Il Cappellone

 

s’impegna a vendere secondo una tariffa concordata leggermente superiore ai prezzi stabiliti dall'assisa di Atripalda, il principale mercato della provincia; alcuni antichi diritti proibitivi (forni, bottega lorda, del sale e della verdura), oggetto di mire baronali, si trovano sotto il controllo diretto dell'Università, che ne fa voci di bilancio proprio, separato da quello della Cappella.

Trent'anni dopo, io Stato discusso del 1805(1) riporta un ulteriore aumento con 907 ducati di entrate(2) e 1214 ducati di uscite. Se alla stessa data, si sommano ai 181 contratti in danaro i contratti dei censi redimibili e dei censi in grano (alcuni sono contratti plurimi stipulati dalla stessa famiglia), non vi è cittadino abitante, don o magnifico o bracciale che sia, che non abbia in qualche modo legato le sue sorti a quella della Cappella del S.S. Corpo di Cristo.

Quanto infine all'entità dell'estaglio, per la gran parte degli assegnatari assai tenue è il canone, talvolta non sfiorante neanche la decima parte di tomolo in genere per tomolo di superfice data a censo, che, in totale, sempre al 1805, raggiunge quasi 1400 tomoli.

 

 

(1) Sindaco è il notaio Michele d'Onofrio, capo eletto (analfabeta) Giuseppe Stanco, eletti Nicola Caruso, Antonio d'Onofrio e Mattia Carrabs, cassiere (analfabeta) Tommaso d'Amelio, realisti ma figure tutte defilate nelle vicende del '99.  

(2) Struttura delle entrate: per capitali redimibili: 48,42 ducati su di un capitale di 800 ducati circa (con 30 contratti stipulati dal 1583 in poi, all'interesse dell'8%, passati al presente al 6%). Fra i contraenti (eredi) più indebitati: Francesco Antonio Pisapia (capitale 90 d.), notaio Pasquale Gammarini (200 d.);

‑ per censì enfiteuti in danaro 465, 69;

‑ per case fittate (bottega della verdura e del sale, bottega lorda, macelleria, tutte alla Piazza) 6 ducati;

‑ per censi enfiteutici in grano: 289 ducati (192 tomoli di grano valutati a 15 carlini a tomolo).

‑ per censi enfiteutici in danaro a Capodigaudio e all'Otica (terreni in comune con il feudatario): 84 ducati.

  (3) Il deficit vistoso ed alcune voci gonfiate di spesa (“100 ducati per compra di cera, che si consuma in tutto l'anno nelle festività, processioni, ottavario del Corpus Domini, e per portare il viatico agl'infermi, essendo la popolazione di questa Università al più di 4000 anime, essendo avanzato il prezzo della cera “, incenso ed olio per lampade votive per quasi 60 ducati, 130 ducati per messe varie) servono agli amministratori dell'Università per motivare la sottrazione di alcune voci di uscita a destinatari assegnati dal Tribunale misto, ritenuti estranei dalla comunità: l'orfanotrofio di Cosenza, le vedove dei militari morti negli accantonamenti ed altri ducati per una vedova di Accadia (partite che ascendono a 91 ducati).  

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