SAN
MARCO DEI CAVOTI
Note di costume e cenni storici
L’indole
San
Marco dei Cavoti, fiorente centro in provincia di
Benevento, svetta tra i monti del Fortore a guisa di un
anello, ad un altezza di circa 700 metri. Le sue colline
ed i suoi campi degradano dolcemente verso il fiume
Tammaro, offrendo al visitatore la vista di un paesaggio
incontaminato e l’aria pura che si respira in questi
luoghi.
Centro
molto attivo da un punto di vista imprenditoriale e
commerciale, San Marco ha anche saputo preservare la sua
storia, di cui è testimonianza un centro storico
perfettamente conservato ed in genere tutto l’assetto
urbano, che nei toponimi reca l’impronta dei suoi
fondatori, i Provenzali. Abbiamo così la Torre dei
Provenzali, simbolo del paese, le contrade Francisi,
Francese e Borgognoni e la via dei Provenzali. In quest’ultima,
divisa dalla commerciale via Roma dalla Porta Grande
(inconfondibile per la facciata in rosso cupo), nelle
prime ore del pomeriggio è possibile respirare il
fragrante odore di dolci appena sfornati o in via di
preparazione. L’industria dolciaria è qui
molto fiorente. San Marco è la patria del famoso
croccantino, il
torrone che l’ha resa celebre oltre i confini nazionali.
Tutta
la pavimentazione del centro storico è in pietra. Piazza
Risorgimento, la principale del paese, sulla quale si
affaccia il maestoso palazzo Jelardi, immette su via Roma,
per eccellenza la strada delle attività commerciali
legate all’industria dolciaria. Da qui si giunge alla
chiesa di San Marco Evangelista, di cui la Torre dei
Provenzali costituisce il campanile, e poi alla chiesa del
Carmine, quindi al borgo Vicedomini ed all’imponente
palazzo marchesale.
Lungo
le arterie commerciali è possibile notare i segni ed i
ritmi di una grande laboriosità, di una vita a metà
strada tra ritmi urbani e ritmi cittadini.
I
sammarchesi sono gente dotata di tenacia e di un notevole
spirito di iniziativa, ma anche di fantasia e creatività.
Il culto dell’immagine è presente nella popolazione,
che ha sempre dimostrato, attraverso eventi e
manifestazioni varie, di volere presentare ai turisti ed
ai curiosi la parte migliore di sé. E’ presente anche
nel culto per l’abbigliamento, cioè per il ben vestire,
che forse deriva dalle ascendenze francesi. Il sammarchese
doc è sempre un individuo ben vestito, curato. Egli non
si presenterà mai in modo sciatto e approssimativo. Al
contrario privilegerà costantemente la cura della propria
persona, esattamente come quella della propria bottega o
negozio, il gusto per il particolare, l’atteggiamento
civile, urbano e cordiale.
Tale
atteggiamento nasconde, in realtà neanche troppo, un
senso di superiorità nei confronti degli abitanti dei
paesi vicini (molinaresi, paganesi, collesi, pescolani e
reinari).
“L’attuale
complesso di superiorità è retaggio dell’antico
orgoglio, difeso strenuamente dai nostri antenati”. Così
troviamo scritto sul giornale di un’associazione locale.
Per
cui a questo punto occorre andare a vedere come e quando
nasce l’attuale paese.
La storia
In epoca sannitica il territorio dell’attuale San Marco
dei Cavoti era così formato: 1) in contrada Zenna
esisteva la città di Cenna; 2) presso il toppo di Santa
Barbara esisteva il castello di San Severo.
Il
castello di San Severo rimase spopolato dopo la peste del
1348, e dopo la duplice invasione ungherese nel Regno di
Napoli (1348 e 1350) il paese scomparve. Nel frattempo il
terremoto del 1349 aveva danneggiato gravemente il
castello di San Severo. Tale feudo era all’epoca nelle
mani della famiglia degli Shabran, considerati i fondatori
del paese. Prima lo ebbe Guglielmo, poi, morto costui nel
1352, passò nelle mani del successore, il figlio, Luigi
di Shabran. Costui nel 1348 era stato imprigionato dal re
d’Ungheria Luigi il Grande, che saccheggiò e distrusse
tutta la zona. Quando Luigi di Shabran dopo tre mesi fu
scarcerato dietro pagamento di un riscatto, per ripopolare
il feudo bandì l’invito ai Provenzali a recarsi in
zona, a condizioni notevolmente vantaggiose. Arrivarono
così i Gavoti, cioè gli abitanti della città di Gap, in
Provenza. In tal modo si continuava la politica instaurata
da Carlo I d’Angiò (1226-1285), che per formare delle
nuove colonie nel Regno di Napoli offriva a chi dalla
Provenza si spostasse in Italia, i seguenti beni a titolo
gratuito: terre, pascoli, pozzi ed acque correnti,
cereali, alloggi, nonché denaro ed esenzione decennale
dalle tasse.
Gli
Shabran erano molto devoti di San Marco, come anche i
Provenzali in genere, ed a lui dedicarono il nuovo paese.
In origine, per lunghi secoli, si chiamò San Marco dei
Gavoti, cioè fondato dai Gavoti, gli abitanti della città
di Gap. In seguito l’espressione linguistica, per un
naturale processo di adattamento, si trasformò in “dei
Cavoti”.
Il
feudo di San Marco a titolo baronale passò ai discendenti
di Luigi Shabran, che erano anche conti di Ariano e di
Apice. Fu quindi donato a Francesco Sforza Attendolo (nel
1417), quindi alla famiglia Gaetani d’Aragona, poi passò
alla potente famiglia spagnola dei Cavaniglia ed infine ai
Caracciolo.
Nel 1806 San Marco dei Cavoti entrò a far parte del
circondario di San Giorgio la Molara, distretto di Ariamo
Irpino, Diocesi di Benevento. Dal 1861 passò con la
provincia di Benevento.
LUCIA
GANGALE |