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Il Green Rock Alpine Club

Era una piovosa notte di inizio primavera di quel lontano 1993 e due loschi figuri si aggiravano furtivi lungo le Ramblas di Barcellona ... No, in realtà non pioveva e la primavera non era ancora iniziata, ma a Barcellona c'eravamo davvero, anche se prima penso sia doveroso un ulteriore passo indietro.
In effetti, la prima gita ante litteram del club io e Mirko la organizziamo nel Gennaio 1992: un estemporaneo quanto improbabile tentativo di salita al Pizzo Stella in invernale anche se, a causa dell'enorme quantità di neve fresca (le racchette da neve le adotteremo solo qualche anno dopo) non riusciamo a raggiungere nemmeno il rifugio Chiavenna all'alpe Angeloga, impiegando sei ore per un percorso che di solito ne richiede una. Seguirà un tentativo invernale in Grignetta per la cresta Sinigaglia (riuscito, questa volta), con Mirko che all'inizio delle roccette finali rimpiange il divano e i panini col salame di casa sua quindi, con l'arrivo dell'estate, arriva il momento di fare sul serio.
Così, a Luglio, c'è la prima gita d'alta quota: la Punta Gnifetti, salita con poca esperienza, poco allenamento ma con tanta forza di volontà, pernottando al rifugio Regina Margherita prima di scendere a valle il giorno successivo.
Ed arriviamo così a quel fatidico 12 Marzo 1993: siamo in trasferta a Barcellona per la maratona che dovrò correre tra un paio di giorni. Dopo aver cazzeggiato a lungo per le Ramblas, decidiamo di entrare in un pub per un paio di birre; non parlando spagnolo nè tanto meno catalano, mi rivolgo in inglese alla ragazza che prende le ordinazioni. Per uno strano scherzo del destino, lei l'inglese lo parla benissimo, dato che ha anche una zia negli Stati Uniti, e mi chiede se per caso anche noi veniamo da laggiù. All'inizio prendo tempo: "Are you sure you want to know?". Poi la risposta diventa storia, anzi leggenda: "Green Rock, we are from Green Rock! A little town 80 miles at est of New York City ..." confondendo peraltro l'ovest con l'est, dato che ad est di New York (ed avrei dovuto ricordarmelo bene, dato che al tempo ci avevo già corso due maratone) c'è l'oceano!!
Con la fine della naja, anche Sly si aggrega al novello sodalizio montano anche se le prime gite "ambiziose" non hanno esiti molto confortanti: tentativi al Pizzo Tresero, alla Punta Gnifetti ed al Cervino dalla cresta dell'Hornli costantemente frustrati ed interrotti dal maltempo.
Riusciremo finalmente ad inaugurare il gesto caratteristico del Club, la stretta di mano in vetta, solo l'anno successivo durante il primo tour estivo del Green Rock, un'altra consuetudine per gli anni a venire.
Nel 1994 la naja tocca a me, ma sfruttando la licenza ordinaria a fine Luglio programmiamo un giretto niente male tra il Cervino ed il Monte Rosa.
Da Zermatt, per lo Schwarzsee, ci portiamo alla Hornlihutte dato che con il nostro amico Matt (diminutivo di Matterhorn) abbiamo un conto in sospeso da 365 giorni esatti. Ma purtroppo la lista è destinata ad allungarsi ancora: infatti, nonostantei nostri buoni propositi (anche se Sly per la salita confidava più che altro in un miracoloso e risolutivo intervento divino) le non perfette condizioni fisiche ci costringono a rinunciare alla salita ancor prima di giungere alla Solvayhutte, e decidiamo così di ridiscendere fermandoci di frequente per lasciar passare quelli che ancora stanno salendo, tra i quali un bambino coreano di 8 anni che arrampica deciso e concentrato dietro la sua guida.
E' proprio vero che sul Cervino puoi trovare veramente di tutto, anche degli alpinisti giapponesi (adulti) che seduti ai tavoli sul terrazzo della Hornlihutte a pomeriggio inoltrato studiano preoccupati la via di salita per l'indomani osservando il Matt con i caschi già indossati !!
Noi per oggi ne abbiamo abbastanza: dopo la discesa allo Schwarzsee e la risalita in funivia al Klein Matterhorn, raggiungiamo il rifugio delle Guide del Cervino al Plateau Rosà dove concludiamo in gloria la giornata dormendo per il resto del pomeriggio.
Il mattino seguente saliamo ai Breithorn Occidentale e Centrale: i primi due quattromila "ufficiali" del Green Rock Alpine Club! Mentre ci dirigiamo al piccolo (e non ancora ristrutturato) bivacco Rossi e Volante per continuare la traversata, il sole si fa sempre più rovente ed al bivacco ci arriviamo con le borracce più secche dei polmoni di un cammello morto di sete ed in stato di completa disidratazione; e meno male che di acqua ne troviamo proprio nei pressi del bivacco, senza dover sciogliere la neve.
Il giorno successivo effeuttuiamo la traversata del Castore salendo dal colle di Verra per la parete ovest e lungo la cresta nord-ovest e scendendo per la cresta sud-est al colle Felik, raggiungendo quindi il rifugio Quintino Sella seguendo l'ampia pista lungo il ghiacciaio di Felik. Qui si mangia, si beve (con le borracce per domani, abbiamo preso 8 litri d'acqua in tre), si fa asciugare il vestiario (un po' puzzolente ...) e soprattutto si dorme il resto della giornata.
L'obbiettivo del mattino seguente è il Lyskamm Occidentale, così ci riportiamo dapprima al colle di Felik, quindi per un aerea crestina alla base del ripido pendio che porta in vetta; qui Mirko e Sly decidono di fermarsi, mentre io salgo in vetta seguendo due ragazzi di Torino che proseguiranno poi per la traversata, mentre noi ridiscendiamo al Quintino. Dovremo anche acquistare della crema solare, dato che la nostra l'abbiamo finita da un pezzo, ma ci siamo accorti che non ci scottiamo comunque: forse lo strano fenomeno fisico è da imputare al fatto che non ci laviamo da alcuni giorni, ma sulla faccenda è meglio stendere un pietoso velo di silenzio.
La tappa successiva è il trasferimento al Balmenhorn per il Naso del Lyskamm, intinerario un po' delicato dopo la nevicata notturna. Ma tutto va per il meglio sino alla discesa per delle roccette piuttosto instabili, dove rischiamo di venire investiti da una scarica di sassi fatta partire da alcuni scriteriati sopra di noi che non si curano neanche di avvisarci; un bestemmione di Sly ottiene il duplice effetto di "deviare" la scarica e di paralizzare sul posto gli inetti e perniciosi alpinisti per parecchio tempo, permettendoci di portarci fuori dalla zona pericolosa. Raggiunto il bivacco Giordano al Balmenhorn, lasciamo la nostra roba su tre brande libere ed in un lampo (venti minuti scarsi) siamo in vetta alla Piramide Vincent. Tornati al bivacco, abbiamo la sgradita sorpersa di trovarvi un'intera mandria di alpinisti polacchi alquanto incivili che prima ci rubano i posti letto, poi i fornelli ed infine osano contrapporre alle canzoni di Elio e le Storie Tese che noi cantiamo a squarciagola quelle dei Beatles !! Il minimo che possiamo fare per difendere la nostra privacy è delimitare i nostri posti letto con una fila di ramponi, ovviamente con le punte rivolte verso di loro ...
La mattina seguente, purtroppo, il brutto tempo la fa da padrone, e così siamo costretti a malincuore a rinunciare al nostro progetto di salire in Margherita per scendere alla Gnifetti sperando in una schiarita, che però non verrà.
Così, il giorno successivo, tra nebbie e nubi basse scendiamo a Gressoney da dove tramite autobus ci trasferiamo a Cervinia, da dove la funivia ci riporta al rifugio delle Guide del Cervino, dove se non altro il cuoco si supera (vista anche la scarsità di clienti ...) servendoci un ottima cena.
Infine, ancora perseguitati dalle condizioni meteo avverse, scendiamo nella nebbia lungo la pista da sci a Trokener Steg, dove prendiamo la funivia per Zermatt.
Lungo la via principale, mentre ci dirigiamo verso la stazione, qualche svizzero ci guarda un po' male per via delle barbe lunghe e del nostro aspetto trasandato, ma non importa. Siamo stanchi, fradici, sporchi ma contenti: siamo il Green Rock Alpine Club!


Andrea Galimberti
20 luglio 2006

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