TOBIA ALDINI

VICENDE EDILIZIE DELLA ROCCA DI FORLIMPOPOLI

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Parte Prima

Premessa

I restauri della rocca di Forlimpopoli, iniziati verso la fine del 1974 (1) e conclusi nel 1990 (2), comportarono lavori edilizi molto consistenti, durante i quali si verificarono interessanti scoperte archeologiche, specie in occasione di scavi eseguiti nei locali del pianterreno e nella Piazza Fratti. Vennero alla luce a più riprese numerosi reperti e nuovi dati per una conoscenza più approfondita sulle antiche strutture del castello e su quelle della Chiesa di Santa Maria, la cattedrale presente nel luogo prima della rocca. Di questo edificio sacro potei effettuare nel 1985 un primo rilevamento completo dei resti affiorati, che descrissi nei dettagli (3).

Rinvenimenti archeologici interessanti si verificarono nella rocca anche durante i momenti del rifacimento degli intonaci, all’interno dei locali ed, all’esterno, nei muri delle facciate rivolte sulla Piazza Fratti, ove furono messi in evidenza momentaneamente elementi-chiave per ricomporre, sia pur a grandi linee, la storia edilizia dell’edificio. Mi riferisco in particolare alle tracce degli interventi più consistenti, i quali dall’antichità ad oggi hanno via via trasformato il monumento, fino a consegnarcelo nello stato attuale.

Le notizie da me annotate all’atto delle scoperte non sono certamente sufficienti per risolvere ogni problema che nasce da uno studio approfondito sulle vicende edilizie della cattedrale e del castello, ma costituiscono senz’altro un contributo utile per gli sviluppi delle ricerche future. E, perchè ogni dato raccolto durante i restauri della rocca non vada disperso, ho ritenuto opportuno presentare ora, in questa sede, quegli elementi inediti che per vari motivi non avevo potuto inserire negli scritti pubblicati in precedenza.

Prima di passare alla descrizione dettagliata dei ritrovamenti archeologici fino ad oggi inediti – i quali, per comporre un quadro generale degli interventi edilizi nel monumento, verranno poi utilizzati insieme con tutte la altre notizie desunte dalle fonti storico-archivistiche e da una attenta osservazione delle strutture murarie – ritengo utile presentare una breve nota degli avvenimenti della storia locale legati alla rocca, perche, attraverso l’esame dello svolgersi degli eventi più importanti, saranno poi possibili richiami puntuali che aiuteranno a comprendere meglio le ragioni delle iniziative edilizie più consistenti, operate nel corso dei secoli (4).

Cenni storici

La rocca, costruita per volere del Cardinale Albornoz nella prima metà degli anni Sessanta del Trecento, fu chiamata in origine "Salvaterra" (5). Sorse, infatti, per il controllo della "terra", cioè del luogo ormai declassato a semplice villaggio, dopo la distruzione della città ad opera del Cardinale stesso, avvenuta intorno al 1361.

Nei primi anni la fortezza fu affidata ad un castellano designato dallo Stato della Chiesa. Nel 1371, come si legge nella Discriptio Romandiole del Cardinale Anglico, il castellano vi dimorava con venti famigli, cioè con venti servitori (6).

Tale situazione rimase immutata fino al 1379, anno in cui Sinibaldo Ordelaffi ebbe il permesso, da papa Urbano V, di ricostruire la cerchia urbica di Forlimpopoli (7). Da questo momento la città passò sotto il controllo degli Ordelaffi di Forlì, soprattutto a partire dal 1388, quando potenti personaggi di questa famiglia (Pino e Cecco) riuscirono a diventare "Vicari della Chiesa" per Forlì, Forlimpopoli ed altri centri limitrofi (8). Dopo la morte di Pino (1402) e di Cecco (1405), finiti tragicamente vittime di intrighi di palazzo, i Forlivesi posero il governo della Città di Forlì in mano a dodici Priori e scacciarono gli Ordelaffi, che ripararono a Forlimpopoli, ove rimasero fino al 1411, anno nel quale ripresero nuovamente il comando di Forlì (9).

Nel 1425 Forlimpopoli venne occupata dal Visconti, poi dalle truppe del Papa e, successivamente, nel 1434, fu riconquistata dagli Ordelaffi (10). Di nuovo assediata e rioccupata nel 1436 dalla truppe pontificie comandate da Francesco Sforza, fu ripresa poco dopo dagli Ordelaffi e ancora, nel 1439, dallo Sforza, finché dopo 45 giorni d’assedio ritornò agli Ordelaffi (11).

Nel periodo 1471-1480, furono attuati per iniziativa di Pino III Ordelaffi considerevoli lavori edili nella Rocca di Forlimpopoli. Queste opere – di cui si dirà diffusamente – cambiarono volto alla fortezza, potenziandola e rendendola meno vulnerabile alle nuove armi d’offesa (12).

Nel 1481 Forlimpopoli venne concessa a Girolamo Riario e, alla sua morte (avvenuta a Forlì nel 1487 in modo violento), a sua moglie Caterina Sforza. Nel 1500 venne occupata dal Valentino e nel 1504 passò nuovamente agli Ordelaffi (13). Ma proprio in quell’anno la città ritornò sotto il potere diretto del Papa, perché si estinse la Famiglia Ordelaffi (14).

Nel 1528 Forlimpopoli venne concessa al Conte Lodovico Rangone e, nel 1535, divenne feudo perpetuo del Conte Antonello Zampeschi (15). Alla morte di questi, avvenuta nel 1551, la città passò alla vedova Lucrezia Liviana Orsini ed al figlio Brunoro II (16).

Il dominio degli Zampeschi segnò per la rocca il momento più favorevole, il periodo in cui essa, divenuta sede di una corte principesca forlimpopolese, raggiunse il suo massimo prestigio e decoro. Ma vennero ben presto i tempi della decadenza. Con la morte di Brunoro II, nel 1578 si estinse la Famiglia Zampeschi e Forlimpopoli tornò sotto il dominio della Santa Sede (17). Alla moglie di Brunoro, Battistina Savelli, erede dei beni degli Zampeschi, fu concesso però il permesso di continuare a risiedere nella rocca e di mantenere il diritto al fisco e ad altri privilegi, fino alla sua morte (18). Spentasi Battistina nel 1592, tutte le sue ricchezze furono ereditate dal nipote principe Paolo Savelli (19), al quale il Papa concesse, in enfiteusi, la Rocca di Forlimpopoli come residenza. Nel 1621 l’eredità degli Zampeschi venne venduta dal principe Savelli al cardinale Aluigi Capponi, Arcivescovo di Ravenna, per 75.000 scudi (20). I nuovi proprietari, i Marchesi Capponi di Firenze, avuta anche la rocca (in enfiteusi), non si preoccuparono troppo del decoro dell’edifico e lo utilizzarono quasi esclusivamente come magazzino, ove i loro fattori accumulavano e smerciavano i prodotti dei numerosi terreni che essi possedevano nella zona (21). La Famiglia Capponi tenne la rocca fino al 1797. In seguito l’edifico storico passò al Comune di Forlimpopoli che, dal periodo della dominazione napoleonica al 1862, l’utilizzò come propria residenza e ne divenne legittimo proprietario nel 1883, quando si liberò dal pagamento dell’enfiteusi, versando al Demanio la somma di L. 858, 60 (22).

Fig. 1 - Sala B del Teatro Verdi (marzo 1975)
Fig. 1 - Sala B del Teatro Verdi (marzo 1975)

Nel 1851 nel teatro cittadino – trasferito stabilmente nella rocca dal 1830 – avvenne la celebre invasione del Passatore, che fu la più clamorosa del brigante.

Dagli ultimi decenni dell’Ottocento agli anni cinquanta di questo secolo, il castello (escludendo la zona del teatro) fu occupato interamente da inquilini, al primo ed al secondo piano, e da esercenti nei locali del pianterreno. Con l’aggravarsi del degrado dell’edificio, lasciato per lungo tempo nel più completo abbandono, la rocca diverrà alla fine ricetto delle famiglie meno abbienti del paese.

Solo a cominciare dagli anni Sessanta però la situazione muterà completamente ed il monumento riacquisterà via via la sua vetusta dignità. Diverrà, prima, sede del museo archeologico (1961) (23), poi della Biblioteca P Artusi e dell’archivio storico (fine anni Sessanta) e da ultimo, negli anni 1977-1978, del Municipio (24). Nel frattempo continueranno i restauri e verranno risistemati il teatro (riaperto nel 1982) ed i locali del centro culturale polivalente. La ristrutturazione sarà ultimata, come si è già detto, nell’anno 1990.

Ritrovamenti nella vecchia Sala B del Teatro Verdi

A seguito del contratto d’appalto del 13 novembre 1974, furono intrapresi i lavori del primo stralcio dei restauri della rocca, per trasferirvi la sede del municipio (25). Si cominciò a sistemare l’ala orientale (26), con la ristrutturazione del piano nobile, a quel tempo in gran parte occupato da un cinematografo ( la Sala B del Teatro Verdi), ivi ricavato nel 1951 (fig. 36, n. 2), utilizzando due vecchi stanzoni (fig. 35, nn. 2-3), in cui fino a poco prima era allestito il museo civico.

Il nuovo progetto edilizio prevedeva un radicale smantellamento di tutte le strutture moderne, per trasformare l’ambiente nell’attuale suggestiva sala del consiglio comunale (fig. 37, n. 2).

I lavori all’inizio portarono allo scoperto (marzo 1975) le antiche pareti della sala, le quali vennero liberate completamente dagli intonaci vecchi, a cominciare dal livello del pavimento fino al tetto (figg. nn. 1-2). Sui muri nudi del grande ambiente apparivano qua e là i segni molto evidenti di trasformazioni attuate all’interno della rocca; si potevano leggere chiaramente, sulle ampie superfici laterali, le tracce di interventi antichi.

Consapevole che un’occasione così favorevole, per poter raccogliere preziosi dati, non si sarebbe più presentata in seguito, cercai di annotare e fotografare ogni traccia emersa, prima che venisse nuovamente occultata sotto l’intonaco o eliminata durante i nuovi lavori dei muratori.

Ed ecco, qui di seguito, la serie degli elementi apparsi in quella occasione sui muri della Sala B.

Parete est (fig. 3)

Fino all’altezza di m 3,95 (dal vecchio piano della sala) era visibile il paramento della cortina (in origine a mattoni a vista) stuccato nelle commessure. Ad intervalli regolari si rilevavano anche le tracce dei fori per le antiche impalcature usate per erigere la spessa parete.

La fronte del grosso muro terminava in alto, alla quota del cammino di ronda della rocca, con una fila di mattoni posti di taglio, la cui sommità segnava una netta linea di demarcazione fra la larga cortina e il tratto superiore del muro (cm 50 di spessore), che, costruito in un secondo tempo (quando nella fortezza fu ricavato il sottotetto), era ovunque molto rozzo e rovinato. In questo tratto alto della muratura, appartenuto in antico all’ultimo piano dell’edificio, erano le tracce di tre ingressi (fig. 3, nn. 1-3), che originariamente mettevano in comunicazione le stanze con gli spalti (27).

La fila dei mattoni, posti di taglio (alt. cm 15) sulla grossa parete a m 3,80 dal pavimento, era molto rovinata, a causa dell’innesto a quella quota delle volte lunettate che coprivano tre locali adiacenti, ivi presenti nell’antichità (fig. 34, nn. 2-4). Oltre ai segni delle lunette, erano visibili sul paramento murario le tracce degli innesti delle pareti divisorie (spessore cm 30), abbattute in epoche diverse per ricavare alla fine un unico grande ambiente (fig. 3).

La stanza antica del primo piano posta a Nord (fig. 34, n. 2), accanto alla sala attualmente utilizzata per le riunioni della giunta comunale, era larga m 5,60 (lato orientale). Immediatamente a Sud era una camera un po’ più piccola (lato est: m 5,40), con una cappella, tuttora conservata, larga m 2,26 e profonda m 1,95, ricavata nello spessore del muro (fig. 3, n. 4 e fig. 34, n. 7).

L’ambiente attiguo, quello posto verso Mezzogiorno (fig. 34, n. 4), era il più vasto dei tre (lungh. m 8,40) e aveva un ampio finestrone, tagliato nella cortina (fig. 3, n. 5 e fig. 4), che si apriva verso Levante (28).

Parete ovest (fig. 5)

Anche questo ampio muro, liberato dall’intonaco sia all’interno della sala (fig. 6) sia all’esterno (fig. 7), metteva in evidenza degli elementi molto eloquenti, che permettevano una lettura abbastanza chiara delle fasi edilizie antiche, le quali comportarono più volte trasformazioni radicali dei locali. Un attento esame delle strutture portava a risultati veramente significativi.

Un dato di notevole importanza era quello relativo al fatto che questa parete risultava riedificata quasi completamente dal livello del pavimento del piano nobile, in un periodo antecedente a quello della costruzione delle sale coperte dalle volte lunettate. Si notavano, infatti, tracce di muro d’età più antica (a mattoni ben ordinati, con commessure stuccate come nel paramento della cortina est) nei tratti più bassi della parete, mentre le lunette della volta soprastante risultavano impostate su un muro di tipo diverso, più rozzo, rifatto con materiali di reimpiego. Avanzi della muratura più antica erano visibili anche in un punto situato al centro della parete, fino all’altezza di circa m 3 dal pavimento. Un altro piccolo avanzo murario analogo era verso l’angolo sud-ovest del vecchio locale cinematografico, mentre all’esterno del muro, nella fronte rivolta verso la Piazza Fratti, erano visibili, sul tratto settentrionale della medesima struttura muraria, i resti di una finestra rifinita alla sommità con un archetto ribassato (fig. 8).

Figura 6 - Sala B. Parete ovest (marzo 1975)
Figura 6 - Sala B. Parete ovest (marzo 1975)

Ritornando ai dati raccolti all’interno della sala, devo dire che anche sulla parete ovest furono notati i soliti segni della presenza antica dei tre ambienti allineati, coperti da volte lunettate e divisi da muri di cm 30 di spessore (fig. 5). Partendo da Nord e procedendo verso Sud, si vedevano i resti della parete ovest della prima sala (largh. m 5,60) con le tracce, in alto, degli archetti di tre lunette, sotto le quali dovevano essere ai lati due finestre (29) e al centro un camino, di cui apparvero tracce molto evidenti (fig. 5, n. 4). Nella sala accanto erano, sul muro ovest (m 5,50), i segni di altre tre lunette con sotto, ai lati, due finestre (fig. 5, nn. 2-3) murate nell’antichità (largh. rispettivamente m 1,20 e m 1,15), mentre al centro si apriva (nel 1975) una delle tre porte costruite per l’accesso alla Sala B. Anche in questa stanza, sotto l’archetto della lunetta centrale, poteva essere stato in origine un camino, di cui però durante gli ultimi restauri non si ritrovarono avanzi. Nella parete ovest dell’attigua sala più grande, erano le tracce di quattro lunette e mezza, perché, a seguito di un ampliamento del vicino teatro, attuato negli anni 1877-1878 (30), in occasione di radicali lavori di ristrutturazione, era stato spostato verso Nord (per un tratto di pochi metri) il muro antico che, a meridione, delimitava il medesimo ambiente (fig. 2). Tale anomalia, rimasta invariata anche al tempo dell’uso della Sala B, fu eliminata nel 1975, quando fu costruita nuovamente la parete con andamento diritto, ma non sulla linea del tratto del muro più antico, che fu completamente distrutto (cfr. fig. 37).

Fig. 7 - Ala est della Rocca. Muro di facciata verso la corte (1975)
Fig. 7 - Ala est della Rocca. Muro di facciata verso la corte (1975)

Anche la terza sala con volta lunettata aveva due finestre verso la corte della rocca, con al centro della parete un camino monumentale (fig. 5, n. 1), del quale apparvero resti cospicui (larghezza totale alla base: m 2).

Fig. 8 - Ala est della rocca. Muro di facciata verso la corte (1975). Resti di finestra medioevale.
Fig. 8 - Ala est della rocca. Muro di facciata verso la corte (1975).
Resti di finestra medioevale.

Nella parte alta del muro ovest della Sala B erano cinque finestre del sottotetto, le quali, pur essendo murate, erano rifinite all’esterno con stipiti e ringhierina a colonnette di legno (fig. 7), elementi simili a quelli delle altre finestre del secondo piano della rocca, rivolte verso la Piazza Fratti.

Parete sud (fig. 2)

Il muro (spessore cm 45) partiva dalla cortina est e proseguiva verso Ovest, con andamento diritto, fino oltre la sua parte centrale, ove era l’antico ingresso (utilizzato ininterrottamente sino al momento dei restauri recenti), poi piegava ad angolo retto verso Nord, per un breve tratto e, subito dopo, si dirigeva nuovamente verso Occidente, verso la parete ovest della Sala B, mantenendo andamento parallelo a quello della porzione di muro iniziale (figg. 9 e 36). L’irregolarità, come è stato detto più sopra, era dovuta all’ampliamento ottocentesco del vicino teatro (nella zona del palcoscenico). Il tratto più antico della parete sud della Sala B era, pertanto, quello più spesso (cm 45) posto ad Oriente, il cui innesto con la cortina della rocca avveniva proprio nel punto in cui si concludeva la serie delle cinque lunette della parete est dell’ambiente con grande camino (fig. 3).

La parete sud della Sala B, nel tratto più antico, si presentava rozza, costruita con materiali di reimpiego, con commessure non stuccate (erano presenti qua e là anche mattoni "graffiati" medioevali). Nella parte alta del muro, una porta metteva in comunicazione, nell’antichità, gli ambienti del sottotetto.

Parete nord (fig. 1)

Il paramento del muro, nella parte bassa, e cioè fino alla linea delle lunette della volta demolita, presentava mattoni ben ordinati, con commessure stuccate, mentre, nel tratto del sottotetto, la medesima parete era molto rozza ed irregolare. Sopra la quota delle lunette essa risultava ispessita, mediante l’inserimento di mattoni posti di taglio, fino all’incirca all’altezza delle travi piane della copertura a capriate. L’intervento, attuato nell’antichità per rettificare la fronte della parete, la quale in alto era un po’ arretrata rispetto alla superficie della parte inferiore, venne eseguito quando, come dirò più sotto, la volta lunettata fu sostituita da un soffitto ad arelle più alto (31).

Al centro della parete nord della Sala B era l’antico ingresso murato (figg. 1 e 10), che risultava più volte rifatto e modificato (fig. 10).

Elementi eloquenti, che attestavano la presenza di altre antiche aperture ricavate in questa parete, erano verso Est, vicino all’angolo della sala (fig. 1). Qui era un ulteriore vecchio ingresso (largo appena cm 70 ed alto poco più di m 2) con sopra una finestra (m 0,70 x 1,50). Le due aperture murate (non più utilizzate da tempo immemorabile) erano perfettamente allineate e divise da un architrave di legno, mentre un altro architrave analogo era alla sommità della finestra (32).


Note al testo

(1) Questa data segna però l’avvio dei lavori più consistenti, che furono intrapresi con l’intento di portare la sede comunale nella rocca, mentre altri restauri erano stati attuati in precedenza, negli anni Sessanta, per sistemare al pianterreno il museo archeologico ed, al piano nobile dell’ala nord, la Biblioteca "P.Artusi" e l’archivio storico comunale.

(2) La fine dei lavori fu celebrata il 7 aprile con varie manifestazioni promosse dal comune. Nell’occasione fu murata nella facciata del municipio la seguente lapide: Forlimpopoli 7-4-1990 / Oggi, completamente ristrutturata, / viene restituita alla Città / la Rocca trecentesca, che fu / degli Ordelaffi e degli Zampeschi, / divenuta dal 1978 sede Municipale / e centro della vita amministrativa / culturale e sociale di Forlimpopoli / il consiglio comunale.

(3) T. Aldini, Scoperte archeologiche nella Rocca di Forlimpopoli, in "La rocca di Forlimpopoli", 1990, pp 1-86.

(4) Le foto e i grafici a corredo del testo, senza indicazione dell’autore, sono dello scrivente.

(5) V. Bassetti, Documenti sui primi 150 anni di vita della rocca di Forlimpopoli, in "La rocca di Forlimpopoli" cit., pp. 144-146 e 148.

(6) A. Theiner, in "Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis", II, 1862, n. 525.

(7) A. Vasina, Forlimpopoli nel Medioevo. Dalla distruzione alla ricostruzione, in "Forlimpopoli nel 600° della ricostruzione (1380-1980)", 1983, p. 57.

(8) E. Rosetti, Storia di Forlimpopoli (III ediz. di Forlimpopoli e dintorni), in "Forum Popili", n. 2, 1975, p. 35.

(9) Ibid., p. 36.

(10) E. Rosetti, La Romagna, 1894, p. 320.

(11) Ibid., p. 320.

(12) Annales Forolivienses, a cura di G. Mazzatinti, in R.I.S, tomo XXII, II, 1903, p. 100 (47-50); E Rosetti, La Romagna cit., p. 320.

(13) E. Rosetti, La Romagna cit., p. 320.

(14) M. Gori, La rocca "hordelaffa" in Forlimpopoli, in "La rocca di Forlimpopoli" cit., p. 126.

(15) E. Rosetti, Storia cit., p. 42.

(16) Ibid., p. 42.

(17) Ibid., p. 42.

(18) Ibid., p. 42.

(19) Ibid., p. 54.

(20) A. Aramini, La decadenza: la rocca, le fosse, il terraglio e le mura nel XVII secolo, in "La rocca di Forlimpopoli" cit., p. 178 (ripubbl. in " A. Aramini, Scritti", 1993, p. 21).

(21) Ibid., 1990, p. 179.

(22) A. Aramini, La decadenza: la rocca, le fosse, il terraglio e le mura nei secoli XVIII e XIX, in "Scritti" cit., p. 59.

(23) T. Aldini, Il museo di Forlimpopoli, in "La Piê", n. 4, luglio 1980, pp. 156-158; Id., Andrea Benini e i Civici Musei di Forlimpopoli, in "Il Comune", Anno XV, n. 2, luglio 1986, pp. 6-7; Id., Il Museo Archeologico Civico di Forlimpopoli, 1990.

(24) Cfr. Presentazione al Vol. "La rocca di Forlimpopoli" cit., p. V.

(25) A. Bacchi, 1974-1990. Il restauro della Rocca. Documentazione, in "La rocca di Forlimpopoli" cit., p. 223.

(26) Sebbene la rocca sia orientata come l’antico percorso cittadino della Via Emilia in senso Sud-Est / Nord-Ovest, ho ritenuto conveniente (come ho fatto anche in passato) considerare l’edificio disposto esattamente secondo i quattro punti cardinali, per semplificare l’indicazione dei vari settori presi in esame.

Per ala orientale si deve intendere quindi quella verso la Piazza Trieste, anche se è rivolta quasi perfettamente a Sud-Est. Allo stesso modo, nel testo, verranno indicate ad Ovest la cortina di Piazza Garibaldi, a Nord quella di Piazza Pompilio e a Sud la fronte con il ponte levatoio.

(27) Gli ingressi aperti durante gli ultimi restauri sono attualmente quattro. Essi collegano il nuovo ballatoio interno in cemento armato (costruito lungo la parete est della sala del consiglio comunale) con l’attiguo camminamento di ronda.

(28) Il finestrone fu rimpicciolito e trasformato durante i recenti lavori. Fu eliminata la robusta inferriata posta all’esterno e venne ricavato dentro il muro un bugigattolo, con l’accesso dall’odierna sala del consiglio mediante una porticina moderna.

(29) Le finestre si aprono oggigiorno nei medesimi punti di quelle antiche, ma sono di fattura recente.

(30) M. Gori, Il Teatro Comunale di Forlimpopoli, 1982, pp. 27-28.

(31) A seguito di questa modifica, realizzata in quasi tutte le sale dell’ala est della rocca, furono eliminati gli ambienti del sottotetto.

(32) Finestre e porte, presenti nella parete nord della Sala B, avevano stipiti intonacati e tinteggiati e risultavano ricavate mediante la demolizione delle corrispettive zone di muro.


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