Speciale "La trappola del gatto" di Evan Hunter [3]
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Le recensioni


"La trappola del gatto": è veramente un libro "giallo"?

La gran copia di riferimenti cinematografici indicati dall'altro Corrado mi aveva incuriosito, al punto da indurmi a comperare il mio primo "Giallo Mondadori" da dieci o vent'anni a questa parte.

Bene, l'ho letto in treno andando e tornando da Cattolica per il Mystfest (sic!) e devo ammettere che mi ha maledettamente intrigato: non tanto per l'anomalia strutturale [vedi 1 , Corrado Oppizzi], visto che l'assassinio è abbastanza marginale e collocato in posizione anomala, quanto per l'atmosfera di progressiva angoscia che Hunter (di cui non sapevo niente e tuttora so pochissimo) costruisce piano piano, con successive pennellatine di tecnica impressionistica ma utilizzando una tavolozza di colori che man mano che si va avanti sono sempre più vicini a quelli dell'espressionismo).

Bene, bravo, Hunter; l'esperienza cinematografica si sente ad abundantiam, come già rilevato dall'altro Corrado, e il nome di Hitch (dell'Hitch migliore) una volta tanto è chiamato in causa con assoluta ragione.
Mi resta un dubbio, però: è veramente un libro "giallo", nel senso più classico e più riduttivo del termine? Come che si voglia intendere il termine (a Cattolica se ne è discusso molto), secondo me "La trappola del gatto" è soprattutto uno straordinario studio comportamentale ("anatomia di un adulterio"), e come tale avrebbe meritato una edizione molto più sfiziosa (hard-cover, sovracoperta ecc., e non quelle pagine in cui le righe scritte si avvicinano talmente al margine interno da dover aprire il libro al punto di rischiare di spaccarlo. Mi senti, Sandrone?), alla pari almeno con i tanto più celebrati Grisham, "American Psyco" eccetera. O devo ritenere che i "gialli classici" siano cresciuti di statura al punto che tutti o quasi i "gialli Mondadori" di oggi siano piccoli gioielli "nonsologialli" come questo?
Spero che qualcuno (forse proprio Sandrone?) chiarisca questo dubbio a un poveraccio che vorrebbe tanto ricominciare a leggere anche qualcosa di colore diverso dal giallo.
Corrado Farina


Credo che ormai i confini del genere siano molto labili. potrei risponderti dicendo che e' "La trappola del gatto" e' "abbastanza" giallo per finire nei gialli mondadori e, si', i "gialli classici" sono dei gioielli, gialli e nonsologialli.

Sandrone Dazieri


Io in questo fine settimana ho praticamente divorato il nuovissimo romanzo di Saul Bellow, "Ravelstein" (Mondadori) [vedi 3 , Corrado Oppizzi], che mi è parso veramente magnifico (soprattutto pensando che l'autore ha solo ottantacinque anni...) e Bellow si conferma una volta di più come uno dei massimi scrittori americani della storia.

Il fatto è che questo, anche per un lettore "forte" come me, è un caso abbastanza isolato; capita sempre più di rado un romanzo interessante che non sia un giallo, o un noir, insomma un libro "di genere"... Ovvero, è la letteratura "non di genere" ad essere, mi sembra, drammaticamente in crisi. Magari questo non è neanche il luogo per fare discorsi di teoria o sociologia della letteratura, però credo che, solo per rimanere nell'ambito nazionale, la scomparsa ad esempio di Calvino e Sciascia abbia segnato l'inizio di un profondo distacco tra pubblico e scrittori. Cito Sciascia e Calvino perché erano due autori che non avevano timore di "sporcarsi le mani" con i generi letterari (giallo, fantascienza eccetera), così come faceva Borges, come ha fatto Eco e come sta facendo Camilleri. Il successo di questi ultimi due autori dovrebbe far riflettere un po' di più la critica letteraria.
Qualcuno si ricorda delle "cinquine" dei premi letterari di quest'anno (non vado più indietro nel tempo, ma tanto è lo stesso): Strega, Campiello, Viareggio?
Non c'è verso: il 99% della roba che arriva lì è morta ancora prima di nascere.

Luca Conti


Mi permetto di dare un parere come semplice lettore (che anni fa seguiva addirittura le premiazioni del Campiello in diretta TV): io ho sicuramente cambiato i miei gusti, anche se ho sempre letto gialli, verso generi semplici e quando possibile anche divertenti, e quindi di conseguenza ho preso le distanze dalla letteratura con la "L" maiuscola.
La mia sensazione e' pero' che i nostri pur grandi scrittori abbiano un po' perso la capacita' di "raccontare una storia ai lettori": teniamo conto che chi acquista libri li legge la sera dopo spesso 8/10 ore di lavoro, e quindi cerca trame coinvolgenti ed emozionanti, ed e' per questo che Camilleri e' arrivato anche ad avere 8 titoli in classifica.
Quando anni fa leggevo letteratuta tradizionale mi e' capitato di trovare libri che erano piu' esercizi di stile per i critici che romanzi da leggere con passione, di per se' niente di male ma e' chiaro che il lettore medio (che oltretutto in Italia e' protetto dal WWF come razza in via di estinzione) cerca cose piu' semplici.

Rex
[1] E qui gioca, eccome, l'anomalia strutturale. Consapevolmente? Io dico di sì. Torniamo al momento del delitto [rewind] [vedi 2 , Federica Arnolfo]. Buttato lì (apparentemente, dico io), a pagina 264. Kate si avvicina alla porta di casa, lasciata colpevolmente aperta da David, e vede il killer che entra, "Kate non ha mai visto quest'uomo in vita sua". Io, lettore sempre affrettato, passo oltre. Prendo per buone le parole di Hunter, che mi fa vedere la scena con gli occhi e la mente di Kate: "è un completo sconosciuto". Se fosse davvero un film il trucco sarebbe svelato. Vedremmo (forse), pubblico già consapevole e accorto (secondo la lezione hitchcockiana), il volto dell'assassino: il dottor Stanley Beckerman (forse) che [rewind] ha accompagnato David a vedere "Cats" (e quindi Kate), che ha avuto i biglietti da un suo paziente, amico di uno dei supervisori del guardaroba dello spettacolo, dall'aspetto trasandato, "con occhiali senza montatura", esattamente come l'assassino (pag. 264). Però non possiamo essere sicuri fino in fondo della sua identità: l'autore descrive Beckerman come un uomo "abbastanza sovrappeso"; Kate vede il suo assassino come un uomo sottile (a thin man?).... Che sia allora il paziente di Stanley? Oppure uno dei pazienti di David? O davvero un perfetto sconosciuto?

Anche l'ultima pagina si presta ad essere interpretata differentemente, se pensiamo al mezzo di espressione cinematografico. David si addormenta. E si sveglia con un sussulto. Questa è l'inquadratura finale del nostro film. David si sveglia di soprassalto. Ma cosa ha sognato?
Soltanto il breve ricordo di un momento felice, passato con la propria famiglia?
La richiesta di divorzio della moglie?
O tutto quello che è accaduto fino a questo momento?

Stop. Eject.

Corrado Oppizzi





[2] Corrado, hai letto "La gatta con gli stivali"? Con Matthew Hope? Io non direi "buttato li' apparentemente". Direi copiato spudoratamente. Da se' stesso, ok. Ma mi sa cosi' tanto di autocompiacimento... un po' come quello che dice Eli quando si lamenta che il nostro sta un po' esagerando con le allusioni a "Gli uccelli".
Dissolvenza (in nero - ottimo romanzo, peraltro).

Federica Arnolfo





[3] Condivido al 100%. Oltre al grande Saul Bellow vorrei aggiungere anche una meritata citazione per Don De Lillo (Libra, Mao II, Underworld). Quanta distanza c'è tra la cosiddetta letteratura alta e la nostra letteratura di genere? "Fa" senso parlarne? Ci vorrebbero ettolitri di birra per venirne a capo. In più questa cappa canicolare e assassina mi impedisce di dilungarmi. Però:
1) uno dei racconti noir (?) più belli che ho letto è "Breve la vita felice di Francis Macomber" di Ernest Hemingway
2) è appena uscito un "Meridiano" Mondadori dedicato a Graham Greene (peccato costino un occhio della testa!). Nella sua recensione, pubblicata sull'inserto culturale del "Sole 24 Ore" di domenica scorsa, Goffredo Fofi scrive: "è l'ancoraggio al genere che gli ha permesso un romanzo che riuscisse a parlare dei dilemmi più profondi del suo tempo, e nella sua formazione non vanno certamente dimenticate le lezioni apprese da singole opere come 'L'agente segreto' di Conrad, i 'Padre Brown' di Chesterton, l' 'Ashenden' di Maugham, i romanzi del coetaneo e per un certo tempo rivale Eric Ambler, ma anche, perché no?, dai 'gialli' più seriali e best-sellers".

Corrado Oppizzi


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