Il Cappellone

 

Le terre del versante Sud, che costituiscono i terreni più fertili dei Paese, l'urùca piana cittadina (Pastene, ossia terre dissodate) di una certa ritevar, a, con riserve abbondantissime‑ di acqua, sino all'eversione della feudalità operata nel decennio francese, appartengono parte al feudatario e parte alle famiglie gentilizie (poco meno di 40 tomoli in totale).

Certamente costituiscono il residuo dell’antico possesso feudale e l’impronta della mano protettrice che su di esse hanno apposto gli agenti e gli erari ‑ non ultimi i rampolli delle famiglie favorite dalla politica cortigiana e munifica del Principe Carlo Gesualdo che, in cambio della loro fedeltà e impieghi, hanno potuto rosicchiare la consistenza(1). I terreni del versante Nord, circa 140 tomoli non comparabili sul piano delle risorse con i primi, sono quelli che la comunità (e l'Università da essa rappresentata) ha dovuto conservare per necessità mercantili (le fiere) ed usi comuni per i meno abbienti (pascolo, siminativi, selve castagnali).

Ed è in questo processo di erosione dei patrimoni feudali già ato che si inserisce il processo dell'aumento per tutto il Settecento delle voci di entrata e di uscita della Cappella. Nel 1685 le entrate ascendono a 334 ducati, le uscite a 312(2) . Nel bilancio 1688-1689 l'introito è di 369 ducati e l'esito di 357.

 

 

(1) E' solo con gli inizi dell'Ottocento che comincia un'usurpazione strisciante da parte delle famiglie píù in vista e più potenti, in connessione alla prerogativa censitaria dell'amministrazione della cosa pubblica, seguita alla irreversibile frattura sociale dei '99 e alla modernizzazione politica francese. Una voce dello Stato discusso dei 1805 non abbisogna di commento: “La Cappella possiede un'altra casa soprana di un membro situata nel luogo denominato la Piazza, chiamata la casa della Terra, per la quale ne ricavava (sottolineatura nostra) dall'Università carlini annui 35, ed oggi tal casa vien posseduta dal signor Scotti per uso di magazzino."

(2) I primi conti documentati disponibili dell'attività della Cappella sono dei 1684-85 (l'anno contabile non sarà inutile ricordarlo va con il ciclo dell'annata agraria, da settembre ad agosto), presentati dai magnifici Mario Nitto e Donato Spirito, nominati economi dagli amministratori sindaco Muclugno Gennaro Felice, Eletti Felice d'Atifiero, don Francesco Antonio Pisapia, Carlo Solomita, Stefano Carrabiso, Vincenzo Volpe (fra le famiglie gentilizie più antiche e delegato dall’Università a "bilanciare" gli introiti e gli esiti della Cappella e che ingiunge il recupero di ammanchi dei passati economi ed amministratori). Può essere utile riportare alcune voci di uscita per censire alcuni cognomi di famiglie gentilizie e per cogliere un secolo dopo la qualità nuova delle voci di spesa sociale: ai Celestini (Abate) 6 ducati; ai Domenicani (al Priore) 20; per decime 3; allo speziale di Avellino 24; per la festa della Cappella stessa; per manutenzione dei suoi immobili; alla la Collegiata di S. Antonino e la Collegiata di S. Nicola per officiature varie e censi perpetui che vantano su alcuni immobili; idem alla Mensa Vescovile; ai notai Francesco Antonio Zaccaria e Domenico Cogliano per atti relativi a fitti, vendite, ecc; al cancelliere magnifico Tomaso Abundo per servizi resi; al magnifico Donato Antonio Mattioli per i fiscoli serviti al trappeto della Cappella; a mastri vari per il catafalco usato per la festa della Cappella; per assistenza caritatevole a poveri e fanciulle povere per maritaggi

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