Il Cappellone |
avvocati della Cappella (Vincenzo), affittuari della bagliva della Corte baronale (Antonio), proprietari della cava di calce(1) (Vincenzo), fittuari di botteghe (Biagio) e trappeto (Vincenzo), e il cui cognome, insieme con altri tipici degli ebrei sefarditi espulsi dalla penisola iberica, lascia pensare ad una presenza ebraica? E soprattutto: quando e come l'Università è entrata in possesso di tali e tanti beni? Pur con la dovuta cautela, dal tipo e dalla quantità di beni che possiede la Cappella, si può supporre che il processo di ridimensionamento e di liquidazione dei patrimoni feudali ed universali, e quello parallelo di privatizzazione dì fatto che coincide con la sua storia, siano molto antichi, anteriori al '500, come in negativo ci dicono i relevi e gli atti notarili, che consentono di registrare l'accaduto, ma non di ricostruirne le tappe e le modalità. Gesualdo, già a fine '400, in un documento raro di grande rilevanza storica(2), il più antico a nostra disposizione per la conoscenza del peso economico e politico del feudatario, mostra corpi feudali esigui. A parte il castrum(3), con la sala delle armi e il cortile, la quale si dà un'accurata descrizione delle munizioni, della sala delle armi, del cortile, e della consistenza militare, i corpi feudali di un certo peso sono la Colta (tassa imposta all'Università per la guardia del castello) pagata dall'Università, e la bagliva che non sempre si riesce ad affittare (e per la quale comunemente sono addetti sei persone). Per il resto, le entrate feudali relative a beni fondiari, sono ridotte a pochi estagli per terreni dati in fitto e a pochi censì enfiteutici(4).
(1)
Volgarmente detta la calcara, che, annualmente, a fine '600, solo per la
domanda di lavori della Cappella provvede con oltre 100 tomoli (il tomolo
è anche una misura di capacità locale, pari a circa un terzo di sacco).
4 |