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THE STORY OF PUNK I SEX PISTOLS: UN GRUPPO SIMBOLO
A dir la verità però il merito di questo gruppo è quello di aver orchestrato l’affermazione a livello planetario, sfruttando al meglio le potenzialità sensazionalistiche in un paesaggio nel quale ogni velleità rock istintiva e turbolenta era drammaticamente soffocata da echi tardo-hippy, pacchiante post-glam e masturbazioni progressive. Nella Gran Bretagna della metà degli anni ’70, depressa sul piano sociale e affamata di novità, le provocazioni concettuali, estetiche e sonore, lanciate dalle "pistole del sesso" e dai loro sempre più numerosi discepoli non passarono davvero sotto silenzio. Gonfiate dai mass-media, ottennero il duplice effetto di turbare il pubblico cosiddetto benpensante e coinvolgere una vasta audience giovanile, che nel "movimento" punk ritrovava le grandi e piccole soddisfazioni quotidiane, la paura del domani (esorcizzata, si fa per dire, nella filosofia nichilista del "no-future","nessun futuro"), il proprio impeto iconoclasta e nel contempo il bisogno di nuovi eroi che non si ponessero su un piedistallo, il legittimo desiderio di riti liberatori e divertimenti quanto più possibile sfrenati. A tali esigenze, avvertite soprattutto (ma non solo) da teenagers proletari e creativi in erba, il punk rispose in modo totale e diretto, senza naturalmente sopprimere le deviazioni del sistema - la droga, il razzismo più o meno strisciante, la violenza ottusa, l’assenza di prospettive concrete – ma dando vita ad un’illusione collettiva alla quale furono in molti ad abbandonarsi. Fu un’illusione di breve durata, ma sufficiente a cambiare per sempre lo stato delle cose, nonostante la minima consapevolezza e lo scarso spessore culturale di quasi tutti coloro che la propagandavano, la generale insipienza di certi segni di appartenenza alla comunità – il trucco grottesco, i vestiti strappati, le spille da balia infilate nelle guance o le catene ostentate nella maniera dei gioielli, ma anche la violenza del pogo (un "ballo" che consisteva nello scagliarsi saltando gli uni addosso agli altri) o la pratica disgustosa del gobbing (cioè lo sputare verso i musicisti in segno di apprezzamento) – e nonostante la fisionomia tutt’altro che accattivante di una musica grezza, rumorosa e aggressiva, fatta di approssimazione tecnica, strumenti da poco e parole dure urlate con rabbia invece che cantate. |
ORIGINI NATE DA MOTIVAZIONI POLITICHE E SOCIALI…
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LE FANZINE Attorno a questa situazione e con il suo evolvere, nascono una serie di etichette discografiche indipendenti ed una forma editoriale, la "fantine", la rivista orgogliosa della propria forma grafica rozza e scorretta con il proposito di spezzare i monopoli dell’informazione, a testimonianza della presenza di consistenti canali produttivi-distributivi sotterranei mai visti prima, né in movimenti giovanili di massa come fu quello "freak" che accompagnò gli anni della grande ripresa economica, tantomeno in altri fenomeni sub-culturali a carattere più strettamente urbano che ebbero come protagonisti "mods", "teddy boys", ecc.
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IL PUNK SI ESTENDE OLTRE I CONFINI BRITANNICI
Negli Stati Uniti con l’inizio della presidenza di Reagan, ed in particolare in California che lo conobbe appena prima come governatore, assistiamo ad un particolare fermento; nell’ambiente dei club alternativi la nuova sub-cultura metropolitana prende sempre più una concreta identità, si sviluppa la corrente musicale denominata "hardcore-punk", più veloce ed esasperato del punk-rock tradizionale e altrettanto aperto all’incrocio con altre tendenze e generi musicali, i contenuti delle fanzines diventano di carattere più impegnato sul fronte sociale; tutto questo, a riprova di un livello di coscienza e di consapevolezza sempre maggiori da parte dei giovani che si rendono primi attori di questi fatti, con l’unica irrinunciabile ragione di costruire e mantenere viva una cultura ed una pratica realmente antagoniste al falso pluralismo della nostra civiltà. Situazioni analoghe prendono forma nei centri sociali in Germania prima e nel resto dell’Europa centrale e meridionale poi, mentre le posizioni intransigenti e distruttiviste tipiche del movimento nelle fasi originarie lasciavano gradualmente il posto a suggestioni inarco-pacifiste. |
IL PUNK DEGLI ANNI NOVANTA
I punks degli anni novanta rimangono eccentrici, ma sono ragazzi mansueti. Spesso finiscono sui giornali in seguito a episodi quasi edificanti: si va da chi ha deciso di convertirsi ad un’altra moda e ha venduto tutto l’abbigliamento al Somerset County Museum, agli sposi punk di Bournemouth che hanno chiesto di tenere un topo in testa per tutta la cerimonia.
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OGGI: LA RIPRESA DEL PUNK
Quello a cui stiamo assistendo oggi è un ritorno non dei contenuti, ma solo della forma esteriore di quello che la sub-cultura giovanile detta Punk portò con sé nel ’77, ridotta miseramente a fenomeno di "revival", termine che esprime eloquentemente un vuoto culturale paragonabile a quello degli anni ’50 americani e testimonia la marginalizzazione delle potenzialità creative delle giovani generazioni. Il pensiero unico delle oligarchie finanziarie transnazionali attualmente dominante, con le forme di governo che ne esprimono gli interessi, si mostra a noi in qualche modo tollerante, "di sinistra" sul piano culturale, capace di accettare stili e linguaggi considerati in precedenza oltraggiosi; in realtà tale permissivismo riguarda solo il rinnovamento del costume, inteso come forma di vita e di comportamento caratteristica di questo periodo priva di ogni contenuto critico, ed inoltre ha la capacità di esercitare sulle masse, giovanili e non, una sorta di "effetto placebo" teso a nascondere ciò che vi si nasconde dietro, e cioè il più spietato dispotismo sul piano economico.
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PUNK:FENOMENO TURISTICO
All’inizio, quando è nato il Punk la situazione era ben diversa: i Punk evitavano l’esibizionismo e addirittura rispondevano con violenza alla stampa e ai turisti che tentavano di fotografarli, anche offrendo loro del denaro.
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