Secret trip.

Questa è una storia molto particolare, di un posto altrettanto particolare e di un gruppo di surfisti fuori dal mondo. Il luogo di cui sto parlando esiste, esiste eccome, ma non vi dirò dov'è o come si chiama. Ognuno di voi se lo immaginerà dove vuole: in Africa, in California oppure in Nuova Zelanda. Magari a due passi da casa vostra, in Liguria o in Toscana. Sono stato portato in questo posto da un ragazzo sconosciuto che chiameremo "Dome", uno dei locals che surfano in questo secret spot. Che personaggio, un surfista d'altri tempi, l'energia che sprigionava dai suoi occhi era incredibile. Sedeva da solo bevendo caffè in un pub diciamo a Newport Beach, anzi no eravamo a Biarritz o forse a Santa Marinella, non me lo ricordo. Parlammo d'inquinamento, di guerra e di spots super affollati. Ci trovammo daccordo su tutto e ciò bastò per rendermelo simpatico da subito. Fu lui a parlarmi di questo luogo fuori dal mondo dove ancora si può stare soli in mezzo all'immensià del mare e cavalcare onde deserte. Questo luogo Dome lo chiamava "casa". Mi mostrò anche delle foto ed io rimasi affascinato dalla bellezza di quei luoghi e di quelle onde. Mi chiesi perchè me ne parlò visto che i locals non vogliono mai rendere pubblico lo splendore delle loro onde. Eppure lo fece anche se mi chiese gentilmente di non parlarne a nessuno che non se lo meritasse realmente. Così farò, non vi dirò dov'è questo posto nè come si chiama ma ve lo racconterò.

Il giorno prima della partenza Dome mi delucidò sui personaggi che avrei incontrato. Voleva chiarire che non dovevo aspettarmi un comitato di benvenuto e che forse avrei avuto qualche problema soprattutto con i più radicali. Spiegò che molti di loro hanno paura di perdere quello che hanno, temono che un giorno o l'altro una troupe di qualche magazine famoso andrà da loro e renderà pubblico che esiste ancora al mondo un posto così. Parlare di loro mi lasciò in apprensione, in cosa mi sarei imbattuto, tavola e setto nasale rotto, auto distrutta o cosa? Comunque ero pronto a tutto e poi non ero forse anch'io dalla loro parte?

Partenza. Controllammo le ultime cose, ci sorridemmo e guidammo per ore. Arrivammo la mattina dopo mentre albeggiava. Lo scenario che si stava cominciando a delineare era fantastico. Giusto il tempo per gustarci l'alba e via di corsa alla spiaggia. Alcune persone stavano già controllando lo stato del mare. Erano tutti amici di Dome. Il sorriso sul suo viso mi diceva quanto egli amasse questi posti ed i suoi amici. Non sentimmo neanche per un attimo la stanchezza del viaggio e dopo aver dato un'occhiata al mare cominciammo ad infilarci la muta. Remare lentamente in quell'acqua fredda mi fece sentire bene. Tutto era perfetto, la superficie del mare liscia come il ghiaccio, le onde sul metro e mezzo, glassy e lunghe. Non c'era niente di cui avevo bisogno in quel momento, ero appagato, avrei potuto morire anche il giorno dopo. I locals sembravano avermi accettato come uno di loro. Forse se non fossi arrivato con Dome non sarebbe stata la stessa cosa. Dome in acqua mostrò se ce ne fosse stato ancora bisogno, la sua natura. Il suo stile è unico, come la sua vita, sembra trovare velocità e potenza con il minimo sforzo. Grande! Gli altri comunque non erano da meno.

Il giorno dopo Dome mi portò lunga la costa descrivendomi tutti i tipi di mareggiate, come arrivano le onde, dove e su cosa rompono. Completato il surf tour andammo in acqua a surfare. "Piccole e merdose", così mi descrissero le onde di quel giorno. Cercai di far capire loro che dalle mie parti onde così sono come la manna dal cielo; non mi capirono. In effetti quel giorno le onde erano un pò "chiattone" ma mi colpì comunque il loro stile, la ricerca della perfezione anche se in condizioni non ottimali. Ero circondato da surfisti di vari livelli, tutti però con una meta comune: surfare sempre meglio. La sera ci trovammo tutti a casa di uno di loro, il padre spirituale di questa surf comunity: Stè, uno che da vent'anni surfa da queste parti e sembra saperne una più del diavolo. Ben presto la conversazione andò sul cosa mi portasse dalle loro parti. Eccoci arrivati! Adesso come minimo mi chiedono gentilmente di andarmene. Dome gli disse che avevo l'intenzione di scrivere un racconto su di loro e sul loro spot, ma che non ne avrei rivelato il nome. Che prontezza di riflessi. Mi accorsi ancora una volta che se non fossi stato suo amico le cose avrebbero preso un'altra piega. Uno di loro però non sembrò molto entusiasta dell'idea. Era il "Barsa", il più ostico di tutti ma probabilmente il miglior surfista tra loro.

Nei giorni successivi le onde rimasero di dimensioni irrilevanti ma io e Dome uscimmo comunque tanto per non perdere l'abitudine. Dal mare il paesaggio era sublime. Sabbia bianca striata da sabbia dorata, banchi di nebbia sulle colline. La natura presentava uno spettacolo che noi seduti sulle nostre tavole ci godevamo in sacro silenzio. Ogni spot aveva una suo peculiarità ed ogni surfista aveva qualche storia da raccontare. Cercai di parlare il più pssibile con loro e tutti mi mostrarono rispetto. Parlammo di surf, di donne e di politica ma l'argomento sul quale tutti si scaldarono di più fu il localismo. Il concetto base era sempre il solito: se hai rispetto non hai problemi, altrimenti sono cazzi.

Guardando i bollettini mi resi conto che non avrei preso una buona mareggiata in questo surf trip, quindi decisi di tornare verso casa con alcuni giorni di anticipo. Il giorno seguente dopo aver salutato e ringraziato tutti, Dome mi accompagnò alla stazione rammentandomi ancora una volta di non divulgare in nessun modo il nome di questo straordinario posto. Prima o poi qualcuno lo farà, ma questo qualcuno non sarò io. Ripensai alle persone incontrate in questa settimana passata fuori dal mondo, a quanto significasse il surf per loro e quanto ne significasse per me. Guardando fuori dal finestrino pensai che quello era veramente un gran bel posto anche se non ci fossero le onde, ma ci sono e questo fa di quel luogo un paradiso.

Gabriele Gazzola - ???