Shadowdale
è una delle valli più famose nelle terre centrali occidentali, forse per la
presenza di Elminster, un vecchio mago che si dice abbia fior fior di tesori
magici, custoditi dai suoi poteri, poteri di un mago fra i più forti di tutta
Faerun. Cionostante Shadowdale è stata da sempre un punto di scontro fra le
popolazioni libere delle valli, i regni del sud, il Cormyr e la Sembia e Zhentil
Keep, un belligerante regno del nord. Guerre e scontri sanguinosi non hanno mai
permesso alla valle di vivere tranquilla per molto tempo e, forse, è
emblematico il caso della torre contorta: è stata per molto tempo un avamposto
di superficie degli elfi oscuri, ma solo da pochi anni è il fulcro della difesa
di quel gruppo di edifici che prendono il nome di Shadowdale, unico paese che
meriti un tale nome nella valle che ha lo stesso nome.
A
questo si limitavano le poche informazioni che aveva racimolato Zeross in quasi
due giorni di permanenza in città: Amir era scomparso da poche ore, come suo
solito e lui era da solo a sorseggiare una birra al bancone della locanda del
vecchio teschio, in un’altra serata che divertente aveva ben poco.
Nessuno sapeva niente.
La serata sembrava alquanto smorta, finché dalla porta non entrò un bardo, che
con le sue canzoni idiote, risollevò il morale della gente: Zeross scommetteva
che Jahele, la proprietaria, lo aveva assoldato apposta per portare un po’ di
vita nella locanda. Almeno per un po’ avrebbe smesso di pensare ai suoi
problemi.
Tutto di un tratto dalla porta entro un uomo vestito di nero che teneva una
bastone con uno strano aggeggio attaccato ad una estremità. Si sedette proprio
vicino a Zeross e, a voce alta, ordinò da bere, mentre scrutava tutti gli
avventori del locale. C’erano Zeross al suo fianco, un paio di robusti giovani
armati di spade che parlottavano felici, un elfo dalla faccia molto cupa e un
mago con una lunga veste bianca. Il nuovo venuto si avvicinò al mago e Zeross
seguì incuriosito tutta la scena. Pareva che i due non si conoscessero e che
non volessero avere a che fare, ma il tizio vestito di nero insisteva a
parlargli di un’esplosione nei picchi del tuono. Quando Zeross realizzò che
stavano parlando di lui, era troppo tardi e il nuovo venuto aveva visto il suo,
fin troppo evidente, interesse: si stava già avventando su di lui.
- Piacere, straniero, il mio nome è Vokail e sono uno studioso: forse tu sai
qualcosa su quell’esplosione che si è verificata nei picchi del tuono?
Andata, doveva stare al gioco.
- No, di quale esplosione stai parlando? Io non ho sentito un bel niente.
- Mi sembra strano, straniero. Si è sentita distintamente in tutte le valli,
rispose con un sorriso maligno Vokail.
Zeross, non sapendo cosa dire, si guardò intorno, cercando qualcuno che potesse
dargli una mano. Niente. Pure il bardo sembrava spaventato da Vokail: non che
fosse una novità! Tutti sanno che i bardi sono delle femminucce.
Quando si rigirò verso Vokail, lui non c’era più. O forse lui non vedeva più
nulla?
Amir
stava cercando la dimora del famoso mago quando incappò in un tizio che
sembrava avercela con il mondo: era grosso e non prometteva nulla di buono
.Strinse l’elsa del suo fedele pugnale, ma l’uomo non lo degnò del ben più
minimo sguardo, proseguendo diritto per la sua strada. Amir, incuriosito, lo
seguì di soppiatto e scoprì che si dirigeva verso la locanda del teschio, che
sembrava piuttosto affollata per la tarda ora.
Amir, quando fu aggiornato sullo svenimento di Zeross, cercò qualche buona
preda, ma sembrava che non ci fosse nessun bersaglio facile lì; per di più la
locandiera aveva quasi ucciso di paura un avventore che non aveva pagato: il
pugnale da cucina che aveva lanciato lo aveva mancato per poco (ed Amir non ci
teneva ad essere il prossimo bersaglio del pugnale…).
- Zeross, dato che le nostre monete stanno per finire, che ne pensi di trovarci
un lavoro?
- Bah, se proprio dobbiamo..
- Scusate se ci intromettiamo, ma credo che quando si parla di soldi, noi siamo
sempre pronti: i nostro nome sono Yado e Grifis e siamo due mercenari al vostro
servizio, dissero due giovani che si intromisero nella discussione di Amir e
Zeross.
- Ma che cavolo.., stava per rispondere Zeross quando si intromise un’altra
voce.
- Credo che nessuno di voi abbia il fegato di scendere con me nel labirinto
sotto la torre contorta: la paga è buona e credo che la parola dell’attuale
governate di Shadowdale, Mounguryn, sia abbastanza, o forse no?, disse Dobos,
l’uomo che Amir aveva seguito nella taverna.
- Ascolta bene tu: io Zeross, non mi tiro in dietro di fronte a nulla, va bene?,
io ci sto.
- Beh, pure noi ci stiamo, disse Yado, guardando suo fratello Grifis.
Amir, mettendosi le mani nei capelli, maledisse il giorno in cui aveva
incontrato quel pazzo e accettò pure lui: al diavolo! Chissà quanti soldi
avrebbe guadagnato!
- Ci sto pure io: il mio nome è Falagar e credo di potervi essere molto
d’aiuto!
Tutti si girarono verso la voce e Zeross fu sorpreso nel vedere che era il mago
con la vesta bianca: quel tipo non gli diceva niente, e non oppose nessuna
obiezione.
- E tu elfo, non hai il fegato di venire con noi?, chiese con arroganza Dobos.
L’elfo non rispose e Dobos strinse l’elsa della spada:
- Ah, dimenticavo che tu non capisci la nostra lingua: vi credete così
intelligenti, ma non sapete neppure parlare…
Dopo questa affermazione Dobos si mise a ridere e lo seguirono subito pure Yado
e Grifis: la scenetta si concluse quando l’elfo, con un sol balzo, sparì
dalla loro vista e, nello stupore di Zeross, riapparve alle spalle di Dobos,
pugnale alla mano.
- Il mio nome è Mai Keor ed il tuo, umano?, pronunciò l’ultima parola con
evidente disprezzo. Tutti sanno che gli elfi si credono superiori agli esseri
umani.
- State fermi: non è proprio il caso di ucciderci a vicenda, disse il mago.
La situazione si fece complicata quando si intromise un viandante che era appena
entrato dalla porta: sembrava portare con se una lunga veste e i simboli sul suo
mantello tradirono la sua vera identità: un chierico di Helm, dio delle persone
che vigilano sulla pace a Toril.
- Il mio nome è Lobont, Mai e ti porgo il mio saluto, disse Lobont, mentre
separava i due.
Nel silenzio che seguì la frase del sacerdote, tutti rimasero in evidente
imbarazzo, non sapendo cosa dire: poi Falagar, che sembrava essere esperto in
queste situazioni, pronunciò alcune parole in elfico e Mai si calmò di colpo.
Tutti rimasero di stucco. Dobos compreso.
- Bene, ora che ci siamo messi d’accordo, credo che possiamo andare, disse
Dobos agli altri.
Tutti rimasero muti un momento, cercando di studiarsi gli uni gli altri: Amir e
Zeross cercavano di far smettere di suonare quel bardo del cavolo, Yado e Grifis
stavano cercando di far interessare a Dobos le loro imprese di guerra, mentre
Lobont e Falagar stavano parlottando tra di loro. Mai Keor era da solo.