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  La Caduta di Gondolin - Gli schieramenti dei Gondothlim


Nel Silmarillion, la terribile battaglia in cui la città nascosta di Re Turgon dovette soccombere alle orde di Morgoth è riassunta nelle poche righe di seguito
riportate (p. 305):
"Degli atti di disperato valore che vi si compirono da parte dei capi delle nobili casate e dei loro guerrieri, e da Tuor non certo tra gli ultimi, molto si narra ne La Caduta di Gondolin: dello scontro tra Ecthelion della Fonte con Gothmog, Signore di Balrog, nella stessa piazza del Re, dove ciascuno dei due uccise l'altro, e della difesa della torre di Turgon per mano dei suoi familiari, finchè la torre stessa non venne abbattuta; e risonante fu la sua caduta e Turgon trascinato nella sua rovina."
Vi è dunque, nel Silmarillion, un vero e proprio rinvio, per quanto attiene alla descrizione dell'assalto a Gondolin e della battaglia che ivi si compì, a quella narrazione (La caduta di Gondolin, appunto) oggi contenuta nel testo I Racconti Perduti; narrazione che risulta di conseguenza, per quella parte, pienamente compatibile con l'assetto finale della cosmogonia tolkieniana.
Oggetto degli approfondimenti relativi alla Caduta di Gondolin sarà quindi unicamente la parte del Racconto relativa alla battaglia (quella, cioè, pressochè completamente assente nel Silmarillion) mentre, per tutto ciò che riguarda la fondazione della città di Gondolin, gli anni del suo splendore, l'avvento di Tuor e la vicenda di Maeglin, si fa espresso riferimento al contenuto del Silmarillion, peraltro ampiamente illustrato nell'approfondimento a cura di Gil-galad denominato "
Gondolin".
Questa prima sezione è dedicata alla descrizione delle undici casate (oltre alla dodicesima, quella di Tuor) schierate a difesa di Gondolin, ai loro stemmi ed armamenti.
L'assalto di Melko si annunciò con terribili rossi bagliori d'oltre i colli e le montagne, durante la notte di Tarnin Austa (le Porte dell'Estate) la grande ricorrenza in cui dalla mezzanotte fino al sorgere del giorno nella città nascosta non veniva pronunciata parola, ma l'alba veniva salutata con canzoni antiche.
Presto, tutte le grandi casate e stirpi dei Gondothlim accorsero in piazza per organizzare la difesa della città.
La possente schiera della Casa Reale aveva come emblema il cuore scarlatto e i suoi colori era il bianco, l'oro ed il rosso. Nel mezzo si ergeva Tuor con la sua cotta d'argento e vicino a lui i suoi valorosi, con ali come di cigno o gabbiano sull'elmo e lo stemma dell'ala bianca sullo scudo.
La truppa di Meglin (il Maeglin del Silmarillion, qui ancor più infido traditore) portava armature nere senza simbolo né emblema, tondi copricapi d'acciaio coperti di pelle di talpa ed era armata di asce a due lame simili a zappe.
La stirpe della Rondine aveva sull'elmo un ventaglio di penne ed era abbigliata di bianco, blu scuro, porpora e nero; sugli scudi recava una punta di freccia ed il signore di quella casata era Duilin, il più veloce tra i Gondothlim a correre e spiccare balzi ed il più sicuro degli arcieri su un bersaglio.
La stirpe dell'Arco Celeste era di smisurata ricchezza: i suoi uomini vestivano di in un tripudio di colori e le loro armi erano intarsiate di gemme. Gli scudi erano azzurri come la volta celeste ed ognuno di essi era borchiato con un gioiello di sette pietre preziose. Erano guidati da Egalmoth, unico dei Noldoli (i Noldor del Silmarillion) ad utilizzare una spada ricurva, cui preferiva però l'arco, con il quale sapeva colpire più lontano di chiunque altro.
Alla Rondine e all'Arco Celeste appartenevano i migliori arcieri di Gondolin.
Da Penlond, il più alto dei Noldoli, erano comandate le genti del Pilastro e della Torre di Guardia.
Galdor era considerato il più valoroso dei Gondothlim dopo Re Turgon e guidava la grande casata dell'Albero, i cui appartenenti vestivano di verde e combattevano con mazze borchiate e fionde.
La casa del Fiore d'Oro portava sullo scudo un sole raggiante ed il suo capo, Glorfindel, indossava un mantello ricamato con fili aurei come i suoi capelli; anche le sue armi erano damschinate in oro fino.
Dal sud della città giungeva il popolo della Fonte, comandato da Ecthelion, amante dell'argento e dei diamanti. Le loro spade erano assai lunghe, luminose e pallide. Solevano andare in battaglia al suono dei flauti.
Di seguito procedeva la schiera dell'Arpa, adorna di nastri d'argento e d'oro: un'arpa argentea brillante in campo nero era il loro stemma. I guerrieri dell'Arpa erano gente intrepida, ma il loro capo, Salgant, era invece un codardo ed un adulatore di Meglin. Il suo corpo era greve e tozzo ed egli er al'unico tar i Gondothlim a recarsi in guerra a cavallo.
L'ultimo battaglione era quello del Martello d'Ira, composto dai migliori fabbri ed artigiani; l'intera stirpe venerava Aule più di tutti gli altri Ainur. Avevano braccia assai forti e combattevano con grandi mazze, simili a martelli, proteggendosi con pesanti scudi. Erano comandati da Rog, il più forte tra tutti i Noldor ed appena secondo, per valore, a Galdor dell'Albero. Il simbolo della gente del Martello d'Ira era un'incudine colpita da un martello che le sprizzava scintille tutt'intorno i colori erano l'oro rosso ed il ferro nero. Grandi furono le loro gesta nella terribile battaglia di Gondolin e nessun altro come loro seminò morte e terrore tra i Balrog; ma la sorte gli fu avversa e nessuno di quella stirpe sopravvisse e tutti caddero intorno a Rog, così molta arte e maestria si persero per sempre assieme a loro.
Queste erano le undici casate di Gondolin e come già si è accennato, la guardia del corpo di Tuor, la gente dell'Ala, era considerata la dodicesima.
Tutti erano ormai schierati, mentre il terrore di fuoco si avvicinava sempre di più alla bianca città nascosta di Re Turgon.


a cura di Fingolfin



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