ELEZIONI DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO

L'importanza del voto, per la legittimazione del CG

Alle aree di tradizionale attribuzione dei Consigli Giudiziari --- funzioni inerenti la prima formazione professionale e la delicatissima prima valutazione iniziale degli uditori (per le quali funzioni di organizzazione del tirocinio si cumulano con funzioni di coordinamento e di verifica, in una con la Commissione Uditori; funzioni inerenti le valutazioni di professionalità e i pareri per la progressione in carriera dei magistrati (area nella quale il CSM svolge ormai di fatto più che una funzione decisionale in senso esclusivo un ruolo di controllo critico e di ratifica di valutazioni e decisioni dei CG); funzioni inerenti la materia tabellare, nella quale pure il CG più che un ruolo consultivo è chiamato a svolgere ormai un ruolo di partecipazione dinamica alla formazione progressiva delle Tabelle e quindi dell'organizzazione degli Uffici, in una dialettica istituzionale con i Dirigenti) ---, ancora, alle competenze in materia di incarichi extragiudiziari, incompatibilità ambientali o funzionali, passaggi dalle funzioni inquirenti a quelle giudicanti e viceversa e a quelle direttive e semidirettive --- si sono negli ultimi tempi aggiunte attribuzioni che hanno ulteriormente messo in crisi le categorie giuridiche sinora impiegate per descrivere il rapporto CG-CSM, secondo lo schema della funzione consultiva chiamata a rendere una serie di valutazioni obbligatorie ma non vincolanti. In materia di magistratura onoraria e di giudici di pace, i Consigli si sono visti assegnare dalla legge e della risoluzione CSM dell'ottobre 1999 sul decentramento compiti in materia di valutazioni sui requisiti professionali e personali di tali magistrati che sono attività di sostanziale amministrazione attiva della giurisdizione, ed altresì per ultimo funzioni di organo istruttorio disciplinare. Il tutto, in un quadro che vede il CSM aver avviato da tempo un processo di decentramento operativo imperniato sui meccanismi della delega ai CG di funzioni endoprocedimentali ed istruttorie sinora svolte dal Consiglio Superiore.
In tale contesto - che rende sempre maggiori le responsabilità professionali ed istituzionali dei componenti del CG, e sempre più urgenti le riforme da tempo proposte da MD ed altre componenti dell'ANM in punto di sistema elettorale proporzionale, durata almeno triennale dell'organo, articolato sistema di pubblicità dei lavori, rinforzamento delle attuali esili strutture amministrative dei Consigli, esonero dei membri dall'ordinario lavoro giurisdizionale -- è del tutto inutile soffermarsi sull'importanza delle elezioni del 1 aprile p.v.
E' innanzitutto necessario più che mai che il Consiglio Giudiziario, chiamato nel prossimo biennio a seguire la messa a regime dell'unificazione degli uffici di primo grado, e più in generale a partecipare ad un biennio di autogoverno che si annuncia politicamente non facile, sia quanto più possibile rappresentativo dei magistrati operanti nel distretto. In tale ottica, MD e le altre componenti hanno discusso di far precedere le elezioni da "primarie" per la scelta dei candidati. Non vi è stato accordo su come svolgerle. Ancora una volta le componenti hanno però ritenuto utile convenire anche per queste Elezioni una Lista unica unitaria di candidati da votare in via esclusiva che, in attesa di un sistema proporzionale posto per legge, attui una proporzionalità di fatto della rappresentanza delle varie componenti associative utile a dare maggior forza al Consiglio Giudiziario, in ciò perpetuando una decennale feconda prassi associativa. E' però ora necessaria la massima partecipazione di tutti i magistrati al voto (che si svolgerà esclusivamente domenica mattina 1 aprile 2001).
Un Consiglio Giudiziario maggiormente legittimato da una ampia partecipazione alle elezioni potrà meglio proseguire il lavoro proficuamente sviluppato nell'ultimo biennio - e del quale spesso i rappresentanti di MD sono stati parte propulsiva - nel seguire, in un costante rapporto dialettico con i Dirigenti degli Uffici -- il difficilissimo passaggio della prima attuazione della riforma del "giudice unico", e nel contribuire a garantire che l'organizzazione degli Uffici raggiunga sempre migliori standards di efficienza complessiva e si svolga nel massimo rispetto di quei principi costituzionali che rendono irriducibile l'organizzazione della attività giurisdizionale a quella di una qualunque catena di montaggio.
Un Consiglio Giudiziario fortemente legittimato potrà con maggior forza sia mettere mano a quelle riforme regolamentari interne -- richieste dalla risoluzione sul decentramento e già presentate dalla componente di MD -- che possono rendere più certe, più trasparenti, più conoscibili agli interessati (tra i quali per la materia tabellare gli Avvocati quali rappresentanti dell'utenza) le procedure di lavoro dell'Organo e i suoi deliberati, sia svolgere con maggior autorevolezza e rappresentatività le attività di formazione e, nella composizione integrata per legge con gli Avvocati, le funzioni relative allo status dei giudici onorari e dei giudici di pace.
I componenti di MD si sono battuti in Consiglio Giudiziario per la rigorosa applicazione delle norme di legge e consiliari in materia di tabelle, trasparenza nella mobilità interna, autorizzabilità degli incarichi extragiudiziari, per la più ampia raccolta dei dati oggettivi sul lavoro del singolo magistrato in vista delle valutazioni di carriera e quindi per svincolarle dall'esclusivo giudizio dei Dirigenti e, in generale, per la più estesa interpretazione possibile del ruolo istruttorio del CG in materia. E rinnovano il loro impegno su tale terreno.
E' in ogni caso politicamente certo un fatto: se al deperimento della capacità dell'Associazione Nazionale Magistrati di porsi come luogo di discussione e di collettiva crescita culturale e professionale dei magistrati (ed al contempo quale interlocutore di Dirigenti e soggetti istituzionali e politici) dovesse accompagnarsi una crisi del circuito dell'autogoverno, ciò costituirebbe il segnale inequivocabile di una minore capacità dei colleghi di concepirsi non come funzionari parte di una burocrazia, chiamati a meri obblighi di prestazione, ma come magistrati titolari pro quota di un ruolo istituzionale, chiamati a partecipare al costante miglioramento di un servizio e di una funzione costituzionale, al servizio dei cittadini. E minori sarebbero le già indebolite potenzialità della Magistratura di operare una resistenza innanzitutto culturale prima che politica ai sempre più diffusi progetti di cancellazione del modello di giurisdizione voluto dalla Costituzione del 1948.

Roma , marzo 2001

 

 

 

 

 

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