Henri
Bergson
Il
problema del tempo.
I
continui rimandi alla filosofia di Henri Bergson trovati in alcuni
testi (tra cui "Olandesi volanti"
della collana IT REV) mi hanno spinto ad avvicinarmi a questo personaggio
più volte citato da architetti come Ben van Berkel
e Carolin Bos.
Particolarmente affascinante è la sua definizione di tempo
.
Bergson rifiuta l'idea di tempo fisico-matematica, tempo "scientifico"
quantitativo e calcolabile dove il tempo e le azioni sono viste
come un insieme di fotogrammi che si susseguono uno dopo l'altro
con il medesimo intervallo .
Secondo Bergson la suddivisione delle azioni in istantanee è
un processo a posteriori messo in atto dalla mente umana che cerca
di mettere ordine in una realtà altrimenti inafferrabile
.
La realtà è invece caotica fluida e sgusciante, la
coscienza umana concepisce il tempo come durata vive il presente
abbracciando l'immediato passato e l'immediato futuro nell'impossibilità
di congelare il presente in un momento definito .
"Il presente è il ricordo dell'immmediato passato
e l'anticipazione dell'immediato futuro".
La coscienza, inoltre, non vive il tempo necessariamente in modo
uguale, per essa vi sono attimi più intensi di altri : un
attimo può durare un'eternità e altri sembrare talmente
veloci da non meritare neanche di essere ricordati.
La durata della coscienza viene così paragonata al moto
ondoso il presente tendendo sempre e comunque verso il
futuro trascina con se alcuni brandelli del passato.
Questa metafora, secondo me, può essere applicata anche all'architettura
che pur sempre proiettatta al futuro trascina con se inevitabilmente
brandelli del passato sia ponendosi in opposizione ad essi sia riconfermandone
gli insegnamenti.
Anche l'architettura contemporanea della rivoluzione informatica,
dell'information technology, continua sempre e comunque a trarre
spunti e insegnamenti dal passato rielaborandoli con le moderne
tecnologie e le moderne coscienze (vedi Gehry e Boccioni,
Eisenman e Terragni, Libeskind e Terragni).
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