Indietro

Sommario opere

 LIOLA’  Composto  in versione dialettale nel 1916, rifatto in lingua italiana nel 1928,è un tra i pochi lavori del teatro pirandelliano  che si soda tra movenze  che rasentano l’ottimismo e la spensieratezza In questa commedia è tutto il rigido sistema dell’ “onore” siciliano che viene fatto saltare dall’interno. Vi si racconta la storia di un vecchio vedovo,ricco e senza eredi, che si sposa con una giovane orfana e accoglie in casa anche la nipote, messa incinta  da un giocondo don Giovanni contadino, Liolà.

Costui ama le donne e le donne lo amano; così la moglie del vecchio rimane incinta.

Che cosa fare? Vendicare l’onore perduto in un duello rusticano? No, il vecchio ma saggio marito accetta la situazione e si garantisce la discendenza e l’eredità della sua “roba”.

 ENRICO IV . Dramma rappresentato nel 1922. Tratta di un uomo che è preda di una spaventosa miseria che non è di lui solo, ma di tutti. E’ la dolorosa vicenda di un gentiluomo che, dopo una caduta da cavallo, si ferisce gravemente alla testa e perde la ragione;   crede allora di essere il re Enrico IV  del quale aveva indossato l’abito durante una festa mascherata. Egli dispone tutto in modo che il suo palazzo si presenti come una reggia, e si fa preparare un trono sul quale siede per governare. Dopo alcuni anni , però,rinsavisce, ma finge di essere pazzo per continuare a vivere la vita da re. Intanto Matilde, una fanciulla che egli aveva amato in gioventù, decide per il rinsavimento dell’uomo, di presentarsi a lui in compagnia    di Belcredi, suo amante, e di uno specialista  di malattie mentali. I tre indossano costumi   che indossarono all’epoca della lontana festa, ma la comparsa di quelle persone mascherate allo stesso modo di tanti anni prima, induce  l’uomo a credere di trovarsi al cospetto  di fantasmi, e, di nuovo, impazzisce. Roso dalla gelosia si scaglia contro Belcredi e lo uccide. Quando rinsavisce deve continuare a fingersi pazzo, per sfuggire alla  condanna per omicidio.

VESTIRE GLI IGNUDI.  Dramma  rappresentato nel 1922. E’ la storia dolorosa di Ersilia Drei che no riesce a foggiarsi una maschera per la vita e lo tenta almeno per la morte, volendo dimostrare , in tal modo, che le creature umane, per vivere, hanno bisogno di vestire le loro nudità morali, di illusioni; quando ciò non può avvenire non rimane altra scelta che la morte.

 COSI’ E’ (SE VI PARE ) Il dramma, rappresentato nel 1918, fu definito dall’autore una “gran diavoleria”. La trama come per tanti altri lavori teatrali del Pirandello, è tratta da una novella. I protagonisti sono la signora Frola e il genero Ponza: ognuno dei due è convinto  che l’altro sia pazzo, ma gli argomenti che l’uno oppone all’altro hanno una loro logica razionale, per cui non si riesce a stabilire in assoluto chi dei due veramente lo sia.

 SEI PERSONAGGI IN CERCA DI AUTORE Il dramma, rappresentato nel 1921, narra la vicenda di sei personaggi che, essendo  stati abbandonati dall’autore, si presentano sul palcoscenico mentre si sta rappresentando un altro dramma: “Il gioco delle parti”.  Essi pretendono di recitare per forza e manifestare il dramma umano che portano nelle loro coscienze. La Madre abbandona il marito e, insieme con il figlio, va a vivere presso il segretario del marito, che è il suo amante. Da questi ha tre figli: la Figliastra, il Giovinetto, la Bambina. Morto l’amante e ridotta in miseria   la famiglia, la Figliastra per guadagnarsi  da vivere, si impiega presso Madama Pace, la quale l’avvia alla prostituzione: La Madre, intanto, che ansiosamente ricerca la  figlia, la trova, nella casa di appuntamento della Pace, tra le braccia di un uomo che risulta essere il patrigno della giovane. Quest’ultimo venuto a conoscenza della dolorosa storia,accetta di ospitare la moglie e i figliastri in casa sua. Ma ogni tentativo di coabitazione e di coesistenza si rivela impossibile. La tragedia giunge alla catastrofe quando soccombono i più deboli: la Bambina che si getta in una vasca piena d’acqua e si lascia annegare, il Giovinetto, che, alla vista del cadavere della sorellina sull’acqua, non trova altra soluzione che suicidarsi, sparandosi un colpo di pistola in fronte.

IL TURNO  Romanzo pubblicato nel 1902; ha il ritmo di una novella. Narra la vicenda eroicomica di Marcantonio Ravi impiegato nella vana lotta di sottomettere l’irrazionale.

 L'esclusa  Romanzo composto nel 1894, pubblicato a puntate nel 1901. Nel 1908, dopo un’attenta revisione dell’autore, fu stampato dall’editore Treves; è dedicato a Luigi Capuana.  E’ la storia di una donna incolpata  di un peccato mai commesso e, per questo, scacciata di casa, tempo dopo, quando veramente si sarà macchiata della colpa, sarà riammessa in famiglia.

 IL FU MATTIA PASCAL Romanzo scritto nel 1904 e pubblicato nello stesso anno, a puntate; il volume fu edito, dopo essere stato rivenduto, dall’editore Treves, nel 1918. Narra le vicende di Mattia Pascal, il quale, avendo appreso da un giornale la notizia della sua morte, dapprima rimane sbalordito, poi decide di accettare la situazione e, sotto il falso nome di Adriano Meis, si trasferisce a Roma, dove frequenta i più vari ambienti e, alla fine si innamora di una modesta ragazza. Però, stanco della situazione, pone in atto un finto suicidio e, ripresa la prima personalità, fa ritorno alla vecchia casa dove, purtroppo, la moglie, avendo creduto alla notizia della sua morte, si è risposata ed ha avuto una figlia; al povero Mattia Pascal non resta che recarsi, di tanto in tanto, al cimitero e sostare innanzi alla sua tomba.

 I VECCHI E I GIOVANI Romanzo storico pubblicato nel 1909 dalla Rassegna contemporanea; fu pubblicato in due volumi, dall’editore Treves nel 1913. La vicenda, ambientata nella Sicilia di fine secolo, durante il periodo delle lotte di classe, narra di un gruppo di uomini che, dopo aver partecipato attivamente e con onore alle lotte risorgimentali, per cui sono ritenuti quasi degli eroi dai loro concittadini, si trovano, ben presto, implicati in uno scandalo finanziario e divengono così, nella opinione dei più, delle persone sconsiderate. Così osserva l’autore: “In fondo quegli uomini non avevano potuto far nulla a tempo e bene, né studi, né altro. Nelle congiure, nelle battaglie, erano stati come nel loro elemento; in pace, ora, eran come pesci fuor d’acqua. In vista, e senza uno stato; anziani e senza una famiglia attorno. Dovevano pur commettere, tardi e male, tutte quelle corbellerie che non avevano avuto il tempo di commettere da giovani…”

 UNO NESSUNO CENTOMILA Dopo una lunga meditazione da parte dello scrittore, il romanzo fu pubblicato nel 1925-26 a puntate su la Fiera Letteraria. Narra la grottesca vicenda di Vitangelo Moscarda, facoltoso possidente, il quale, ad un tratto, si accorge che la moglie si è fatta di lui un idea arbitraria per cui, dolorosamente, si convince che ogni uomo, alla fine, rimane per l’altro sempre uno sconosciuto. Fattosi ricoverare, dopo aver liquidato tutti i suoi beni, in un ricovero per povera gente, vive così in completa solitudine e diventa veramente nessuno, ma, al tempo stesso, centomila, perché ogni istante che passa lo rende diverso, sciolto com’è da ogni legame con il passato e da ogni passione.

 NOVELLE PER UN ANNO E’ il titolo della raccolta completa delle novelle. Una prima raccolta parziale fu pubblicata nel 1894 con il titolo Amore senza amore. Altre ne furono pubblicate da diversi editori nel 1922 Pirandello cominciò a pubblicare una raccolta che avrebbe dovuto comprendere 24 volumi di 15 novelle ciascuno (una al giorno, per un anno). Dal 1922 al 1937 il volume uscì regolarmente e in quest’ultimo anno la raccolta fu edita con il titolo di Novelle per un anno. Tutte le novelle di Pirandello.

 L’UMORISMO Saggio pubblicato nel 1908 in cui il Pirandello analizza in modo circostanziato il sentimento del contrario, cioè l’umorismo, ritenendolo mezzo indispensabile per comprendere lo spirito della sua opera. Il saggio è fondamentale per comprendere l’arte dello scrittore e si può dividere in due parti: la prima, esclusivamente teorica, la seconda critica. Nella prima chiarisce che cosa egli intenda per arte e, in particolare, di quella singolare espressione dell’arte che abitualmente viene definita umorismo. Contrariamente alle affermazioni di molti filosofi, tra i quali anche il Croce e il Bergson, che hanno riconosciuto la impossibilità di dare una definizione dell’umorismo, Pirandello, dopo aver affermato che l’opera d’arte scaturisce dal libero moto della vita interiore e che la riflessione in tale movimento si mantiene in certo modo appartata, nota come, nelle opere a carattere umoristico, invece, la riflessione diventi parte integrante, si ponga di fronte al sentimento stesso, lo esamini, lo analizzi, lo scarnifichi, operando una continua trasfigurazioni di immagini. E’ appunto questa analisi dettagliata che genera un’altra forma di sentimento, alla quale Pirandello dà il nome di sentimento del contrario.

Forma: La forma è la maschera, l’aspetto esteriore che l’individuo-persona assume all’interno dell’organizzazione sociale per propria volontà o perché gli altri così lo vedono e lo giudicano: è nella forma che l’individuo-persona diventa personaggio.

              La forma è determinata dalle convenzioni sociali, dalla ipocrisia, che è alla base dei rapporti umani, regolati più dall’egoistica valutazione di vantaggi e svantaggi o da meschine preoccupazioni per i propri interessi, che da un vero attaccamento ai grandi valori.

              Esiste una forma, nella tematica pirandelliana che

      a)    - gli altri danno all’individuo-personaggio;

b)    - l’individuo-personaggio dà a se stesso;

c)     - l’individuo-personaggio crede che gli altri gli diano;

d)    - ciascuno individuo e ciascun personaggio crede di darsi nei rapporti con gli

  altri.

        Maschera: La maschera è la rappresentazione più evidente  della condanna dell’individuo a recitare sempre la stessa parte, imposta dall’esterno, sulla base di convenzioni che reggono l’esistenza della massa.

                  Nella società l’unico modo di evitare l’isolamento è il mantenimento della maschera: quando un personaggio cerca di rompere la forma, o quando ha capito il gioco, inevitabilmente viene allontanato, rifiutato, non può trovare posto nella massa in quanto si porrebbe come elemento di disturbo in seno a quel vivere apparentemente rispettabile, in quanto sottomesso alle norme, ma fondamentalmente condannabile, in affossatore dei bisogni basilari dell’uomo.

                 La maschera, comunque non può essere presa come elemento negativo in modo assoluto, perché come rileva anche C. Alvaro, sotto di essa il personaggio cerca di riguadagnare il senso vero della personalità umana, e qualcosa che supera la stessa personalità dell’uomo.

                   La maschera è il simbolo, in negativo del rifiuto delle false convenzioni sociali, dello sfruttamento dei pochi sulle masse e della schiavitù dell’uomo sottomesso alle norme che lo costringono a un’esistenza disumanizzata; in positivo del tentativo di un ritorno alla verità, riconquistate dopo averla sezionata nelle sue mille stacciature e nelle mille impressioni che da essa ognuno riceve. Sotto la maschera l’uomo si rivolta perché vuol riconquistare un proprio spazio vitale e un valore morale dei sentimenti.

                   Abbiamo già detto che i concetti di forma nelle novelle e nei romanzi e di maschera nella produzione teatrale sono equivalenti.

                     E’ nella maschera che ritroviamo un contrasto più profondo fra illusione e realtà, fra l’illusione che la propria realtà sia uguale per tutti e la realtà che si vive in una forma, da cui il personaggio non potrà mai salvarsi.

Trappola: La trappola è intesa come un “carcere” in cui l’individuo si dibatte, lottando invano per liberarsi.

                 L’istituto in cui si manifesta per eccellenza la “trappola” della “forma” che imprigiona l’uomo, separandolo dall’immediatezza della “vita”, è la famiglia. Pirandello è acutissimo nel cogliere il carattere opprimente dell’ambiente famigliare, il suo grigiore avvilente, le tensioni segrete, gli odi, i rancori, le ipocrisie, le menzogne che si mescolano torbidamente alla vita degli affetti.

                   L’altra “trappola” è quella economica, costituita dalla condizione sociale e dal lavoro: gli eroi pirandelliani sono prigionieri di una condizione misera e stentata, di lavori monotoni e frustranti, di un’organizzazione gerarchica oppressiva.Da questa “trappola” non si da per Pirandello una via d’uscita storica: il suo pessimismo è totale, non gli consente altre forme di società diverse. Secondo Pirandello è la società che è condannabile, in quanto negazione del movimento vitale. L’unica via di salvezza è la fuga nell’irrazionale, nell’immaginazione che trasporta verso un “altrove” fantastico.

Personaggio: Il personaggio non ha nessuna possibilità di instaurare rapporti umani con gli altri personaggi, perché ciascuno è obbligato a recitare la sua parte e capire che solo nella rappresentazione di essa può diventare personaggio vivo.

                      Sul piano di questo rapporto si verifica la disintegrazione fisica e spirituale dei personaggi che si può riassumere in tre punti essenziali che formano la teoria della triplicità esistenziale:

 1)    come il personaggio vede se stesso;

2)    come il personaggio è visto dagli altri;

3)    come il personaggio crede di essere visto dagli altri.

 Le conseguenze della triplicità sono tre:

 1)    il personaggio è uno quando viene messa in evidenza la realtà-forma che lui si dà;

2)    è centomila quando viene messo in evidenza la realtà-forma che gli altri gli danno;

3)    è nessuno quando si accorge che ciò che lui pensa e ciò che gli altri pensano non è la stessa cosa, quando la propria realtà.forma non è valida sia per sé che per gli altri ma assume una dimensione per sé e un’altra per ciascuno degli altri.

                     La triplicità serve a Pirandello per esaminare come i personaggi sono fatti veramente dentro e capire come essi si vedono.

 

Verismo e decadentismo Formazione culturale Poetica

Home