenze, nel biennio precedente era stato di circa il 10% annuo)

- le sezioni stralcio hanno operato bene (è stato eliminato oltre l’85% delle circa 75.000 cause affidate loro e le rimanenti saranno eliminate prima della scadenza del termine previsto dalla legge)

- sono stati predisposti dei programmi di sezione che cominciano a raggiungere gli obiettivi ( ad esempio il progetto "mirato" di ristrutturazione di un ufficio, quale quello delle esecuzioni immobiliari, che costituiva un tradizionale "buco nero", ha portato nei primi sei mesi di quest’anno ad un incremento delle vendite del 500% rispetto alla media degli anni precedenti, a triplicare il numero delle procedure fissate, a ridurre ad ¼ dei tempi di fissazione degli incanti, e della metà dei rinvii delle altre udienze).

E’ quindi evidente come l’attenzione ai profili organizzativi, l’impegno in questo senso di magistrati e personale organizzativo, la collaborazione degli altri operatori ( avvocati, notai, consulenti tecnici ecc.) possa provocare una immediata ricaduta in senso positivo sulla funzionalità del servizio.

Questi miglioramenti e questa nuova attenzione per l’organizzazione non significa, tuttavia, che la situazione complessiva possa ritenersi soddisfacente considerate, per un verso, la crescita delle pendenze e della durata dei processi nelle sezioni che trattano le materie tipiche del contenzioso civile ( famiglia, contratti, società, scioglimento di comunioni, opposizioni a decreto ingiuntivo) ed il numero di cause medie affidato a ciascun giudice ( oltre 900 e, quindi, poco meno del doppio rispetto al numero di 500 cause, da più parti ritenuto ottimale) e, per altro verso, le difficili condizioni di lavoro di avvocati, giudici, personale di cancelleria.

La distanza che c’è tra questa situazione reale ed il modello astratto che porrebbe l’Italia sullo stesso piano delle altre nazioni occidentali, rende, tuttavia, evidente che non basta un intervento sul modello organizzativo, o, eventualmente, su quello processuale per restituire funzionalità al sistema della giustizia civile e garantire una realizzazione efficace dei diritti dei cittadini.

Bisogna ribadire, con chiarezza, che solo una strategia complessiva che preveda, oltre ad una ridefinizione del modello organizzativo e ad una razionalizzazione del modello processuale, anche interventi su mezzi e strutture, con un adeguato impegno economico, può consentire di adeguare la giustizia civile in Italia alle necessità di uno Stato moderno.

E, per altro verso, occorre continuare a lavorare per lo sviluppo di una "cultura" dell’esercizio della giurisdizione civile che, mettendo al centro dell’attività del giudice, il controllo su tempi e modalità di svolgimento del processo, anche al fine del funzionamento effettivo del contraddittorio e della garanzia dell’eguaglianza sostanziale tra le parti, ribalti il modello distorto, fondato sul "culto" della sentenza e della sua motivazione, che ha portato alla accettazione, da parte di tutti, come inevitabile, di una dilatazione dei tempi del processo del tutto abnorme rispetto al resto dei paesi occidentali.

I modelli organizzativi possibili

In un articolo pubblicato lo scorso anno su "Questione Giustizia", uno dei relatori di questa sezione, Paolo Martinelli, nell’affrontare il tema della funzionalità degli uffici ci poneva di fronte ad un bivio: una delle strade possibili portava ad una organizzazione dell’ufficio basata sulla individuazione di criteri statistici di misurazione dell'efficienza del sistema giustizia, l’altra era una "strada assai in salita" che portava ad un modello organizzativo incentrato sulla "figura chiave" del c.d. semidirettivo, del presidente di sezione, del quale si sarebbe dovuto, tuttavia, ancora individuare il "ruolo reale".

Siamo ancora dinanzi a questo bivio ma le esperienze di questo anno ( a Roma c’è stato un confronto, anche aspro, proprio sulla scelta di uno o dell’altro modello) ci consentono di vedere con più chiarezza quali sono le caratteristiche ed i rischi dei due percorsi.

A) L’organizzazione fondata su criteri di misurazione dell’efficienza del sistema

Il primo percorso ha avuto una prima definizione ad opera del "gruppo misto" CSM – Ministero; il gruppo ha elaborato una griglia di indicatori di misurazione dell'efficienza, accompagnandoli, tuttavia, da una serie di precisazioni in ordine all’ambito di applicazione degli stessi ed alle modalità di sperimentazione.

Qualche mese prima, anche al Tribunale di Roma, in vista della predisposizione delle tabelle per il periodo 2002 – 2003 si è proposta la sperimentazione di una nuova organizzazione del lavoro, fondata sulla elaborazione di coefficienti di valutazione delle cause suddivise per categorie generali. Si era ritenuto di individuare alcuni parametri generali di valutazione del "peso" delle cause per materie ( es. scioglimento di comunioni, contratti della P.A., risarcimento dei danni a seguito di sinistri stradali, opposizioni a decreto ingiuntivo, opposizioni all’esecuzione) e di attribuire a ciascuna categoria un punteggio; sulla base del numero di cause pendenti per ciascuna sezione e del "valore" delle cause si sarebbe predisposto un quadro riassuntivo non del numero di cause pendenti ma del "peso complessivo" dei giudizi pendenti per ciascuna sezione.

L’organizzazione delle sezioni e la predisposizione delle tabelle di organizzazione degli uffici si sarebbero dovute basate su tali elaborazioni.

Il progetto romano e lo stesso lavoro del gruppo misto partivano dalla considerazione, condivisibile, che l’individuazione di strumenti di misurazione oggettiva del grado di complessità delle controversie e degli affari fosse una questione ineludibile "per una razionalizzazione del sistema "giustizia civile" e per un superamento di squilibri nella distribuzione del lavoro, squilibri intuitivamente incidenti in modo rilevante rispetto alla "ragionevolezza dei tempi processuali".

Tuttavia, a Roma, quando si è passati dalla enunciazione astratta dei criteri all’esame concreto dei prospetti riassuntivi, realizzati sulla base di tali criteri, è emerso un problema di carattere generale: il sistema informativo e di rilevazione dati non era sufficientemente raffinato e non era in grado di disaggregare ed aggregare i dati statistici in relazione alle molteplici esigenze di elaborazione.

Per fare solo un esempio ( che, insieme ad altre considerazioni, ha reso improponibile questo sistema organizzativo nella nostra situazione concreta) una significativa parte del contenzioso è classificato sotto la voce " contratti altri" che non consentiva, ovviamente, alcuna valutazione qualitativa dei flussi relativi a tali cause.

Che il problema fosse reale emerge, peraltro, anche dai lavori del " gruppo misto" CSM – Ministero che ha riconosciuto come un sistema di indicatori presupponga informazioni statistiche e di conoscenze standardizzate, affidabili e confrontabili, cosa che attualmente non esiste.

Il rischio, prospettato, da Paolo Martinelli di organizzare le singole strutture giudiziarie intorno a dati statistici disaggregati e, quindi, privi di significato è emerso in tutta la sua concretezza.

Nel corso dei lavori di questa sezione Pasquale Liccardo ci ha mostrato un programma, che partendo dal sistema attualmente in uso nei Tribunali, raggiunge risultati molto più avanzati nelle rilevazioni statistiche e che costituisce, certamente, un importante supporto per qualsiasi pretesa di organizzazione funzionale dell’ufficio; la diffusione di questo sistema sull’intero territorio nazionale e l’adozione, nelle elaborazioni statistiche, dei criteri che ne sono a base può essere un obiettivo immediato.

B) L’organizzazione fondata sul ruolo dei Presidenti di sezione

L’altra strada, che pone al centro del sistema organizzativo i presidenti di sezione ( i titolari di funzioni semidirettive), parte dalla considerazione, che dovremmo tenere ben presente nell’affrontare i modelli organizzativi possibili, secondo cui, cito ancora Martinelli, " le esigenze della giurisdizione non sono riconducibili ad una sola misura", gli uffici giudiziari sono organizzazioni articolate per strutture complesse ma "è estremamente difficile individuare tutto ciò che è necessario misurare nell’attività giudiziaria per rilevarne il tasso di funzionalità".

Se ciò è vero, un miglioramento della efficienza del lavoro passa necessariamente per il perseguimento di risultati complessivamente riferibili alla struttura organizzativa di base (la sezione), al vertice della quale c’è il Presidente che è in grado di valutare sia la funzionalità della struttura che l’operosità e la diligenza dei singoli magistrati.

Il modello organizzativo vigente, delineato dall’art. 47 quater c.p.c., prevede che il presidente di sezione non si limiti a distribuire il lavoro tra i giudici ed a presiedere i collegi ma diriga la sezione, vigili sull’attività dei giudici, sorvegli l’andamento dei servizi di cancelleria, curi lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali, abbia, quindi, compiti di organizzazione, di vigilanza, di programmazione e di gestione.

Proprio le risposte date al questionario distribuito al Tribunale di Roma in vista di questo convegno, evidenziano, tuttavia, come anche questo modello organizzativo presenti dei problemi.

Le risposte sono state, infatti, sostanzialmente omogenee ed hanno delineato un quadro di formale rispetto del contenuto dell’art. 47 quater c.p.c. e di corretto svolgimento dei compiti attribuiti ai Presidenti di sezione.

La realtà è molto diversa ed accanto ad alcuni presidenti che svolgono efficacemente il loro compito ( e che, in qualche caso, lo svolgevano anche prima che l’art. 47 quater fosse entrato in vigore o anche solo immaginato) vi sono altri che, magari, organizzano le riunioni nella sezione, ma non hanno mostrato alcuna capacità organizzativa e di direzione reale.

Proviamo, sinteticamente, a delineare, proprio sulla base delle esperienze migliori, i compiti di un presidente di sezione che sia realmente la "figura chiave" nella organizzazione degli uffici:

Le due strade

Da quello che si è esposto emerge una preferenza per questo secondo modello organizzativo, decentrato, che punti alla funzionalità del servizio ma tenga conto della specificità della funzione giurisdizionale e che immagini, quindi, i presidenti di sezione come figure chiave nella organizzazione del sistema, lasciando al modello organizzativo fondato sulla individuazione di criteri statistici di misurazione dell'efficienza un ruolo macrorganizzativo di confronto tra uffici simili per caratteristiche tipologiche, dimensionali e operative e, comunque, a rilevazioni statistiche ragionate una funzione di supporto nella organizzazione degli uffici.

Il percorso da seguire potrebbe essere questo ma forse occorre affrontare l’ostacolo successivo e, seguendo le indicazioni che sono venute anche dai più attenti studiosi della organizzazione giudiziaria, si può iniziare a ragionare sulla possibilità di attribuire questa funzione organizzativa non ai magistrati più anziani o più bravi tecnicamente ma a quelli che abbiano maggiori attitudini organizzative, cominciando a formare, all’interno della magistratura, delle figure ad hoc.

Perché ciò sia, in concreto, possibile occorre pensare a svincolare l’attribuzione di funzioni organizzative dalla "carriera" del giudice.

Si torna, quindi, alla questione dell’ordinamento giudiziario ed emerge, con evidenza, il motivo per il quale, di fronte a questo complesso quadro di problemi, la scelta, prospettata nei progetti governativi di modifica dell’ordinamento giudiziario, con l’attribuzione alla Cassazione di una nuova funzione di vertice della magistratura, oltre ad essere contraria all’assetto costituzionale e regressiva rispetto alla concezione della Cassazione che si è affermata nell'ultimo
mezzo secolo, è assolutamente inadeguata a risolvere la varietà dei problemi che ci sono davanti e che richiedono non una maggiore gerarchia e centralizzazione di tipo burocratico-amministrativo ma una capacità organizzativa diffusa e decentrata in tutti gli uffici, coordinata dall’organo di autogoverno, in stretto rapporto con Consigli Giudiziari che siano posti in condizione di operare efficacemente.


*Si tratta dell'intervento dell'autore al Convegno di Reggio Calabria del 15.11.2002 «Giustizia civile tra legalità ed efficienza», organizzato dagli Osservatorî sulla giustizia civile nel ricordo di Carlo Verardi.

Ecco il documento conclusivo del Convegno:

Gli Osservatorî sulla giustizia civile, incontratisi, nel ricordo di Carlo Verardi, a Reggio Calabria per il Convegno «Giustizia civile tra legalità ed efficienza»,
- confermano con intransigenza il valore dei principî di legalità, di effettività della tutela giurisdizionale, di autonomia e di indipendenza della magistratura e della avvocatura;
- ribadiscono, in una comune cultura della giurisdizione, la centralità della organizzazione degli uffici giudiziari in funzione della attuazione del principio costituzionale di imparzialità e di buon andamento della amministrazione e di una ottimale utilizzazione delle risorse per l'efficienza del servizio giustizia;
- individuano, a tal fine, in un consapevole e responsabile esercizio dei poteri dei presidenti di sezione, tenuti, in particolare, a distribuire il lavoro tra i giudici, a vigilare sulla loro attività, a curare lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all'interno della sezione, a verificare l'andamento dei servizi di cancelleria nel rispetto del ruolo e delle professionalità del personale amministrativo, lo strumento per una migliore organizzazione della giustizia, scongiurando i rischi che ciascun giudice svolga il proprio lavoro in solitudine;
- auspicano, pertanto, che, per un verso, o il Consiglio Superiore della Magistratura
* affronti con realistica consapevolezza la questione dei presidenti di sezione, delineando criterî di selezione adeguati ai compiti,
* determini questi ultimi riempiendo di contenuti specifici la previsione normativa,
* investa energie e risorse nella formazione vuoi dei magistrati che hanno già assunto funzioni semidirettive, vuoi di quelli che aspirano ad assumerle,
* avvii un monitoraggio dei carichi di lavoro e delle risorse, in funzione della acquisizione di dati affidabili,
o e, per altro verso, il Governo ed il Parlamento
* assegnino alla giustizia risorse adeguate ad un suo corretto funzionamento ed
* affrontino la questione della allocazione di quelle scarse esistenti, anche in riferimento alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie;
- auspicano altresì che Governo, Parlamento, Consiglio Superiore della Magistratura, Università, nei rispettivi ruoli e in riferimento alle diverse fasce di utenza, affrontino la questione della formazione delle diverse figure di professionista del diritto, anche in relazione ai profili organizzativi;
- si propongono di continuare ad operare per una comune cultura della giurisdizione mediante la diffusione delle esperienze degli Osservatorî ed il rafforzamento di quelle esistenti, in funzione della divulgazione dei moduli organizzativi e delle prassi virtuose più efficienti per la effettiva attuazione dei principî e dei valori della Costituzione;
- deliberano di dare la massima diffusione, anche a livello istituzionale, al presente documento.

 

 

 

 

 

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