Il diritto internazionale degli anni Duemila

di Giovanni Palombarini

 

Ogni giorno le cronache ci dicono che inevitabilmente gli Usa faranno fra breve la guerra all’Irak. La cosa è allarmante per molte ragioni, a cominciare dalla considerazione che tante persone innocenti perderanno la vita, che per i sopravvissuti all’aggressione le sofferenze saranno grandi, che un popolo già povero verrà ulteriormente impoverito.

Vi è però un rilievo di altro tipo che merita la massima attenzione, e cioè che questa volta è davvero in gioco la sopravvivenza dell’Onu. Questo organismo, voluto da tutti gli Stati all’indomani della seconda guerra mondiale con la speranza di evitare per il futuro le spaventose stragi che hanno caratterizzato la prima metà del secolo scorso, è certamente in crisi da tempo, di efficienza e di credibilità. E tuttavia, pur con tutti i suoi limiti, è spesso riuscito da un lato a svolgere un ruolo di prevenzione e composizione di conflitti che avrebbero potuto avere conseguenze terribili, dall’altro a realizzare interventi certamente parziali ma essenziali, se non per lo sviluppo di tanti paesi del sud del mondo, almeno per alleviare le sofferenze delle popolazioni.

Ebbene, anche per il continuo aggravarsi della situazione in Palestina, rispetto al mondo arabo l’Onu si trova oggi stretto in una tenaglia. Da un lato le risoluzioni del Consiglio di sicurezza sulla questione palestinese vengono disattese da Israele senza che alcuna reazione sia possibile per effetto del sostegno che gli Usa assicurano alla politica di annessione del governo di Tel Aviv. Dall’altro, mentre a Bagdad operano gli osservatori Onu (ai quali l’amministrazione Bush gli Usa fa sentire il fiato sul collo con ogni genere di pressioni), pur a fronte delle rassicuranti dichiarazioni del Segretario generale Kofi Annan e di tutti gli osservatori neutrali, e delle riserve se non addirittura della contrarietà degli altri membri stabili del Consiglio di sicurezza, ugualmente gli Usa si preparano a bombardare Bagdad e a invadere l’Irak. Sorprende che in Italia tanti politici e commentatori approvino tutto questo, e che in particolare per la guerra all’Irak abbiano già detto che il nostro paese non dovrebbe far mancare il proprio appoggio all’iniziativa. Eppure - come non comprenderlo? - questa sarebbe davvero la fine dell’Onu.

In quel momento, se l’invasione avverrà, scomparirà ogni residua credibilità dell’organizzazione agli occhi non solo dell’intero mondo arabo, una grande parte dell’umanità, ma di tutti i paesi non allineati alla superpotenza nordamericana e dei popoli liberi. L’unico diritto internazionale sopravvissuto sarà allora quello dell’imperatore, con la sua inevitabile conseguenza di terrorismo infinito e di guerre continue.

E pensare che nel 1990, finita la guerra fredda, proprio l’Assemblea generale dell’Onu aveva proclamato per gli anni a venire "il decennio del diritto internazionale": per un futuro di pace, per una ripresa delle relazioni fra gli Stati non regolate dalla violenza ma da norme liberamente accettate. Questa prospettiva, già largamente delusa in tutto il decennio scorso, sta per chiudersi.

Roma, 9.12.2002

 

 

 

 

 

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