Torrione Magnaghi Meridionale
Spigolo Dorn
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La via è semplice e divertente: le difficoltà sono sempre contenute, non superano mai il IV ma se ne tengono spesso al di sotto; generalmente la via si mantiene tra il III+ e il IV-. La linea di salita è ovvia e sempre su roccia perfetta, la semplicità non lascia sentire mai l'esposizione e la sicurezza delle numerose maniglie lascia spazio solo al divertimento. Splendida ed emozionante la vista sul sigaro, da mezza via. La chiodatura è ottima, senza eccezioni, ed è sempre facile integrare le protezioni con cordini o fettucce sulle abbondanti clessidre se se ne sente la necessità; numerosi e sicurissimi i resinati, che negli ultimi anni compaiono sempre più numerosi in Grignetta. |
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Difficoltà: |
D- (tratti di IV) |
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Sviluppo: |
5 lunghezze, 160 m |
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Esposizione: |
S |
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Chiodatura: |
ottima, soste su catene a fix |
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Materiale: |
6 rinvii, 1 corda |
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Salite: |
23.09.95 Mirko, Silvano
21.04.96 Mirko, Silvano
19.04.97 Mirko, Silvano
22.08.98 Mirko, Silvano
10.10.99 Mirko, Andrea, Michele
20.05.07 Mirko, Andrea
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AvvicinamentoE' possibile raggingere il torrione in modi diversi, ed in particolare il versante della via Albertini. E' possibile seguire la Cresta Cermenati (sentiero n.7) fino al traverso per i Magnaghi e quindi il traverso fino al Canalone Porta (n.3), oppure seguire direttamente il Canalone Porta stesso fino al punto di incrocio con le deviazioni per la Cermenati, a sinistra, e la Senigalia, a destra (cartelli). Da qui si prende il sentiero di destra, in direzione della Cresta Senigalia, per portarsi in pochi metri in vista della cresta in corrispondenza della Bocchetta dei Prati; si risalgono i successivi pendii per evidente sentiero, costeggiando a destra le pareti Est del complesso di guglie che precedono il Torrione. Si arriva in pochi minuti all'altezza di una evidente spaccatura che taglia la cresta di sinistra proprio in corrispondenza dello spigolo Sud del Torrione Magnaghi Meridionale. Allo stesso posto si perviene anche seguendo semplicemente la Cresta Senigalia (n.1). Da qui si lasciano i terrazzi erbosi per dirigersi esattamente verso la spaccatura; l'accesso comporta una semplice arrampicata su roccette elementari (II) ma non sempre salde. Si attraversa la forcella e si scende per facili rocce il canalino dalla parte opposta. Si arriva, costeggiando la parete Sud del Magnaghi meridionale, in vista dell'intaglio tra il Magnaghi e il Sigaro. Attenzione a non scendere troppo nel canale: il primo tiro porta al punto d'incontro tra il Magnaghi e il Sigaro (sosta in comune con la normale) ed è più facile raggiungerlo da destra, piuttosto che dal basso; se si presta attenzione, sul versante di sinistra del canale - scendendo - si noteranno due fix di assicurazione.
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Parete meridionale del Torrione, dall'attacco |
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L1L'inizio della via può essere affrontato in due modi a seconda del punto di partenza. E' possibile partire dalla sosta d'attacco dell'Albertini (sosta in comune in questo caso tra Albertini, normale al Sigaro e Spigolo Dorn) se ci si trova già (se si arriva all'attacco, ad esempio, dopo una discesa dal Sigaro). In questo caso sarà sufficiente seguire le semplicissime roccette di una rampa di II che portano in diagonale verso destra. Si raggiunge in breve un bell'anellone di assicurazione sopra una comoda cengia. E' possibile cercare apposta la salita secondo questa linea se non c'è traffico e se non si hanno problemi di tempo perché salire alla sosta dell'Albertini (vedi la descrizione del suo primo tiro) e continuare poi verso destra permette di stare un mezzo grado al di sotto del tiro normale. Il tiro più corretto, estetico, diretto e spedito, invece, porta dalla base del canale in verticale fino al suddetto anellone. Si attacca dai fix di sosta nel fondo del canale e si segue tendenzialmente una linea quanto più verticale possibile. Il primo tratto di salita segue una spaccatura-camino molto evidente, di roccia nera; nel mezzo del camino si troverà un fix, unico ancoraggio del tiro. Si prosegue quindi per gradini e rampette facili (mai più di III) seguendo la linea di minore difficoltà, attraverso maniglie e numerose clessidre, lungo una linea che solo verso la fine porterà in leggera disgonale verso sinistra. Si raggiunge la cengia che taglia la parete a una trentina di metri d'altezza (quella che arriva dalla sosta dell'Albertini), sulla quale si trova l'anellone di sosta.
L2Dalla sosta si sale dapprima poco a destra, poi in verticale. Per rocce di IV- si raggiunge un evidente sperone staccato dalla parete con un bel chiodo resinato sul suo profilo esterno; si sale direttamente lo sperone tenendosi preferibilmente sull'esterno, piuttosto che nella spaccatura tra esso e la parete: più esposto ma più facile. Rimontato lo sperone (secondo fix pochi metri oltre) si prosegue sempre piuttosto in verticale, prima per facili gradini, poi per roccette più complicate ma ben manigliate. Si raggiunge un nuovo chiodo in prossimità di una paretina scura, liscia e verticale, tagliata a destra da un bel diedro: dal chiodo si sale poco, quindi si traversa di un mezzo metro a destra fino a raggiungere delle belle ma poco evidenti manigliette, da cui si sale in verticale. Si arriva in breve ad una cengia che porta a traversare decisamente verso destra. E' il luogo in cui una volta si trovava una sosta (un moschettone chiuso su spit), che oggi è stata smantellata. In luogo della sosta... si trova il nulla: nemmeno un chiodino come ricordo. Da qui si può scegliere tra due possibilità: la prima consiste nel traversare decisamente a destra per facili roccette, quindi salire per qualche metro, in corrispondenza di una facile rampa di roccette articolate, infine ritornare a sinistra, fin sopra alla verticale della sosta di partenza, salire un paio di metri e raggiungere la nuova catena. Questa è la soluzione tecnicamente più semplice, perché non arriva nemmeno al III grado, ma porta leggermente fuori via e manca decisamente di eleganza. Consigliabile è invece seguire la via originale, appena più complicata (III): si sale direttamente in verticale lungo l'evidente spaccatura leggermente strapiombante; ottimi maniglioni e grossi gradini staccati rendono il tutto molto facile (anche se lo strapiombo rimane un po' faticoso). Rimontato un piccolo ripiano si prosegue in leggera diagonale a destra, quindi a sinistra, fino alla catena di sosta. In tutto non più di sei o sette metri.
L3Il terzo tiro è semplice ma poco protetto: ci si troverà un solo fix nella prima parte, quindi ci si dovrà accontentare di assicurazioni su clessidra. Il tiro si sviluppa attraverso le articolate placchette ben manigliate (III+ / IV-) che salgono in verticale dalla sosta; in caso di dubbio piegare piuttosto sulla sinistra, dove le rocce sono sempre più semplici. In particolare in corrispondenza di un diedrino nero sopra ad una poco marcata nicchia, scegliere la paretina di sinistra. Si deve raggiungere la catena di sosta una trentina di metri più in alto, nel punto in cui la parete forma un ripiano al di sopra di una bombatura, appena prima di impennarsi in difficili strapiombi; la sosta si trova piuttosto vicina al profilo sinistro del torrione.
L4Il quarto è il tiro più tecnico (IV) della via. Dalla sosta si sale ancora per qualche metro dapprima in verticale (fix) e poi in diagonale verso sinistra, definitivamente in direzione dello spigolo di sinistra della parete. Si dovrà raggiungere lo spigolo piuttosto in alto, nel punto in cui il suo profilo si fa più verticale, in corrispondenza di una paretina liscia. Raggiunto lo spigolo si riconoscerà il punto giusto, indicato da un buon chiodo (attenzione: il chiodo è infisso molto profondamente in una fessurina ed è visibile solo da molto vicino, oltre che scomodo da moschettonare); appena sopra al chiodo potrebbero essere visibili i segni di una piccolo franamento. In questo punto la soluzione più semplice consiste nel portarsi a sinistra fin dentro al diedro dell'Albertini: nel marcatissimo diedro sarà possibile aiutarsi anche con gli abbondanti appigli della paretina di sinistra; altrimenti sarà possibile salire con più fatica la paretina in corrispondenza dello spigolo ed entrare nel diedro poco più avanti. Da qui si segue integralmente il diedro (passaggi di IV), tra manigliette ed appoggi sempre più unti; ci si troveranno un primo fix, a pochi metri dal punto di ingresso, quindi una coppia di solidi chiodi appaiati, ed infine un ultimo fix, più o meno nel punto di uscita. Si abbandona il diedro nel punto in cui si fa più liscio, quando la parete di sinistra si abbatte, e ci si allontana dalla verticalissima parete di destra. Ci si sposta verso sinistra in una diagonale dapprima poco pronunciata, quindi sempre più decisa, puntando ad un robusto chiodone. Si prosegue oltre sempre in diagonale fino a delle roccette strapiombanti, quindi si piega in un traverso deciso su facili gradini. La sosta è nascosta da uno speroncino ed è visibile solo negli ultimi metri.
L5Il quinto tiro è l'ultimo ed il più facile della via: dalla sosta si sale in verticale nell'evidente spaccatura tra due speroncini molto pronunciati, quindi si piega a destra, prima per una facile rampa di rocce rotte, quindi lungo una paretina più liscia (fix) ma molto abbattuta. Si raggiunge la cima ed il termine della via in brevissimo tempo. Su un muretto si trova la coppia di fix di sosta.
DiscesaDal termine della via il modo più semplice per scendere è il salire fino in cima al torrione centrale e quindi scendere lungo la facile 'ferrata': dalla cima si prosegue in cresta, prima si scende in un intaglio, si risale il risalto successivo, si prosegue per rocce elementari e tracce di sentiero fino alla cima del torrione meridionale; quindi si scende verso est fino ad un grosso anello di assicurazione, si attraversa lungo il tiro del 'traversino' e si continua sempre in cresta fino in cima al torrione centrale, la si attraversa, si scende in arrampicata per il canalino indicato da una grossa freccia rossa e quindi si seguono le catene che conducono fino all'intaglio con il torrione settentrionale (forcella Glasg). Si scende quindi per roccette facili e sentiero costeggiando a sinistra le pareti est dei torrioni.
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