Corno Rat
Via Dell'Oro
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Una via bella e divertente, interessante ed impegnativa; l'eleganza del tracciato è purtroppo decisamente compromessa dalla vegetazione che ricopre la parete, in modo particolare nei mesi più caldi e nella prima parte della via. La roccia è sempre eccellente; l'unica eccezione alla regola, uno splendido maniglione mobile - spaventosamente mobile - nel mezzo del passaggio più impegnativo della via: il VI grado ne risulta intensificato in interesse! Le difficoltà non sono omogenee, ma spesso elevate: tutti i tiri sono almeno di V, con l'eccezione del secondo che raggiunge appena il III, ma l'abbondanza di chiodi nella parte alta della via permette di trasformare facilmente le difficoltà maggiori (il V+ e il VI della seconda metà della via) in un semplice A0. La sfida maggiore non sta nel VI del terzo tiro, ma nel teorico V+ strapiombante del quarto (L3b): provare per credere. L'esposizione è sempre annullata, prima dalle confortanti ed abbondanti piante, poi dai numerosi chiodi. La chiodatura è razionale: nei tiri superiori, più difficili, è abbondante, anche se a volte obsoleta (non sono rari i chiodini ad anello spaventosamente consumati dalla ruggine) mentre in quelli inferiori decisamente scarsa: in tutto il secondo non se ne trova nemmeno uno (una quarantina di metri di III), e nel primo (pur sempre un tiro lungo di V grado) se ne trova uno solo, a circa metà altezza. Attenzione: nel 1999 alcuni puristi poco rispettosi della via originale hanno deciso di avere il diritto di eliminare una sosta e soprattutto di asportare dalla via il cavo metallico che per 60 anni ha caratterizzato il traverso del penultimo tiro (cavo fissato con il consenso dei primi salitori che qui avevano risolto il problema con un lancio di corda); quello che ne è uscito è un tiro decisamente più faticoso e difficile (VI+). Qualche anno dopo il cavo è stato ripristinato. Si consiglia di prendere informazioni prima della salita se si vuole la certezza di evitare ulteriori sorprese. |
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Difficoltà: |
TD- (tratti di V+ e VI, V, A0) |
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Sviluppo: |
4 lunghezze, 130 m |
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Esposizione: |
SSE |
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Chiodatura: |
buona, soste su catena |
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Materiale: |
8 rinvii, dadi, friend, 1 corda |
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Salite: |
12.08.97 Mirko, Silvano
05.10.97 Mirko, Silvano
10.05.98 Mirko, Andrea
29.08.98 Mirko, Silvano
22.05.05 Mirko, Andrea
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AvvicinamentoL'avvicinamento più semplice al Corno Rat consiste nella salita da Valmadrera. Dalla frazione di Belvedere si sale fino al bivio - fontanella - per Moregallo e Corni; si segue la strada per i Corni, a sinistra, che porta fino alla località di San Tomaso. Una volta raggiunto l'agglomerato di case si piega completamente a destra, in piano, attraversando dapprima un prato, lungo tracce non sempre ben visibili, e quindi rientrando nel bosco, che si attraversa, sempre prevalentemente in piano, lungo buoni ed evidenti sentieri. Si ragginge un bivio in cui un cartello segnala la ferrata del Corno Rat (segnavia n. 30: "sentiero attrezzato OSA"). Si prende dunque a sinistra, in salita, in direzione della ferrata. La si raggiunge in pochi minuti, alla base della parete del corno, in corrispondenza di un ampio spiazzo. Si prende a destra, si segue il sentierino che risale ed aggira a destra l'intera parete. Al termine di questo primo risalto roccioso si prosegue sempre per sentiero. In breve si raggiunge la base della più alta parete del corno. La via Dell'Oro si trova piuttosto sulla destra: si deve seguire il senterino che porta verso la destra della parete ed in corrispondenza del suo punto più alto si riconoscerà il diedro iniziale della via. A scanso di equivoci, proprio all'inizio - non molto visibile - ci si trova una piccola targa metallica che riporta il nome della via.
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Diedro della L1, dall'attacco |
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L1Alla base della via non si trovano elementi fissi di assicurazione per il primo di cordata; in genere si assicura in vita, oppure piazzando una malsicura fettuccia su una radice d'albero sempre più consumata dal tempo. Praticamente tutto il tiro, di quasi quaranta metri di lunghezza, segue l'evidente ed altissimo diedro verticale (difficoltà fino al V): ci si tiene sempre in prossimità del suo limite interno sfruttando più spesso gli appigli della parete di destra, meno verticale. In tutta la sua lunghezza ci si trova un solo chiodo - un vecchio chiodo con anello arrugginito, ma fortunatamente piuttosto spesso - ma volendo oggi è possibile raggiungere un paio degli spit di una delle vie moderne che sale parallela alla sua sinistra; inoltre le protezioni possono essere integrate facilmente con cordini e friend. Allo scopo si rivelano utili addirittura delle robuste radici saldamente ancorate alla parete, che formano con la roccia delle clessidre ideali. Al termine del diedro ci si porta di qualche metro a destra, fino alla catena di sosta, ben visibile nei pressi di un terrazzino e di una grossa e comoda pianta.
L2Il secondo è il tiro più facile della via: arriva appena al III grado, ma nei quaranta metri della sua estensione non si trova nemmeno un chiodo. Anche le clessidre sono rare e nascoste e se non si vuole rinunciare a protezioni sarà possibile dover trovare sistemi alternativi: friend, dadi e spuntoni offrono numerosissime possibilità. Da non sottovalutare persino la possibilità di sfruttare le numerose robuste piante che infestano in modo particolarmente fitto questo tiro. L'arampicata si svolge seguendo semplicemente la linea di minori difficoltà; basterà salire quasi direttamente, optando per la destra della verticale nei momenti di indecisione. La sosta si trova al termine di un facile e deciso traverso a destra, su un comodo terrazzino, con l'immancabile alberello; attenzione a non confondere la sosta corretta con una delle due che segnano l'inizio di due varianti più difficili (la più facile arriva al 6a) che si trovano poco più sopra e più a sinistra.
L3E' il più bello dei tiri difficili della via, che si lascia superare con una buona tecnica e senza eccessiva fatica. Dalla sosta si sale in verticale per qualche metro fino ad un solido spit; si potrà evitare di rinviare ad un cordino, un paio di metri più in basso. Dallo spit si piega decisamente a destra (si consiglia un moschettonaggio molto lungo per evitare problemi di scorrimento della corda): si inizia un traverso orizzontale che porta fino oltre uno strapiombo - ci si trova un altro chiodo - e quindi si segue il diedro alla sua destra. Si sale dapprima per rocce relativamente semplici (V) e da ultimo lungo una placchetta più tecnica e la spaccatura che la delimita a sinistra: il passaggio è di VI, ma volendo un paio di chiodi permettono di trasfomarlo in un facile A0. Fino al 1999 si sarebbe arrivati così ad una sosta (non era delle più comode, ma la catena era a prova di bomba); oggi questa sosta è stata eliminata per costringere a raggiungere in un solo tiro quella successiva. Non si escludono ulteriori modifiche per i prossimi anni.
L3bVolendo o dovendo, si concatena il mezzo tiro appena fatto con il mezzo successivo. Dalla placca basta salire direttamente in verticale fin sotto allo strapiombo, e quindi seguire la fitta linea di chiodi che portano ad aggirare lo strapiombo sulla sinistra, lungo una una faticosa fessura diagonale. Il tratto dovrebbe essere di V+, ma è molto faticoso; è possibile trasformarlo in un più veloce A0. La chiodatura non è delle migliori perchè i chiodi - sebbene numerosi - sono tutti vecchi ed arrugginiti. Volendo si può migliorare la protezione moschettonando un nuovissimo spit, piantato appena al di sopra dello strapiombo per attrezzare una moderna variante di 6b. Oltre il traverso che porta fuori dallo strapiombo restano da percorrere pochi semplici gradini - erbosi o terrosi secondo la stagione - fino ad una comoda nicchia al di sotto di un evidente camino. Bella la sosta.
L4Può essere considerato l'ultimo vero tiro della via. Dalla sosta si deve seguire il camino (V+) fino all'inizio di un cavo metallico che taglia in traverso a sinistra la parete successiva. Ci si può abbandonare alla sicurezza e alla facilità del cavo per superare il traverso, oppure si può scegliere di passare in libera. Nel 1999 il cavo era stato asportato e la via ne era stata stravolta per un periodo, ma oggi il cavo è stato ripristinato. Chi vuole farne a meno ha comunque la facoltà di scegliere di passare in libera in un traverso più basso, all'altezza della sosta: è contraddistinto da due spit nuovi fiammanti; si tratta di qualche metro di VI+/VII-. Al termine del traverso attende un nuovo camino, più lungo ma meno faticoso del primo; fondamentali le comodissime maniglione in uscita dal tratto strapiombante. Si arriva alla sosta, su un terrazzino terroso protetto dalla solita comoda pianta. Il resto della via può essere semplicemente superato in conserva (non raggiunge il III); l'alternativa è improvvsare una nuova lunghezza restando assicurati fino a dove le difficoltà lo consigliano. Si va dapprima a sinistra, si aggira uno speroncino, quindi si torna in diagonale a destra e si raggiunge un bel terrazzo assolato. Dal terrazzo è definitivamente inutile la progressione in cordata: da qui si entra nel boschetto, si seguono tracce di sentiero che piegano decisamente a sinistra, a tratti in discesa, e si raggiunge l'ultima paretina della ferrata; lungo questa si arriva alla cima del corno.
DiscesaSemplicemete si scende per sentiero: dalla cima si prosegue inizialmnte in direzione dei Corni di Canzo. Quando si raggiungno dei grossi blocchi rocciosi un cartello segnala la via per Valmadrera e San Tomaso. Si consiglia di portare in via i propri zaini se non si vuole essere costretti a risalire fino all'attacco una volta arrivati - in discesa - a San Tomaso.
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