Autore:
Sonia Furlan
Nell'incipit di
Notre Dame de Paris Victor Hugo ci racconta che frugando sulle
pareti, nelle gallerie della grande cattedrale francese era forse
possibile ad un occhio attento trovare qualche traccia di una parola
scritta da mano ignota e ormai cancellata da nuovi strati di
intonaco; e così con lo scorrere del tempo il segno scompare, della
parola incisa nella tenebrosa torre di Notre Dame rimane solo il
ricordo, finché rimane, e così dell'uomo che l'ha tracciata. Quella
parola è il termine greco 'ANANKE, che significa destino, fatalità.
Ad Issogne non è così difficile trovare segni lasciati da mani
ignote sulle pareti del castello, e spesso leggiamo frasi scherzose,
che ci fanno sorridere, ma se pensiamo alle mani che hanno tracciato
quei segni e ascoltiamo attentamente, dentro di noi sentiremo
senz'altro una parola che rimbomba: 'ANANKE.
L'unico modo che abbiamo per riandare alla vita quotidiana tra
quelle mura è quello di lasciarci portare da quelle scritte, da quei
commenti e fantasticare un po'.
I graffiti sono, materialmente, incisioni realizzate con punte
metalliche oppure segni superficiali a pastello, e sono stati
lasciati dagli ospiti o dai castellani stessi con le più disparate
motivazioni. Quello dei graffiti è in realtà un fenomeno diffuso, e
come in Notre Dame il tempo e l'uomo hanno spesso cancellato i segni
che pellegrini e viandanti lasciavano nei luoghi dove passavano.
Issogne è un caso a sé in questo contesto, visto che non è mai stato
davvero abbandonato o ammodernato dai tempi di Giorgio di Challant e
ci riporta fedelmente le iscrizioni praticate sui suoi muri a
partire dal XV secolo.
I graffiti sono diffusi in tutte le zone del castello, ma le
ritroviamo con maggior frequenza nelle zone di maggior passaggio: il
porticato, i corridoi e gli sguinci delle finestre e delle porte.
Vediamo allora cosa si usava scrivere sui muri nei secoli passati,
seguendo le indicazioni di Omar Borettaz, autore di una monografia
sull'argomento.
La scritta più antica che ritroviamo su un pilastro del portico si
riferisce ai lavori di sistemazione del castello e recita 1489
Jan Devalupe / a fait la cave de ce / chateaus pour / 20 florin
; vicina a questa c'è la testimonianza di una festa tra amici: Il
Baroncel, il Tagliante e 'l Baldessero furon a festa qua col bon
Stringhero / 1567 10 novembre , e nella lunetta del corpo di
guardia troviamo la firma di Colin, il pittore di Giorgio di
Challant: Metro Colin pintr.
Continuando la ricerca di quei graffiti che ci raccontano degli
avvenimenti quotidiani nel castello ci imbattiamo, nella salle
basse, nella testimonianza di una sentita vittoria, l'uccisione di
un animale selvatico evidentemente temuto dal mondo contadino: M.
a tué la fuyne / le 5 septembre 1613.
In un corridoio troviamo l'invito a mangiare rivolto probabilmente
al futuro cardinale Carlo Gaudenzio di Madruzzo o al nipote Carlo
Emanuele, poi vescovo di Trento e conte di Challant: Carolus
aegrotat, faciunt ieiunia morbum. / Ut recte valeas, Carole, sume
cibum!
Non mancano gli epitaffi e le commemorazioni funebri, riferiti sia a
personaggi noi sconosciuti, sia agli stessi signori del castello.
Troviamo così il ricordo di una signora di Vercelli: 1564 / alli
11 maii morta Baglia Bernardina / Verzelesa et sepulta Sancti Egidii
e di una damigella di Torino: Le derrier de juing 1594 est / allé
à Dieu Madamisele / Ysabel a Turin, entrambe nell'ingresso
settentrionale, insieme all'annuncio della morte di René di Challant
nella galleria della contessina: XI iulii 1565 / obiit Renatus /
comes de Challant e sotto a questa scritta troviamo numerose
testimonianze di tristezza e compunzione, soprattutto in coincidenza
con l'anniversario della morte del conte.
Numerosi sono anche i riferimenti a fatti talora lontani dal mondo
del castello, come la morte di papa Gregorio XIV e la successione da
parte di papa Sisto V ed episodi della riforma protestante: Le 28
doctobre 1535 / la messe a resté de dire / a Geneve, nella scala
di servizio.
Addentrandoci un po' nella vita quotidiana del castello troviamo con
facilità riferimenti a mal accette differenze sociali; nella lunetta
del sarto si legge Ladri sono i sarti, in quella del
pizzicagnolo Chi serve li signori more al ospidale. Nella
lunetta dello speziale scopriamo lo scarso rispetto che veniva
portato ad un povero gozzuto rappresentato nell'atto di pestare
erbe: Pesta gozzo, e poi Pesta poltron e ancora Che
strazio io son mentre la lunetta del pizzicagnolo ci testimonia
la sprezzante ironia esercitata nei confronti del prostitute: Le
signore pasando / per la piasa vedendo / le putane a filar dicendo /
fa cativo tempo e Una signora in pasando dice / au le putane filon.
/ Subito lan fato risposta: le signore / àno levato il pane et
bisonia filare / ce voliamo maniare.
Ma non mancano osservazioni più profonde, che fanno riflettere anche
noi che le leggiamo dopo centinaia d'anni: nella lunetta del sarto
leggiamo L'home vivant selon raison / considerant le temps qui
court / il est plus aisez en sa maison / qu'ung grand signeur qui
vit en court, nella scala principale Numquam carior pecunia
sit / quam fides, nel loggiato al secondo piano 1569 / Recta
facia / et bene vives, nella salle basse Dum tempus habemus /
operemus bonum. Nel loggiato del secondo piano leggiamo anche il
consiglio di un tal Pierre de Vuille che ci si presenta come "cerviteur
a monsieur le comte de Challant": Donne de tes bien cepandant /
que sont tiens car après ta mort / tu ny auras plus rien.
Il denaro si pone come elemento di contrasto ed infatti ne troviamo
differenti opinioni: nella foresteria leggiamo Thesaurizat homo /
cum magna solicitudine pro se / et sui et tamen ignorat cui /
congregabit ea: an fluribus, an / hostibus, an extarneis, an fisco
mentre nella lunetta del sarto un ignoto ospite ci testimonia
dell'importanza del denaro: Homo sine pecunia / est corpus sine
anima.
I muri del castello non riportano però solo considerazioni serie ed
impegnate, ma ci si mostrano anche come confidenti di innamorati a
volte disperati, a volte rassegnati e a volte, fortunatamente,
felici. Nella lunetta del corpo di guardia si legge 1569 Amoris
pignore vulnus infligis, nella lunetta dello speziale In
stato tal non mi lasciar morir, nell'oratorio di Giorgio di
Challant Perché ti parve di voler più anchora / vedermi tormentar
prima / che io mora, nel porticato Non amor / imo dolor /
mulieris amor, nella scala principale 1545 / Pour ung plaisir
/mille douleur. Spesso poi non conosciamo neppure la causa della
che i muri del castello ci trasmettono, come quando troviamo scritto
nel porticato d'ingresso O morir o più contento, e nel
corridoio verde, forse dalla stessa mano: 1565 7 octobris /
Deficit in dolore vita mea; 1565 14 octobris / in me turbatum
est cor meum ; Adversae res etiam bonos detrectant ; 1574 /
Cor meum conturbatum, e viceversa a volte si maledice una
amicizia sbagliata: Maledictus homo qui confidit in homine,
si legge nella salle basse, e nella lunetta del corpo di guardia
Ne te fiee de personne e, con un simpatico quanto attuale gioco
di parole: S'offrir faict souffrir 1607.
Ci sono poi
alcuni che cercano di mostrarsi forti e di non far trasparire il
proprio dolore, e allora un muro diventa il confidente più discreto,
come fa tal Thoma di Druenvaldtd sui muri della salle basse: 1577
/ Per non monstrar ill moi duolore / tal volta rido che crepe ill
cuore / Thoma di Druenvaldtd / von Nuremberg, mentre altri
denunciano la loro indecisione davanti ad un problema da affrontare,
e così nel loggiato del secondo piano leggiamo Se io taso crepo /
se io parlo io temo / esere represo. Vorebe / senza parlar eser /
inteso e nella scala di servizio Lo che poude non lo chiro /
e lo che chiro non lo poude.
Ma tra tutti i dolori e i problemi non mancano le scritte gioiose
degli innamorati felici, che riprendono i versi di Virgilio e ci
ricordano che Omnia vincit amor.
E come resistere alla tentazione di una battuta salace! Allora, come
adesso, il muro sembra il luogo ideale per esprimere giudizi
canzonatori sulle persone, in relazione all'aspetto fisico o a
superstizioni e modi di fare, e già all'epoca le iscrizioni più
licenziose si concentravano all'interno dei servizi igienici.
Seguendo l'amor di decenza che guida Borettaz, anche noi sorvoleremo
sulle espressioni più scurrili, ma non possiamo non rilevare che in
bella vista nella lunetta del corpo di guardia qualcuno ha scritto
in stampatello una piccola nota su una particolare caratteristica
fisica di un tal Marcantonio: W Marqantoine et ces gros couillon.
Troviamo numerose volte poi, ad esempio nella lunetta dello
speziale, una versione un po' sopra le righe del nostro "asino chi
legge": Omne animal habet culum / tu qui legis pone nasum.
Anche le signore del castello usavano canzonarsi, e nella salle
basse troviamo la caricatura di una certa Caterina accompagnata da
questo messaggio: W le divine bellezze della signora provosta
Caterina / insieme con suo civetare. È probabile che sia stata
la stessa Caterina a cancellare con righe orizzontali il suo nome
sostituendolo con quello di Ioanna, che a questo punto supporre come
originaria autrice del motteggio.
A tutte queste facezie si oppongono quattro versi a sanguigna
scritti probabilmente nel XVI secolo presso l'ingresso al secondo
piano della scala principale: Tous ceulx que maldise d'autruy et
rapporte / nentre ceans nous luy deffendons lapporte / car que d'austruy
mal dira / le diable l'enpourtera.
Il castello, oltre ad ospitare castellani e personale di servizio,
accoglieva anche pellegrini e viandanti, soprattutto nel periodo tra
primavera e autunno, e anche di questo troviamo testimonianza nei
graffiti. C'è chi parte contento dopo un soggiorno evidentemente
poco piacevole, come chi nella lunetta del panettiere scrisse:
Qui non vissi, chi si trovò ad Issogne tanto bene da piangere al
solo pensiero della partenza: MDLVIII / A di XXI d'aprile si
partì madama / di Buronzo piangendo e lagrimando / de Insognio
(nella salle basse) Quando io penso al partir / io penso al morir
(nel loggiato della contessina); e poi c'è chi segnala soltanto la
sua partenza, senza mostrare particolari sentimenti: Le 22 de
mars fut le depar 1607 (porticato si accesso), 1560 / adi 24
de / magio / fu partito secundo ordini / Matio Scafari (lunetta
dello speziale). Ma i viaggi dell'epoca non erano certo tranquilli
come i nostri e troviamo allora un ringraziamento per il buon esito
del viaggio: 1567 24 martii / Benedictus Dominus Deus / in reditu
a Vallangin, ed un commento di un tal Barbero che nel 1568 ci
dice che adi 3 iunio arivai qua / più morto di vivo (salle
basse).
Tanto ancora ci sarebbe da dire sui graffiti che, come abbiamo
sommariamente visto possono rivelarci il lato umano, carico di
passione e a volte di sofferenze, che fa da contraltare all'aulico
progetto iconografico di Giorgio di Challant, mostrandoci l'altra
faccia della medaglia, la vita quotidiana di uomini uguali a noi e
come noi soggetti alle leggi dell' 'ANANKE.
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