Vivere
momenti diversi - dal servizio coi bambini all'ascolto delle chiacchiere
delle signore, dagli incontri al confronto che ne segue... - è
occasione per osservare e cercare di conoscere.
Le persone, i bambini, le case, le strade, i commenti, le storie,
i giudizi, i volti, i suoni, i rumori, i silenzi.
Ciò che si fa è strumentale al primo obiettivo che
proponiamo: aprire gli occhi.
Vogliamo sottolineare con forza questo aspetto: i campi a Sarajevo
non sono campi di servizio.
Prendiamo in prestito le parole di un rover che ha detto: “Non
potevamo spedire i soldi qui e farli usare per ricostruire e fare
servizio a casa nostra dove c'è molto bisogno?”.
E ha ragione: un Clan/Fuoco di 20 persone che spende quasi 4000
euro per andare a fare servizio a 900 km di distanza da casa sua,
forse ha sbagliato qualcosa.
Il servizio che faremo a Sarajevo è ben poca cosa rispetto
a quello di cui c'è bisogno, ci sono associazioni che da
anni fanno sicuramente molto più di noi.
E
allora perché andare là?
Per molti sarajeviti siamo una “bella abitudine”:
sanno di poter contare sugli scout italiani che, nonostante l'indifferenza
generale, non li hanno dimenticati. Siamo spesso i loro occhi,
le loro orecchie, la loro memoria. Il motivo principale del nostro
recarci là è mettere un tassello importante nell'educazione
alle scelte dei nostri R/S: Scelta
Politica
innanzitutto, ma non solo. Il nostro modo di vivere la Fede e
il Servizio viene toccato sul vivo dalla realtà sarajevita
ed entrambi ne usciranno in qualche modo cambiati.
Per dirla con le parole del progetto: Sarajevo è una delle
esperienze proponibili che, attraverso gli strumenti del servizio
e dell'esplorazione, offrono la possibilità di percepire
in modo diretto e globale diversi temi fondamentali.
Sarajevo è l'ombelico del mondo in cui si incontrano Nord
e Sud, cristiani e musulmani, cultura asburgica e cultura turca.
Sarajevo è contemporaneamente il fulcro di un incontro-scontro
tra Oriente e Occidente, economia di mercato e comunismo, cultura
ortodossa e cattolicesimo. Quale terreno migliore per proiettare
l'immagine delle nostre città in un futuro multietnico,
multiculturale e multiconfessionale?
Un futuro prossimo in cui la diversità non è minoranza,
ma uguaglianza?
In questa città, quasi profetica, qualcosa è esploso
dando origine a una guerra.
Guerra: altra parola chiave a cui dare un significato educativo.
A casa tutto è inconcepibile o spiegabile semplicisticamente
e falsamente con la teoria dei buoni e dei cattivi, di chi ha
solo torto o solo ragione. Solo vivendo l'esperienza del confine,
delle due parti, si può percepire qualcosa, soprattutto
sul piano irrazionale; fare amicizia con gli studenti serbi e,
contemporaneamente, vivere l'accoglienza della città musulmana,
fa scoprire sensazioni che conducono a risposte, o a ulteriori
domande non altrimenti concepibili.
Sarajevo è, fra le poche, la migliore delle situazioni
proponibili, sicuramente il palcoscenico più vicino, in
cui il ragazzo diventa attore, è il luogo in cui i conflitti
e gli abbracci sono stati e sono tuttora tangibili.
Sarajevo è soprattutto luogo di incontro, di conoscenza
e di condivisione.
Non è vero che la stessa esperienza può essere vissuta
direttamente nei sobborghi-ghetti delle nostre città; proporre
un'esperienza non mediata non comporta più rischi, ma li
comporta tanto quanto una qualsiasi esperienza educativamente
valida da noi proposta ai ragazzi. |