Capitolo I : Il libro

 

Inferno. Una parola che evoca dolore, sofferenza e disperazione: niente di tutto ciò. Solo pace. Forse è questo il paradiso? Immagini, ricordi, di una vita ,o forse molte vite (?) lontane fra di loro. Volti di amici, o meglio, nemici mortali. Dolore. Poi il suo viso. Il suo sorriso. I suoi capelli biondi. La sua bellezza, il suo amore.
Un ombra che scende sul suo ricordo: lui è ritornato, mi ha trovato. Ora non posso fuggire. La vittoria è sua. Sono morto ? 

Oltre il territorio delle valli, in una regione segnata da perenni lotte per il potere, laddove il mare delle luna separa il sud civilizzato dal nord, un uomo, seduto nella sua poltrona, parlava con il suo dio.
- Non è possibile che ciò sia vero, mio signore! Lui non può essere tornato! È già stato eliminato molto tempo fa: Bane puniva sempre i suoi rinnegati!
- Taci mortale! Può essere vero quello che dici, ma ti assicuro che Bane non sempre ha fatto il suo dovere: io ne sono un esempio lampante, tutti e tre erano degli incapaci. Voglio che tu mandi qualcuno, senza dare troppo nell’occhio, ad investigare su quella esplosione. Che sia chiaro che il libro deve essere nelle nostre mani al più presto. Non accetto fallimenti e non perdono chi mi tradisce. Ricordalo Fzoul.
Con queste ultime parole Cyric lasciò quella parte di Toril, per tornare nel suo castello d’ossa, sua dimora da non più di quindici anni. Fzoul, dal canto suo, osservava le bande di bulli di Zhentil Keep che stavano pestando alcuni stranieri giunti in città. Alle volte si domandava se era quello il modo per ottenere il suo scopo. Si schiarò gli occhi: chi poteva mandare in quella missione? 

In un bosco, molto più a sud, Zeross stava facendo un pisolino nonostante la neve che copriva tutto: dopo quei giorni di viaggio ne aveva fin sopra i capelli. Da quando era partito dai picchi del tuono, non aveva incontrato nessuno e questo lo preoccupava abbastanza: che il mondo in quel tempo fosse in guerra?
Si rigirò nel suo sacco a pelo, cercando una posizione più comoda e maledicendo l’istante in cui aveva deciso di fare quel viaggio: le sue vecchie ossa gli continuavano a dire di smetterla di cercare qualcosa che non esisteva.
- Molto probabilmente quel vecchio imbecille non aveva neppure questo fantomatico tesoro, pensò Zeross.
Mentre stava sognando, qualcuno, nel fitto del bosco, lo stava osservando: forse era per il borsello dei soldi ben in vista, o forse per la spada lucente che aveva a portata di mano.
- Chissà quanto varrà quella spada così ben lavorata, pensò Amir.
Decidendo che valeva la pena di rischiare (soprattutto ora che il viandante era addormentato), si mosse con la sua consueta calma: estraendo il pugnale, aggirò il viandante e, mentre stava per fare lo scatto finale, alcuni uomini spuntarono dall’altra parte della radura: Amir si affrettò a nascondersi, cercando di capire le loro intenzioni.
- Dannazione, banditi! È mai possibile che quando trovo qualcuno.. , ahh !, pensò sospirando Amir.
Procedendo con cautela, si nascose nelle ombre che la foresta creava, e si preparò ad in incoccare una freccia. Zeross dal canto suo cercava di dormire felice, ma circa cinque uomini con tanto di armatura non conciliavano certo il suo sonno!
- Ehi, tu! Dacci subito tutto quello che hai se non vuoi finire male!, disse il capo
Zeross, ancora addormentato, cercò di schiarirsi le idee: quegli scimuniti non vedevano la spada che era al suo fianco? Si direbbe di no, si rispose. Bene, si sarebbe divertito un  po’ con loro.
Con molta calma, per non farli agitare, si alzò in piedi: poi, con molta velocità, mosse le mani, creando di fronte a loro un muro di fuoco, un trucchetto semplice, ma d’effetto. Come aveva previsto, i banditi furono presi dal panico quando realizzarono che lui era un mago, dandogli tutto il tempo di prendere la sua fedele spada bastarda e usarla contro di loro. Con due rapide falcate emerse delle fiamme da lui stesso create e colpi in pieno petto il capo dei banditi: gli altri però si svegliarono ben presto dalla loro stupidità vedendo il sangue e saltarono addosso a Zeross. Inutile dire che Zeross non se la vedeva certo bene contro quattro avversari: ne erano la prova le numerose ferite da armi da taglio che aveva sul corpo e il progressivo torpore che cominciava a sentire al braccio destro. Era conciato male e Amir lo sapeva bene.Di solito avrebbe aspettato che tutti fossero deboli per poterli eliminare con facilità, ma questa volta decise che valeva la pena di stare dalla parte del perdente: se pensava giusto, ne avrebbe ricavato sicuramente di più che qualche moneta d’oro. Cominciò a pronunciare alcune arcane parole e dalle sue mani scaturì un lampo di luce rossa che colpi, senza sbagliar colpo, uno dei banditi, uccidendolo sul colpo. 
- Niente male, eh? Non sei male come guerriero: il mio nome è Amir ed il tuo?
Zeross cercò di farsi un’idea del tizio che l’aveva aiutato: purtroppo non aveva la più pallida idea da che parte dei reami potesse venire.
- Il piacere è mio, Amir: il mio nome è Zeross e ti sono in debito. Che ne dici di vedere cosa avevano addosso queste canaglie?
Amir e Zeross procedettero alla perquisizione dei cadaveri dei cinque, ma trovarono ben poco: armi scadenti, di fattura pessima e qualche  moneta di rame.
- Che pezzenti! Che razza di banditi sono se si impauriscono per un trucchetto? Non sono più i banditi di una volta!
Zeross si maledì nello stesso momento in cui finì la frase: per fortuna Amir aveva capito che era una semplice battuta e non certo quello che pensava Zeross. Doveva stare più attento.
- Beh, che pensi di fare adesso? Vuoi rimanere lì impalato o continuiamo verso nord, prima che faccia notte?, disse Amir scuotendo Zeross dai suoi pensieri.
- Certo, certo, verso nord. In che valle porta questa strada?
- A Shadowdale. 

Era sera, quasi notte e il sole stava scendendo a ovest, sui lontani picchi del tuono. La strada era occupata da due opposte fazioni che si battevano disperate per cercare di rimanere vive. I guerrieri che erano di scorta alla carrozza del chierico Athander, seguace di Helm, combattevano con decisione i loro assalitori: i drow, gli elfi oscuri, loro mortali nemici. Il sangue rosso degli umani si mischiava a quello nero dei figli della notte, lasciando poco spazio alla tattica. Era solo un massacro: un massacro in cui nessuna delle due parti avrebbe vinto.
- Athander, dobbiamo fuggire prima che sia troppo tardi!
- Non finché questi esseri immondi non saranno ricacciati dall’inferno dal quale vengono, Dobos !
- Ma,..
Dobos non ebbe il tempo di finire la frase che un  drow lo colpi alla schiena: un colpo meschino, indegno di ogni codice, a cui Dobos rispose con ferocia, troncando con un sol colpo di spada la testa del nemico.
Altro sangue. Questa volta nero. A Dobos cominciava a girare la testa, forse per l’effetto del veleno della spada dei drow: prontamente Athander usò uno dei suo incantesimi per rallentare l’effetto del veleno.
Poi un urlo di un suo compagno: era stato colpito a morte da una freccia. Non sarebbero resistiti per molto: se solo qualcuno avesse potuto dargli una mano..
Altro sangue. Questa volta rosso. Il sacerdote di Helm, Athander, era stato colpito in pieno petto da una spada avvelenata di un drow.
- Scappate, presto.., disse con un filo di voce Athander, mentre invocava il potere del suo dio.
Una tremenda forza distruttrice si abbatté in un sol colpo su tutta la strada e su ogni cosa: la terra tremò, mentre una luce polverizzava gli elfi oscuri: Dobos si gettò a terra, cercando con la vista i suoi compagni, ma venne sbalzato dall’onda d’urto per una decina di metri.

Quando tutto finì, la zona era coperta da un miscuglio uniforme di sangue nero-rossastro. Erano morti tutti.Si rialzò con fatica e realizzò che dei drow non rimaneva molto; cadde in ginocchio di fronte al corpo esanime di Athander, suo amico, si mise a piangere: ma non per il dolore, ma per la gioia che avrebbe provato quando avesse sterminato tutta quella razza malvagia. Prese il suo dolore, e con perizia seppellì i corpi dei suoi compagni. Poi raccolse quelle poche cose che gli rimanevano e si incamminò verso nord, a Shadowdale, in una fredda notte di inverno: purtroppo l’incantesimo di Athander finì il suo effetto e Dobos si trovò a vagare per boschi che non riconosceva più. Era in un incubo, e non sapeva come uscirne. 

Amir, durante la notte, aveva già svuotato le tasche di Zeross e aveva trovato ben poca roba: qualche moneta d’oro, un paio d’argento e una di rame. Tempi di magra questi. Con quell’inverno così freddo, chi aveva voglia di vagare in cerca di qualche lavoro? Valeva la pena di restare con un simile individuo? Forse si, ma doveva stare molto attento a come si comportava con lui: non poteva rischiare che Zeross scoprisse chi fosse in realtà lui. La spada però sapeva utilizzarla come aveva già dimostrato uccidendo due banditi da solo: uno strano tipo.
In quel momento Zeross stava sognando e si contorceva nel suo sacco a pelo: chissà cosa stava sognando, si chiese Amir. Sicuramente non era qualcosa di piacevole, dato che stava gridando come se fosse in preda ad un dolore infernale.
Amir, non sapendo cosa fare, diede un calcio a Zeross per svegliarlo: era in un bagno di sudore.
- Un brutto sogno, eh? Anche a me capitano qualche volta, disse Amir in tono amichevole.
- No. Non era un sogno.
Amir non capì cosa intendeva il suo compagno.
 

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