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dal 14 novembre 2001
LABORATORIO
DI POESIA DELLA SCUOLA HOLDEN
Laboratorio tenuto alla Scuola
Holden da Carlo
Molinaro
dal 17 ottobre al 14 novembre 2001.
Il laboratorio, condotto sulla base di un programma iniziale presentato in una lezione preliminare nel maggio
2001, ha avuto lo scopo di interiorizzare strumenti di lettura poetica e, come
possibile conseguenza, di scrittura poetica.
In questo sito assolutamente
artigianale riportiamo qui di seguito alcuni dei lavori prodotti dai
masteristi che hanno seguito il laboratorio.
(Sono stati redatti anche appunti sparsi frammentari per i vari incontri.)
L'ordine è casuale, come a poesia
conviensi. Per segnalare errori, orrori, emissioni, omissioni, o qualsiasi
altra cosa, scrivetemi.
[Annoto il 6 giugno 2004: dopo
il laboratorio ho cercato di portare avanti un gruppo, ma ci sono riuscito per
poco tempo... pazienza, si vede che la cosa non interessava poi granché!]
Alessandra Schillirò
TENTATIVO DI SCRIVERE UN SONETTO
Anche se per una volta
Per una volta ho fatto finta di niente
e si è seduto e l'ho seguito
Per una volta non ho parlato e
si è lasciato corteggiare dalle mie offese
Per una volta non ho voluto sapere
se ti avrei rivisto se mi stavi
amando e tu distrattamente hai
lasciato ondeggiare la tazzina
Per una volta salvarsi sull'ancora
di un cucchiaino e per una volta
navigare un poco nella verità
e sorridere per una mano incerta
che sale alla tua bocca e cerca
ancora la mia, anche se per una volta.
Acsinia Vaccari
NINNANANNA
In terre senza tempo e assai distanti
Si ergeva tra fantastiche foreste
Un paese su alberi giganti
Abitato da un popolo celeste.
Tanta felicità era in tutti quanti
e ogni dì si facevan delle feste
Con allegri balli e gioiosi canti:
non v'era spazio per le facce meste.
Ora le sue tracce son cancellate
Ma io conosco un modo per arrivare
In questo luogo di gnomi e di fate.
Chiudi i tuoi occhi e lasciati cullare:
nel caldo sonno e in notti stellate
questa magia tu puoi trovare.
UN DELIRIO
Ben sento, ormai, le forse dissiparsi,
Venir meno i sensi. Cedo il domani
Ad altri. Lacerati i polsi, e riarsi,
D'ostro e di china, mi tingono le mani.
Nel buio avverto voci levarsi
E spegnersi, di uomini lontani,
Ma solo i bendaggi d'olio cosparsi
Mi sono rimasti, ai polsi malsani.
Un tempo ho confutato cinici
Ed edonisti; nel mio vestibolo
ho accolto senatori e mistici.
Alla grazia divina, come obolo,
Mi offro sereno, e il corpo ai nemici
Consegno, di Seneca, al patibolo.
Elena San Pietro
IL PREDATORE
Mi sveglio, occhi caldi nel letto
e la paura è già lì
mi scivola sul profilo del naso
cola nelle orbite oculari
nera e sottile nelle occhiaie
circonda la bocca, chiude il respiro
e con la coda dell'occhio la puoi vedere
non la senti sulla pelle, LA VEDI
un filo nero che ridisegna il volto
ogni maledetta volta che riapri gli occhi
non fai in tempo ad alzarti che
quelli ti rotolano parole addosso
entrano in gola, deglutisco il respiro
a gocce, e siete scatola bianca di eco
se passo la mano su ciò che vedo
scompare e resta mano vuota
non vi raggiungo, fingo di raggiungervi
e cammino sui vostri passi
m'incastro maldestra nelle orme
nelle forme che hanno un nome
angoli, spigoli, maniglie, blocchi
di legno, ferro freddo che cozza
sulle mani molli
la stanza riversata su me è macchina
accartocciata, punge, taglia, gela, chiama
richiama, fa saltare il dolore in gola
una corsa ad evitare impatti, schizzi
adrenalina nelle guance, un manichino
che cade dal grattacielo nel petto
correre al riparo come il roditore
con zampe grossolane scappare
darsi la spinta sempre solo in avanti
non retrocedere mai perché alle spalle
sente il predatore pensato
ANIMA E CORPO
Ha le mani troppo sporche
le ha immerse fino ai gomiti
nei cadaveri sorridenti
dei vostri sogni
Ingombravano
Qualcuno doveva farlo
spazzina di sogni
lavora all'obitorio
dei vostri ripensamenti
dolci carogne profumate
muore per voi
ma di notte
l'anima sguscia fuori
dalla porta di servizio
va a prostituirsi
sulla strada dell'abbandono
non trova più clienti, è troppo vecchia
e vogliosa
gli uomini preferiscono rubare
la verginità
il chirurgo dice che stavolta
non si potrà ricucire
Povera vecchia
malaticcia e mai stanca
e il corpo che si arrende
rimane corpo tra montagne di larve
punzecchianti
canticchia un motivetto da circo
e aspetta
prega che l'anima
non torni più a casa
è il corpo che non regge più
squassato da farfalle di vertigini
ed accidenti
Quando si risveglia
l'anima si è fatta la doccia
profuma di bianco
dorme ancora
tutto è ancora pulito
al risveglio
ma presto
il sudario nuovo
si scioglie in muffe
a pranzo l'anima si fa
una scorpacciata
riempie le sue vecchie tette raggrinzite
e comincia ad imbellettarsi
soffoca l'angoscia
con strati di tinta come fango
due labbrone rosse e sdentate
in un sorriso d'amore
e si ricomincia
sulla strada dell'abbandono
la stessa puttana
aspetta la macchina scolorita
piena di foglie secche e teli
per coprire il lerciume
si tocca la vecchia
sotto la gonna fuorimoda
tra le cosce bucherellate
di bruciature e carne
a brandelli rigonfi
(ci sono clienti a cui piace
giocare pesante)
si tocca la vecchia
come ha imparato in collegio
e sente il suono di quella voce
A casa il corpo
suona forte un altro disco
quasi non sente i suoi lamenti
da gatta in calore
e pensa che tanto
non partorirà più
le ha fatto chiudere le ovaie
l'ha riempita di valium
e lei non lo sa
vuole un altro figlio, la vecchia!
Non ci va dai medici
che le dicono di no
Sei troppo vecchia
i medici preferisce scoparseli
almeno la parcella
sarà la sua
ma ultimamente lo fa gratis
e danza
sulla strada dell'abbandono
come faceva da giovane
un ballo che nessuno ricorda
su una musica che non c'è
danza la vecchia
ed aspetta
una macchina
che la porti via
MANCHI TU
Ho corpo sottile e scattoso
fasci di nervi luminosi
muscoli scarlatti
per sbattere le ali
e sangue buono da versare
Ho la luce e la sua assenza
conosco il battiti
nel cuore
di un insetto
Ho danze di vita e soffi di trombe
che respirano il mondo
Ho compagni di viaggio
che lascio e riprendo
pelle su pelle
come vampiri-bambini
Ho sogni
come pugni nel ventre
ed ho un ventre attorcigliato
che sarà vita
Ho la speranza
che va oltre la vita
conosco i giochi dei bambini
il sapore del sole
Ho fatto l'amore con il mare
e dopo l'aria mi ha schiaffeggiato
con lieve gelosia
Ho più anni davanti che dietro
e spalle tese
il mondo mi appartiene
e lo leccherò
come un gelato dai gusti impossibili
Ho il dolore che annulla
tutto il resto
ed insinua il dubbio
che il mondo non voglia
appartenermi
Ho verità diverse
a seconda
del colore
sulle mie guance.
Franco Di Pietro
Ode al piacere del venire (addosso a te)
Mentre attendi lì, e non mi vedi,
ché disperi che io non ti accechi
dipendi dai gesti che faccio veloci,
in ansia cresci, ma non retrocedi.
Che bello. Mi sento Rocco Siffredi.
Se ne viene più che dir si voglia
Appoggiato al letto con i piedi
Ridi, mi spingi, cadendo mi siedi.
Ti pulirei con di mamma tovaglia.
Mentre splendida borbotti satolla
Vorrei unirti me per effetto colla.
Ode al piacere del venire.
Fuoriesce ed è tanto magnifico
Che mi si sente urlare fin dal prato
Tutto lucido trasluce amalgamato
sulla mano. Mi sento antico.
Germinale odorante di mie tante
avventure mi ritorna in mente
ogni volta che riprovo a sentire
il magico piacere di venire.
Mi spiaccio di chi pensa a male:
Consiglierei calma e sì, riprovare.
Non riesco a vivere se mi tieni dentro al
giorno.
Trasparente va bene se mi metti
dentro l'acqua. Scontornerei. Mi vedi?
Se sbatto i gomiti alzo via.
Eh! Ci credi? Salgo e vado su.
Riprendermi è ok se ti metti
di lato faccia giù. Tu mi arredi.
Tutti siamo una sola malattia.
Sa di salato, mi fa schifo, puh!
Non riesco a vivere se mi tieni
dentro al giorno. Mi si vede. Vieni?
Davide Cavagnero
SOLO SULLE NUVOLE
Mandami solo sulle nuvole
Con le mani lorde d'orco malato
Fame negli occhi e fiato gelato
Come le fate, come le favole.
Dal mondo voglio cose frivole:
Frappè di cozze e orso stufato
Burro alla fiamma e tonno laccato.
Cose così: veri drammi per ugole!
Mangiando formaggi e gommose,
Pepe rosa, alloro e bambini,
Con le carni ciccione e favolose.
Sullo spiedo infilzati dai piedini,
Con dita ossute e caramellose
Bianco negli occhi, senza confini.
NOTTE LA NOTTOLA
Scendono lacrime furtive e una
magica nottola sfuma palpitante.
Fragili piume vetrose con un
refolo gravido da bolina sud,
portano festose il dolce peso,
grumo di ossi e frementi sogni.
Timide coccole prendono visi
gocciola fascino, tragico cuore.
Sbadiglia muto nel vicolo il
pugile sfinito e maledetto.
Giordano Aterini
L T S G, P L R B
Liquidi languidi lucidi lembi
Trovano trepidi tantrici troni,
Spumano semplici scampoli spolpi,
Gemono gonadi gelide genti.
Prenditi perdite pentole piatte,
Lasciami lugubri lapidi lese,
Rettili restano rancidi rostri,
Bastano briciole, bastano baci.
Riccardo Rita
Francesca Genti
SENTITI
sentiti ogni mattina
come Lamù del cartone animato:
vivace col diritto di volare
dai capelli blu dal reggiseno leopardato.
mentre ti masturbi in una vasca
pensa a pensieri floreali
immaginati situazioni esagerate
combatti il "retaggio culturale".
maciulla gentilmente di parole
chi ti vuole obbligare gentilmente
a pochi pensieri uscite accompagnate
nastri di tulle gite organizzate
al senso di colpa alla preghiera serale
all'abitudine al peccato originale.
Da Bimba urbana, Emilio Mazzoli
Editore:
Olimpia Medici
Canzone di frontiera
Canzone incolonnati alla frontiera.
Quattro giorni di strada, le ossa rotte
Dieci miglia di coda: è primavera.
Entrerò in Bielorussia questa notte?
Canzone a mezzavoce: è fine maggio
La pioggia riga i vetri, vuole entrare.
Tutto è obliquo, verdissimo, selvaggio.
Bevo tè. Non mi devo addormentare.
Canzone di pianura a ritmo strano
Non si va avanti, ma nessuno insiste
Camion dimenticati in mezzo al grano.
Canzone a fine estate, quasi triste
Il confine è laggiù, zitto, lontano.
La Bielorussia forse non esiste.
Giuseppe Scatà
LA PENTOLA MAGICA
Un giorno ho incontrato una signora
Era nuda e una pentola in mano
Io ero ancora un giovane nano
Ci guardai e mi risucchiò sano sano
Nella pentola divenni un gigante
Comprai a peso d'oro un elefante
Stese le orecchie e volammo nel cielo
C'è una donna lontana ricoperta da un velo
C'è una donna lontana ricoperta da un velo
C'è una donna lontana che non ha mai visto il
cielo
Superammo mari, montagne e quant'altro
Incontreremo un ippogrifo all'ingresso di un
antro
Ficcheremo la testa nella roccia
E lì sotto, sotto il centro del mondo
Lì c'è la donna nascosta che balla e ruota in
tondo
Un giorno ho incontrato una signora
Era nuda e una pentola in mano
Accadde quando ero un giovane nano
E scomparvi del tutto quando mi ebbe leccato
la mano.
Mario Fabio
VOMITO
Novembre, a freddo, è di velluto rosso,
Sgretolarsi di voci, lontananze.
Sangue ribolle, infuso, scaldando ossa,
Muscoli stanchi per piccole stanze.
Demoni affiorano: dimostrazioni.
Vomito, cullami ancora calda onda,
Conchiglie vuote, confutazioni,
Stanche membra, come ancore sul fondo.
Seduto sole dai respiri lisi,
Poltrona zoppa nell'alba cremìsi.
Laura Colleo
Servono occhi anche sul culo
ORSETTI DI PELUCHE SENZ'OCCHI
IN BRACCIO ALLA NOTTE FATICOSA
SEGUONO URLANTI ELFI BAGNATI
SULLE ROCCE DEL MARE IN AMORE
NOI AMMIRATI INCERTI CULLIAMO
LUCI MACCHIATE SPARITE NEI SOGNI
SOSPIRI SOSPESI SINUOSI STRISCIANDO
SCOLPENDO SORRISI SANTI E SUICIDI
Franco Di Pietro
(continua, suppongo!)
(era una supposta errata [6 giugno 2004])