Assoluzione di Berlusconi: il commento di Giovanni Palombarini
Carlo Taormina, membro del governo con qualche ricorrente
conflitto d'interessi in relazione alla sua professione d'avvocato, ha colto
occasione dalla sentenza della corte di cassazione di assoluzione di Silvio
Berlusconi (che ha riformato la sentenza con la quale era stata dichiarata
la prescrizione del reato ascritto al presidente del consiglio) per un rinnovato
attacco con spari ad alzo zero in più direzioni.
Intanto, "si cominci a mettere in fila i nomi dei magistrati che hanno
sbagliato" a Milano, Palermo, Roma e Perugia, "e siano immediatamente
processati": così riferiscono i quotidiani dei giorni scorsi,
non smentiti. Evidentemente almeno in alcuni settori dell'esecutivo attualmente
in carica albergano questi sentimenti (sperando che i corrispondenti progetti
appartengano solo al combattivo avvocato sottosegretario). Può essere
utile ricordare che in uno stato di diritto esistono limiti ai diversi ruoli
istituzionali e che una sentenza di assoluzione - uno dei possibili esiti
del processo penale - non può costituire per un membro dell'esecutivo
l'occasione per mettere sotto accusa pubblici ministeri e giudici dei precedenti
gradi del giudizio? Fossimo in qualsiasi altro paese europeo nessuno avrebbe
dubbi sull'utilità di un simile richiamo; ma nell'Italia di oggi -
vorremmo sbagliarci - forse si tratta di parole al vento.
Un altro bersaglio dell'on. Taormina è stato, ancora una volta, Giuseppe
Gennaro, presidente dell'associazione magistrati, reo di avere detto nella
trasmissione televisiva "porta a porta" che per farsi un'idea compiuta
della sentenza della cassazione bisognava attenderne le motivazioni. Non lo
avesse mai fatto: è stato invitato a dimettersi dalla carica e a denunciare
i magistrati che hanno incriminato e giudicato Berlusconi prima della decisione
della suprema corte al ministero della giustizia perché li sottoponga
a procedimento disciplinare, come se il ministro non avesse in materia un
autonomo potere di iniziativa.
Ma perché, cos'hanno scritto i giudici della corte di cassazione? Ovviamente,
per assolverlo, hanno dichiarato, motivando la loro affermazione, "la
sostanziale carenza di prove idonee a carico di Silvio Berlusconi": ciò
- è questo lo snodo decisivo della sentenza - dopo avere valutato come
attendibile, contrariamente a quanto avevano fatto i giudici precedenti, la
confessione di Paolo Berlusconi. Questi, scagionando il fratello, aveva dichiarato
di essere stato lui, da solo, a dare le autorizzazioni ai pagamenti ad alcuni
militari della Guardia di Finanza e a fornire le necessarie provviste prelevandole
da fondi neri (l'avvenuta corruzione è considerata pacifica dalla sentenza).
Di qui, la valutazione di inconsistenza di elementi indiziari - che la sentenza
elenca - in precedenza ritenuti significativi, quali appunto la consegna del
denaro ai finanzieri da parte del manager della Fininvest Salvatore Sciascia
(persona in stretti rapporti con Silvio Berlusconi, dal quale riceveva munifiche
elargizioni di denaro al tempo dei fatti); la provenienza del denaro da una
provvista Fininvest; la disponibilità all'epoca dei fatti da parte
di Silvio Berlusconi e della sua famiglia di un ingente quantità di
denaro depositata su libretti al portatore, movimentata, per finalità
mai svelate, soprattutto da tale Giuseppino Scabino, persona indicata da Sciascia
come quella che in più occasioni provvide a fornirgli la provvista
per il pagamento delle tangenti; la concomitanza temporale di due sospesi
di cassa con due dazioni; una riunione svoltasi ad Arcore nel corso della
quale il legale di Sciascia informò Silvio Berlusconi, in assenza di
Paolo, dell'ordinanza custodiale emessa nei confronti del proprio assistito.
La sentenza della cassazione, adeguatamente argomentata, va rispettata. Però,
trattandosi di un atto non segreto ma pubblico, può essere letta e
valutata da tutti.
11.11.2001
Omissisa
cura di magistratura democratica romana
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