Il disegno di legge sull’immigrazione: scheda

di Angelo Caputo

"La mia idea è far capo a una fictio iuris. Questa: che il clandestino non entra in Italia finchè non viene ammesso legalmente. Fino a quel momento il fatto che i suoi piedi camminino sul suolo italiano non ha nessun rilievo giuridico. Fino a quel momento è come se non fosse in Italia. L’uovo di Colombo? forse sì."

La lugubre proposta affacciata da Giovanni Sartori (Il Corriere della Sera, 6 agosto 2001) per risolvere il problema clandestini offre una preziosa testimonianza degli approdi ai quali è giunta, sul terreno dell’immigrazione, la sedicente cultura liberale nel nostro Paese: "la costituzione di un doppio regime giuridico per chi è incluso e per chi è escluso", ossia uno dei principali "meccanismi sociali, politici e cognitivi" che trasformano i migranti in non-persone (A. Del Lago Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano, 1999), viene spinta fino alle estreme conseguenze della soppressione giuridica degli irregolari.

Preceduto da un dibattito politico-mediatico il cui segno complessivo è efficacemente rappresentato dalla posizione di Sartori, lo schema di disegno di legge di riforma della legge Napolitano – Turco (t.u. n. 286 del 1998) elaborato dalla nuova maggioranza mira ad una drastica chiusura rispetto non solo all’immigrazione irregolare, ma all’immigrazione tout court: in questo senso, la sua impostazione di fondo sembra tendere all’immigrazione zero, così sancendo il superamento della logica binaria che ha caratterizzato le politiche europee nello scorso decennio, un logica, appunto, incentrata – con le ambiguità e le contraddizioni interne più volte segnalate – sulla contrapposizione tra immigrazione regolare, da governare nella prospettiva dell’integrazione, e immigrazione irregolare, da contrastare con risolutezza.

Per quanto riguarda la disciplina degli ingressi, il disegno di legge della maggioranza di centro-destra introduce il contratto di soggiorno, presupposto per il conseguimento del permesso di soggiorno per motivi di lavoro; abolisce l’istituto della sponsor, che ha rappresentato in questi tre anni di applicazione della legge Napolitano – Turco un canale di ingresso regolare di primaria importanza, in quanto svincolato dall’incontro a livello planetario tra domanda e offerta di lavoro; restringe l’area del ricongiungimento familiare, strumento fondamentale di integrazione dei migranti, escludendo i parenti entro il terzo grado e subordinando l’ingresso dei genitori alla condizione – di problematica dimostrazione – che essi "non abbiano altro figlio che provveda al loro sostentamento nel paese d’origine".

Le innovazioni in tema di soggiorno rivelano con chiarezza l’ispirazione di fondo del disegno di legge governativo, orientato a subordinare qualsiasi prospettiva di integrazione degli immigrati ai bisogni di manodopera a basso costo del mondo imprenditoriale: rispetto alla normativa vigente, viene dimezzata la durata del permesso di soggiorno in caso di rinnovo, viene portata da 5 a 6 anni la durata della permanenza regolare necessaria al conseguimento della carta di soggiorno e viene ridotto da un anno a sei mesi il periodo concesso al lavoratore straniero che ha perso il posto di lavoro per trovarne uno nuovo.

Per quanto riguarda le fattispecie penali, non viene criminalizzato l’ingresso irregolare; la scelta governativa di non introdurre il reato di immigrazione clandestina, tuttavia, è scaturita non da orientamenti politico-criminali in linea con la visione costituzionale dell’illecito penale quale extrema ratio o da valutazioni etico-politiche ostative alla criminalizzazione della condizione dei migranti, ma da preoccupazioni relative alla effettività e immediatezza degli allontanamenti. Illuminanti, ancora una volta, le parole di Sartori: "se l’immigrazione clandestina diventa reato, allora il clandestino entra ope legis negli ingranaggi infernali del nostro processo penale e del suo esasperato garantismo."

Il disegno di legge, dunque, per un verso, prevede – oltre a una drastica stretta della disciplina in tema di asilo – un netto irrigidimento delle norme incriminatrici già prevsite dal t.u. del 1998 (con sensibili incrementi delle comminatorie edittali e la trasformazione in fattispecie autonome di ipotesi previste quali circostanze aggravanti) e, per altro verso, introduce nuove figure di reato per lo straniero "che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato" in violazione del provvedimento di allontanamento di cui al nuovo art. 14 del t.u.., figure di reato rispetto alle quali la giurisprudenza sarà chiamata a un particolare rigore al fine di scongiurare il rischio che, di fatto, vengano riproposti modelli di incriminazione di dubbia legittimità costituzionale (vds., ad esempio, Corte Cost. n. 34/1995, che dichiarò l’illegittimità dell’art. 7 bis della legge Martelli).

E’, comunque, la riscrittura complessiva della disciplina degli allontanamenti il fulcro del programma di azzeramento ad ogni costo dell’immigrazione irregolare perseguito dal disegno di legge governativo. In questa prospettiva, sono previste una procedura di silenzio assenso per il rilascio del nulla osta dell’A.G. all’espulsione amministrativa di uno straniero sottoposto a procedimento penale e un’anomala sentenza di non doversi procedere fondata sulla prova dell’avvenuta espulsione (le proposte ricalcano quelle del d.d.l. n. 4656 approvato nella scorsa legislatura dal Senato, a proposito del quale vds. il documento di MD e dell’ASGI pubblicato in Questione Giustizia, n. 6/2000); viene, inoltre, raddoppiato il termine di durata massima della detenzione amministrativa nei centri di permanenza. La norma – chiave del nuovo disegno di legge, tuttavia, è quella che trasforma l’accompagnamento coatto alla frontiera – istituto già previsto dalla legge Napolitano – Turco e largamente applicato in questi anni - nella forma ordinaria di esecuzione dell’espulsione. Ora, come hanno rilevato tutti i commentatori, la Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 105/2001, ha ritenuto l’accompagnamento coatto alla frontiera una misura limitativa della libertà personale e, quindi, soggetta alla riserva di giurisdizione di cui all’art. 13 Cost.: se disposta insieme con la detenzione amministrativa, tale misura è conforme alla Costituzione in virtù dell’allargamento della portata del sindacato giurisdizionale sancito, in via interpretativa, dalla Corte; nella disciplina di cui ai commi 4 e 5 della legge vigente ed in quella di cui al comma 4 del disegno di legge – norme queste che non contemplano alcun intervento dell’A.G. – l’accompagnamento coatto alla frontiera deve invece ritenersi incostituzionale. Il silenzio sul punto della Corte Costituzionale è stato imposto solo da ragioni processuali (il difetto di rilevanza della questione nei casi oggetto delle ordinanze di rimessione) ed è un silenzio destinato a perpetuarsi dal momento che la possibilità di ricorso giurisdizionale presentato all’estero da stranieri espulsi con accompagnamento alla frontiera è, di fatto, inesistente.

Se approvato, il disegno di legge elaborato dalla maggioranza di centro-destra non raggiungerà gli scopi dichiarati: non ridurrà l’area dell’immigrazione irregolare, destinata anzi ad allargarsi a causa sia della – perdurante - mancata adozione di strumenti di assorbimento della clandestinità, sia del drastico ridimensionamento dei canali di ingresso legale; simmetricamente, l’accentuazione dei processi di precarizzazione/amministrativizzazione della condizione giuridica degli stranieri indotta dalle nuove norme in tema di soggiorno e di allontanamento spingerà l’immigrazione regolare verso una dimensione sempre più marcatamente servile.

La prospettiva di fondo appare univoca: per gli immigrati, i diritti fondamentali della persona, il frutto più alto della cultura universalistica affermatasi con le rivoluzioni liberali, sono destinati ad assomigliare sempre a più una fictio iuris.

ottobre 2001

 

 

 

 

 

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