MEDICINA MONASTICA E BIZANTINA (fine)
Nell'anno 326 Costantino aveva annunciato che la nuova capitale dell'Impero Romano d'Oriente -a lui rivelatasi in sogno- doveva essere la città di Bisanzio, un'antica città greca fondata nel 657 a.C., e il 12 maggio del 330 fondò sulla vecchia Bisanzio la Nuova Roma, che avrebbe poi preso il nome di Costantinopoli.
Una civiltà, la bizantina, che sarebbe durata mille anni.
Ma il suo ruolo nella cultura europea fu "quasi esclusivamente di imbalsamazione e di conservazione". L'organizzazione medica ricalcava la romana: v'erano anche a Bisanzio gli archiatri di palazzo e quelli popolari, i quali ultimi erano anche incaricati dell'insegnamento. Tuttavia, seguendo le usanze fastose della corte, i medici che ne facevano parte ricoprivano anche alte cariche onorifiche, portavano insegne fastose e indossavano vesti sontuose.
Tra i medici bizantini si distinse in particolare Oribasio, nato a Pergamo intorno all'anno 325, che divenne medico personale di Giuliano l'Apostata e tramandò -con la sua monumentale opera Sinagoghe mediche- le opere dei maggiori medici del passato.
Il primo medico cristiano di un certo rilievo fu Ezio di Amida (502-575), impregnato tuttavia non solo del misticismo cristiano ma anche della superstizione pagana, delle formule magiche e degli incantesimi, pur dichiarandosi egli fedele seguace di Galeno. Fu il primo a fare menzione -in terapia- della canfora, dei chiodi di garofano e di altre droghe orientali, più tardi introdotte abbondantemente dagli Arabi. Ma si avvaleva anche di formule magiche e di incantesimi sia nella preparazione dei rimedi che in alcuni procedimenti terapeutici.
Un altro grande medico di questo periodo, Alessandro di Tralles (525-605), viene ricordato specialmente per i suoi Dodici Libri di Medicina, nei quali mostra di essere abbastanza d'accordo con Ippocrate e Galeno sulla dottrina degli umori. Si serviva in modo oculato dei rimedi di cui poteva disporre; ma quando questi fallivano non esitava anche lui a ricorrere a quelli magici.
Paolo d'Egina (625-690) fu l'ultimo dei grandi medici cristiani, interessato in particolare alla chirurgia, cui dedicò sei dei sette libri della sua Enciclopedia. La celebre Opera chirurgica di Fabrizio d'Acquapendente pubblicata nel 1592 è in gran parte un estratto di questa Enciclopedia, in cui sono descritte dettagliatamente la flebotomia, la coppettazione, la cauterizzazione, la legatura dei vasi, la tracheotomia, la paracentesi, la resezione delle costole nell'empiema, l'emorroidectomia, l'asportazione di cataratta.
Paolo d'Egina si occupò a fondo anche di pediatria e di ginecologia, dei significati del polso (ne descrisse 62 varietà) e della dieta.
Non va infine dimenticato Giovanni Attuario, medico di corte a Costantinopoli nell'ultima parte del III secolo: è passato alla storia come autore del miglior Trattato di uroscopia dell'antichità a noi pervenuto, il De Urinis. Molto onestamente ritiene che l'esame dell'urina deve costituire soltanto un momento della diagnosi, diversamente da quanto sosterranno gli uroscopisti dei secoli successivi, per i quali la diagnosi va basata esclusivamente sull'osservazione delle urine.
Nel suo Funzioni e alterazioni dello spirito, Attuario sostiene che i disturbi mentali possono dipendere direttamente da cause organiche, da errori dietetici o da affaticamento, consigliando per trattarli diete, bagni ed esercizi fisici. Ma non fu assolutamente capito dai contemporanei: in un'epoca infarcita di possessioni demoniache, di influssi magici e di stregonerie, agli occhi dei più le malattie mentali non potevano che essere esclusiva opera degli spiriti maligni.