-
Probabilmente non è vero, però si dice che nella collina a ovest ci sia una
viverna che minaccia i contadini: non sarebbe una idea malvagia andare e cercare
di fare qualcosa, no?, disse Falagar agli altri.
Eric guardò, dal basso della sua statura, l’amico Grifis, che non ricambiò
lo sguardo perché era perso nell’osservare i fiocchi di neve: doveva soffrire
molto per la perdita del fratello e questo non lo rendeva affatto felice.
- Io ci sto, disse, a patto che ci diamo da fare subito: chi sta con me ?
L’entusiasmo di Eric scosse gli altri dal loro torpore che presero la via
della collina e, quando tornarono, a sera, portarono con loro in trionfo il
corpo della viverna, per poterlo mostrare a tutti quelli della locanda.
Jahele cercò persino di cucinarlo, ma ne ricavò solamente una zuppa dal sapore
orribile, per il dispiacere dei nostri eroi.
Il
giorno dopo, tutti si inoltrarono nel bosco a nord di Shadowdale, per cercare la
fantomatica apertura nel crinale ombroso. Dopo un’oretta di viaggio, Eric trovò
l’apertura, nascosta tra gli arbusti sul versante est. Ognuno aspettava che
qualcuno facesse il primo passo, quando Dobos, con sicurezza, entrò nella
grotta seguito dagli altri.
Il gocciolare dell’acqua dal soffitto non presagiva nulla di buono e questo
fece mettere in allerta Zeross: la prudenza non era mai troppa.
- Credo che sia il caso che faccia un po’ di luce, disse Falagar mentre
agitava le mani su un nuovo incantesimo.
Luce fu fatta e Dobos e Grifis, che erano in testa, si fermarono e fecero segno
agli altri fare silenzio, mentre si sporgevano a sentire:
- E così tu saresti una di loro? Non mi fate altro che pena voi sette: tu sei
la seconda che prendiamo e devo dire che è stato abbastanza semplice, disse
l’uomo.
- Non dica così dei morti Lord Manshoon, disse l’elfo oscuro.
A Dobos mancò per un attimo il fiato, alle parole dell’elfo: quello era
Kurastan ! Se solo avessero potuto sorprenderli…
E mentre diceva questo, Mai Keor scomparì dalla loro vista e riappari dietro
all’elfo oscuro, che però non si fece sorprendere: lo bloccò e disse:
- Venite pure fuori se volete: non serve che restiate lì dietro o forse…
Detto questo l’uomo prese qualcosa dalla cintura e nessuno vide più nulla:
ora avevano solo il ricordo, vago, di un’ombra rossa che si abbatteva su di
loro e di una donna che li aveva salvati, rimanendo però prigioniera dei due.
Quando tutti si ripresero dall’esplosione, non c’era più nessuno..
- Non possiamo lasciarli andare proprio adesso: secondo me non sono molto
lontani, disse Zeross.
- Non credo: sono due maghi potenti, come hai visto e probabilmente ora sono
chissà dove, rispose Falagar.
Dobos si guardò in giro un attimo e indicò una parete:
- Mi sembra strano che ci sia una parete lì: non vedete come la stanza sia
fatta ad imbuto? Secondo me qui c’è qualcosa che non va…
Tutti allora cercarono qualche tipo di congegno per aprire, ma fu Eric a
trovarlo per primo, spingendo nel punto giusto una parte della parete, con
grande soddisfazione di tutti (soprattutto sua).
-
Da quanto tempo siamo qui ?, chiese Eric sbuffando.
Dobos lo guardò male, ma ammise a se stesso che Eric aveva ragione: era passato
troppo tempo e non potevano fermarsi un attimo a riposare. Già perché in ogni
momento erano attaccati da creature delle tenebre, scheletri senza vita che
avevano un solo scopo: ucciderli e farli loro compagni.
Ad un certo punto arrivarono ad un vicolo cieco: una stanza enorme, che ospitava
un laghetto putrido. Grifis, imitato dagli altri, cercò qualcosa, una traccia
che li potesse aiutare, ma invano: nulla.
- Non penso che possiamo fare altro per ora, cerchiamo invece di fare il punto
della situazione: quei farabutti sono scappati sicuramente da questa parte,
anche se non sappiamo come.., disse Falagar.
Mentre Falagar parlava, a Zeross emergevano strani ricordi, di un mondo morto:
li spazzò via, senza far trasparire nulla di quello che lo turbava. Era sicuro
di aver già visto quel tempio.
Nel frattempo Eric, Lobont, Dobos, Mai Keor, Grifis e Falagar stavano cercando
un segno del passaggio dei loro nemici.
Quando Dobos perse la pazienza, impugnò la spada e con un rapido movimento, la
piantò nel laghetto putrido. Dapprima non successe nulla, ma poi lentamente,
qualcosa successe:
- Ma che cavolo, inveì Dobos.
Zeross lo guardò male e cercò invece una soluzione: Falagar stava dicendo
qualcosa, ma non riusciva a capire cosa, se solo avesse potuto eliminare il
frastuono che c’era in quella caverna…
Nel
frattempo, qualcosa che da molto tempo stava aspettando, cominciò a destarsi:
qualcuno lo aveva solleticato con una spada, forse di fattura umana. Chi erano
gli intrusi?
Ankglash per prima cosa alzò la testa e vide cinque uomini, un elfo ed un
halfling: ma fu qualcos’altro a destare la sua attenzione, il mago dalla veste
bianca.
Quando
cominciò ad alzarsi, il mago restò separato dagli altri, che stavano entrando
in passaggio della prigione di Ion: poco importava, ci avrebbe pensato dopo.
Mentre Falagar stava correndo verso gli altri, qualcosa di gigantesco e nero
emerse dal laghetto: era un drago nero, e sembrava proprio guardare da quella
parte. Mentre stava pensando cosa fare, il drago si alzò e cominciò, un
colpo dopo l’altro a distruggere la caverna: dove erano gli altri? Stavano
fuggendo, per fortuna!
Quell’essere era gigantesco, il più maestoso e terrificante di tutti i mostri
di Toril che avesse mai visto: Falagar restò terrorizzato mentre il drago si
alzava in volo: ma quando sentì, nel frastuono generale, le urla dei suoi
compagni, che cercavano di aiutarlo, si destò appena in tempo per evitare un
masso. Allora prese la scelta decisiva: spiccò un salto (la paura a volte fa
miracoli) e si aggrappò al drago, nella speranza di poter scappare dopo.
- Dove è Falagar?, urlò Dobos.
Tutti lo cercarono, sia urlando il suo nome sia cercandolo con la vista: il
gigantesco drago si era destato dal sonno dopo che Dobos lo aveva colpito con la
sua spada. Chi poteva immaginare una cosa del genere?
Questo pensavano Eric e gli altri, quando Grifis indicò il mago, che se ne
stava imbambolato a guardare il drago.
- Falagar !!!, urlò Dobos con tutta la sua voce, sperando che il mago lo
sentisse.
Qualcosa successe, dato che Falagar si spostò e si guardò intorno: da li ad un
attimo il drago avrebbe cominciato a volare o, peggio, ad attaccarli e, mentre
tutti erano con il fiato sospeso, Falagar si aggrappò sul drago e cominciò a
volare verso l’alto, verso la superficie.
Zeross e Lobont si guardarono stupefatti: quel mago aveva fegato (e forse li
aveva salvati!), ma era destinato a morire. Chi poteva qualcosa su un Wyrm nero?
-
Sono sicuro che se la caverà, disse Eric, mentre stava tornando il silenzio
opprimente di pochi attimi prima.
Zeross lo guardò male, mentre Dobos stava lanciando la sua spada verso il
corridoio che era nascosto dietro la parete dell’ex caverna.
- Dannazione!, imprecò Dobos, Sono un fallito! Come posso aver combinato un
casino del genere?
Gli altri si guardano tra di loro, ma solo Lobont ebbe la forza di rispondere:
- Ascolta Dobos, ed incrociò il suo sguardo, Non devi pensarla così: Falagar
è un grande mago, che se la sa sempre cavare. Non dobbiamo piangere la sua
morte: dobbiamo invece trovare un modo per uscire di qua ed aiutarlo, vero?
Dobos distolse lo sguardo da Lobont: era da molto tempo che un sacerdote non lo
guardava così. Già un servitore di un dio che aveva permesso tutto (anche la
morte del suo migliore amico)
- Cavolo se hai ragione prete!, disse Grifis.
Anche Mai Keor, Zeross ed Eric annuirono e entrarono in quello stretto cunicolo,
in cerca di qualcosa che li potesse portare fuori di li.
Dopo
una buona mezz'oretta e dopo quattro fogli di mappa di Dobos, il gruppo si fermò
un attimo: una sosta avrebbe potuto aiutarli, come disse Lobont.
Eric per non era d’accordo e andò avanti, con una torcia, sicuro che mancava
poco alla meta: Zeross lo seguì subito dopo, deciso a riportarlo in dietro.
Le visioni, di nuovo, lo assalirono: qualcuno eri lì, ne era certo. Ma perché?
Perché Zeross non ricordava nulla?
Di colpo si trovò in una sala ben illuminata, con al centro un trono, su cui
sedeva un uomo incappucciato. Subito Zeross estrasse la spada, sicuro che Eric
fosse caduto in una trappola, ma la ripose subito dopo, quando l’uomo cominciò
a parlare:
- è molto tempo che non ci vediamo eh, ragazzo?, disse l’uomo.
- Che cosa hai fatto al mio amico?, chiese impaziente Zeross.
- L’halfling? Non ti preoccupare: sta solamente vagando qui intorno, non gli
è successo nulla.
Quando finì di pronunciare queste parole, l’uomo sollevò il cappuccio e
rivolse uno sguardo amichevole a Zeross.
- Dalla tua reazione vedo che non ti ricordi di me. Già. D'altronde eri solo un
bambino quando mi vedesti per la prima volta.
- Chi sei? Che cosa vuoi da me? Come fai a sapere chi sono?, rispose Zeross
abbastanza alterato.
L’uomo non rispose, ma con un gesto indicò l’ingresso da cui era entrato e
Zeross vide Eric e gli altri, che lo guardavano la scena esterrefatti.
- Dannazione, ora si che sono nei guai, pensò Zeross.
- Penso che tu deva delle spiegazioni ai tuoi amici, Zeross: digli chi sei
veramente, se vuoi che io vi aiuta ad uscire di qui. Una raccomandazione: le
bugie non valgono nulla, come ti ha insegnato tuo padre, giusto?, l’uomo si
rimise il cappuccio e divertito, aspettò il racconto.
Dalla loro parte, Lobont, Mai Keor, Dobos, Grifis e Eric lo guardavano,
aspettando la tanto sospirata confessione:
- Chi sei veramente?, disse Dobos estraendo la spada.
- Aspettate un attimo, quello che dice quell’uomo sono solo bugie: io non
l’ho mai visto, dovete credermi. Questa è la prima volta che lo vedo!, disse
Zeross indietreggiando.
- Non puoi nascondere la tua natura ai tuoi compagni, disse Mai Keor.
- Giuro che se non avremo le risposte che cerchiamo, te la vedrai molto male,
Zeross, disse Grifis.
- Aspettate un attimo: chi ci assicura che non sia tutto un trucco?, si chiese
Lobont.
Gli altri si guardarono un attimo e poi rivolsero lo sguardo verso l’uomo del
trono.
- Credo che tu ci debba delle spiegazioni, amico!, ordinò Dobos.
L’uomo sollevò le spalle e disse:
- Zeross, perché non racconti ai tuoi amici chi è Xellas?
Zeross cercò di rimanere impassibile a quel nome, ma il suo viso lo tradì: Mai
aveva ragione, gli doveva una spiegazione e soprattutto voleva delle risposte da
quell’uomo.