TOBIA ALDINI

VICENDE EDILIZIE DELLA ROCCA DI FORLIMPOPOLI

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Parte Quarta

Arco dell’antica loggia (fig. 33)

Un’altra scoperta interessante si verificò, infine, all’interno dell’antico vano-scala del teatro: in fondo allo stretto locale, sulla parete Ovest, apparve un ampio arco ribassato che, liberato dall’intonaco, risultava costruito a regola d’arte, con mattoni ben ordinati (fig. 33). L’arcata (profonda cm 58) era ricavata nel muro occidentale, del quale manteneva identico spessore. Era impostata direttamente sulla cortina sud, ad un’altezza dal pavimento di m 1,97, e si concludeva, alla medesima quota, in corrispondenza della spalletta nord, dopo aver mantenuto andamento molto regolare (alt. massima dal pavimento m 2,65; luce m 2,65). La struttura, lasciata in vista dopo i restauri, è ciò che resta della loggia a tre arcate, che, come si dirà in seguito, si trovava nell’antichità sulla fronte ovest dell’ala sud della rocca.

Tecniche murarie rilevate durante le ricerche

Per completare la serie dei dati raccolti in occasione dei lavori di restauro della rocca, ritengo utile a questo punto un ulteriore approfondimento su alcuni elementi ricorrenti, relativi alla tipologia costruttiva delle murature nelle diverse epoche; tipologia che ho potuto rilevare puntualmente sulle varie pareti esaminate, che sono risultate costruite quasi esclusivamente con mattoni.

I diversi tipi di muratura riscontrati

1 - Muro a sacco con paramenti molto regolari, realizzati con mattoni "graffiati" (in prevalenza piuttosto grossi e di dimensioni variabili) e con qualche concio di pietra (in genere di "spungone"), ben tagliato e disposto, in molti casi, alla base. Le commessure sono sottili, uniformi e perfettamente stuccate (49) (fig. 38). Sono, queste, strutture molto antiche. Sono ruderi della cattedrale di Santa Maria (sec. XII), riutilizzati al momento della costruzione del castello. Si trovano più frequentemente, lungo il perimetro della corte, in corrispondenza dei muri dell’antica chiesa. Il tratto più consistente, conservato fino a circa m 2 dal piano della Piazza Fratti, è ora nascosto, sotto l’intonaco moderno, nella facciata del municipio, ad Est dell’ingresso agli uffici (50).

2 - Muro a sacco con paramenti rozzi, realizzati con materiali di reimpiego, specie con mattoni "graffiati" di varie misure. Le commessure sono molto irregolari e non stuccate (fig. 39). Questa tecnica è rilevabile qua e là nelle fronti delle cortine dell’edificio, specialmente nella muraglia posta ad Est e su vaste zone di quelle situate a Nord e a Sud. Sono tratti di muratura eretti, con materiali provenienti dalla demolizione della cattedrale (51) – o di altri edifici medioevali della città –, subito dopo la distruzione avvenuta a seguito delle sanzioni del cardinale Egidio Albornoz (52).

3 - Muro molto elegante, costruito con mattoni nuovi di fornace, tutti uguali, con commessure perfettamente regolari (anche se piuttosto larghe), sottolineate da solchi ben marcati (fig. 16, n. 1). È presente in prevalenza nelle pareti della corte ed all’interno del piano nobile. Con questo tipo di muratura – che non prevedeva l’intonaco – sono realizzati diversi ingressi e finestre medioevali, sormontati da archetti ribassati.

4 - Muratura rozza, costruita con mattoni di reimpiego. Le commessure sono larghe ed irregolari, non stuccate (fig. 16, n. 2). Questi muri di solito erano completati nell’antichità con l’intonaco. Sono riferibili a profonde ristrutturazioni, attuate nel castello in momenti successivi a quelli delle fasi edilizie più antiche.

 

Considerazioni sui dati raccolti

Le varie notizie archeologiche fin qui riportate potrebbero sembrare di poco conto, in quanto non si riferiscono a ritrovamenti di oggetti o strutture eccezionali – come ad esempio i resti della cattedrale romanica rinvenuti negli anni 1959-1961 e lasciati in parte in vista all’interno del museo cittadino –, ma sono ugualmente molto importanti per l’approfondimento delle conoscenze sulle vicende storico-architettoniche della rocca.

I dati rilevati, infatti, insieme con l’apporto di altri elementi desunti dalle scoperte archeologiche già pubblicate (53) e dai vari studi storico-archivistici relativi al monumento (54) – ed anche da una più attenta osservazione diretta delle sue strutture –, ci permettono di definire le linee essenziali della storia edilizia della fortezza, con particolari che spesso sono anche abbastanza circostanziati e puntuali.

Strutture murarie più antiche

Resti di muri molto antichi, scoperti nell’area della rocca, vennero alla luce nel 1967 sotto la zona della cripta della cattedrale, davanti all’ingresso del museo (55). Essi furono attribuiti ad un edificio romano oppure ad una chiesa paleocristiana (56) ed anche alla primitiva cattedrale di Forlimpopoli (57).

Dopo questa fase edilizia – che, allo stato attuale delle conoscenze, è la prima riscontrata nella zona del castello – si rileva quella molto attiva che portò a compimento la costruzione della chiesa romanica, nel sec. XII (58), con strutture murarie che sono risultate realizzate con una tecnica ben individuabile (Tipo 1). Addossati alla cattedrale, si sono notati, inoltre, avanzi di muri medioevali, estranei all’edificio sacro e, in certi casi, non utilizzati per la successiva costruzione della rocca (59).

Un muro, oggi ancora in piedi (la grossa parete est della Chiesetta di S. Brizio), che è risultato di età precedente a quella del castello, ha destato vivo interesse durante le ricerche effettuate in occasione degli ultimi restauri, per la presenza di un ingresso (figg. 26-27) sormontato da archi con paramento murario di Tipo 3. L’esame di questa struttura ha permesso di stabilire che il muro apparteneva alla residenza del vescovo (che sorgeva accanto alla Cattedrale) e aveva, in quel punto, una robusta porta chiudibile per proteggere l’area posta ad Occidente.

Un’altra grossa parete (Tipo 2), quella nord della sala più grande del museo, presenta tuttora un ingresso con caratteristiche analoghe a quello appena menzionato. Anche questo, molto antico, non fu mai utilizzato per mettere in comunicazione i locali del pianterreno, perchè troppo basso rispetto al piano di calpestio dell’età del castello (60).

Dalle indagini archeologiche condotte finora, non sono risultati altri dati relativi alle costruzioni più antiche (sorte nell’area della cattedrale o accanto ad essa) ed è impossibile oggigiorno ricostruire le linee architettoniche ed i confini del palazzo vescovile, trasformato per volere dell’Albornoz in fortezza a partire dall’anno 1360 (61). Esso in parte fu distrutto ed in parte inglobato nella rocca.

Lineamenti architettonici del Forte Salvaterra (fig. 40, A)

Ponendo l’attenzione sulle strutture esterne della fortezza – in antico detta "Salvaterra" – per determinare, sia pur in linea di massima, quale fosse il suo aspetto alla fine del Trecento, cercherò di mettere in evidenza, attraverso l’esame dei dati archeologici ed architettonici, ogni elemento utile.

Come già affermai in altra sede (62), sono oggi più che mai convinto che la rocca occupasse in origine la stessa area su cui si estende attualmente (63). E non potrebbe essere diversamente, perché, se è vero che, come si deduce da un documento del 1423, il Salvaterra era circondato "su quattro lati da fossati colmi d’acqua" (64), bisogna riconoscere che questi dovevano essere ubicati al di fuori dell’attuale corte, perché diversamente il loro scavo avrebbe comportato la distruzione dei resti della cattedrale, ritrovati a poco più di un metro di profondità nell’area occidentale della Piazza Fratti, nell’ottobre del l985 (65).

Una volta stabilito questo dato planimetrico relativo alla primitiva costruzione, è facile dedurre che il muro antico, affiorato a più riprese (anni 1978 e 1985) sotto la cortina occidentale – la cui scoperta fin dall’inizio suscitò non poche perplessità nei ricercatori (66) –, era, nonostante il suo spessore piuttosto limitato (m 1), una delle cortine del Salvaterra, un muro che, come si dirà in seguito, venne poi irrobustito notevolmente e provvisto di alta scarpa.

Molto più spesse risultano invece, fin dall’origine, le altre cortine del fortilizio, soprattutto quelle poste ad Est e a Sud. Esse furono erette in gran parte con materiali di recupero (muratura di Tipo 2) e, in minor misura, con mattoni nuovi di fornace (Tipo 3), utilizzati nei paramenti all’esterno dell’edificio ed anche all’interno, specie in corrispondenza delle sale del piano nobile.

Ampi tratti di muratura di Tipo 3, ben visibili prima del restauro recente all’esterno del bastione con ponte levatoio, costituiscono delle testimonianze (purtroppo oggi non più documentabili) dell’alta antichità della possente struttura dell’ingresso, la quale, nonostante la presenza delle scarpe e dei cordoli laterali – aggiunti molto probabilmente in un secondo tempo –, risale, a mio parere, al momento del primo completo assetto della rocca. Tale datazione (primi anni Sessanta del sec. XIV) è confermata anche dalla presenza di tratti di paramenti murari di Tipo 2, tuttora visibili, all’interno dell’androne, sul lato ovest. Ancora altri elementi, che concordano con l’ipotesi di una così antica edificazione del bastione, sono offerti dalla tipologia dei due archi ad ogiva posti rispettivamente sull’ingresso esterno e su quello interno verso la corte (quest’ultimo molto alto in origine e chiudibile con saracinesca, non più funzionante dopo la successiva costruzione di un arco più basso a tutto sesto, che ne ostruì la sede su cui in precedenza scorreva). Un ulteriore dato a favore di questa datazione è fornito dalle caratteristiche dell’archetto posto sopra la pustierla, a doppio giro di mattoni (fig. 41), di tipo simile a quello scoperto nel 1989 nel muro est della Chiesetta di S. Brizio (fig. 26). Tutti questi elementi, insieme con quelli offerti, inoltre, dalla presenza dei resti di una delle solite aperture (una porticina) con archetto ribassato, ora murata (fig. 42) – posta verso la corte, al primo piano del bastione –, e dalle tracce di un’altra antica struttura (feritoia?) di tipologia analoga, rifinita con arco, sul muro est, all’interno dell’androne, sono indizi numerosi che confermano una cronologia della costruzione al tempo dell’Albornoz (67).

Un elemento importante, infine, per riconoscere la vetustà della struttura è offerto dalla constatazione che le varie componenti deputate al sollevamento del ponte più largo non potevano adempire alla loro funzione nella maniera ottimale riscontrata nei ponti levatoi costruiti subito dopo. Mi riferisco al fatto che le incassature per i bolzoni sono molto larghe e troppo ravvicinate (fig. 47), per cui le catene per il sollevamento non potevano muoversi sulle linee dei bordi laterali del ponte, ma venivano fissate in modo da essere ingombranti per il transito dei carri, restringendo sensibilmente l’area d’accesso (68).

Per le numerose ragioni fin qui addotte, si può concludere che a Forlimpopoli è l’unico esempio noto di rocca albornoziana munita di ponte levatoio.

L’antico Salvaterra non era, quindi, una piccola rocca, ma un fortilizio imponente (fig. 40, A), dall’aspetto molto più slanciato di quello attuale, per la presenza di alte torri quadrangolari, merlate, che svettavano sopra le cortine.

La tipologia originaria delle strutture angolari è tuttora rilevabile dall’esame degli attuali torrioni, che sono circolari all’esterno, ma all’interno conservano i vani della prima fase edilizia, a pianta quadrangolare, coperti da volta a botte (69). Osservando i bastioni situati ad Oriente, si nota con maggior evidenza la primitiva forma quadrangolare, rilevabile molto agevolmente soprattutto nel bastione nord-est, ove la curvatura esterna, assai irregolare, risulta ottenuta smussando gli spigoli del torrione antico.

Fig. 39 - Tratto di paramento murario (Tipo 2) della parete ovest della Sala III del Museo Archeologico Civico di Forlimpopoli.
Fig. 39 - Tratto di paramento murario (Tipo 2) della parete ovest della Sala III del Museo Archeologico Civico di Forlimpopoli.

Forma quadrangolare aveva anche il mastio, l’estrema difesa del castello, la possente torre che, distrutta fra la fine del sec. XVIII ed i primi decenni del XIX (70), era completamente isolata ed era posta all’interno della corte, nell’area occidentale (fig. 40, A, n. 4). La mancanza completa di dati sulla tipologia di questa struttura, esaminata soltanto a livello delle fondazioni, durante gli scavi archeologici condotti negli anni 1978 e 1985 (71), impedisce qualsiasi tentativo di datazione della costruzione. L’unico elemento cronologico finora disponibile (ed il più antico), relativo alla presenza del mastio nella rocca, è quello offerto dal Vecchiazzani quando, nella sua Historia, riporta la notizia che (nel 1497) il vento "si fece così sentire spaventoso" che scoperchiò il tetto della torre (72).

È risultato difficile, infine, poter definire, allo stato attuale delle conoscenze, l’aspetto originario di un tratto della fronte settentrionale della Rocca. Mi riferisco alla zona posta in prossimità del torrione nord-ovest, ove restano, sulla grossa parete esterna, le tracce molto evidenti di profondi rifacimenti edilizi. Come già affermai in altra occasione (73), qui potrebbero esser i resti del campanile della cattedrale, riutilizzati forse all’epoca della costruzione della rocca per erigere un tratto della cortina (74), che in quel punto piegava, ad angolo retto, prima verso Sud e poi verso Ovest, in modo da formare una rientranza del perimetro esterno della rocca (fig. 40, A, n. 3). Il torrione nord-ovest veniva a trovarsi, pertanto, in posizione avanzata rispetto al corpo della fortezza. Questa situazione rimase invariata per molto tempo. E ciò è dimostrato dalla presenza dell’alta scarpa, rivolta verso Occidente, quasi sicuramente di età quattrocentesca, rilevabile oggigiorno in una profonda fessura rimasta nella fronte nord dell’edificio.

Fig. 40 - A
Fig. 40 - Le trasformazioni della rocca (ricostruzione di T. Aldini).
A - Il castello dell'Albornoz: 1) residenza antica; 2) area del primitivo vano-scala e di altri probabili locali del pianterreno e del primo piano, posti ad ovest dell'ingresso; 3) rientranza della cortina nord; 4) mastio.

Fig. 40 - B
Fig. 40 - Le trasformazioni della rocca (ricostruzione di T. Aldini).
B - Modifiche successive (in nero sono indicati i rifacimenti delle cortine e col punteggiato, le scarpe); 1) pustierla; 2) edificio secondario; 3) scarpa a rinforzo della cortina sud.


Note al testo

(49) Le caratteristiche di tale muratura furono da me segnalate anche in precedenza (cfr. T. Aldini, Scoperte archeologiche nella Rocca cit., p. 76).

(50) Ibid., pp. 42-51.

(51) Nelle pareti della Sala III del museo archeologico civico sono visibili mattoni con superfici "graffiate" curvilinee, che quasi sicuramente furono smontati dai vicini muri absidali della chiesa.

(52) I lavori per la costruzione della rocca erano in piena attività negli anni 1363-1364 (vd. sopra nota 46).

(53) CIL, XI, p. 111; A. Santarelli, Forlimpopoli, in "Not. Scavi", 1888, p. 724; Edizione archeologica della Carta d’Italia al 100.000, Foglio 100, Forlì (rilevamento e compilazione di N. Nieri Calamari), 1932, IV SE, nn. 25-29; T. Aldini - V. Bassetti, Risveglio dell’archeologia forlimpopolese, in "Forum Popili", n. 1, 1961, pp. 73-76; R. Turci, L’antico Forum Popili alla luce delle recenti scoperte archeologiche, in "Forum Popili", n. 1, 1961, pp. 80-89; P. Novaga, Chiese e culto del Santo, in "Il ritorno di S. Rufillo primo Vescovo e Patrono di Forlimpopoli", 1964, pp. 133-145; T. Aldini, Ritrovamenti archeologici nel territorio forlimpopolese. Attività di scavo dal 1900 ad oggi, 1972; V. Bassetti, La cattedrale di Forlimpopoli, in "Ravennatensia", VI, 1977, pp. 173-180; P. Novaga, Testimonianze d’arte figurativa romana e medioevale in Forlimpopoli, in "Forlimpopoli nel 600°" cit., pp. 67-88; T. Aldini, Scoperte archeologiche nella Rocca cit.; Id., Il Museo Archeologico Civico cit.

(54) M. Vecchiazzani, Historia di Forlimpopoli con varie revolutioni dell’altre città di Romagna, 1647; E. Rosetti, Storia cit., pp. 17-108; L. Ricci, Nuovo compendio della storia di Forlimpopoli, 1895; U. Santini, Il Comune di Forlimpopoli sotto la Signoria degli Zampeschi (1535-1578), in "Atti e Mem. Deputazione storia patria provincie Romagna", s. 3, XXI (1903), pp. 343-438 (ripubbl. in "Forum Popili", n. 3, 1992, pp. 1-104); L. Amaducci, op. cit.; P. Novaga, Aspetti politici dell’impresa albornoziana su Forlimpopoli, in "Il ritorno di S. Rufillo" cit., pp. 79-90; E. Dupré Theseider, L’Albornoz, Forlimpopoli e Bertinoro, in "Studi Bertinoresi e Polentani", estratto dal Vol. XV degli "Studi Romagnoli", 1966, pp. 3-14; A. Aramini, Il maschio della Rocca, in "Forum Popili", n. 2, 1975, pp. 195-196 (ripubbl. in "Scritti" cit., p.7); V. Bassetti, Confini parrocchiali settecenteschi nella città di Forlimpopoli, in "Forum Popili", n. 2, 1975, pp. 197-199; A. Aramini, La Rocca cit., 1977, pp. 6-10; Id., Le mura di Forlimpopoli, in "Notiziario" dell’Ass. Pro Loco di Forlimpopoli, Anno I, nn. 4-5, 1979 (ripubbl. in "Scritti" cit., pp. 15-18); V. Bassetti, Forlimpopoli medievale: radiografia di una città, in "Forlimpopoli nel 600°" cit., pp. 19-40; A. Vasina, op. cit., pp. 41-58; A. Aramini, Forlimpopoli nel timor del contagio (1656-57-58), in "Forlimpopoli nel 600°" cit., pp. 105-114 (ripubbl. in "Scritti" cit., pp. 111-114); Id., Brunoro 2° Zampeschi, ultimo "rampollo" di una insigne Famiglia di Forlimpopoli, quaderno a cura della Pro Loco di Forlimpopoli, 1987 (ripubbl. in "Scritti" cit., pp. 227-235); M. Gori, La rocca "hordelaffa" cit.; V. Bassetti, Documenti sui primi 150 anni, cit., pp. 143-174; A. Aramini, La decadenza nel XVII secolo cit., 1990, pp. 175-198; A. Bacchi, op. cit.; L. Aldini, op. cit.; A. Aramini, La decadenza nei secoli XVIII e XIX cit., pp. 33-59.

(55) T. Aldini, Ritrovamenti cit., p. 8; V. Bassetti, La cattedrale cit., p. 179 e fig. 4; T. Aldini, Scoperte archeologiche nella rocca cit., pp. 12-13.

(56) T. Aldini, Ritrovamenti cit., p. 8;

(57) V. Bassetti, La cattedrale cit., p. 179;

(58) T. Aldini, Scoperte archeologioche nella rocca cit., p. 86;

(59) Ibid., p. 80 e fig. 41, Q;

(60) Ibid., p. 7 e fig. 41, P;

(61) L. Amaducci, op. cit., pp. 48 e 211-212 (Doc. VI).

(62) T. Aldini, Scoperte archeologiche nella Rocca cit., p. 85.

(63) Un punto di vista analogo è stato espresso anche da V. Bassetti (cfr. Documenti sui primi 150 anni cit., p. 162).

(64) V. Bassetti, Documenti sui primi 150 anni cit., pp. 161-162.

(65) T. Aldini, Scoperte archeologiche nella rocca cit., pp. 63-74 e fig. 41, D-I.

(66) Ibid., pp. 18, 63, 82 e figg 7, 49 e 41,C;

(67) La torre di guardia della nostra rocca è molto simile alla Porta di Sopra (già di S. Giovanni) di Corinaldo (AN), città che come Forlimpopoli subì nel sec. XIV pesanti sanzioni da parte dell’Albornoz. Nel 1360 infatti il Cardinale, per punire il centro marchigiano che gli si era schierato contro, l’occupò e l’incendiò, distruggendo case, chiese e mura urbiche. Poco dopo, nel 1367, il papa Urbano V ne autorizzò la ricostruzione. Fu in seguito a questo evento che, fra le altre opere di difesa della città, venne edificata la porta suddetta (cfr. M. Mauro, Castelli rocche torri civiche cinte fortificate delle Marche, Vol. I, Seconda ediz., 1992, Corinaldo, scheda di F. Mariano, pp. 117-125, figg. 3-4).

(68) Le fonti archivistiche attestano che il ponte levatoio della Rocca di Forlimpopoli era presente negli anni 1406-1407 (cfr. V. Bassetti, Documenti sui primi 150 anni cit., p. 154) e quindi molto prima delle radicali ristrutturazioni intraprese, come si dirà poi, da Pino III Ordelaffi nel 1471.

(69) Anche dentro il torrione posto a Sud-Ovest sono visibili le tracce della sua forma originaria, nonostante esso sia stato quasi completamente rifatto.

(70) A. Aramini, Il maschio della Rocca cit., 1975, p. 195; Id., La decadenza nei secoli XVIII e XIX cit., p. 52-53.

(71) T. Aldini, Scoperte archeologiche nella Rocca cit., pp. 15-16, 60-62 e fig. 41, F.

(72) M. Vecchiazzani, op. cit., Part. II, p. 189.

(73) T. Aldini, Scoperte archeologiche nella Rocca cit., p. 82 e fig. 41, I-L.

(74) In precedenza pensai si trattasse invece di un bastione (cfr. T. Aldini, Scoperte archeologiche nella Rocca cit., p. 82)


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