L'appello lavoro a Roma: illogicità manifesta

di Giovanni Cannella

 

ll malcapitato cittadino che si trova, suo malgrado, a frequentare le aule di giustizia si scontra con una realtà penosa: lunghe attese, tempi biblici, caos organizzativo, rinvii incomprensibili.

Di solito se la prende con il magistrato che si trova di fronte; giustamente, dal suo punto di vista, perché è il magistrato il terminale dell'organizzazione della giustizia e il cittadino non ha il dovere di conoscere le "cause a monte".

Omissis, tuttavia, non si è mai accontentata dell'apparenza e vuole andare a vedere cosa c'è dietro il "muro".

Vediamo ad esempio cosa succede alla sezione lavoro della Corte d'appello di Roma. Condizioni disastrose, maree di fascicoli, tempi lunghi, spazi insufficienti, come altrove o peggio. Ma perché?

Ci vorrebbero più magistrati, più aule, più spazi, più personale, più mezzi: ma, si sa, lo dicono tutti. In questo caso è proprio vero?

Parliamo del numero dei magistrati. Nel 1999 l'appello lavoro era di competenza del tribunale, che decideva sulle impugnazioni contro le sentenze della Pretura del lavoro di Roma: se ne occupavano tre collegi con 20 magistrati e tre presidenti.

Si trattava di un organico insufficiente a smaltire l'enorme arretrato (circa 25.000 cause alla fine del 1999), nonostante l'elevato livello di produttività (circa 300 sentenze in media all'anno). Ciascun magistrato aveva infatti in carico circa 1.200 cause ed ogni anno le sopravvenienze ammontavano ad oltre 300 appelli a testa.

Con la riforma del giudice unico e l'abolizione della pretura, il primo grado delle cause di lavoro è confluito in tribunale ed è stata costituita in corte d'appello una nuova sezione per l'appello lavoro.

Il Ministero della Giustizia nella relazione del 1999 per la determinazione dei nuovi organici in occasione della riforma del giudice unico, indicava una serie di criteri, riconoscendo, tra l'altro, "del tutto particolare la situazione degli uffici del lavoro di Roma, in cui le peculiarità della materia di lavoro e previdenziale affrontata pongono problemi di complessità e di impegno del tutto anomale rispetto agli altri uffici del paese", tenendo anche conto della circostanza che Roma "dovrà affrontare la parte più rilevante del contenzioso nel settore del pubblico impiego".

Tuttavia, in considerazione del fatto che la sezione partiva senza arretrato (poiché gli appelli depositati entro il 31.12.99 rimanevano alla "sezione stralcio" del tribunale), lo stesso Ministero ha ritenuto necessario procedere ad una determinazione iniziale inferiore alle necessità con la previsione di successivi aumenti progressivi ed ha determinato l'organico iniziale della sezione lavoro della Corte d'appello in 9 consiglieri più due presidenti, e quindi meno della metà del precedente organico (20+3).

In effetti l'art. 38 del D.Lgs. n. 51/98 prevede una graduazione nella determinazione degli organici, disponendo una prima attribuzione immediata e stabilendo, al secondo comma, che "all'attribuzione di ulteriori posti di organico si provvede gradualmente sulla base delle richieste motivate dei presidenti delle corti di appello, sentiti i presidenti dei tribunali interessati dalla corrispondente riduzione d'organico".

Ma la prima attribuzione di 9 magistrati più due presidenti, pari a meno della metà dell'organico precedente (peraltro, come si è visto, insufficiente), era ragionevole?

Prima della riforma il numero complessivo degli appelli lavoro a Roma ammontavano a circa 7.000 l'anno, e, cioè, come si è detto, oltre 300 per ciascun magistrato in organico.

Ne consegue che, se nel 2000 il numero degli appelli fosse rimasto invariato, le 7.000 cause annue dovevano essere distribuite non più su 23 magistrati, ma su 11, e quindi ciascun magistrato avrebbe "incassato" circa 725 appelli l'anno (l'incidenza dei di due presidenti è valutata per 1/3 ciascuno, perché per ovvie ragioni ad essi vengono assegnate un numero minore di cause, nella misura appunto di 1/3 rispetto agli altri magistrati; quindi il calcolo è 7.000:9,66=724,63).

E' logico e ragionevole ritenere che un magistrato, per di più in grado d'appello, possa decidere 600-700 cause l'anno (in appello quasi tutte le cause vengono definite con sentenza)?

Ad Omissis non sembra: ma la decisione del Ministero è ancora più sorprendente se si considera che si doveva prevedere non lo stesso numero, ma un consistente aumento delle sopravvenienze rispetto agli anni precedenti, perché la nuova sezione lavoro doveva occuparsi non solo degli appelli del Tribunale di Roma, ma anche degli appelli di tutti gli altri tribunali del distretto e quindi dell'intero Lazio.

E ciò senza contare gli ulteriori prevedibili aumenti connessi al recente passaggio al giudice ordinario del contenzioso del pubblico impiego.

Quindi davvero illogica la decisione del Ministero.

Ma l'illogicità è contagiosa: il Csm ha pensato bene di non coprire subito tutti gli 11 posti in organico previsti dal Ministero, ma solo 4 più un presidente. Peraltro la sezione ha cominciato ad operare, non da gennaio, ma solo da aprile del 2000, poiché solo da fine marzo i magistrati hanno preso pienamente possesso dei posti assegnati.

Ciò significa che, con le stesse sopravvenienze degli anni precedenti, ciascuno dei magistrati avrebbe dovuto occuparsi di circa 1.617 cause (7.000:4,33).

Ma il Presidente della Corte d'appello e il Presidente della sezione hanno segnalato l'illogicità manifesta?

Si: ad Omissis risulta che l'insufficienza dell'organico sia stata subito segnalata, richiedendo un'immediata rideterminazione pari almeno all'organico precedente alla riforma.

Per fortuna, forse a causa delle incertezze sulla nuova disciplina da parte degli avvocati, all'inizio il numero delle cause nuove è stato inferiore alle previsioni: nel 2000 le cause sopravvenute sono state solo 6853, attestandosi quindi intorno alle cifre degli anni precedenti, consentendo di attribuire a ciascun magistrato solo 1583 cause a testa (6853:4,33).

Nel corso del 2000 sono state definite 693 cause, di cui 623 con dispositivo, pari a meno del 10% delle cause sopravvenute: proprio un bel bilancio con un saldo negativo di 6.162 cause!

Secondo il calcolo che sembra sia stato adottato dalla commissione di cui si dirà, che include tra le "definite" non tutte le cause decise con dispositivo, ma solo quelle per le quali la sentenza è già stata pubblicata entro l'anno, il saldo è ancora peggiore pari a 6.523 cause (dato ministeriale), con una percentuale di "smaltimento" addirittura intorno al 5%.

Ma i magistrati potevano fare di più? In realtà, se si considera che nel mese di aprile 2000 diverse udienze sono saltate, per festività ed elezioni, che i primi mesi sono inevitabilmente di rodaggio, anche perché poche cause arrivano in decisione (ad esempio per la necessità di effettuare perizie) e che il secondo semestre comprende il periodo estivo e natalizio, la produttività, pari a circa 144 decisioni a testa (623:4,33), non appare insufficiente, (infatti ad ottobre, il primo mese che si può definire "a regime", le decisioni sono state 132, pari a circa 30 decisioni ciascuno).

Nel frattempo il Csm provvedeva ad un'ulteriore copertura dell'organico fissato, ma, ancora un volta, sorprendentemente non lo copriva interamente, ma solo con 3 magistrati più un presidente, lasciando ancora scoperti due posti di consigliere.

I nuovi magistrati prendevano possesso alla fine del 2000, cominciando ad operare sostanzialmente dal 2001.

Alla fine del 2000 veniva disposta la copertura degli ultimi due posti di consigliere, ma il primo prendeva servizio a maggio e il secondo a settembre.

Attualmente, a causa del trasferimento ad altro ufficio di uno dei consiglieri e l'esenzione al 50% di un altro, l'organico effettivo è di 7,5 consiglieri più due presidenti.

Nel primo semestre del 2001 la capacità di "smaltimento" delle cause, grazie ai nuovi giudici, aumentava fino al 15% circa (708 cause definite, considerando le sentenze pubblicate, su 4.650 cause sopravvenute).

Tuttavia, nel frattempo, la tregua del 2000 veniva rotta e le nuove cause aumentavano notevolmente di oltre il 30% (da 5.074 nei primi nove mesi del 2000 a 6.534 nei primi nove mesi del 2001) con una proiezione alla fine dell'anno di quasi 9.000 cause, ben oltre, come era prevedibile, al dato degli anni precedenti.

A ciascun magistrato, pertanto, saranno assegnate nell'intero anno circa 1.100 cause a testa (calcolando 7,5 magistrati + 0,66 pari a 1/3 ciascuno per i due presidenti: 9.000:8,16).

Considerando la percentuale di "smaltimento" del 15% (pari a 1.350 cause su 9.000), si può provare ad immaginare il futuro della sezione ad organico invariato: 14 mila cause alla fine del 2001, 22 mila alla fine del 2002, 30 mila alla fine del 2003 e così via.

In realtà la previsione è ottimistica, perché dal primo grado si cominciano a segnalare le prime avvisaglie di quella che molti definiscono la futura "valanga" delle controversie del pubblico impiego.

In questa situazione Ministero e Csm cosa fanno?

Alla fine del 2000, in risposta alle proteste dei presidenti di sezione e del presidente della Corte d'appello, il Ministero si poneva finalmente il problema dell'adeguamento dell'organico ex art. 38 del D.Lgs. n. 51/98, ma riteneva evidentemente eccessiva la richiesta di portare l'organico ad almeno 25 magistrati.

Secondo il Ministero bastavano altri 3 magistrati più un presidente: ciò significa che la capacità di "smaltimento" sarebbe aumentata a poco più del 20% e la proiezione verso il futuro sarebbe migliorata da 22 a 21 mila cause alla fine del 2002 e da 30 a 29 mila alla fine del 2003.

Davvero un passo avanti determinante!

Tuttavia la proposta, davvero riduttiva, del Ministero ha creato lo scompiglio al Csm! I consiglieri si sono chiesti: da quali uffici prendiamo questa enorme massa di magistrati? Dal tribunale o dalla corte d'appello?

In verità l'art. 38 prevede la corrispondente riduzione dei tribunali del distretto. In ogni caso la pratica è tornata in commissione all'inizio del 2001 e sta ancora lì.

Anche perché nel frattempo è successo che il legislatore, in considerazione essenzialmente dell'attribuzione della giurisdizione sul pubblico impiego al giudice ordinario, ha disposto con legge n. 48/2001 l'aumento degli organici delle sezioni lavoro nella misura di 300.

Ciò avrebbe consentito al Ministero e al Csm di provvedere immediatamente a rivedere gli organici quantomeno negli uffici più disastrati, come Roma e Napoli, salvo poi valutare in concreto la possibilità di copertura in attesa del completamento dei concorsi.

Invece si è detto: un momento, non abbiamo i dati, le statistiche sono contraddittorie e poi in alcuni uffici, forse proprio a Roma, i ruoli sono gonfiati, ci sono molte cause "seriali", quindi prima di provvedere ad aumenti bisogna vederci chiaro. Perché non formiamo una bella commissione?

Il cittadino (ed Omissis nell'ombra) allibisce!

Ma davvero possono sorgere dubbi sulla necessità di un consistente aumento di organico quando in un ufficio si riesce a smaltire solo il 15% delle cause, nonostante una produttività non certo inferiore (se non superiore) agli altri uffici?

I dubbi possono forse sorgere sul numero esatto dell'aumento necessario. Ma davvero si può dubitare che siano necessari altri 10, o 5 o addirittura solo 3 magistrati in una situazione simile?

Davvero è ragionevole mantenere una percentuale di "smaltimento" così bassa, si ripete solo il 15%, quando si afferma trionfalmente che per la prima volta dopo moltissimi anni la capacità di "smaltimento" nel settore civile complessivo è superiore alle nuove cause iscritte?

Nella situazione attuale di oltre 10 mila cause pendenti, con una proiezione di quasi 8 mila cause all'anno in più,. si può ancora parlare di "fase transitoria" prevista dalla legge sul giudice unico o non occorrerebbe intanto immediatamente ripristinare l'organico precedente di 20+3, che il Csm aveva considerato necessario quando venivano iscritte il 30% delle cause in meno?

Ma c'è di più: la previsione legislativa di aumento dei magistrati del lavoro nella misura di 300, significa in sostanza il raddoppio dell'organico (l'organico precedente era appunto di circa 300 magistrati). Ciò non significa che tendenzialmente ciascun ufficio debba avere il doppio dell'organico precedente?

Anzi, se la ratio dell'aumento è strettamente collegato al passaggio del pubblico impiego al giudice ordinario, a Roma l'aumento non dovrebbe essere ancora più consistente per la concentrazione nella capitale di un numero rilevante di uffici pubblici?

Certo è giusto verificare le statistiche: ma non era possibile ad esempio, data l'urgenza, distribuire sulla base dell'attuale proporzione la metà dell'aumento previsto, lasciando l'altra metà per una più precisa determinazione?

Un discorso a parte meritano poi le considerazioni su ruoli "gonfiati" e sulle cause c.d. "seriali" o ripetitive.

Va precisato che per cause "seriali" non possono intendersi tutte le cause nelle quali si tratta di applicare la stessa norma, anche se nei confronti della stessa società, perchè altrimenti sarebbero seriali, ad esempio, tutte le cause in materia di TFR o di licenziamento nei confronti delle FF.SS. o, in campo penale, tutte le cause relative a rapine contro la Banca di Roma.

Si può parlare di serialità solo quando le cause hanno lo stesso oggetto specifico ed una parte comune e vengono decise e motivate in modo identico, almeno per la massima parte.

Ciò premesso, vanno svolte alcune considerazioni: 1) anche le cause "seriali" più semplici richiedono del tempo e non possono quindi essere escluse dal computo, ma al massimo ridotte di "peso" rispetto alle c.d. cause ordinarie; 2) le cause "seriali" vere e proprie sono quelle nelle quali si decide solo in diritto in modo identico a casi precedenti e non vi sono altri interventi per la specifica controversia; 3) le altre cause seriali, che potremmo definire "miste", richiedono specifici interventi, come quelli relativi, a conteggi, a CTU, ad eccezioni di prescrizione, a prove testimoniali, ecc., che ne consentono una riduzione minima di "peso"; 4) non tutte le cause previdenziali possono considerarsi "seriali", e ciò vale in generale per le cause "contributive", ma anche per alcune cause relative a prestazioni, e comunque le cause seriali previdenziali presentano ormai, a differenza del passato, un elevato numero di serie diverse; 6) si sono esaurite le vicende che hanno portato a serie quasi infinite di cause (straordinario delle F.S. e TFR degli autoferrotranvieri) ed attualmente le serialità hanno dimensioni decisamente più ridotte; 6) in appello si riscontra un affievolimento della "serialità", a causa della maggiore variabilità prodotta dall'effetto devolutivo, da motivi diversi di impugnazione, dagli appelli incidentali, da eccezioni riproposte o meno, ecc.

Infine, va osservato che il Ministero della Giustizia, nella relazione del 1999 per la determinazione dei nuovi organici in occasione della riforma del giudice unico, proponeva di valutare le cause previdenziali con il valore di 1/3 rispetto a quelle ordinarie, ma distingueva il caso di Roma, riconoscendo, come si è visto, che era "del tutto particolare la situazione degli uffici del lavoro di Roma, in cui le peculiarità della materia di lavoro e previdenziale affrontata pongono problemi di complessità e di impegno del tutto anomale rispetto agli altri uffici del paese".

Tutto ciò porta ad escludere che nell'ufficio esaminato il fenomeno della "serialità" abbia una particolare incidenza, anche perché il numero delle cause di lavoro non è notevolmente inferiore rispetto al numero delle cause previdenziali (alla data del 30.6.2001 erano pendenti 4.079 cause di lavoro e 6.378 cause previdenziali).

Va osservato in ogni caso che il fenomeno della serialità è presente anche negli altri uffici sia di lavoro che ordinari, e spesso anche in misura più accentuata, e quindi analoghi procedimenti "riduttivi" andrebbero effettuati in ogni luogo.

Si diceva che il Csm non provvedeva con interventi immediati, ma nominava una commissione di studio, che sta lavorando.

Omissis aspetta fiduciosa, ma non può fare a meno di sentire voci di corridoio.

Sembra, ma speriamo di essere smentiti, che ai fini della determinazione degli organici si voglia dare rilievo al numero delle sentenze depositate.

Si sostiene cioè, sembra di capire, che se si fanno meno sentenze si "merita" un organico inferiore.

La tesi è tanto aberrante che sarà sicuramente smentita. E' ovvio, infatti, che l'eventuale penalizzazione degli uffici con una bassa produttività si risolverebbe in un ulteriore danno per i cittadini che dovrebbero fare i conti non solo con magistrati poco efficienti, ma anche con un numero minore di magistrati con ulteriore allungamento dei tempi di giustizia.

Come esempio di bassa produttività sembra si sia fatto proprio il caso della sezione lavoro della corte d'appello di Roma, che, come si è visto, ha invece una produttività piuttosto elevata.

L'equivoco è nato presumibilmente dal fatto che si sono esaminati i dati relativi alle sentenze pubblicate, e non a quelli dei dispositivi o al massimo del deposito delle "minute" delle motivazioni, attribuendo quindi ai singoli magistrati ritardi non a loro imputabili (per le difficili condizioni della cancelleria molte sentenze del 2000 sono state pubblicate solo nel 2001 con diversi mesi di ritardo).

Se si considerano i dispositivi nel primo semestre del 2001 ne sono stati emessi 1446, pari a circa 180 decisioni a testa, e cioè 30 al mese e circa 300 all'anno in proiezione annuale, che per l'appello costituiscono certamente un numero rilevante.

In realtà il criterio più ragionevole per la determinazione degli organici è quello che si basa sulle cause sopravvenute (neanche sulle "pendenze", che potrebbero essere condizionate appunto da scarsa produttività).

Nello studio del Ministero sul giudice unico si indicavano come sopravvenienze normali per il primo grado il numero di 400 e per l'appello il numero di 200 annue.

Per il primo grado attualmente si considera normale (anche in un recente comunicato dell'Anm) un ruolo di 500 cause, e quindi una sopravvenienza annua corrispondente, senza arretrati.

Per l'appello analogamente l'indicazione del Ministero può ragionevolmente portarsi a 250 cause.

Se nella sezione esaminata "sopravvenissero" 250 cause all'anno per ciascun magistrato, tenendo conto dell'incidenza delle cause esaurite diversamente, basterebbe decidere circa 200 cause l'anno a testa. Deciderne 300 dà il senso dell'ottima produttività dell'ufficio, al di là di qualsiasi "tara" possibile con riguardo alle cause "seriali".

Quanti magistrati sarebbero necessari per poter assegnare 250 cause all'anno a ciascuno?

Il conto è presto fatto: i magistrati dovrebbero essere 36 (9.000: 250).

Prevedendo l'aumento prossimo per il pubblico impiego, l'incremento dovrebbe in realtà essere ancora maggiore e cioè ad esempio pari ad un numero finale di circa 50 magistrati, pari a circa il doppio dell'organico precedente alla riforma (20+3), nel rispetto della volontà del legislatore, che ha inteso appunto "raddoppiare" l'attuale organico dei giudici del lavoro.

O forse i magistrati dovrebbero essere ancora di più se si considera la notevole concentrazione di uffici pubblici a Roma!

Omissis

Roma, 5.11.2001

 

 

 

 

 

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Omissis

a cura di magistratura democratica romana


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