Istituto Karatedo Shotokan Italia |
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SCREENING Con il termine Screening s’intende l’insieme di strategie volte allo studio istantaneo del profilo psicologico di un aggressore per poter valutare nel minor tempo possibile il grado di pericolosità della situazione e le tecniche d’adottare più efficaci per neutralizzarla. Gran parte della strategia suggerita dalle tecniche di screening sono date dall’esperienza e dalla raccolta e l’analisi statistica delle varie tipologie d’aggressione. Questa branca della scienza applicata alla psicologia suddivide le aggressioni in varie categorie:
In una situazione di diverbio che può portare ad una reazione violenta, la differenza principale tra una persona esperta di autodifesa professionale (non di combattimento, sono due cose diverse) e una persona "normale", è che quest’ultima cederà immediatamente alla violenza in maniera istintiva, o quasi. Il professionista valuta la violenza come prima opzione, ma la tiene come ultima scelta. Se si esaminano la maggior parte delle liti che si scatenano fra due persone è facile suddividere gli eventi in corso in varie fasi:
L’innesco è la fase in cui il diverbio muta in una situazione che non permette ai due individui di interrompere l’evento in corso. Segue immediatamente l’escalation, più che altro una questione di conflitti di Ego tra i contendenti. In questa fase il professionista e/o la persona saggia riesce verbalmente a sedare la situazione e a bloccare lo sbocco alla violenza, che è una conclusione più che auspicabile, sempre. Altrimenti l’altra conclusione è ovviamente l’uso della violenza. Chi scatta per primo dei due individui è colui che sente l’impulso di dimostrare che "ha ragione". Deve dimostrare al proprio ego ed a eventuali persone che assistono al litigio che deve "vincere". Di solito il non-professionista cede all’opzione della violenza per uno o più dei seguenti motivi:
In compenso il professionista deve sapere riconoscere sempre per tempo i segnali premonitori di uno scontro e una volta coinvolto deve reagire nella maniera più rapida e definitiva possibile; non tanto per applicare la logica del "vincere" e "dimostrare" qualcosa a qualcuno, ma per limitare al massimo i danni dello scontro. In generale lo screening ci suggerisce che quando siamo in piena escalation l’individuo non professionista prima di scattare all’attacco aumenta il ritmo respiratorio e ha un brivido, un tremito, più o meno ampio su tutto il corpo, oppure limitato a degli arti. A questa categoria di segnali appartengono le persone che non abituati alla violenza, ma stanno sfogando una grande collera. Telegrafando in maniera così vistosa le loro intenzioni, sono gli individui relativamente più semplici da gestire. Una situazione un po’ più ostica la possono creare coloro che sono abituati all’opzione violenza, anche se non sono dei combattenti professionisti, in quanto hanno imparato il concetto di non "trasmettere" le proprie intenzioni, ma piuttosto, prima di attaccare, tendono ad appiattire le loro emozioni. In ogni caso la reazione chimica della adrenalina nel corpo di chi ha deciso di attaccare è spesso evidente: aumento del respiro, cambiamento di colore repentino del viso, e il già citato tremore corporeo. L’esperto sarà in grado di mascherare in maniera efficace uno o più di questi segnali in modo da sfruttare al massimo la sorpresa. La reazione di massima efficacia si ha quando, avendo interpretato correttamente il linguaggio del corpo, si riesce ad eseguire una tecnica di anticipo. Il concetto è espresso nelle arti marziali giapponesi con il termine sen-no-sen. Per anticipo si intende una tecnica mirata a bloccare un arto che si carica per sferrare un attacco. Essendo in fase di caricamento il colpo non ha ancora espresso la massima forza, quindi le possibilità di immobilizzazione e di reazione sono molto alte. Un altro dettaglio da esaminare in questa fase è il fatto che il non-professionista, nel suo attacco (per quanto pericoloso che sia), sicuramente dimentica di proteggere alcune parti del suo corpo. Il corpo umano si può suddividere in quattro settori (alto dx, alto sx, basso dx, basso sx). Avendo solo due braccia possiamo coprire solo due settori alla volta. L’inesperto non si preoccuperà di coprirne nemmeno una in maniera efficace. Ecco che quando scatta l’attacco, probabilmente si è in grado, se non si riesce ad anticiparlo, almeno ad evitarlo e ad eseguire una tecnica percuotente su un settore scoperto. Queste che seguono sono situazioni di base che hanno origini e moventi diversi e che di conseguenza determinano strategie di reazione differenziate.
Aggressioni da parte di malviventi abituali Potenzialmente sono le aggressioni più pericolose e che potrebbero necessitare la reazione più decisa. L’individuo in questione fa uso di tre componenti fondamentali per portare a termine il suo scopo: sorpresa, decisione, abilità. Bisogna sempre considerare la peggiore delle ipotesi tattiche nel caso che si abbia a che fare con aggressori armati (ad es. di coltello), ovvero che siano degli esperti, e che sono abituati a questo tipo di azioni. Valutare sempre se le richieste del malvivente (ad es. una rapina) siano tali da giustificare una reazione. Per esempio non è il caso di rischiare delle lesioni permanenti per pochi contanti. Il più delle volte, in caso di rapina, l’aggressore non cerca e rifiuta lo scontro fisico, anche se bisogna sempre pensare che sia in grado di sostenerlo. Nel caso che l’aggressione sia rivolta ad intaccare la nostra incolumità (ad es. uno stupro) bisogna solo aspettare il momento giusto per la reazione più decisa e definitiva possibile. Darsi sempre alla fuga dopo uno scontro con un malvivente per cercare aiuto.
Aggressione da parte di teppisti E’ il caso di due o più individui che attaccano una persona per motivi futili, più che altro per dimostrare qualcosa. Minaccia di alta pericolosità. Un approccio verbale potrebbe essere tentato, con le stesse regole applicate alla potenziale lite con sconosciuti, ma appena si valuta che questo non ha effetto allontanarsi immediatamente e/o attirare l’attenzione per aiuto. In caso di mancanza di opzioni reagire con lo scopo di ferire in maniera permanente, in quanto se il gruppo è numeroso, non ci si può permettere di perdere tempo per controllare un assalitore quando gli altri attaccano.
Aggressione conseguente a liti Si dividono in due categorie: liti tra conoscenti e tra sconosciuti. Il primo caso difficilmente si presenta. Di solito tra conoscenti (familiari ed amici) le discussioni si possono sedare dimostrando di scendere a compromessi e a dimostrare la propria volontà a non voler far degenerare la situazione. E’ semplicemente una questione di scendere a patti con il proprio orgoglio. Nel caso di diverbi con sconosciuti la situazione è di maggiore pericolosità. In questo caso, di solito, ci troviamo di fronte ad aggressioni di tipo psichico. Se l’aggredito si sente si sente colpito ed offeso potrebbe reagire non con coerenza. Rispondere a tono, con urla ed offese fa perdere la calma e lo fa passare immediatamente dalla parte del torto, il che giustifica l’eventuale reazione violenta dell’aggressore. Quindi mai cedere a questi comportamenti perché:
L’unica via è un dialogo che dimostri la nostra determinazione, ma non la nostra volontà di ricorrere alla violenza. In questi casi non bisogna alzare la voce e non accelerare il ritmo delle parole, entrambi sintomi di debolezza che potrebbero essere sfruttati dallo sconosciuto per innescare una colluttazione. Più passa il tempo e più le possibilità d’innesco dello scontro diminuiscono, se la questione in gioco è irrilevante. Ricordare che in questi casi violenza richiama solo violenza. Occorre possedere una precisa autocoscienza di sé stessi e dei propri diritti e del concetto del rispetto di sé stessi e del prossimo.
Aggressione da parte di soggetti in stato di alterazione mentale Situazione di estrema pericolosità. L’individuo soggetto all’influenza di sostanze stupefacenti e/o alcool è da considerare estremamente violento e non risponde alle tecniche di dialogo che sono state illustrate precedentemente. Inoltre la sua percezione del dolore è distorta dalle sostanze che ha assunto, quindi normali tecniche di autodifesa rivolte al solo controllo dell’avversario potrebbero non essere efficaci. L’unica cosa che potrebbe andare a vantaggio di chi si difende è la possibile mancanza di coordinazione e di equilibrio dell’aggressore, se ha molto abusato di certe sostanze. Nel caso di persone psicolabili, e quindi con il pieno possesso delle proprie capacità motorie, bisogna sempre valutare la fuga, oppure in mancanza di altre opzioni di una difesa con tutti i mezzi possibili. Sostanze stupefacenti ed alcool Al giorno d’oggi, la reperibilità e la società rendono l’uso di sostanze stupefacenti molto più semplice di anni addietro. Per questo motivo, la possibilità di doversi difendere da un aggressore sotto l’uso di sostanze stupefacenti, è aumentata a tal punto da dover essere presa in considerazione come nozione di difesa personale. Gli stupefacenti sono sostanze di natura sintetica o naturale in grado di alterare una o più funzioni dell’organismo umano. Gli stupefacenti possono dare o meno dipendenza fisica, questo fatto è molto importante in quanto una sindrome da astinenza provoca sintomi inversi rispetto agli effetti che induce la droga usata. Questo ci permette di sfruttare la nostra conoscenza per ritorcere la suddetta crisi contro l’aggressore stesso. Ecco le principali classi di stupefacenti suddivise per azione.
Possiamo ora esaminare i vari tipi di Sostanze Stupefacenti per conoscerne gli effetti psichici e caratteristiche fondamentali. Morfina: provoca sul sistema nervoso centrale, effetti di analgesia, torpore mentale, ottundimento delle sensazioni dolorose, depressione del riflesso della tosse , depressione dei centri respiratori, vomito, vasodilatazione periferica da liberazione d’istamina. Gli effetti psichici sono invece, benessere diffuso, senso di tranquillità ed euforia , vivace flusso delle idee, stato di torpore e di sonnolenza. Se assunta in vena provoca un accentuato effetto flash con perdita di realtà. Eroina: dopo l’assunzione, che avviene per via endovenosa, intramuscolare o inalatoria, ha un effetto che perdura per 4-6 ore. La sua potenza analgesica è tripla della morfina, provoca quindi stati di euforia, ideazione fluida, la realtà esterna è vissuta con distacco emotivo e attenuazione delle sensazioni dolorose. E’ quindi da tenere in forte considerazione per quanto riguarda la metodologia di comportamento e di difesa, in quanto una semplice percussione dolorosa non potrebbe dare nessun effetto. Sarà quindi il caso di orientarsi su un comportamento inabilitante alle articolazioni o una percussione tale da provocare una perdita di coscienza. Cocaina: via d’assunzione nasale o endovenosa. Ha una potente azione stimolante su tutte le strutture cerebro-spinali. A livelli psichico provoca euforia, aumento dell’attività mentale stato di benessere e diminuzione della sensazione di fatica. A dosaggi superiori insorgono anche tremori, convulsioni, stimolazione del centro respiratorio, del centro termoregolatore, e del centro ematico, in alcuni casi anche di allucinazioni. I soggetti in questione saranno quindi riconoscibili per sbalzi di colorito al viso, fiatone e mancanza di equilibrio. Anfetamine: assunzione per via orale o endovenosa. Provocano aumenti di vigilanza, aumento del morale, riduzione della sensazione di fatica, aumento della capacità di concentrazione e sopportazione di sforzi fisici e mentali prolungati. Per un uso prolungato compaiono cefalee, idee deliranti, allucinazioni, tremori e ansia. Mariujana e hashish: gli effetti compaiono dopo pochi minuti dall’inalazione dopo una mezz’ora dall’assunzione per via orale. Consistono in senso di benessere fisico, rilassamento, euforia, stato sognante, alterazione del tempo e dello spazio, ideazioni accelerate ed incoerenti, flusso incontrollato di pensieri. Per dosaggi elevati, la fantasia e la realtà si fondono con un’accentuazione dei colori, allucinazioni visive, acustiche, alterazione dello schema corporeo, stati d’angoscia. LSD: dopo pochi minuti dall’assunzione determina: tachicardia, salivazione, alterazioni della sfera emotiva, stati euforici, allucinazioni, alterazioni corporee come senso di allungamento degli arti, senso di leggerezza o pesantezza del corpo. Lo stato di introspezione indotto dall’uso può far arrivare al suicidio facendo emergere problemi dell’inconscio che appaiono al soggetto di estrema gravità. Alcool: La sostanza che provoca alterazioni psichiche/motorie più comune è l’alcool. Dì per sé stesso l’alcool è categorizzato come un depressore del sistema nervoso centrale. Questo significa che i suoi effetti sono presenti a livello sia fisico che comportamentale. L’assunzione di alcool provoca sempre un’intossicazione all’organismo, la gravità di questa è determinata dalla concentrazione sanguigna che questo raggiunge. Il livello di tollerabilità dell’alcool dipende dal sesso e dalla massa corporea dell’individuo. Sono stati definite quattro fasi d’intossicazione da alcool:
Appena l’alcool inizia ad interessare la fisiologia dell’organismo di una persona a livello chimico, questa potrebbe iniziare a perdere le proprie inibizioni. C’è chi reagisce diversamente alle intossicazioni leggere da alcool. Manifestazioni incontrollabili di emozioni, improvvisi cambi d’umore, propensione ad aperture con estranei, comportamento meditabondo, disinteresse, comportamento anti-sociale, comportamento chiassoso, comportamento irritante, immaturità, scadimento del linguaggio, desiderio di attirare l’attenzione.
Come la concentrazione specifica d’alcool cresce nel sangue dell’individuo, più il suo pensiero razionale diminuisce. Chi è bevitore abituale solo in questa fase presenta i sintomi illustrati nella fase precedente. Inoltre si aggiungono i seguenti sintomi: diminuzione dell’allerta, incapacità di fare semplici comparazione tra situazioni, oggetti ecc…ecc…, aumento del desiderio di continuare a bere, perdita memoria a breve termine, ripetizione di concetti appena espressi, affermazioni incoerenti, aggressività, predisposizione alla violenza, comportamento di sfida verbale.
L’alcool induce un’alterazione del peso specifico del liquido contenuto nell’orecchio medio. Questo liquido viene utilizzato dal corpo per determinare in che posizione si trova nelle tre dimensioni. La sua alterazione porta al cervello informazioni sbagliate sulla posizione della testa, gambe, busto ecc… Questa situazione porta alla perdita totale/parziale dell’equilibrio nell’individuo, nonché al manifestarsi di vertigini più o meno violente.
In questa fase l’alcool inizia ad influenzare in maniera pesante il sistema nervoso centrale e questo punto anche semplici movimenti di coordinazione risultano difficili. Difficoltà ad articolare parole, impossibilità di camminare. Questa è la fase precedente al coma etilico. E’ da notare che gli effetti dell’alcool si intensificano fino al 25% nell’ora successiva all’ultimo bicchiere bevuto. Quindi una persona può essere nella "fase due" di intossicazione da alcool e smettere di bere ed entro un’ora finire perfettamente nella fase successiva. La fase più pericolosa, a livello di aggressione, è la seconda, dove l’individuo ha ancora relativamente il controllo dal proprio corpo, ma sta perdendo gradualmente le proprie inibizioni. Qui il rischio di violenza è piuttosto alto, specialmente quando il soggetto fa uso di alcool intenzionalmente per liberare la propria carica aggressiva.
I quattro tipi di violenza Tutti i vari comportamenti violenti che portano ad uno scontro fisico sono stati raccolti in quattro categorie:
Violenza sprigionata dalla persona che si sente minacciata da una situazione, da un gruppo di persone e/o singolo. E’ di solito una reazione a degli stimoli neurochimici che mandano la persona in panico e cerca con la violenza di togliersi dalla minaccia. Persone in questo stato reagiranno sempre e comunque con la massima violenza. Come affrontare la situazione: La tecnica per maneggiare questa situazione è di mimare il panico della persona in oggetto, convincendola che noi siamo esattamente spaventati come essa, quindi non siamo una minaccia. E’ controproducente atteggiarsi in maniera autoritaria, bisogna semplicemente mettersi allo stesso livello emotivo della persona in panico e calmarla.
Violenza di chi non percepisce limiti di alcuna natura (fisica, morale, sociale…). In questa sezione rientrano chi è sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e/o alcool. Come affrontare la situazione: La maniera di affrontare questo caso è di dare alla persona degli stimoli che by-passano il loro processo interno di auto-esaltazione. Per riportarlo alla realtà bisogna far focalizzare la sua attenzione su qualsiasi cosa che non sia lui stesso. Voce convinta ed autoritaria e impossibilità di dare opzioni di scelta al soggetto. Spesso basta un approccio verbale per fare desistere i propositi violenti persone ubriache, magari assecondandole il più possibile nei loro ragionamenti.
Violenza basata su comportamento irragionevole auto-alimentante (possibile sindrome psicotica di rabbia cronica da manifestare all’esterno). Come affrontare la situazione: Il soggetto in questo caso intenzionalmente vuole provocare la violenza per sfogarsi di qualcosa. E’ la situazione più difficile da maneggiare. Bisogna affrontare la situazione con due azioni contemporanee: togliere "l’innesco emotivo" alla persona (per esempio non dando importanza alle sue richieste) e fargli capire che il suo comportamento/richieste non verranno più tollerate e soddisfatte. Spesso queste persone sembrano a tutti i costi di cercare lo scontro (più che altro verbale), ma difficilmente accettano il rischio dello scontro fisico vero e proprio.
Violenza usata a livello coercitivo per ottenere qualcosa da qualcuno (soldi, potere…). Come affrontare la situazione: La risposta può essere incredibilmente semplice. Il criminale vuole qualcosa da noi, di tutto, tranne che una sfida con una persona pronta a combattere per difendersi. Uno scontro fisico, se fatto in pubblico attira troppa attenzione. Il soggetto criminale si basa sul binomio <<Predatore/Preda>>, e per lui è territorio sconosciuto quando ci sono possibilità che la situazione venga stravolta. Dobbiamo dimostrare, a seconda delle circostanze naturalmente (siamo disarmati contro una persona armata? Siamo di fronte ad un professionista?), di trasmettere all’aggressore il seguente messaggio: <<Se tu mi attacchi, io dovrò reagire e farti male>>.
Noi e la Legge "Reprimere un momento di rabbia può salvarci da cento giorni di dolore..." Proverbio Cinese Indice della sezione
Non si può parlare di autodifesa e di arti marziali il cui scopo è la totale efficacia in caso di scontro, senza analizzare in maniera approfondita cosa la Legge Italiana dice in proposito. Partiamo col dire che accettare uno scontro fisico -voluto o meno- con un'altra persona è sempre un grosso problema. Prima di tutto è un'incognita: se ci troviamo di fronte un "guerriero" spietato siamo fortunati se non ci rimettiamo qualche osso, se invece siamo noi ad "esagerare" ecco che non è difficile che ci troviamo ad affrontare diversi "grattacapi" -per usare un eufemismo- legali. Partiamo dal presupposto che per la legge abbiamo sempre torto. Non esistono attenuanti in caso di rissa, ma solo aggravanti. Non importa chi ha iniziato la disputa, chi partecipa, anche se per difendersi ha torto. La legge concede pochissime situazioni ideali in cui chiunque cagiona qualsiasi lesione ad un'altra persona, anche se per difesa personale, non è punibile, ed il più delle volte questa persona non punibile è un pubblico ufficiale in servizio. Esiste molta confusione tra la gente, ci sono vere e proprie leggende metropolitane in merito all'interpretazione del Codice Penale in caso di risse, lesioni personali, autodifesa. Il più delle volte si è portati a pensare che chi "attacca" per primo ha torto e si prenderà tutte le conseguenze legali della rissa, oppure che i coltelli con lama sotto le famosissime "quattro dita" sono legali e trasportabili liberamente. E' per questo che ho deciso di affrontare questo argomento, apparentemente secondario.
Il concetto di "Difesa Legittima" Articolo 52 del Codice Penale Italiano: "Difesa Legittima: Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa." Per necessità di difendere s'intende la reazione necessaria per difendere un diritto minacciato. In sede di giudizio verranno valutate tutte le cause della minaccia e della inevitabilità della reazione e della non esistenza di altre strade se non quella di reagire. In pratica in caso di processo si tenterà di capire se chi ha reagito poteva fare altre cose, tipo scappare dalla minaccia stessa. Il diritto in questione può essere interpretato come la propria vita, incolumità, proprietà personale, nonché diritti morali come l'onore e la riservatezza (anche se questi due ultimi hanno perso molta importanza come attenuanti presso i giudici). Per pericolo attuale s'intende l'unione di più concetti contemporaneamente: pericolo, ovvero la probabilità di ricevere un danno; attuale è il pericolo presente o incombente al momento del fatto, non futuro o già esaurito. L'offesa ingiusta può essere una minaccia o una omissione. L'ingiustizia si verifica quando un'azione è contro l'ordinamento giuridico vigente. Fatte queste precisazione passiamo ad un esempio pratico. Siete stati aggrediti per strada per un qualsiasi motivo, avete reagito e avete fatto fuori un braccio al vostro aggressore che, dopo essere stato medicato all'ospedale vi ha denunciato per lesioni personali. A questo segue un processo e voi in fase di giudizio citate l'Articolo 52. Avete reagito ad un pericolo attuale e reale in maniera proporzionata; insomma avete agito in caso di Difesa Legittima. La prima cosa che il Pubblico Ministero farà, sarà quella di esaminare se avevate o meno la possibilità di evitare la reazione dandovi alla fuga. Per la dottrina prevalente il dilemma va risolto applicando il concetto del "bilanciamento degli interessi", per cui il soggetto non è tenuto a fuggire in tutti quei casi la fuga esporrebbe i suoi beni personali (tra cui la vita, chiaramente) o di terzi (fuggire in auto con il rischio di investire qualcuno) a lesioni uguali o superiori alla lesione che provocherebbe all'aggressore difendendosi. La giurisprudenza in merito è oscillante. Per quanto riguarda la proporzionalità della difesa il giudizio non va formulato non solo valutando il rapporto tra mezzi offensivi e difensivi messi in atto durante lo scontro, ma anche riguardo alla proporzione tra il male minacciato e male inflitto. La proporzionalità giuridica occorre quando l'aggredito provoca un male all'aggressore minore o tollerabilmente superiore a quello subito; quindi tornando al nostro caso citato non è giuridicamente accettabile spaccare un'articolazione a chi si limitava, chessò, a prenderci a schiaffi. Inoltre, non è assolutamente tollerato uccidere con un bastone chi si limitava solo a percuoterci (si, vallo a spiegare al giudice...). Inoltre non è ammesso uccidere chi tenta di sottrarci un bene patrimoniale, mentre è accettabile infliggere una lieve ferita (ma non certo una rottura ossea) a chi attenta ad un nostro bene patrimoniale di elevatissima entità. Tutto questo per dire:
Inoltre si può aggiungere che si finisce in Tribunale nei seguenti casi:
E' applicabile la stesso Articolo anche quando interveniamo per difendere i beni di terzi aggrediti, come la vita ad esempio.
Il concetto di "Stato di Necessità" Articolo 54 del Codice Penale Italiano: "Difesa Legittima: Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo." Per pericolo attuale vale ancora la definizione data sopra. Per danno grave alla persona è da interpretare in tutta la globalità del termine, ovvero i danni alla persona possono essere sia fisici sia morali. L'esempio più cretino, ma calzante, per descrivere tale situazione è il seguente: non è punibile chi ruba un asciugamano in spiaggia dopo che ha perso il costume in mare, salvando così il suo pudore. Esempio tratto da un testo esplicativo del Codice Penale. :-) Il pericolo da lui non volontariamente causato s'intende sia per dolo (voluto fino in fondo) e colposo. IL concetto di non altrimenti evitabile è quello della azione lesiva che deve essere assolutamente necessaria per salvarsi, e bisogna valutare sempre se c'era la possibilità di fuga. Questo articolo è un'integrazione del 52, ed è più che altro applicabile in quei casi in cui comportamenti altrimenti classificati come criminosi sono in questi casi giustificati, esempio tipico: il tizio che malmena Caio per prendere posto nell'ultima scialuppa disponibile di una nave che affonda. Nel nostro studio specifico non ci interessa tantissimo, ma è utile sapere anche dell'esistenza di questo Articolo.
Il concetto di "Eccesso Colposo" Articolo 55 del Codice Penale Italiano: "Eccesso Colposo: Quando, nel commettere alcuno dei fatti previsti negli articoli 51,52,53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è previsto dalle legge come delitto colposo." Eccoci nel caso peggiore che ci possa capitare. Siamo aggrediti per strada da un balordo armato di coltello che manifesta la sola intenzione di derubarci (vallo anche questo a far capire al giudice)e noi reagiamo uccidendolo involontariamente, oppure provocandogli delle lesioni permanenti. Più che altro si parla di due tipi di eccesso colposo: il primo quando si eccede perché si valuta erroneamente la situazione (un mendicante ci chiede l'elemosina, crediamo di essere invece derubati e lo riempiamo di botte); il secondo si verifica quando valutata perfettamente la situazione eccediamo nella reazione per imprudenza, imperizia o negligenza, provocando un evento più grave di quello che sarebbe stato necessario cagionare (un tizio ci minaccia con un cutter piccolo piccolo per rapinarci e noi lo ammazziamo a mani nude e/o con corpi contundenti). In pratica se uccidiamo qualcuno che non aveva manifestato apertamente la volontà a sua volta di uccidere noi, siamo a tutti gli effetti per la Legge degli assassini, con tutte le attenuanti del caso (poche, quando muore qualcuno), e quindi nei guai seri.
Senza andare troppo nel tecnico una veloce analisi di tre articoli chiave del nostro Codice Penale fanno cadere molti preconcetti radicati nella cultura popolare.
Il concetto di "Lesione Personale" Articolo 582 del Codice Penale Italiano: "Lesione Personale: Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa." Per malattia s'intende qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché localizzata e non influente sulle condizioni organiche generali (ad es. un bel occhio nero...). C'è da dire che l'arresto in caso di lesione personale è facoltativo da parte delle forze di pubblica sicurezza, mentre il fermo vero e proprio non è consentito. E' anche vero che se non procuriamo nessun danno particolare a qualcuno, nel senso che gli procuriamo ferite guaribili in meno di sette giorni, ricadiamo comunque nella violazione dell'articolo 581 che cita il reato di percosse. Ma si tratta di un reato decisamente più leggero. Un'eccezione doverosa deve essere fatta per l'applicazione di questo articolo, e decisamente ovvia: i danni cagionati da attività sportiva, il cui esempio precipuo sono la pratica delle arti marziali. Il fatto non costituisce reato in quanto tali attività sono giuridicamente ammesse e quindi giustificate.
Il concetto di "Circostanze Aggravanti" Articolo 583 del Codice Penale Italiano: "Circostanze Aggravanti: La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni quando:
La lesione personale è gravissima e si applica una reclusione fino a dodici anni quando:
Ricadiamo in questo caso quando rompiamo degli arti all'aggressore, facciamo scoppiare dei bulbi oculari e spappoliamo i testicoli oppure sfregiamo a coltellate il viso.
Il concetto di "Omicidio Preterintenzionale" Articolo 584 del Codice Penale Italiano: "Omicidio Preterintenzionale: Chiunque, con atti diretti a c
Noi e la Legge "Reprimere un momento di rabbia può salvarci da cento giorni di dolore..." Proverbio Cinese Indice della sezione
Non si può parlare di autodifesa e di arti marziali il cui scopo è la totale efficacia in caso di scontro, senza analizzare in maniera approfondita cosa la Legge Italiana dice in proposito. Partiamo col dire che accettare uno scontro fisico -voluto o meno- con un'altra persona è sempre un grosso problema. Prima di tutto è un'incognita: se ci troviamo di fronte un "guerriero" spietato siamo fortunati se non ci rimettiamo qualche osso, se invece siamo noi ad "esagerare" ecco che non è difficile che ci troviamo ad affrontare diversi "grattacapi" -per usare un eufemismo- legali. Partiamo dal presupposto che per la legge abbiamo sempre torto. Non esistono attenuanti in caso di rissa, ma solo aggravanti. Non importa chi ha iniziato la disputa, chi partecipa, anche se per difendersi ha torto. La legge concede pochissime situazioni ideali in cui chiunque cagiona qualsiasi lesione ad un'altra persona, anche se per difesa personale, non è punibile, ed il più delle volte questa persona non punibile è un pubblico ufficiale in servizio. Esiste molta confusione tra la gente, ci sono vere e proprie leggende metropolitane in merito all'interpretazione del Codice Penale in caso di risse, lesioni personali, autodifesa. Il più delle volte si è portati a pensare che chi "attacca" per primo ha torto e si prenderà tutte le conseguenze legali della rissa, oppure che i coltelli con lama sotto le famosissime "quattro dita" sono legali e trasportabili liberamente. E' per questo che ho deciso di affrontare questo argomento, apparentemente secondario.
Il concetto di "Difesa Legittima" Articolo 52 del Codice Penale Italiano: "Difesa Legittima: Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa." Per necessità di difendere s'intende la reazione necessaria per difendere un diritto minacciato. In sede di giudizio verranno valutate tutte le cause della minaccia e della inevitabilità della reazione e della non esistenza di altre strade se non quella di reagire. In pratica in caso di processo si tenterà di capire se chi ha reagito poteva fare altre cose, tipo scappare dalla minaccia stessa. Il diritto in questione può essere interpretato come la propria vita, incolumità, proprietà personale, nonché diritti morali come l'onore e la riservatezza (anche se questi due ultimi hanno perso molta importanza come attenuanti presso i giudici). Per pericolo attuale s'intende l'unione di più concetti contemporaneamente: pericolo, ovvero la probabilità di ricevere un danno; attuale è il pericolo presente o incombente al momento del fatto, non futuro o già esaurito. L'offesa ingiusta può essere una minaccia o una omissione. L'ingiustizia si verifica quando un'azione è contro l'ordinamento giuridico vigente. Fatte queste precisazione passiamo ad un esempio pratico. Siete stati aggrediti per strada per un qualsiasi motivo, avete reagito e avete fatto fuori un braccio al vostro aggressore che, dopo essere stato medicato all'ospedale vi ha denunciato per lesioni personali. A questo segue un processo e voi in fase di giudizio citate l'Articolo 52. Avete reagito ad un pericolo attuale e reale in maniera proporzionata; insomma avete agito in caso di Difesa Legittima. La prima cosa che il Pubblico Ministero farà, sarà quella di esaminare se avevate o meno la possibilità di evitare la reazione dandovi alla fuga. Per la dottrina prevalente il dilemma va risolto applicando il concetto del "bilanciamento degli interessi", per cui il soggetto non è tenuto a fuggire in tutti quei casi la fuga esporrebbe i suoi beni personali (tra cui la vita, chiaramente) o di terzi (fuggire in auto con il rischio di investire qualcuno) a lesioni uguali o superiori alla lesione che provocherebbe all'aggressore difendendosi. La giurisprudenza in merito è oscillante. Per quanto riguarda la proporzionalità della difesa il giudizio non va formulato non solo valutando il rapporto tra mezzi offensivi e difensivi messi in atto durante lo scontro, ma anche riguardo alla proporzione tra il male minacciato e male inflitto. La proporzionalità giuridica occorre quando l'aggredito provoca un male all'aggressore minore o tollerabilmente superiore a quello subito; quindi tornando al nostro caso citato non è giuridicamente accettabile spaccare un'articolazione a chi si limitava, chessò, a prenderci a schiaffi. Inoltre, non è assolutamente tollerato uccidere con un bastone chi si limitava solo a percuoterci (si, vallo a spiegare al giudice...). Inoltre non è ammesso uccidere chi tenta di sottrarci un bene patrimoniale, mentre è accettabile infliggere una lieve ferita (ma non certo una rottura ossea) a chi attenta ad un nostro bene patrimoniale di elevatissima entità. Tutto questo per dire:
Inoltre si può aggiungere che si finisce in Tribunale nei seguenti casi:
E' applicabile la stesso Articolo anche quando interveniamo per difendere i beni di terzi aggrediti, come la vita ad esempio.
Il concetto di "Stato di Necessità" Articolo 54 del Codice Penale Italiano: "Difesa Legittima: Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo." Per pericolo attuale vale ancora la definizione data sopra. Per danno grave alla persona è da interpretare in tutta la globalità del termine, ovvero i danni alla persona possono essere sia fisici sia morali. L'esempio più cretino, ma calzante, per descrivere tale situazione è il seguente: non è punibile chi ruba un asciugamano in spiaggia dopo che ha perso il costume in mare, salvando così il suo pudore. Esempio tratto da un testo esplicativo del Codice Penale. :-) Il pericolo da lui non volontariamente causato s'intende sia per dolo (voluto fino in fondo) e colposo. IL concetto di non altrimenti evitabile è quello della azione lesiva che deve essere assolutamente necessaria per salvarsi, e bisogna valutare sempre se c'era la possibilità di fuga. Questo articolo è un'integrazione del 52, ed è più che altro applicabile in quei casi in cui comportamenti altrimenti classificati come criminosi sono in questi casi giustificati, esempio tipico: il tizio che malmena Caio per prendere posto nell'ultima scialuppa disponibile di una nave che affonda. Nel nostro studio specifico non ci interessa tantissimo, ma è utile sapere anche dell'esistenza di questo Articolo.
Il concetto di "Eccesso Colposo" Articolo 55 del Codice Penale Italiano: "Eccesso Colposo: Quando, nel commettere alcuno dei fatti previsti negli articoli 51,52,53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è previsto dalle legge come delitto colposo." Eccoci nel caso peggiore che ci possa capitare. Siamo aggrediti per strada da un balordo armato di coltello che manifesta la sola intenzione di derubarci (vallo anche questo a far capire al giudice)e noi reagiamo uccidendolo involontariamente, oppure provocandogli delle lesioni permanenti. Più che altro si parla di due tipi di eccesso colposo: il primo quando si eccede perché si valuta erroneamente la situazione (un mendicante ci chiede l'elemosina, crediamo di essere invece derubati e lo riempiamo di botte); il secondo si verifica quando valutata perfettamente la situazione eccediamo nella reazione per imprudenza, imperizia o negligenza, provocando un evento più grave di quello che sarebbe stato necessario cagionare (un tizio ci minaccia con un cutter piccolo piccolo per rapinarci e noi lo ammazziamo a mani nude e/o con corpi contundenti). In pratica se uccidiamo qualcuno che non aveva manifestato apertamente la volontà a sua volta di uccidere noi, siamo a tutti gli effetti per la Legge degli assassini, con tutte le attenuanti del caso (poche, quando muore qualcuno), e quindi nei guai seri.
Senza andare troppo nel tecnico una veloce analisi di tre articoli chiave del nostro Codice Penale fanno cadere molti preconcetti radicati nella cultura popolare.
Il concetto di "Lesione Personale" Articolo 582 del Codice Penale Italiano: "Lesione Personale: Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa." Per malattia s'intende qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché localizzata e non influente sulle condizioni organiche generali (ad es. un bel occhio nero...). C'è da dire che l'arresto in caso di lesione personale è facoltativo da parte delle forze di pubblica sicurezza, mentre il fermo vero e proprio non è consentito. E' anche vero che se non procuriamo nessun danno particolare a qualcuno, nel senso che gli procuriamo ferite guaribili in meno di sette giorni, ricadiamo comunque nella violazione dell'articolo 581 che cita il reato di percosse. Ma si tratta di un reato decisamente più leggero. Un'eccezione doverosa deve essere fatta per l'applicazione di questo articolo, e decisamente ovvia: i danni cagionati da attività sportiva, il cui esempio precipuo sono la pratica delle arti marziali. Il fatto non costituisce reato in quanto tali attività sono giuridicamente ammesse e quindi giustificate.
Il concetto di "Circostanze Aggravanti" Articolo 583 del Codice Penale Italiano: "Circostanze Aggravanti: La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni quando:
La lesione personale è gravissima e si applica una reclusione fino a dodici anni quando:
Ricadiamo in questo caso quando rompiamo degli arti all'aggressore, facciamo scoppiare dei bulbi oculari e spappoliamo i testicoli oppure sfregiamo a coltellate il viso.
Il concetto di "Omicidio Preterintenzionale" Articolo 584 del Codice Penale Italiano: "Omicidio Preterintenzionale: Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti previsti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni."
Articolo 588 del Codice Penale Italiano: "Rissa: Chiunque partecipi ad una rissa è punito con la multa fino a lire seicentomila. Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta una lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se la uccisione o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza ad essa." Per rissa s'intende una violenta mischia con vie di fatto tra persone che compiano atti violenti col duplice intento di arrecare offesa agli avversari e di difendersi dalle offese di costoro. Secondo il prevalente orientamento giuridico l'attenuante della provocazione è normalmente non applicabile al reato di rissa, sottinteso che in esso la provocazione fra i partecipanti è reciproca e si elide vicendevolmente, a meno che uno dei partecipanti alla contesa abbia ecceduto i limiti accettati e prevedibili, così realizzando, con la sua condotta eccessiva, un autonomo fatto ingiusto. Al reato di rissa, e a quelli connessi, non è applicabile la legittima difesa perché i partecipanti sono animati dall'intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si sono posti, sicché la loro difesa non può dirsi necessaria.
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La regola delle "quattro dita di lunghezza delle lama" non è riportata su nessun articolo ufficiale della Legge n.110 del 1975 che, con l'integrazione della Legge n.21 del 1990, disciplina la materia delle armi in Italia. In pratica qualsiasi oggetto atto ad offendere di cui il porto da parte nostra non sia giustificato, è reato. Per esempio, non c'è bisogno di finire nei guai se giriamo con addosso un coltello da combattimento a doppio filo, basta avere con noi un bel cacciavite e non essere in grado di giustificarne la presenza in tasca. Per la Legge siamo quasi nella stessa gravità di situazione. In teoria, se non svolgiamo un lavoro particolare che ci impone di attrezzarci con determinati strumenti (quali coltelli, roncole, catene varie, cacciaviti ecc...ecc...) e non siamo in orario di lavoro e non stiamo per utilizzare per il nostro lavoro tali strumenti, noi semplici cittadini non possiamo portarci addosso nemmeno un paio di forbici da asilo con punte arrotondate. Per "motivi di sopravvivenza urbana" sono tollerati i coltelli multiuso a lama e strumenti ritraibili nel manico, quali i coltelli dell'Esercito Svizzero. Se invece vogliamo trovarci nei guai in meno di un minuto dobbiamo, durante un malaugurato controllo della polizia farci trovare addosso:
La legge n.157 del 11/2/1992 esplicitamente cita <<il titolare della licenza di porto di fucile è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre le armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie>>. Per tutti gli altri casi la legge è da interpretare. Dal punto di vista della collezione, che tra l'altro non ci interessa per i nostri scopi, la vendita dei coltelli di qualsiasi natura è libera e ne possiamo tenere in casa finché ne vogliamo. La denuncia alla Questura è facoltativa da città a città. Per esempio a Parma non è necessario denunciare i coltelli che si detengono entro le mura casalinghe. In ogni caso è una bella cosa informarsi presso la propria Questura in merito. "Si definiscono armi tutti quegli strumenti la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona. Esse possono essere da sparo o da taglio." Qui la definizione è piuttosto chiara e non ha bisogno di commenti particolari se non che la Legge Italiana si limita a riconoscere come armi solo quelle da fuoco e le lame. Tutto il resto, tipo mazze ferrate, noccoliere, bastoni in genere, sono armi improprie. "Si definiscono armi improprie tutti quegli strumenti atti ad offendere il cui porto è vietato in maniera assoluta (ad es. mazze ferrate) ovvero senza giustificato motivo (coltelli da lavoro, catene...)" Porto abusivo di arma (impropria) "Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, quando la licenza è richiesta, porta un'arma fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, è punito con l'arresto da tre a diciotto mesi. Soggiace l'arresto da diciotto mesi a tre anni chi, fuori della propria abitazione o delle sue appartenenze, porta un'arma per cui non è ammessa licenza. Se alcuno dei fatti previsti dalle disposizioni precedenti, è commesso in luogo ove sia concorso o adunanza di persone, o di notte in un luogo abitato, le pene sono aumentate." In questa legge intervengono molti fattori tecnici che è interessante esaminare. Questo reato, definito comune, interviene anche un elemento psicologico del dolo generico, ossia la volontà di portare armi in luogo pubblico/aperto senza la necessaria licenza. Per licenza s'intende il permesso in regola rilasciato dalla competente Autorità che ci autorizza a portare (con le dovute limitazioni del caso) armi con noi dopo i necessari accertamenti psicofisici. Il concetto si abitazione è sì la nostra casa, ma anche una dimora temporanea (camera d'albergo), le appartenenze sono le zone riconosciute come della propria abitazione, quale il giardino e il garage, ma sono esclusi i possedimenti mobili di essa, quali automobile, roulotte, tenda da campeggio... E' da notare, stando a questa legge, che è più grave portare con sè armi quali pugni di ferro, mazze ferrate ecc...ecc... che sono armi improprie non regolate da nessuna licenza di porto, piuttosto che una pistola senza licenza. Per i coltelli, riconosciuti come armi quelli a lama fissa e con singolo/doppio filo, la peggior aggravante è il modello a scatto, in quanto considerato anche questo arma impropria.
Alla luce di questa rapida carrellata di normative che disciplinano i principali articoli del Codice Penale che possono intervenire in casi di dover reagire ad un'aggressione armata e non, si possono fare alcune considerazioni in merito. Prima di tutto è evidente che andare per le vie di fatto per un qualsiasi motivo ci procurerà sempre una violazione del Codice Penale. Anche se siamo "nel giusto". In questi casi "il giusto" per la Legge è una condizione maledettamente ideale in cui è praticamente impossibile rientrarci. Il fatto stesso che possiamo reagire ad una provocazione di qualsivoglia natura è reato. La valutazione della situazione è estremamente oggettiva da parte del giudice e del pubblico ministero, quindi anche se crediamo di aver agito in totale legalità invocando la difesa legittima, non è detto che ci sporchiamo la fedina penale per sempre per reati di rissa/lesioni personali. Avere la fedina penale sporca è sempre una "scocciatura", perchè finendo nel database delle forze di Pubblica Sicurezza, appena c'è una stupidata in relazione al nostro reato possono venirci sempre a a fare domande, rintracciarci, convocarci in Questura e via dicendo. Esistono poi vere e proprie leggende metropolitane relativamente a sentenze dei giudici in materia di difesa personale (una delle più famose il tizio aggredito in casa da un ladro che lo cattura e lo lega fino all'arrivo dei Carabinieri e viene denunciato per sequestro di persona: per favore, queste cose non esistono!). E' la cultura generale alquanto scarsa in materia che favorisce un terreno fertile per far crescere false sicurezze in materia di difesa personale. Le leggi ci sono, sono piuttosto equilibrate e giustamente severe, il fatto che non ce ne sia coscienza comune è solo un modo per cui le risse e le colluttazioni/aggressioni in genere (quelle per futili motivi almeno) possano scattare senza l'ombra di un minimo di deterrente psicologico di una brutta denuncia/condanna che possa incombere. Ma siamo praticanti di un'arte marziale, a parte tutto noi ci alleniamo al malaugurato caso che ciò (una colluttazione) possa avvenire. Come dobbiamo comportarci in questi casi, a cose finite e agenti di Pubblica Sicurezza sono intervenuti sul luogo del fatto? Non esiste una procedura vera e propria, ma buon senso. Un poliziotto mio conoscente consiglia di:
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