Nella campagna d'Italia
Kesselring applicò magistralmente le prescrizioni della Auftragstaktik,
scegliendo con oculatezza i "punti di forza" (Schwerpunkt) ove
concentrare le sue forze in corrispondenza dei "punti di debolezza" del
nemico, quei settori cioè quasi vuoti di truppe o con forze deboli
impossibilitate a intervenire in tempo.
Potrei esaminare due esempi classici di Schwerpunkt in Italia:
a) la difesa e chiusura dello spazio vuoto fra la X e la XIV Armata
tedesca nella ritirata da Roma fino al monte Amiata;
b) la battaglia di Rimini con la concentrazione di 10 divisioni in un
unico settore di Corpo d'Armata.
Il mancato "intrappolamento" delle truppe tedesche a Valmontone, a sud
di Roma è un argomento su cui non si finirà mai di discutere. Il punto
di vista tedesco è quello di von Tippelskirch, che comandò la XIV Armata
dal dicembre '44 al febbraio '45.
La nostra situazione più
pericolosa avvenne a fine maggio dopo la rottura del fronte fra Velletri
e Cisterna in direzione di Valmontone. In questo momento decisivo lo
stato maggiore americano commise un errore dalle notevoli conseguenze:
invece di concentrare tutte le forze in un unico punto, ossia nella
valle verso Artena/Valmontone, dove c'erano solo i resti delle divisioni
di Anzio/Nettuno, esso insiste nel rafforzamento dei fianchi. Prima che
lo sfondamento americano fosse portato a termine arrivarono sul luogo le
nostre divisioni "Hermann Goering" e 29ª Granatieri Corazzati Con queste
forze la XIV Armata fu in grado, anche con una serie di contrattacchi,
di impedire sino al 30 maggio lo sfondamento decisivo verso Valmontone.
Nella notte fra il 30 e il 31 maggio le truppe americane, con 4
divisioni contro la sola 29ª riuscirono finalmente a determinare la
rottura del fronte e a prendere Valmontone il primo giugno.
In tutti i libri finora scritti su questo argomento le cose non sono
state raccontate così come si svolsero. Personalmente posso testimoniare
che nessuno ha rilevato come la 29ª divisione di granatieri corazzati
sia stata coinvolta pesantemente in questa battaglia e che fu proprio
lei a difendere fino all'ultimo il settore di Valmontone dal 25 maggio
al 2 giugno, nel settore da Velletri (esclusa) ad Anagni (inclusa).
Nessuno di noi - e nemmeno, credo, i nostri comandanti di divisione -
aveva un'idea esatta delle enormi forze alleate che ci stavano di
fronte. Solo molto tempo dopo la fine della guerra ci siamo resi conto
che la 29ª aveva combattuto contro due interi Corpi d'Armata, il II°
americano e il CEF francese (French Expeditionary Corps). Sulla linea
Hitler dal 21 al 25 maggio il mio 15° reggimento combatté da solo
contro 6 reggimenti americani delle divisioni 85ª e 88ª USA, mentre
l'altro nostro reggimento, il 71°, combatteva contro le truppe coloniali
francesi. Più tardi, sul fronte di Valmontone, dal 25 maggio al 2 giugno
la nostra divisione combatté contro 3 divisioni americane, la 3ª, l'85ª
e l'88ª e due divisioni francesi, la 2ª marocchina e la 3ª algerina. "Perché
non avanzano? perché sono così lenti?" - ci chiedevamo.
Sarebbe troppo lungo riepilogare in queste pagine il nostro
coinvolgimento nella lotta in cui intervenimmo - oltre a tutto - troppo
tardi quando la situazione era ormai divenuta irreversibile. Basti dire
che noi, in riserva nella zona di Bracciano, fummo allertati troppo
tardi e partimmo soltanto il 19 quando non era più possibile tamponare
la falla aperta dai francesi e allargata dagli americani.
Il 22 maggio la mia compagnia catturò il monte delle Fate a nord di
Terracina, facendo prigionieri alcuni ufficiali e una trentina di
soldati americani che vi avevano creato un posto di osservazione.
Respinti alcuni contrattacchi dovemmo poi ritirarci sotto la minaccia di
essere accerchiati. Filtrammo di notte fra le truppe nemiche ad Amaseno
finché ci ricongiungemmo con i nostri camerati a Prossedi. Da qui fummo
trasportati nella zona di Velletri, (dove erano sopraggiunti i primi
reparti della divisione di paracadutisti corazzati "Hermann Goering")
che il nostro battaglione I/15, sottoposto provvisoriamente alla
"Goering", difendeva dagli attacchi dei nemici provenienti dalla testa
di ponte di Anzio, mentre il resto della 29ª divisione difendeva il
fronte meridionale contro i francesi e gli americani.
La notte del 27 fummo trasferiti sul fronte di Artena-Valmontone,
ritornando agli ordini della nostra divisione. La mia compagnia da sola
difendeva un settore di 500 m. lungo la strada da Artena a Valmontone.
Il fronte del solo battaglione I/15 era di 2,5 km. che dovevano essere
difesi dagli attacchi di 3 reggimenti nemici. Perché gli americani non
sfondarono? Forse perché attaccarono sempre frontalmente e sempre nella
stessa direzione.
Il 29 la lotta si spostò più a sud, attorno a Gorga, dove il Comando
concentrò 3 battaglioni, il mio, il III/15 e il II/8 della 3ª divisione
di granatieri corazzati. Così facendo, il fronte di Artena-Valmontone
rimase quasi sgombro di difensori essendo stati fatti affluire in tutta
fretta solo i resti di due battaglioni del reggimento 1060° della 362ª
divisione di fanteria. Non ho mai capito perché il nostro Comando si
fosse assunto questo rischio e perché gli americani non abbiano
approfittato dell'occasione. A Gorga facemmo un contrattacco contro i
marocchini poi ripiegammo su Colleferro-Valmontone, ove la lotta durò
fino al 2 giugno, e infine ci ritirammo a Subiaco e a Tivoli.
Per la battaglia di Roma/Valmontone gli alleati avevano concentrato
forze enormi: 7 divisioni americane 2 divisioni inglesi, 4 divisioni
coloniali francesi, un totale di 13 divisioni. Personalmente ritengo che
sarebbero bastate solo 2 o 3 divisioni per occupare Roma. Le restanti 10
o 11 divisioni avrebbero potuto attaccare con tutte le loro forze la l0a
Armata che si ritirava lentamente (essendo composta di divisioni di
fanteria, di paracadutisti e di alpini) da Cassino verso nord. Il
successo era quasi sicuro.
Ma forse al Comando alleato, non abituato alla Auftragstaktik, mancò il
coraggio di impostare una sì grande manovra di accerchiamento.
Certamente lo Stato Maggiore americano non seppe sfruttare il successo
di Valmontone. D'altra parte devo aggiungere che gli americani, anche ai
livelli medio e bassi, non hanno mai saputo sfruttare le situazioni
favorevoli nei settori di loro competenza. Dico ciò in base alla mia
esperienza di difensore di Valmontone, Gorga e Colleferro.
Von Tippelskirch rileva come la X Armata si trovasse dopo Valmontone in
una situazione di estremo pericolo, non essendo stata in grado di
sfruttare i sei giorni guadagnati a Valmontone (25 maggio al 1° giugno
1944) per unire la sua ala destra all'ala sinistra della XIV Armata. Qui
gli alleati non hanno saputo sfruttare l'errore commesso dal nostro
Gruppo d'Armate.
Effettivamente dopo la caduta di Roma si creò un enorme spazio vuoto fra
la XIV Armata sul fronte tirrenico e la X Armata in ritirata al centro e
sull'Adriatico. La XIV Armata con poche divisioni (la 3ª Granatieri
Corazzati, la 4ª Paracadutisti, la 65ª di fanteria e parte della 362ª di
fanteria), quasi tutte decimate, era minacciata di accerchiamento e
annientamento dagli americani, che avanzavano a una media di 10 km. al
giorno. La X Armata, in lenta ritirata sulle poche strade disponibili,
le difendeva il fianco sinistro con la sola 15ª divisione di Granatieri
Corazzati ed era anch'essa in grave pericolo di essere accerchiata e
distrutta, tanto più che doveva raccogliere i resti delle divisioni che
avevano combattuto nel settore sud di Anzio (715ª divisione di fanteria
e parte della 362ª).
Per evitare qualsiasi aggiramento e per portare le due Armate alla
stessa altezza e per chiudere lo spazio vuoto, Kesselring creò un "punto
di forza" nella Valle Tiberina, da Tivoli al lago Trasimeno, con sole 4
divisioni, la 26ª Corazzata, le 29ª e 90ª di Granatieri e la la
Paracadutisti ("Schwerpunkt an Tiber" dal 4 al 16 giugno '44). Per fare
questo egli spostò - con un'audace e magistrale conversione - il fronte
dalla direzione sud alla direzione ovest contro le truppe americane
avanzanti lungo la costa.
I compiti stabiliti per questo "Schwerpunkt" erano di assicurare l'ala
destra della X Armata, la sua ritirata e la difesa della "posizione di
sbarramento fra Tivoli e Acquapendente Lago Trasimeno) con l'intero XIV
Corpo Corazzato. Con una manovra perfetta, tanto difficile quanto poco
conosciuta, le quattro divisioni si scavalcarono l'una con l'altra,
costruendo un nuovo fronte che collegava le due Armate.
La riuscita di questa manovra ritardatrice di contenimento dell'avanzata
alleata nell'Italia centrale riscuote il plauso del generale Puddu, uno
storico che dimostra di conoscere bene l'esercito tedesco, tanto che
sembra che le sue annotazioni siano state scritte da un generale tedesco
nelle sue "Memorie di guerra".
Dopo aver rilevato la gravità della situazione tedesca egli aggiungeva:
"Inoltre, la soluzione del problema operativo tedesco era complicata:
dalla minima sicurezza delle predisposizioni di difesa costiera, per la
mancanza di adeguati mezzi navali e aerei atti a impedire uno sbarco;
dall'incapacità della propria ricognizione aerea a dare notizie
tempestive sulle intenzioni e i movimenti del nemico, dalla difficoltà
di assicurare i propri rifornimenti stante il dominio aereo tenuto dagli
alleati; dall'insufficienza della rete stradale e ferroviaria e, infine,
dalle difficoltà opposte dalla natura montuosa del terreno".
Condivido le osservazioni del generale Puddu. Abbiamo sofferto molto per
l'incapacità del nostro Servizio Informazioni. Per noi, in prima linea,
era molto se si sapeva che di fronte avevamo i marocchini, o i polacchi,
o gli inglesi, o i canadesi, o i gurkhas, ecc. Spesso abbiamo ricevuto
l'ordine (e non il compito!) di catturare prigionieri per dare notizie
sui nemici che avevamo di fronte ai nostri superiori Comandi
reggimentali o divisionali!
Per i rifornimenti non sono
d'accordo con Puddu, però la mia esperienza non fa testo perché la 29a
era una divisione speciale, mobile a cui non sono mai mancati viveri,
vestiario, rimpiazzi di uomini e mezzi, panzerfaust anticarri,
munizioni, carburante, ecc. fino al 18 aprile '45 (quando fui
catturato).
Puddu continua: "Tuttavia, gran parte di queste difficoltà poterono
essere superate durante la prima e la seconda fase della battaglia
mercè: la ferrea volontà dei capi; la capacità degli Stati Maggiori; il
valore delle truppe; l'intenso addestramento, specie nei riguardi
dell'azione corpo a corpo e del combattimento negli abitati; l'intima
cooperazione tra fanteria e artiglieria; la graduale e oculata
immissione dei nuovi reparti nel combattimento, per cui, pattuglie di
anziani ben orientate furono impiegate per ambientare le truppe
assegnate; l'intenso lavoro fatto nella zona di combattimento per
migliorare le posizioni occupate".
Per quanto riguarda la graduale e oculata immissione in combattimento
dei nuovi reparti posso confermare integralmente le sue parole Il nostro
sistema di immissione in prima linea dei nuovi reparti e dei singoli ci
ha fatto risparmiare molto sangue e ha dato subito ai soldati una certa
sicurezza nel combattimento. Nella mia compagnia dal 19 maggio al 26
ottobre ho ricevuto 285 rimpiazzi, a gruppi di 20, 40, 50, 70 per volta.
Non li immettevo mai in prima fila tutti insieme ma a piccoli gruppi di
5. Solo a Lastra a Signa, avendo ricevuto un gruppo di 70 rimpiazzi
dovetti metterli al fronte a gruppi di 10 perché l'urgenza del tempo non
mi permetteva di diluire troppo il loro impiego.
Puddu dice ancora:
"L'azione ritardatríce dei tedeschi fu resa possibile anche per le
continue interruzioni di ponti, per il minamento di estese zone di
transito e per le distruzione di ogni genere, che essi effettuarono con
la loro tradizionale meticolosità.
Tuttavia, per quanto queste condizioni favorevoli abbiano potuto
influire nel facilitare l'azione del Comando tedesco, si deve convenire
che il superamento della crisi prima e l'ordinato ripiegamento poi,
siano da attribuire, in grado preminente all'abilità di detto Comando,
che freddamente valutò il pericolo e prontamente provvide a
fronteggiarlo, e allo spirito delle truppe che, pur subendo gravi
perdite, mantennero intatti la loro compagine e lo spirito aggressivo".
L'abilità del Comando Supremo tedesco è riconosciuta anche dagli storici
nemici che rilevano la capacità dei comandanti tedeschi nel valutare
esattamente tutti i pericoli e di saper prendere le adeguate misure in
breve tempo. In secondo luogo essi riuscirono a mantenere unite e
ordinate le loro compagnie conservandone lo spirito combattivo malgrado
le gravissime perdite.
Queste osservazioni sono esatte Noi obbedivamo a un ordine morale che
non ci fu mai dato ma che abbiamo sempre seguito: Meglio perdere il
terreno, piuttosto che disgregare la compagnia! E così abbiamo tenuto
intatta la compagnia malgrado i durissimi combattimenti, che ci sono
costati perdite forti e fortissime e che spesso hanno isolato una
compagnia dalle altre.
Per dare un'idea della gravità delle perdite nei 13 giorni dal 21.5 al
2.6.44 (battaglia di Roma) basta menzionare le perdite dei 6 battaglioni
della 29ª:
-
battaglione I/15 n. 192
uomini(37%);
-
battaglione II/15 n. 200
uomini (39%);
-
battaglione III/15 n.
198 (38%);
-
battaglione 1/71 n. 225
uomini (43%);
-
battaglione II/71 n. 258
uomini (50%);
-
battaglione III/71 n.
212 uomini (41%).
In tutto la 29ª perse 2.066
uomini fra morti, feriti e dispersi (senza contare i malati) di cui
1.591 granatieri, 247 esploratori, 145 artiglieri, 41 genieri, 21
addetti alle trasmissioni, 21 addetti ai servizi logistici. I caduti
sono stati 268, i feriti 889, i dispersi 909.
Che cosa fu per noi, combattenti di prima linea, la guerra in Italia?
Non c'è che concordare con quanto scrisse Nardini, tenendo presente che
le condizioni della lotta da lui descritte sono le stesse che il mio
reggimento, reduce dalla dura battaglia di Rimini e dai continui
combattimenti a sud di Cesena contro i canadesi e i gurkhas, ridotto a
metà organico, affrontò nell'ultima decade di ottobre quando si oppose
alla 34ª divisione di fanteria americana nella valle dello Zena, a 15
km. da Bologna: Ogni singola casa, ogni collina, ogni metro di terreno
doveva essere tolto ai tedeschi con gravissime perdite e nessuno degli
americani si aspettava una rapida fine di questa situazione. Appena
avevano oltrepassato un fiume, ne veniva un altro, appena era
conquistata una collina o montagna un'altra si ergeva davanti a loro, da
cui venivano colpiti con bombe e granate. I carri armati si fermavano
nel fango, gli aerei non potevano partire per le condizioni del tempo.
Quando poi si passò di colpo alla guerra di uomo contro uomo gli
americani parvero essere senza vigore.
I generali inglesi intendevano annientare le truppe tedesche a sud della
linea Pisa-Rimini (la Linea Gotica, in senso lato) per poter poi
avanzare oltre la strettoia di Lubiana fino a Vienna ma il fallimento
dei loro piani nell'inseguimento dopo Roma pregiudicò sotto molti punti
di vista i loro piani strategici riguardanti l'Europa centrale (von
Senger). |
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