MEDICINA MONASTICA E BIZANTINA (continua)

 

A un secolo dalla morte di Galeno, la "setta" dei Cristiani era ormai così potente da impensierire non poco gli imperatori e minacciare di detronizzare divinità millenarie. Quando nell'anno 326 Costantino dichiarò il Cristianesimo religione ufficiale, lo accusarono di voler minare le fondamenta dell'impero Romano.

Avuta via libera, i Cristiani trasformarono in breve i templi in chiese, ed elessero Gesù Cristo guaritore dell'umanità. Prima vicino agli altari poi nelle case private, i malati guarivano - si diceva- per intercessione dei santi. Pullularono immediatamente presso il popolino i santi protettori, anch'essi specialisti -come gli dèi- in specifiche patologie: S. Rocco e S. Sebastiano erano invocati contro la lebbra, S. Apollonia contro le malattie dei denti, Santa Lucia contro quelle degli occhi, S. Antonio l'Eremita contro il fuoco sacro. E i due fratelli medici SS. Cosma e Damiano effettuarono quello che -secondo la leggenda- fu il primo trapianto della storia: la gamba prelevata ad un uomo appena morto, trapiantata al posto di una gangrenosa.

Ma fu in questo periodo che nella pace dei chiostri si verificò un evento nuovo, rivoluzionario, destinato a sconvolgere radicalmente le usanze ormai millenarie dell'assistenza e della cura dei malati.

Era stato un santo -che pochi conoscono- a fondare il Monachesimo in Oriente, S. Pacomio (292-348). Aveva riunito nella Tebaide circa 5000 cristiani dando loro una Regola. Il Monastero pacomiano era in origine costituito da un complesso di capanne circondate da un muro, nel quale erano contenuti i vari servizi tra cui l'infermiera, severamente separata dal resto della comunità. Per accedervi occorreva un permesso speciale da presentare ai "ministri degli infermi". Ai malati era proibito entrare nei refettori, una specie di isolamento: in compenso potevano fare il bagno "ogni volta che se ne presenti l'occasione".

In Occidente, il fondatore della medicina monastica fu invece S. Benedetto da Norcia (480-547). La sua regola Ora et labora contemplava anche l'assistenza agli infermi, che aveva anzi la precedenza "avanti tutto e sopra tutto". Prima di recarsi a Montecassino, S. Benedetto aveva fondato a Subiaco il primo dei suoi monasteri dedicandolo proprio ai SS. Cosma e Damiano.

A Montecassino, per l'assistenza medica esistevano le infermerie. Ma curare un malato non voleva dire solo assicurargli un giaciglio, dargli da mangiare e da bere: significava anche saper lenire i suoi dolori, medicargli le piaghe, curare le malattie "interne", le più difficili da capire. Per tutto ciò occorreva una conoscenza medica che non si può improvvisare: e occorreva soprattutto una "continuità" in questa assistenza, anche per quanto riguardava la disponibilità di medicamenti.

Nacque allora la figura del Monacus infirmarius, cui sarebbe presto seguita quella del Medicus, il quale aveva tra l'altro l'incombenza di istruire i novizi che avrebbero dovuto proseguire la sua opera: un principio di scuola per l'insegnamento della medicina.

E nel monastero nacquero anche gli "orti dei semplici" per coltivare le piante medicamentose, da essiccare poi e conservare nei massicci armadi dell'

armamentarium pigmentariorum, prototipo della futura farmacia monastica.

L'assistenza fu in primo tempo limitata entro le mura del monastero, ma in seguito il monaco infirmario uscì all'aperto per curare anche i malati non monaci.

Tra i tanti meriti di coloro che animarono i conventi -non solo benedettini- v'è anche quello di aver raccolto, conservato e copiato antichi codici. Nelle celle e nelle biblioteche gli amanuensi copiarono sulle pergamene con pazienza e perizia i testi di Galeno, di Celio Aureliano, di Rufo d'Efeso, di Plinio. In breve Montecassino divenne un centro importantissimo di studio, specie verso la fine del IX secolo, dove accorrevano studiosi da ogni parte d'Italia e d'Europa. Lo stesso si verificò per altri monasteri, come quello di S. Gallo, di Bobbio, di Fulda, di Chartres, della Germania e dell'Irlanda.

A questo punto fece la sua comparsa nel linguaggio comune un neologismo d'ispirazione classica: xenodochio. Significa semplicemente ospizio; e a questo termine fecero presto corona altri termini più comuni come le case di Dio, gli ospizi per Crociati, quelli di confraternite e corporazioni, gli ospedali, i lebbrosari. Sono l'espressione più viva ed eloquente dello spirito delle prime comunità cristiane, che traducono il concetto che il malato -accettato in nome di Dio- dev'essere "servito" in ogni modo. Egli è il vero signore dell'Istituto di ricovero.

Per merito del Cristianesimo il Medioevo diviene quindi l'espressione massima della carità verso il prossimo. Le grandi epidemie, le malattie, la povertà, sono rese più tollerabili proprio dall'opera delle confraternite e delle congregazioni, degli ospizi, delle infermerie, degli ospedali, degli ordini cavallereschi creatori di xenodochi.

Tra questi ultimi l'Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme (divenuto successivamente Ordine dei Cavalieri di Malta), che gestiva in origine ad Amalfi un ospizio per ricovero dei pellegrini. Dopo che nel 1099 i crociati conquistarono Gerusalemme, l'ospizio fu ingrandito nell'ospedale di S. Giovanni Battista. Successivamente, sempre per merito di quest'Ordine, sorsero altri ospedali e ospizi in altri luoghi.

Numerosi altri ordini si occuparono degli infermi: S. Maurizio e Lazzaro, S. Antonio, S. Giacomo, S. Maria della Mercede, Crociferi della Stella Rossa, Altopascio, l’Ordine Ospedaliero di S. Spirito, fondato a Montepellier alla fine del XII secolo.