Anni '50.
Giamaica.
Durante i primi anni cinquanta, la "moda" del
Calypso, che espresse il suo maggior talento in Henry Belafonte,
scema a favore del Jazz, RnB, Doo-Wop e il resto della musica nera
che viene trasmessa dalle radio statunitensi captate in
Giamaica.
Nell’isola delle Antille ancora sotto dominio
britannico, quella musica è particolarmente apprezzata. È questo
alla base del successo di una formazione di Jazz classico molto
famosa come la "Eric Deans Orchestra".
È in questo periodo che nascono i Sound System,
sorta di discoteche ambulanti composte da enormi casse montate
artigianalmente su camion utilizzati alla bisogna.
I Sound System diventano presto la principale e
più popolare forma di divertimento della Giamaica, dando vita ad una
cruenta lotta per la supremazia tra i vari Sound System Operators.
Con queste discoteche ambulanti, i vari
imprenditori-artigiani vedono scoppiare un mercato che si rivelerà
particolarmente fruttuoso. Questi personaggi già avevano numerose
attività collaterali, grazie alle quali partivano per gli Stati
Uniti con lo scopo di acquistare le ultime novità in fatto di dischi
per proporle al pubblico dei loro Sound Systems. Chi aveva il disco
di maggior successo, si assicurava un costante flusso di pubblico;
era normale che lo stesso disco venisse suonato più e più volte
nell’arco di una stessa serata.
Chi erano questi Sound System Operators?
Beh, diciamo che c’era un ex poliziotto,
proprietario di un negozio di alcolici, dall’abitudine di girare con
una pistola infilata nella cintura, che si faceva chiamare a scelta
"The Duke" o "The Trojan";c’era un perito elettrotecnico di nome
"Lloyd Daley" il cui soprannome era "The Matador", nonché un numero
disparato di "Kings", "Lords", "Sirs" per coprire tutti i possibili
titoli nobiliari.
Se non il primo in ordine temporale (essendo i
primi veri Sound Systems quelli di Tom "The Great" Sebastian, Kelly
e quello di "Lord" Koos), il primo ad avere un successo che lo
renderà il produttore più importante della musica giamaicana degli
anni sessanta è "Clement Seymour Dodd" soprannominato
"Coxsone", "Downbeat The Ruler" o, più semplicemente,
"Sir".
È indubbio che se non ci fosse stato il "genio
visionario" di un tale personaggio, la musica che noi conosciamo
come Reggae sarebbe sensibilmente differente.
Tra questi "nobili" si svolgeva una cruenta
lotta che, di fatto, avveniva anche fisicamente, per la supremazia
nel mercato. È questa la ragione per cui lo stesso Dodd usava
passeggiare con una borsa dall’inquietante scritta "TNT".
Tutti questi personaggi, durante le loro serate,
si servivano di vere e proprie guardie del corpo, al fine di
proteggere il proprio Sound System non solo dagli atti vandalici dei
cosiddetti "Dance Hall Crashers" (delinquentelli pagati da uno degli
"operatori" per causare disturbi all'altro), ma anche dalla stessa
polizia che spesso e volentieri prendeva a manganellate i DJ e gli
stessi proprietari dei Sound System che non fossero politicamente
protetti.
Tale cruenta lotta comprendeva nei suoi rituali
la copertura delle etichette dei dischi importati, per celare
all’avversario l’autore del brano scovato negli U.S.A., così
diventandone esclusivista in tutta Kingston.
Ma verso la fine degli anni ‘50, parliamo dal
1957 in poi, la musica che viene prodotta negli Stati Uniti è
cambiata. Il RnB viene sostituito dal Rock’n’Roll, decisamente
troppo "bianco" per piacere ai giamaicani che, in questo periodo,
non sembrano interessati neppure all’evoluzione dello stesso RnB che
sfocia nel Soul.
La grande Idea viene al già citato Sir Coxsone
Dodd.
Di musicisti e cantanti l’isola pullula, a
cominciare dalle orchestrine di Calypso-Mento per continuare con
varie formazioni Jazz. E allora perché non far incidere su dischi la
musica che aveva scaldato le nottate, direttamente dagli artisti
locali?
Tra i primi a registrare per Coxsone vi è la
band di "Cluett Johnson" leader e bassista dei "Blues
Blasters". Per
quello che ci risulta, i loro spettacoli dovevano essere una vera e
propria esplosione d’energia.
Nella storia che raccontiamo Cluett J. ha un
ruolo fondamentale; non tanto per aver registrato quello che viene
indicato da più parti essere il primo pezzo Ska "Shuffling Jug", ma
perché sembra essere colui che ha dato il nome al genere, chiedendo
al chitarrista dei suoi "Blues Blasters", Ernest Ranglin di far fare
al suo strumento il suono "Ska Ska Ska" che, in effetti, non è altro
che l’onomatopea del levare operato dalla chitarra.
Ad essere sinceri il suddetto brano risulta
tecnicamente uno strumentale RnB piuttosto rozzo, omologo a decine
di altre composizioni del genere che verranno sfornate tra il 1958 e
il 1961-62. Tutte le composizioni del periodo sono caratterizzate
dall’accentuazione del levare della chitarra, che risulta più netto
ed incisivo in paragone ai corrispettivi americani. Il paragone
comunque non può esistere perché, pur essendo da un punto di vista
prettamente musicale-artistico squallide imitazioni dell’eccellente
musica di personaggi quali Louis Jordan, Joe Liggins, Joe Turner,
Ray Charles, la pochezza dei mezzi, la pochezza di attrezzature e
l’infima qualità delle registrazioni, conferiscono un fascino
particolare ed entusiasmante a questi "shuffle" giamaicani, in cui
non di meno, sono presenti tutti quei "suoni" che caratterizzeranno
lo Ska.
Il 1959 è l’anno delle prime "Sessions"
organizzate dai Sound Operator che si improvvisano veri e propri
produttori. I musicisti, con un’abitudine che verrà mantenuta
durante gli anni ‘60, sono più o meno sempre gli stessi, cambiando
nome dell’ensamble a seconda del produttore per cui
registrano.
La formazione "base" comprendeva alla batteria
Arkland "Drumbago" o "Drummago" Parks, progenitore di tutti i
batteristi Ska, al basso Cluett "J" Johnson, alla chitarra Ernest
"Ernie" Ranglin, al piano Theophylus Beckford. Questo per quanto
riguarda la ritmica, per la sezione fiati suonavano Tommy McCook e
Roland Alphonso al sax tenore, Raymond Harper alla tromba, Rico
Rodriguez al trombone. Occasionalmente, alle percussioni, Count
Ossie e i suoi "Burru" o "Buru Drummers" delle Wareika Hills che al
tempo si prestarono per incidere quelle che sono pietre miliari
della musica giamaicana, come "Chubby" di Bunny & Skitter e "Oh
Carolina" dei Folks Brothers.
I musicisti nominati, se suonavano per
"The Duke", diventavano "The Duke Reid’s Group, per Coxsone, come
già detto, erano "Clue J. and His Blues Blasters" e ancora per Daley
erano "The Matadors All Stars".
Sono comunque parecchi gli artisti o i
produttori che si ritengono i veri inventori del nuovo genere. Ci
piace citare Clancy Eccles con la sua "Freedom", il cantante
cuba-giamaicano Laurel Antonio Aitken con "Boogie Rock", Byron Lee
con "Dumplins", "Fat Man" di Derrik Morgan and last but not least
"Easy Snapping" del pianista Theophilus Beckford.
In realtà si tratta vuoi di "shuffles", di
"Boogie" o RnB dal sapore latino-americano come l’appena citata
"Fat
Man".
Ma non possiamo esimerci ora dal parlare dei
personaggi che vivevano attorno ai Sound Systems.
Il successo di un buon Sound System non era
soltanto la buona musica ma anche il DJ che la proponeva. Se "Drumbago" è il progenitore dei batteristi Ska, Count
Machuki, "Sir
Lord" Comic e "King" Stich o Stitt-"The Ugly One" sono gli antenati
di tutti i moderni DJ e, per quella forma di presentare i dischi e
di parlarci sopra chiamato "Toasting", del Rap.
Sia come DJ, sia come talent-scout, lavorava per
Seymour Dodd un giovanissimo Lee Perry.
Lee Perry, tanto per fare un po’ di mitologia
dello Ska, durante un vero e proprio assalto dei Dance Crashers al
Sound System di Coxsone venne salvato da una sicura coltellata
grazie all’intervento di un ex boxeur, uomo del servizio d’ordine di
Coxsone. Il salvatore era un tale Cecill Bustamente Campbell, più
tardi famoso sia come cantante sia come proprietario del Sound
System "Voice of the People" col soprannome di Prince Buster. Buster
è un altro nome fondamentale del nostro racconto. Innanzitutto
potremmo dire che non è un caso se, durante il revival Ska della
"Two Tone", il suo repertorio sia senza dubbio il più saccheggiato
dagli "Specials", dai "Madness", dai "The Beat" o dai "Bad
Manners",
ognuno di questi gruppi avendo eseguito covers dell’artista
giamaicano.
Lo Ska si caratterizzerà comunque, nei suoi
elementi essenziali, soltanto tra il 1962 e il 1963. Un merito
particolare all’affrancarsi della musica giamaicana da quella degli
Stati Uniti va riconosciuto proprio a "The Prince". Questi, dopo una
buona gavetta come "assistente" di Coxsone decide di mettere in
piedi il proprio Sound System e le proprie etichette, la "Buster’s
Sheck" e la "Wild Bells". The Prince, ogni tanto anche "The
Prophet", sforna immediatamente successi. Uno fra tutti la già
citata "Oh Carolina". Ma l’elenco è sterminato. Che siano canzoni di
artisti prodotti da lui, come "Humpty Dumpty" Monty Morris,
"Chubby"
di Bunny and Skitter, "Never Never" di Bobby Aitken (fratello del
più famoso Laurel) o "Wash Wash" cantata dallo stesso Buster con
Derrik Morgan, tutte sono indicate da più parti quali pezzi
importantissimi per il corso che di lì a poco avrebbe preso la
musica.
E lo stesso Prince Buster, nel retro di una
compilation spiega come "Wash Wash" nasca dall’anima, dal Soul, e in
effetti questo brano del 1963, vuoi nell’arrangiamento vocale,
tipicamente spiritual, vuoi per la ritmica che ricorda parecchio il
futuro Rocksteady, si distingue dalle altre composizioni coeve per
un diverso "colore". Ad un attento ascoltatore, caratteristiche
peculiari dello Ska, come i sax in levare, si trovano per la prima
volta in brani prodotti da Buster nel periodo che scorre tra il 1962
e il 1963.
È in questo lasso di tempo che si realizza la
completa fusione tra le varie forme di musica che fino ad allora si
erano ascoltate in Giamaica, dando origine a quel ritmo così
particolare e immediatamente riconoscibile.
L’intera sezione fiati, quando non suona
melodia, entra a far parte della ritmica unendosi alla chitarra nel
levare. Il pianoforte, oltre a suonare brevi riff, non esegue più
"Boogie Woogie" e cade anch'esso ripetitivamente sul levare, mentre
il contrabbasso lascia le tipiche linee da RnB per le più
spezzettate linee di basso del Calypso.
Il risultato è un ritmo dall’andamento
ondeggiante, rotolante, e senza dubbio coinvolgente, la cui
peculiarità è un’estrema "flessibilità", potendo passare da solari e
spensierate canzonette, a brani strumentali più "cattivi" e
ipnotici.
L’ex boxeur non solo ha un ottimo senso della
musica e degli affari, ma si serve anche dei migliori musicisti
dell’isola, riuniti generalmente sotto il nome di "Prince Buster’s
Allstars" e comprendente i musicisti già citati, ai quali si
aggiungeranno nel 1964 Lloyd Brevett al contrabbasso, Lloyd Knibbs
alla batteria, Jaerome "Jah" Jerry e Bobby Aitken alla chitarra, Val
Bennet al sax tenore e Charlie Organaire all’armonica.
Nella primavera del 1964 alcuni di questi
musicisti, sotto la guida del sax tenore Tommy McCook ritornato in
Giamaica dopo un’assenza di qualche anno passata a suonare sulle
navi da crociera, si riuniscono e con l’aggiunta di Lester Sterling
al sax alto, Johnny "Dizzy" Moore alla tromba e il grande talento
Donald "The Don" Drummond al trombone, creano The Skatalites.
Indubbiamente la big band Ska più famosa della
storia di questa musica.
Il nome, proposto dal cantante Joseph "Lord
Tanamo" Gordon "The Satellites" (siamo nel pieno corso dell’era
spaziale) ispirò a McCook "The Skatalites". E così fu.
Gli Skatalites hanno immediatamente successo,
diventando la band più ricercata dai produttori, all’epoca diventati
parecchi, per registrare fiammanti strumentali o accompagnare tutta
una generazione di giovanissimi cantanti. Non ne facciamo un
esaustivo elenco: Desmond Dekker, Bob Marley, Peter Tosh, Bunny
Wailer, Lee Perry, Jimmy Cliff, Jackye Opel, The Techniques, The
Maytals, Alton Ellis, ma anche cantanti già affermati come Aitken,
Owen Grey e Clancy Eccles.
E gli Skatalites non avevano certo una
concorrenza smidollata. Atre eccezionali formazioni che avevano
anch’esse parecchio da dire si sfidavano ad una lotta all’ultima
nota in locali come la Liberty Hall, la Forrester Hall o in club
come Wildman Streets and Cho Co Mo.
In questi locali, nel 1965, potevate star sicuri
di assistere ad emozionanti spettacoli di orchestre come quella di
"Byron Lee and the Dragonaires" che, data l’amicizia del suo leader
con il capo del primo governo della Giamaica indipendente Edward
Sega, era la faccia ufficiale dello Ska, o la più selvaggia "Baba
Brooks Band" il cui leader e trombettista Oswald Brooks era anche
l’arrangiatore delle sessions per Prince Buster, o la particolare
orchestra del trombonista "Carlos Malcom and His Afro-Jamaican
Rhythms" o "His Afro-Caribs".
Ma gli Skatalites dureranno, come unione di
musicisti sotto questo nome, solo per poco più di un anno. Si deve
attribuire agli echi della loro fama il fatto che molti pezzi di una
delle formazioni che nasceranno dagli Skatalites, e stiamo parlando
di "Roland Alphonso and the Soul Brothers" e in particolare di brani
quali "El Pussycat" "Dr. Ring Ding" "Phoenix City" risulteranno
erroneamente a loro attribuiti.
Incomprensioni tra i musicisti e, non ultima,
l’incarcerazione di Don "The Lion" per l’omicidio della fidanzata
Marguerita, sono le cause conosciute dello scioglimento della
formazione. Dopodiché, oltre alla Soul Brothers Orchestra i cui
leader sono alternativamente il sassofonista Alphonso e il pianista
Mittoo, un’altra formazione guidata da McCook si riunisce sotto il
nome di Supersonics.
E siamo ormai nel 1966, dopo la supremazia dei
Sound Systems di Coxsone e della sua etichetta Studio One nell’epoca
dello Ska, nuovi produttori si affacciano prepotentemente sul
panorama musicale di Kingston. Su tutti prevarrà negli anni tra il
1966 e il 1968 Duke Reid "The Trojan", costretto a sostenere una
dura lotta non solo con il suo acerrimo nemico Coxsone ma anche con
astri nascenti come Leslie Kong, Clancy Eccles, Harry J., Joe Gibbs,
Sonia Pottinger. E anche questo elenco potrebbe continuare
parecchio.
In questo periodo, formazioni come quelle di
Lynn Tait & The Jets, Bobby Aitken & Caribbeats, i Dynamites
(la studio band di Clancy Eccles) e gli Hippy Boys poi più famosi
come gli Upsetters di Lee Perry, nonché i succitati Soul Brothers,
che in un breve periodo cambieranno nome prima in Soul Vendors e poi
in Sound Dimension, saranno responsabili del rallentamento del
frenetico Ska in quella forma pesantemente influenzata dal Soul
americano dal nome Rocksteady.
Come per lo Ska, anche il Rocksteady ha uno
stuolo di sedicenti inventori. In pratica tutte le band citate più
molte altre non citate se ne ritengono responsabili. Certo è che
"Hold Them" del 1966 di Roy Shirley viene indicata come il primo
pezzo dell’epoca Rocksteady. Mentre questo nome appare per la prima
volta, un anno dopo, nella canzone di Elton Ellis appunto "Rocksteady". Nome già familiare al pubblico per l’omonimo pezzo
Soul di Areetha Franklin.
Non si può prescindere dal compiere una
fotografia della Giamaica del 1966 per spiegare quali sono le
ragioni più ricorrenti imputate alla nascita del Rocksteady.
Si dice infatti che fu l’estate di quell’anno
un’estate torrida e la gente non riusciva più a skankeggiare per la
fatica dovuta al caldo. Si dice anche che fu lo stesso governo
dell’isola a far pressione, affinché i ritmi rallentassero,
considerando la troppa velocità dello Ska come una delle ragioni
delle violenze che avvenivano nelle nottate di Kingston.
Di violenza ce n’era eccome. In una Giamaica dai
vastissimi problemi sociali, con un alto tasso d’analfabetismo, con
strutture sanitarie precarie e una disoccupazione esplosiva, un
crescente numero di giovani tra i quindici e i ventisette anni
venivano affascinati dagli spaghetti-western e i film di James Bond,
che oltre ad essere possibili ispiratori di violenza, proponevano
degli status symbol e un’eleganza opulenta che li
incantava.
Questi giovani diventano tristemente o, a
seconda dei punti di vista, miticamente famosi come i Rude Boys e a
loro è dedicata un’innumerevole serie di ballate in stile
tardo-Ska/Rocksteady. Questi giovani usavano vestire i completi
eleganti degli anni sessanta: giacca a tre bottoni, pork pie, scarpe
di pelle lucida, tutte cose che i Rude Boys si procuravano grazie
alle proprie attività di rapinatori, trafficanti di ganja e via
dicendo.
È opinione di SkabadiP che il rallentamento
dello Ska in Rocksteady non vada ricercato nei problemi sociali che
la Giamaica indubbiamente aveva, o nel clima, ma piuttosto in una
volontaria ricerca musicale operata dagli artisti stessi. Insomma,
troveremmo riduttivo che la decisione di Lynn Tait, per esempio, di
rallentare le sue "pennate" fosse dovuta al fatto che la "gente" non
riusciva a ballare lo Ska troppo veloce, o che un altro artista
eccellente e prolifico come Clancy Eccles se ne attribuisca la
paternità senza citare la circostanza che fosse stato il caldo a
spingerlo verso un cambiamento. Se è come crediamo noi, non si può
spiegare solo con il troppo caldo anche "l’arretramento" fino alla
scomparsa della sezione fiati. E contestualmente non possiamo
pensare che tastieristi come Winston Wright o il già più volte
citato Jackye Mittoo abbiano cominciato ad innestare nella ritmica
di basso, chitarra e batteria altri ritmi che caratterizzerà la
musica da lì fino al Reggae, per tutti gli anni ‘70 per una volontà
del governo Giamaicano. Infatti, se un motivo per spiegare la
scomparsa degli ottoni lo possiamo trovare nel minor costo di
produzione, ovvero meno gente da pagare, il motivo per spiegare
l’immediato successo del Rocksteady va ricercato nell’ingordigia di
novità del mercato discografico giamaicano. Tutti erano alla ricerca
della "nuova moda", del "nuovo ritmo", insomma della novità che
potesse far affluire maggior pubblico alle serate, per fare
pubblicità alle proprie etichette. Tanto è vero che il Rocksteady a
sua volta lascerà le scene per l’ultimissima moda Reggae, nemmeno
due anni più tardi. Causa di tutto ciò indubbiamente, una
competizione presa molto seriamente tra i vari produttori, e una
creatività stupefacente, in tutti i sensi, degli artisti
giamaicani.
Fin dalla sua nascita, e sempre sotto la spinta
di questa grande creatività, il Reggae comincerà a frammentarsi in
una numerosa serie di sottogeneri, dal Dub dei primi anni ‘70, al
Rockers della metà dei ’70, al Dancehall, al Digital Reggae degli
anni ’80, allo Steppers, allo Skank per culminare con la parlata
tipica del Raggamuffin, che ha avuto enorme successo anche in Italia
con gruppi come i Pitura Freska.
I ritmi dello Ska e del Rocksteady però, non
solo continueranno ad essere suonati sotto le mentite spoglie di
Reggae, permanendo in questo genere nel levare della tastiera, nel
ritmo della chitarra che ad un attento ascoltatore, invece che
suonare cha-chi-cha suona spesso cha-cha-cha oppure Ska-Ska-Ska,
fate un po’ voi.
In soldoni, pur non avendo a nostra disposizione
elementi tali da poter escludere con certezza assoluta che l’estate
caraibica del ’66 abbia influenzato le scelte musicali dell’isola,
siamo certi che abbia avuto obbiettivamente maggiore peso tutta la
musica internazionale ascoltata continuamente in Giamaica. Titoli
come "Funky Reggae", "Soul Ska", "Psychedelic Reggae" risentono
delle influenze di autori come James Brown, Areetha Franklin, per
non parlare di Booker T. and the MG’s. Gli artisti giamaicani devono
vendere i loro dischi e per questo la loro musica viene influenzata
non solo dal Soul di Stevie Wonder e ancor prima di Joe Turner, ma
rielaborano queste musiche all’interno di quei ritmi nuovi e
particolarmente "groovy" che sono consapevoli di aver inventato
loro. La dimostrazione di quanto detto risiede nell’estrema
creatività di completi artisti come Lee "Scratch" Perry e King
Tubby, veri padri di un intero genere musicale come il Dub, che ha
letteralmente trasformato il modo di fare i dischi e di intendere la
musica in tutto il mondo. E ancora la maestria giamaicana inventa un
nuovo genere detto DJ, nel quale, su vecchie basi musicali del
periodo Rocksteady letteralmente riciclate, viene sovrincisa la
cantilenante voce del DJ del momento. Pensiamo a U Roy, il quale non
faceva che registrare in studio quello che già faceva live alle
serate de Sound Systems: parlare di qualsiasi argomento, come il
sesso, la marijuana, i problemi sociali, religiosi, oppure semplici
incitazioni alla danza, con la particolarità di non usare più una
lingua inglese scolastica per farsi capire bene anche dai bianchi,
ma uno slang sempre più stretto, che culminerà più tardi nelle
incredibili nenie del Ragga.
Ancora, un incredibile influenza sulla musica
suonata per tutti gli anni ’60 l’avrà Count Ossie con i suoi
"African Drummers", con quella particolare forma musicale di
derivazione religiosa che i giamaicani si erano portati direttamente
dall’Africa, il cosiddetto Burru Drumming che, in pezzi ormai
facenti parte della mitologia musicale di Kingston (come i brani
citati prima dei Folks Brothers, Bunny & Skitter, Duck Soup del
Duke Reid’s Group) ti trasportano in un mondo di balli tribali
attorno al fuoco tra religione e magia. È impressionante ascoltare
quanto i tamburi Burru suonino con un andamento ondeggiante, troppo
simile a quello dello Ska, del Rocksteady, del Reggae. Quindi sì,
influenzati dal business discografico mondiale, ma anche incredibili
riadattatori in chiave personalissima dei ritmi delle musiche più in
voga, ma non abbandonando mai la musica delle loro radici. Verso la
fine degli anni ’60 e nei primi ’70, sulla scia del "I Am Black, I
Am Proud" urlato a milioni di giovani neri nordamericani da James
Brown, il Burru torna prepotentemente sulla scena con il nome
ulteriore di Nyabinghy. I ridondanti tamburi Burru saranno la base
ritmica di tantissimi brani a tematiche religiose Rasta.
Ma rimaniamo sempre al periodo che intercorre
tra l’inizio del Rocksteady e il Reggae (1966-68). L’immigrazione che verso
l’Inghilterra era sempre stata presente, dopo l’indipendenza del
1962 diventa più frequente, e i giamaicani che già si erano portati
i Sound Systems portano nell’ex madrepatria la loro musica. Già nel
1964, "Al Capone" di Prince Buster era entrata nella Hit parade
inglese, "Guns of Navarone" degli Skatalites era stato un successo
nel 1965 nei club londinesi , nel 1967 Prince Buster compie un tour
europeo da cui viene tratto un disco live "Prince Buster On Tour", e
al suo fianco soffiava nel trombone Rico Rodriguez, anch’esso
immigrato in Inghilterra.
Insomma, è ovvio che anche in Inghilterra
comincia a svilupparsi un’industria discografica locale, non solo
legata a etichette maggiori come la Island di Crish Blackwell o alla
Trojan che, rispettivamente, già stampavano su concessione delle
etichette giamaicane centinaia di dischi, ma anche costellata di una
miriade di etichette, sottoetichette e sottoetichette delle
sottoetichette gestite da personaggi famosi come Laurel Aitken,
Derrik Morgan, Owen Gray, sempre per fermarci a uno sparuto numero.
Nel 1969 Desmond Dekker piazza poi al numero uno della classifica
inglese la sua bellissima Israelites.
Qui possiamo aprire una parentesi dicendo che se
il motivo fondamentale del meritato numero uno è perché il pezzo è
bellissimo, parte non indifferente la giocò l’enorme seguito che
artisti come Clancy Eccles, Lloyd Charmers e quelli sopra citati
avevano tra gli Skinheads. Un’intera generazione di giovani inglesi
dalla testa rasata si innamora letteralmente dei pesantissimi ritmi
Early Reggae. La gratitudine è reciproca, Skinheads e Skingirls
vengono celebrati in brani come "Skinhead Train To Rainbow City" di
Aitken, "Skinhead Revolt" di Clancy Eccles, "Skinhead Moonstomp" dei
Symarip/Pyramids.
Gli Skinheads balleranno ai ritmi di "Moon Hop"
di Derrik Morgan, o si lasciano ipnotizzare dalla "Liquidator" di
Harry J. Allstars. Il ’69 è l’anno dell'esplosione della moda del
Reggae sia in Giamaica che in Inghilterra. Potremmo sembrare
ripetitivi, ma di fatto, ciò che era accaduto per lo Ska e il
Rocksteady si ripete puntualmente. Tanti gli autori e i produttori
che se ne contendono l’invenzione. A lottare per lo stato di primo
pezzo Reggae ci sono: "Nanny Goat" di Lerry Marshall e "No More
Heartaches" di Bob and The Beltones. Per arrivare alla certezza
assoluta, bisognerebbe ascoltare cronologicamente qualche centinaio
di 45 giri pubblicati in Giamaica tra il ’68 e il ’69. E nella vana
speranza che sia conservata la data precisa di registrazione,
individuare il primo brano in assoluto la cui ritmica di chitarra
produce questo suono! Data la grande imprecisione di chi stampava i
dischi, ciò non è comunque possibile. È possibile però individuare
con facilità il primo brano che ha nel titolo la parola Reggae con
il suo primo spelling: "Do The Reggay" di Toots & The
Maytals.
La parola Reggae ha un’etimologia incerta.
Alcuni la fanno derivare da "streggae", termine gergale per
prostituta, altri da "regular", perché suonata da gente comune. In
questo caso non ci sono spiegazioni climatiche per i cambi di ritmi,
ma la continua frenesia dell’industria discografica giamaicana di
proporre l’ultimissima novità, supportata dalla ineguagliabile
capacità artistica di personaggi fondamentali come Cliffton "Joe"
Jackson al basso, Ernest Ranglin e Hux Brown alla chitarra, Hugh
Malcom alla batteria, tastieristi e pianisti come il più volte
citato Jackye Mittoo, Winston Wright, Gladstone Anderson e Glenn
Adams.
Tutti personaggi, ma è la solita lista parziale,
che hanno influito decisamente sul sound di quegli anni. Passando da
formazione in formazione, li ritroviamo negli Upsetters, nei
Dynamites, nei Crystalites, nei Soul Vendors, nei The Jets
etc.
I musicisti ripropongono in migliaia di salse
musicali diverse il piacevole effetto per l’ascoltatore dato dal
cadere in battere dell’ultima nota del basso, da cui figurativamente
schizza verso l’alto il levare della chitarra, del piano o della
tastiera. E se ne rendono perfettamente conto, sanno che nessun
altro ritmo fa questo effetto. E il ritmo è quello che hanno
inventato loro: quello dello Ska, del Rocksteady, del Reggae; in
quest’ultimo genere le linee di basso possono diventare
insistentemente circolari, a spirale, a onda, discendenti e
ascendenti, ma anche spezzettate come quelle canoniche nello Ska e
altre chiaramente derivate dai "bassi walking". E altri elementi
come il "One drop" della batteria o il levare della tastiera
rimangono immutati. Ora è il battere e il levare liquido che attrae
l’attenzione dell’ascoltatore, d’un tratto il ritmo si gonfia perché
un sax si mette a gracchiare il levare. Ma qui non si vuole e non si
può descrivere una cosa astratta come l’effetto di un genere
musicale, cosa estremamente soggettiva. Si vuole sottolineare il
fatto che Ska, Reggae e Rocksteady sono molteplici facce di una
stessa musica. Infatti, tutti i ritmi tipici del decennio sessanta
sviluppati in Giamaica permangono in svariate produzioni degli anni
settanta. È il caso di far riferimento non solo a brani Ska fatti
dal gruppo Blue Rivers and The Maroons in Inghilterra nel 1968,
oppure a brani come "Pretty Face (in the market place)" di Laurel
Aitken del 1973, per continuare con la produzione per tutti gli anni
’70 di dischi dai ritmi chiaramente di derivazione Rocksteady e Ska
di Alex Hughes alias Judge Dread o "Red Moon" dei Dynamites del
1970.
Con questo si è inteso parlare di un periodo
storico musicale che va dalla cosiddetta nascita del Reggae al 1972,
periodo in cui iniziano a prendere piede i nuovi sottogeneri del
Reggae, Dub, del DJ e di una miriade di altri sottogeneri più sopra
citati.
In questo periodo finisce anche l’affezione dei
giovani Skinheads per una musica che comincia a trattare sempre più
spesso argomenti come Jah, Haile Selassie, e, in onore di questo,
già dall’epoca Ska erano stati tributati titoli come "King of
Kings"
di Jimmy Cliff o "Back to Africa" di Alton Ellis che si attagliavano
ben poco ai gusti dei giovani inglesi bianchi.
Sulla scia dell’enorme successo della colonna
sonora del film "The Harder They Come", con Jimmy Cliff interprete
principale, l’occhio del "music business" internazionale si fissa
sulla Giamaica.
"Catch a Fire" del 1973 è il primo disco che Bob
Marley registra per la Island di Blackwell, che lo piazza sul
mercato Rock, mercato in cui la Island si era concentrata sin dalla
fine degli anni ’60. È il primo passo verso l’enorme successo
internazionale che Bob otterrà nel 1975 con l’LP intitolato
"Nutty Dread". Per l’industria discografica mondiale è la nuova panacea, il
nuovo ritmo influenza in modo preponderante le produzioni
discografiche di ogni nazione. Ogni artista avrà la sua Hit in stile
Reggae, abbiamo in mente Stevie Wonder, Eric Clapton di "I Shot The
Sheriff" di Marley, Billy Ocean e, per arrivare ai fantastici primi
anni ’80, pensate ai Culture Club con "Everything I Own" a Paul
Young, che riproponeva "Love of the Common People" di Nicky Thomas.
Ma qui ci siamo spostati un po’ troppo per la
storia che ci interessa, facciamo quindi un passo
indietro.
Nel 1978, l’ondata del Punk, un genere che si è
trovato per le tematiche di protesta sociale trattate nei testi in
sintonia con la musica Reggae di Bob Marley, comincia a scemare. I
musicisti di questi generi si rispettano e si ammirano, e così come
un gruppo quali i Clash ripropone musica giamaicana di fine anni ’60
come "Wrong Emboyo" dei Versatiles, lo stesso Marley sottolinea la
sua simpatia per i giovani dalle creste colorate con la canzone
"Punky Reggae".
L’interesse dei Punk per la musica giamaicana
noi crediamo debba essere posto alla base delle scelte musicali per
un personaggio chiave per il "ritorno" dello Ska noto a tutti come
Two Tone. Un giovane sdentato di nome Jerry Drammers e altri
elementi dei Madness, Selecter e The Beat, tutti appartenenti a
classi sociali di basso livello, venivano appunto dall’ambiente
Punk/Alternativo. Altri direttamente dalla Giamaica.
In Inghilterra, in questo periodo, le majors
sono alla ricerca dell’ennesima novità e la trovano nella musica di
Drammers e dei suoi ormai mitici Specials. È infatti il vecchio
punk/skinhead/anarchico ed ex alcolista teen-ager Jerry che firma un
contratto con la Chrisalys per gestire una sottoetichetta, il cui
nome è mitico ancor più degli stessi Specials, Two Tone. Come
racconta con energia George Marshall nel suo libro intitolato
appunto Two Tone Story, questa etichetta ha segnato un’epoca.
E non poteva essere che così, ascoltando il
primo 45 giri uscito nella sua busta in bianco e nero, con il
disegno stilizzato di un Peter Tosh in giacca e cravatta nera e pork
pie. Lato A: l’inquietante Gangsters degli Specials. Lato B (segnato
come AA sul centrino del disco) è il pezzo strumentale "Selecter"
degli ancora non del tutto formatisi Selecter. Su questa etichetta
debuttano anche i Madness, con uno stravagantissimo Graham "Suggs"
MacPherson che canta un inno a Prince Buster in "The Prince".
Il business discografico capisce immediatamente
l’antifona. Questa rilettura di una musica non più di moda da una
quindicina d’anni, dalle andature che ricordano tanto il Reggae, che
già al suddetto business aveva fatto guadagnare parecchio, non può
che essere un successo.
E chi conosce bene i dischi appena citati, sa
che non ci voleva un genio per capirlo.
Di lì a poco esplode una vera e propria
Skamania. In tutta Europa, non solo i paladini inglesi, ai quali
presto si aggiungono Bad Manners, The Beat, Bodysnatchers e
"resuscitati" miti giamaicani come Rico Rodriguez e Laurel Aitken
entrano nelle classifiche, ma ci sono anche gruppi locali come per
la Germania i NightHawks. In Italia, per esempio, nel 1982
Donatella, di Donatella Rettore, entra nella classifica con il pezzo
Ska omonimo.
Grazie ai gruppi più importanti, nel periodo tra
il 1979 e l’’83 si gettano i semi di quella vera e propria
esplosione che comincerà nel 1989 e che tuttora manifesta i suoi
effetti dirompenti in tutto il mondo. Eh sì, ragazzi miei, c’è solo
l’imbarazzo della scelta. Si può ascoltare ottima musica Ska
canadese con i King Apparatus e non solo, ottimo Ska olandese con i
Mr. Review e non solo, in Germania c’è il grande Richie Jung aka Dr.
Ring Ding con i suoi Senior All Stars e non solo. Andando all’altro
capo del mondo in Nuova Zelanda troviamo i Kiwi con i pork pie hats
di Chas Mannel con i suoi esuberanti Skapa e non solo, mentre nella
vicina Australia suonano i feroci Porkers e non solo. Spostandoci al
Giappone troviamo la stupefacente Tokyo Ska Paradise Orchestra e non
solo.
Un contributo non da poco per l'odierno
interesse mondiale verso lo Ska proviene da Rob "Bucket" Hingley
che, con una "fede cieca", nel 1983 ha dato vita ai Toasters, la più
famosa band Ska di New York. Diciamo con una "fede cieca" perché,
senza l’appoggio di alcuna casa discografica di quelle importanti,
ha dato vita ad un fenomeno che oggi negli Stati Uniti ha già fatto
parlare parecchio di sé su giornali, riviste specializzate, ed anche
la modaiola MTV.
Infatti i Toasters, con i loro 2500 e passa
concerti sulle spalle, hanno attratto verso la loro musica e quindi
verso la musica giamaicana, migliaia e migliaia di giovani.
In conseguenza di ciò si è visto un fiorire
irrefrenabile di band che propongono lo Ska, il Rocksteady e il
Reggae che ci piace tanto in tutti i modi possibili, immaginabili, o
anche non lontanamente immaginabili!
Certi risultati fanno storcere il naso, altri,
aprono le porte della fantasia. Ma tant’è. Si può ascoltare
Psycho-Ska-Billy, Ska-core, Ska-punk, Ska-hip-hop, e addirittura
insulti come Heavy-Metal-Ska!
Tra i miti vecchi e nuovi dello Ska made in
U.S.A. citiamo i Bim Skala Bim, coevi per nascita ai Toasters, gli
Heavy Manners addirittura precedenti. Se questi gruppi nascono da
un’ispirazione Two Tone, altre formazioni, come i californiani
Hepcat diventano capostipiti dello Ska-neotradizionale, che ha
trovato numerosi epigoni a Los Angeles e dintorni.
Ad oggi potremmo riempire la chache del vostro
Hard Disk semplicemente nominando i gruppi di punta, di neppur tutti
gli Stati Uniti.
Comunque negli U.S.A. l’influenza maggiore è
quella della vecchia scuola Two Tone, affiancata da un certo Rock
duro americano sulla scia di Mighty Mighty Bosstones, Skankin Pickle, e certo fra i primi di questo genere gli Operation
Ivy.
Ma come accennato poc’anzi anche gli Hepcat sono
diventati dei capiscuola, alle cui radici si possono trovare con
facilità i mitici Scofflaws. La musica Ska si è sparsa molto
velocemente nel continente americano. E Così siamo al corrente
dell’esistenza di validissimi gruppi come i colombiani Desorden
Publico e in Argentina i Los Calzones Rotos i cui primi due dischi
sono Pop-Ska che hanno venduto milioni di copie. Ma potremmo parlare
dell’Argentina per i Fabulosos Cadillacs che hanno eseguito una
cover dei Beatles sentita anche qui alla radio qualche anno fa.
Comunque il Sudamerica pullula di gruppi e lo si può vedere sui due
volumi Latin Ska editi dalla Moon Ska Records.
Ma il nostro viaggio intorno allo Ska sta
volgendo al termine, ed è ora di trarre alcune conclusioni.
Il Burru drumming miscelato con il RnB e il
Jazz, il Calypso e il Mento, il Blues e lo Spiritual, danno vita a
un nuovo genere, lo Ska. Questo, nel suo rallentamento verso il
Rocksteady prima e il Reggae poi, assorbe influenze del Soul, del
Funk, della musica Psichedelica. Ma i tipici ritmi Ska e Rocksteady
e le trovate musicali di quel periodo non vengono mai abbandonati,
risultando inscindibilmente parte del patrimonio musicale della
Giamaica prima e dell’Inghilterra poi.
Se due grandi distinzioni oggi si possono
effettuare, allora facciamo una suddivisione in Ska tradizionale e
Ska post-Two Tone, sottolineando però che la barriera tra una e
l’altra è molto labile, se non in quei casi in cui più che la musica
giamaicana predomina l’ispirazione Hard Core, Punk/Oi!
A diritto, nello lo Ska tradizionale rientrano
quei gruppi le cui ispirazioni vanno ricercate nell’Early Reggae
altresì noto come Skinhead Reggae o Boss Sound. E in effetti non c’è
gruppo Ska che si rispetti che non abbia al suo attivo almeno un
pezzo Reggae/Rocksteady. Questo evidenzia come nell’ambito
puramente Ska, la musica che va dal 1959 al 1972 e dalla Two-Tone ad
oggi, è considerata lo stesso genere.
In Italia, lo Ska non è mai stata presa in
considerazione seriamente. Infatti per pura disinformazione e altre
volte per ottusa ignoranza, questa musica è stata ritenuta, a
seconda, musica da nazisti (!), da Circo, gretta musica Pop,
insomma, "musichetta". Gruppi come gli Spy Eye, i Downtowners, i
Mobsters, gli Strange Fruit, e gli stessi Casino Royale sono sempre
stati "ignorati" (Sergio voleva usare un'espressione un pochino
più forte...) da critica, televisione, radio, "riviste
specializzate" e dal sempre vigile occhio delle case discografiche
italiane incapaci di scelte proprie e per questo non in grado di
promuovere gruppi che qualitativamente proponevano ottima musica da
ascoltare e da ballare.
Noi siamo per un mondo in cui accendendo la
radio alla mattina, possiamo essere sicuri di sentire l’ultima
Ska-Hit del gruppo del momento. Dove si possa prendere un aperitivo
nello Ska-club più di moda con il sottofondo di Justin Hinds &
The Dominoes. Insomma, un mondo dove se c’è una festa a casa di un
amico, questi non metterà su le Spice Girls ma gli Skatalites.
Il nostro augurio è che la "posse" di Persiana
Jones, gli Arpioni, i Vallanzaska, gli Skala di Fiura, i Rebel Dës,
Matrioska, Data di Skadenza, gli Shandon, Skantinato, Giuliano Palma
& The Bluebeaters e, ovviamente, gli Smarts, non seguano il
destino delle band italiane citate sopra.
SkabadiP è qui anche per questo.
Shake Your Body Line And Move Your
Feet to The Rocksteady Beat!
|